Letter from Lhasa, number 272. Oltre l’Austerità?! ...Italiozia continuerà
comunque ad affondare
by Roberto Abraham Scaruffi
[Editors] Cesaratto, S., and M. Pivetti, Oltre l’Austerità, MicroMega, Rome, Italy, July 2012.
(Cesaratto
2012).
Sergio Cesaratto
Massimo Pivetti
Italiozia, uno Stato
Predatorio, è ora Stato o regione predatorio o predatoria di una
Confederazione larga, la Eurozona [EZ], di fatto, dal punto di vista economico
e non solo, die Große Deutschland, la Grande Germania. ‘Grande’
non nel senso ‘spirituale’ et similia che qui non discutiamo, ma nel
senso di allargata, ben oltre i suoi confini originari, ed anche linguistici in
questo caso. A parte alcune aree linguisticamente tedesche, dall’Austria ad
aree interne ai vari Stati interni all’EZ, la Grande Germania segue
infatti criteri più imperiali che di Stato ‘nazionale’, ‘etnico’, o con nucleo
centrale etnico, dunque con lingua comune (od in partenza o come fine). È un
Impero economico, ed anche politico, che passa attraverso l’unità monetaria, la
moneta unica, dunque pure, inevitabilmente, nei tratti essenziali (pur
differente da quelli di uno Stato centralistico, ma del tutto in armonia con
uno spazio confederale) l’omogeneizzazione fiscale, ma non solo. Già la Unione
Europea (UE), di cui la EZ è solo una parte, pur centrale, è anche spazio di
polizia ed altro, non solo area di libera circolazione e scambio commerciali ed
economici.
La valutazione che
anche qui se ne dà è che Italiozia e non solo (Grecia etc) si perpetuerà come Stato Predatorio e che, pur nella EZ,
continuerà ad affondare. Del resto, all’interno di Italiozia, vi sono aree
moderne e produttive come Lombardia e Veneto, che sono predate, ed aree
predatorie, dalla Calabria-Campania-Sicilia etc e non solo al Sud, che predano
e dunque riducono lo sviluppo delle stesse aree più o meno competitive su cui
gravano trascinandole a fondo.
Lo stesso dualismo, da questo punto di vista, v’è, in
tutta la EZ, tra aree che eccellono ed aree marginali. Italiozia resterà
globalmente uno Stato Predatorio, predatorio al suo interno ovviamente
(la Germania non si fa predare dalle aree marginali che semmai sfrutta, come
inevitabile). E ciò per livelli di tassazione, meccanismi distributivi e
redistributivi, carattere parassitario e predatorio sia delle burocrazie
‘pubbliche’ che dei grandi gruppi privati, oltre che di tutta la massa di ceti,
gruppi, piccoli gruppi, in reciproca concorrenza per tentare di fregare gli
altri più di quanto siano fregati ma, alla fine, tutti fregati, a parte chi si
trovi in posizione obiettivamente predatoria. Benché anche i predatori (aree
geografiche, e categorie e micro-categorie varie), pur predando, siano da ciò
condannati al sottosviluppo.
Costoro (i predatori) vanno dai dirigenti pubblici che
quel un qualche ‘merito’ sindacal-mafioso, o altro-mafioso, si trovino con
retribuzioni, oltre ad altre possibilità di arrangiarsi, anche di mezzo milione
o più di euro l’anno, mentre a parità di titoli e capacità avrebbero potuto, in
condizioni normali, forse fare gli impiegati ordinari, ad assunzioni solo per
distribuire stipendi e sicurezza di reddito, ai grandi gruppi oligopolistici e
monopolistici che si assicurano profitti-rendite coi sussidi di Stato in mille
forme ed un po’ per tutto. Il tutto con una massa di clienti che, a volte,
magari, fanno cose utili e con utilità di mercato, altre hanno solo avuto la
possibilità o la fortuna di essere aggregati alla macchinetta distributrice di
soldi. I confini precisi tra categorie concettuali differenti sono poi, nella
realtà, sempre ardui e sfumati.
Quella di Stato
Predatorio non è una connotazione moralistica od uno slogan, seppur la si
ritrovi (nella letteratura economica, storica ed altra) anche usata in senso
improprio. Bensì la si ritrova, per esempio, nella teoria del Developmental
State, lo Stato Sviluppista, che non è solo uno Stato che si stia
sviluppando ma uno sviluppo accelerato voluto, attuato e gestito da centri
chiave (buro-oligarchie sviluppiste) dello Stato stesso. Ecco, il Developmental State è ovviamente
l’opposto di uno Stato Predatorio che
è ovviamente sottosviluppista [differente da sottosviluppato] ed avviato
all’implosione come Stato.
Le considerazioni qui sviluppate discendono dalla lettura
del libro in oggetto, un testo al livello di agit-prop statalisti, e partigiani
di quello qui definiamo come Stato
Predatorio, ma commissionato a professori in genere universitari e simili.
Saranno sicuramente dei geni come capacità scolastiche e come successo negli
studi, ed anche nel ruolo di docenti e studiosi. Tuttavia i vari scritti dagli
stessi redatti per quest’opera collettanea sono, in genere, dei compitini per
dimostrare slogan precostituiti, e stesi con argomentazioni spesso inconsistenti
e che non dimostrano pressoché nulla. Sono di quelle cose che si fanno per chi
sia già d’accordo e, in genere, si evita pure la fatica di leggere oltre il
titolo. Danno qualche informazione ma con totale assenza di rigore e di sforzo
euristico, ovviamente non richiesto per dei temini da agit-prop. Del resto,
l’editore è quello che è. Non avrebbe che potuto accettare quello che è stato
qui prodotto ed è accessibile in file .pdf gratuito.
Italiozia ha una continuità, positiva dal punto di vista
economico (invero anche per altri aspetti, ma non particolarmente positivi, dal
punto di vista dell’impresa, della socialità e delle libertà), col periodo
monarchico-mussoliniano, pur con guscio politico formalmente differente, negli
anni ’50 ed i primi anni ‘60, con la ricostruzione, e col cosiddetto miracolo
economico o boom economico che dura fino al 1963. Gli inglesi, che promuovono
il golpe anti-monarchico del 1946, non vogliono rischiare che la loro Italiozia
resti uno stato di confine tra relativo sottosviluppo e pulsioni sviluppiste,
bensì lo vogliono di sicuro sottosviluppismo. L’Impero Britannico post-WW2 non
necessita più, nel Mediterraneo, di un qualche contrasto italiota alla Francia.
Tuttavia, il golpe del 1946 non basta a demolire Italiozia.
Allarmati dagli alti ritmi di crescita post-bellica
d’Italiozia, gli anglo-americani impongono la svolta populista del
centro-sinistra col PSI, che in pratica inizia col 1962 ed, in forma organica,
con la formale entrata del PSI nel governo, dal tardo 1963. Ciò è preceduto
dalla demolizione della DC come partito ‘leninista’ e dalla sua progressiva
involuzione clientelare che ovviamente si diffonde nelle istituzioni dello
Stato. Già a metà anni ’50, inizia la frammentazione correntizia della DC.
La degenerazione ulteriore dello Stato (già,
geneticamente, una versione debole, una brutta copia, del pur burocratico Stato
francese) e la sua ulteriore burocratizzazione con caratteristiche predatorie,
in parallelo con patologici sussidi al predatorio capitalismo di para-Stato
diretto da Mediobanca, non sono tuttavia sufficienti ad affossare del tutto
Italiozia, per quanto il deterioramento prosegua a gran passi. Col golpe
quirinalizio del 1992-Capaci, viene affossato il sistema politico uscito
dall’occupazione anglo-americana e Italiozia passa alla dittatura quirinalizia,
una dittatura fortemente sottosviluppista ovviamente.
La Grande Purga 1992-93 non solo affossa il sistema
politico, ma distrugge pure qualche residuo centro di competitività con gli
anglo-americani, i tedeschi etc. Il regime uscito dall’occupazione
anglo-americana (l’Arco Costituzionale + il MSI) consegna, al regime di
Capaci, un’Italiozia con un debito pubblico del 100% PIL. Il golpe quirinalizio
lo fa balzare, in pochi mesi, al 125% mentre conclama grandi introiti da
‘privatizzazioni’ che in realtà sono pure perdite a vantaggio della predazione
del capitalismo privato, di fatto di para-Stato, ed estera. Il Monti della
prima metà di agosto 2012 lo dà al 123,4% PIL. A quasi un ventennio dal golpe
quirinalizio-mediobancario compradoro, si è sempre lì, nonostante gli impegni
di ridurlo al 60% PIL. Resta a più del doppio.
Ovviamente, gli Imperi inglese e statunitense, e
l’Impero/sub-Impero tedesco, usano la Grande Purga del 1992-93 per liquidare
residui centri di competitività d’Italiozia, sia comprandoli e smembrandoli,
sia facendoli distruggere, processo che continuerà fino ad oggi, per quello che
può essere restato. La creazione della Grande Germania (l’area euro e,
in senso più largo, la UE) implica la centralizzazione in mani tedesche di
tutti i centri di controllo e competitività economico-industriale, distruggendo
ogni possibile concorrenza.
Si potrebbe banalmente concludere che uno Stato
compradoro, che Stati compradori, non possono che essere vittime di
destabilizzazioni e predazioni decise dagli Imperi. In realtà, non è così. Gli
Stati del sud-est asiatico, non meno compradori, hanno saputo sfruttare il
potere contrattuale che gli Stati compradori continuamente hanno relativamente
agli Imperi per svilupparsi, ed essere competitivi ed eccellere, in settori
anche d’avanguardia. Italiozia, come altri Stati compradori d’Europa, non ha
saputo farlo e sta ineluttabilmente affondando sempre più.
(Cesaratto
2012) è una ulteriore dimostrazione di come le ideologie correnti, e gli
interessi esse coprono, siano più alla ricerca di trucchetti diano l’illusione
di galleggiare che in grado di fornire soluzioni semplici e radicali a questo
avvitamento sempre più accentuato nella marginalizzazione relativamente ai
centri economico-produttivi e finanziari degli Imperi.
Non
che sia semplice, né semplicistico, ricreare una competitività internazionale d’Italiozia. È tuttavia facile,
volendo, arrestare il sottosviluppismo e creare condizioni strutturali per lo
sviluppo anche accelerato. ...Non certo all’interno del mantenimento dello Stato
Predatorio che è l’unico orizzonte che il blocco sottosviluppista
quirinalizio-mediobancario predatorio-compradoro riesce a, o si impone di, o ad
esso viene imposto di, vedere.
Con la tassazione crescente, ed i relativi introiti che
defluiscono in predazione burocratica ed in predazione ‘privata’ da parte del
capitalismo di fatto di para-Stato, non sono possibili politiche industriali
come è sempre più difficile la stessa amministrazione quotidiana del sistema
burocratico sempre più deteriorato e costoso.
Il sistema finanziario, con un debito pubblico patologico
e con costi crescenti di interessi, non finanzia più nulla se non lo stesso
debito pubblico, anziché attività produttive. Se l’economia declina e recede,
il debito pubblico cresce e costa sempre più di interessi, mentre la predazione
sia burocratica che privata richiede sempre più fondi, ecco che solo una
tassazione altissima può garantire un minimo di equilibrio contabile seppur
altamente instabile. Ma la tassazione altissima e crescente, e solo per
finanziare predazione, induce recessione che incide sulla tassazione assoluta
provocando l’incremento di quella percentuale. È un avvitamento senza vie d’uscita.
La soluzione al declino economico progressivo sarebbe
tagliare con l’accetta la predazione burocratica e privata tagliando un 75%
della spesa corrente e rimborsando il debito pubblico in brevissimo tempo. Non
sanno farlo. Per cui si barcamenano, pur mentre il barcamenarsi fa danni
enormi. Lo ‘scontro’ ‘neo-liberismo’ e ‘difensori’ dello ‘Stato sociale’ [quale? dove?] è uno
scontro fasullo che fa solo da copertura al partito
unico della predazione buro-oligarchica.
Sproloqui sulla ‘sovranità nazionale’ e sul ‘debito
sovrano’ sono solo coperture per la perpetuazione ed espansione della
predazione buro-oligarchica. La speculazione evidenzia un problema, non ne è la
causa. Il problema è il debito pubblico. Ed è un debito pubblico non per lo
sviluppo ma per finanziare la predazione che si è accompagnata al
sottosviluppismo ed al sottosviluppo.
Si appellano ai ‘diritti sociali’ solo per coprire la
predazione delle burocrazie ‘pubbliche’ dei privati di para-Stato di
Confindustria-Mediobanca. Si appellano alla ‘salute’ per mascherare che gran
parte della spesa sanitaria è puro spreco e ladrocinio. Si appellano alla
‘istruzione’ per mascherare le tre o quattro maestre per classe, quando ne
basterebbe una, o università basate sulle baronie, strapiene di personale che
non fa nulla, mentre le biblioteche scadono ed invecchiano per mancanza di
fondi, ed i soldi per l’informatica sono spesi più per regalare computers ai
baroni e famiglie che per creare massicci ed efficienti servici informatici per
gli studenti. Le regioni, nate per puro clientelismo si sono poi gonfiate su
questa direttrice ed oggi spendono e sperperano troppo per poter essere
semplicemente messe in liquidazione immediata. È così via.
Non è l’euro che rende impossibili politiche industriali
e di investimenti. È il debito pubblico (l’inettitudine delle pseudo-classi
dirigenti) spesso creato per mascherare predazioni crescenti anche dietro la
copertura investimenti che di frequente erano e sono puro spreco. Si vedano i
tempi per realizzare opere pubbliche, e quelle inutili e poi non usate. Quello
che in Inghilterra o Cina fanno in pochi mesi, in Italiozia si fa, e spesso non
si fa perché non si conclude, in decenni di continui lavori, e finanziamenti e
rifinanziamenti crescenti. Il debito pubblico, come gran parte della spesa
pubblica, è una macchina predatoria, senza alcuna funzione economica e sociale
positiva.
Lo Stato Predatorio
è il problema, non la soluzione. Politiche inflazionistiche, vendute come
‘espansive’, attaccano i salari ed il piccolo risparmio, mentre arricchiscono
solo le oligarchie ed i ceti predatori.
Un debito pubblico dell’euro non è la soluzione ai debiti
pubblici in euro. Esso affonderebbe realmente l’euro e la certezza monetaria
degli scambi commerciali esso crea al suo interno. Mentre i debiti pubblici in
euro affondano solo gli Stati non sanno fronteggiare la sfiducia dei
risparmiatori verso i loro titoli di debito pubblico. Che ciò venga
drammatizzato dalla Germania, per centralizzare la politica fiscale dell’area
euro, e da chi vorrebbe affondare l’euro, è una questione differente.
La speculazione evidenzia debolezze reali di debiti
pubblici fuori controllo, non le produce. La Gran Bretagna si mostra
continuamente capace di tagliare le proprie burocrazie e con grande rapidità.
Altri Stati ne sono totalmente incapaci pur quando sull’orlo del fallimento e
pur avendo burocrazie del tutto predatorie, cioè che fan danni anziché produrre
servizi. Questo è il problema da risolvere, non da rimuovere ignorandolo.
In pratica, qui [(Cesaratto 2012)], si chiedono politiche inflazionistiche
identificandole con ‘politiche espansive’. Le vere politiche espansive,
espansive di tutto, sarebbero al contrario, politiche di immediato,
rapidissimo, rimborso del debito pubblico, a cominciare da chi lo ha più
pesante e fuori controllo. Le drammatiche pagliacciate di fronteggiare debiti
pubblici fuori controllo con tassazioni crescenti sono davvero depressive,
anti-espansive. Lo Stato Predatorio viene assunto come intoccabile, e lo
è davvero!, e si inventano trucchetti per perpetuarlo ed espanderlo. Lo Stato
Predatorio è il problema, non la soluzione.
Dei 3.5 milioni di dipendenti pubblici, sarebbero da
dismettere un 2.6 milioni, senza prepensionamenti. Tagliare il 75% della spesa
corrente significherebbe sopprimere i mille trasferimenti alle oligarchie
predatorie, trasferimenti che servono solo a giustificare ulteriori burocrazie.
In pochissimi anni sarebbe rimborsato il debito pubblico e nel frattempo si
creerebbero ritmi di crescita economica che assorbirebbero ben più della
manodopera dismessa dal settore pubblico, perché, tra l’altro. le imprese
disporrebbero della crescente liquidità reimmessa nel sistema bancario e
finanziario dal rimborso del debito pubblico. Oggi, soprattutto con alti tassi di
interessi sul debito pubblico, alle banche conviene investire nello stesso
anziché finanziare aziende lo necessitino. A debito pubblico rimborsato, la
pressione fiscale crollerebbe drasticamente, con ulteriori effetti positivi a
tutti i livelli. La stessa aspettativa del crollo delle pressione fiscale
contribuirebbe, assieme agli altri fattori, al rilancio produttivo
immediato.
Mannò! La perpetuazione ed espansione dello Stato Predatorio è il dogma indiscusso
ed indiscutibile. Agli Imperi e sub-Imperi piace così, per le aree condannate
alla marginalizzazione. Agli intellettuali, agli opinion makers,
conviene stare al gioco, un gioco macabro che non conviene, sul lungo periodo,
neppure alle centrali imperiali. Per distruggere potenziali concorrenti, finiscono
col distruggere pure mercati di consumo.
Ecco che allora i compradori minacciano con la pistola a
salve: se non possiamo perpetuare ed espandere lo Stato Predatorio nell’euro, lo facciamo uscendo dall’euro!
Un’economia che dipenda dalle importazioni di materie prime, per espandere le
esportazioni con tecniche di svalutazione continua finisce col pagare di più le
importazioni di materie prime. Ciò significa regimi interni di salari ancora
più bassi. Comunque, anche con un’uscita dall’euro, il debito pubblico in euro
resta in euro e da rimborsarsi in euro (esiste una regola tecnico-legale,
sembra, per trasformare il debito pubblico nella nuova moneta in caso di uscita
dall’euro; chi accetta, e sono investitori potenti, di aver dato euro e di
ritrovarsi carta straccia?). Il nuovo, per pagare il vecchio, dovrebbe invece
essere nella nuova moneta dello Stato. A che tassi, con una economia ed una
nuova moneta allo sfascio? Chi li compra i titoli, quando si dipende da
acquirenti esteri? O ci sono settori di vera avanguardia e consistenti che,
come di prodigio, ricompaiono appena si esce dall’euro e si drogano le
esportazioni con continue svalutazioni? ...Ed ecco che, per incanto, il sistema
bloccato perché nell’euro si sbocca appena se ne esce... Davvero?! Ma se cosi
fosse, perché uscire dall’euro? In fondo è solo una moneta...
Uno schema di questo tipo, elevata inflazione interna e
continue svalutazioni, funzionò quando lo sfascio dello Stato avanzava a grandi
passi Ed ha appunto prodotto un’economia sempre meno competitiva e lo sfascio e
burocratizzazione ulteriore dello Stato. Una sviluppo drogato che distruggeva
strutturalmente economia e Stato. Questa miscela ha dovuto subire, il 1992-93
(e poi in permanenza), un’operazione compradora di Polizie Segrete ai comandi
del Quirinale-Mediobanca (e con ovvia assistenza e copertura NATO) che non solo
ha distrutto il sistema politico precedente (non sufficientemente
corrompibile), ma ha dato botte rapidissime per demolire parti consistenti del
sistema produttivo sia privato che pubblico. Si vedano i colpi, di Polizie
Segrete con procure annesse, all’industria chimica e non solo. Beh, non è che
fosse restato molto, visto che, per esempio, l’Olivetti, di fronte alla sfida
dei computers, era già sparita, come polo potenzialmente competitivo, proprio
grazie alle politiche pseudo-industriali di governo-sindacati
(maggioranze-opposizioni). E non è che in altri settori di avanguardia fossero
emersi poli internazionalmente competitivi. Qualche eccellenza sparsa e frammentata
non crea competitività sistemica. Non è che ricreando una moneta nazionale
nasca per prodigio un sistema-nazione inesistente... ...se non per far danni!
Uno schema di questo tipo riproposto oggi o domani non
permetterebbe di essere o divenire competiti né con i centri imperiali
mondiali, né con le economie emergenti od ormai già emerse ed affermate.
Semmai, il sistema economico e burocratico affonderebbe ancora più rapidamente.
Si considerino anche gli elevatissimi livelli di tassazione in Italia, dove si
strilla sull’evasione fiscale ma solo l’evasione fiscale permette a molte
imprese di sopravvivere dunque di creare ricchezza e di pagare tasse, per cui
più si ‘lotta’ contro l’evasione più si danneggia tutta l’economia e le stesse
entrate fiscali complessive. Si creerebbero livelli altissimi di inflazione,
che non danno certo sicurezza ad un sistema economico e commerciale.
Non rimborsare il debito pubblico non sarebbe egualmente
una soluzione con lo Stato allo sfascio e che dunque ricreerebbe rapidamente
ulteriore debito pubblico. L’Argentina non è divenuta una potenza continentale
o mondiale, per il fatto di non avere rimborsato il suo debito pubblico.
Continua a barcamenarsi.
Tra l’altro vi sono drammatizzazioni interessate, perché
il fatto di non rimborsare un debito pubblico non implica un’uscita dall’euro,
dato che non sono debiti dell’euro ma semplicemente debiti in euro. Non
rimborsare debiti implica perdita di credibilità nel caso di ulteriore
emissioni di debito pubblico da parte dello Stato in precedenza insolvente. Che
ciò venga interpretato come indebolimento dell’euro è del tutto arbitrario,
...almeno in parte: è vero che sulla base delle regole di ammissione nell’euro
dovrebbero esistere politiche fiscali comuni per evitare crisi fiscali
nazionali. In realtà, è come una regione che faccia debiti e poi non possa
pagarli. Se risorse supplementari non arrivano da qualche parte può implodere
...fino a che non sappia tagliare drasticamente le spese o procurarsi entrate
supplementari. Ma non è che provochi il collasso del livello amministrativo
superiore (lo Stato se è la regione di uno Stato, l’euro se è uno Stato
dell’area euro). Gli affari si sposteranno altrove, nella misura in cui siano
toccati dalla sua bancarotta finanziaria, e quella regione deperirà, deperirà
per esserselo voluto. Perché furono create le regioni, in Italia? Non certo
perché servissero. Ed ora si ritengono troppo grosse, in termini di risorse
assorbite e spese, per essere liquidate. Più sperperano, più si sentono forti relativamente
alla redistribuzione ‘romana’ di soldi. Mutatis mutandis, si sono create
logiche simili a livello di EZ.
Chi chiede che si crei un debito dell’euro, o non sa quel
che dice o è al servizio di interessi anglo-americani che sarebbero ben felici
di vedere sparire l’area euro, la Grande
Germania, anche ora raccontano che il ciclo politico USA del momento ne ha
bisogno (o solo il Presidente in carica ne avrebbe bisogno fino alla non certa
rielezione?). Non che la cosa (un debito pubblico dell’euro) non sia
tecnicamente fattibile (anzi la si fa da un giorno all'altro, volendo), ma in
pratica ha ragione la Bundesbank a non fidarsi: insensato premiare il
malcostume! Cominciare a creare debiti in euro, sì che porrebbe le basi per la
distruzione dell’euro dato che chi chiede debiti in euro lo fa solo per
perpetuare ed espandere Stati Predatori.
Un debito dell’euro sarebbe plausibile solo le la politica fiscale passasse in
toto dagli Stati alla BCE-Germania. I cantori della predazione piangono su
sovranità perdute o che si perderanno, ma vogliono solo soldi a tassi bassi e
senza vincoli reali. La Grecia chiede elemosine al mondo, ma non è stata capace
di licenziare masse di dipendenti pubblici inutili, assunti per pure ragioni
clientelari. Dare sussidi sociali sarebbe più trasparente ed egualitario, e costerebbe pure meno. Italia,
Spagna etc vorrebbero fare lo stesso e sono sulla via di fare lo stesso nel
momento in cui si aggraveranno o perpetueranno le dinamiche attuali.
Uno Stato leggero ed efficiente, ed incrementi
sostanziali della produttività del lavoro, che portano più ricchezza per tutti,
non si creano senza la demolizione rapida dello Stato Predatorio. Senza
Stati leggeri ed efficienti, e senza produttività del lavoro a livelli tedeschi
(dove i lavoratori sono ben pagati), è illusorio pensare di competere con la
Germania e con le industrie tedesche. Senza di ciò, la via della
marginalizzazione sempre più accentuata è del tutto ineluttabile. Uno Stato
all’inglese o, meglio, alla statunitense (ovviamente senza le spese militari a
livello USA), potrebbe dar vita a politiche industriali in grado di creare
competizione vera con la Germania. Ciò non dipende dall’euro. È che non ne sono
capaci. Non vogliono.
Non è vero che dall’euro basti uscire. Se la Germania non
vuole, non si esce da nulla. La Germania può tenere la stessa Grecia dentro
all’euro e sfasciarla al punto tale, se già non lo è, da poterne fare ciò che
vuole. Ciò vale anche per Stati considerevolmente più grandi, Italia inclusa.
Se uno Stato esce dall’euro, i suoi euro in giro per il mondo deve ben
ricomprali in qualche modo e non può pensare di ricomprarli con carta straccia.
Come si possano demolire in poche settimane Stati apparentemente del tutto
stabili e solidi lo si vede tutti i giorni. Non è che ai banchieri del mondo
manchi potere politico, per quanto la Germania debba barcamenarsi tra inglesi e
statunitensi, per queste cose (sfondamento di Stati). Tuttavia, come hanno
sfasciato la Jugoslavia, non è che non possano farlo con altri Stati
mediterranei ed altrove.
Tra l’altro, gli Stati che più alzano la voce, fingendo
un potere contrattuale che non hanno, sono già stati espropriati delle loro
industrie principali a vantaggio della Germania o di altri. Come potrebbero,
fuori dall’euro, avere qualunque competitività, e solo in produzioni arcaiche
od in piccole e medie aziende, se non riducendo drasticamente i salari reali
pro-capite e dunque i livelli di reddito esistenti? Anche se, di nuovo, per
produzioni che dipendono da importazioni di materie prime, i prezzi di
esportazione restano agganciati ad esse. Inoltre, con tassazioni eccessive,
pure industrie come la turistica e simili non è che divengano per incanto
super-competitive solo perché si cambia valuta e se ne ha una una nazionale e
svalutata. E apparati statali allo sfascio non eccellono neppure in operazioni
di un qualche respiro. Anzi non eccellono in nulla. Quelli sull’uscita
dall’euro sono solo starnazzi da pseudo-sindacalisti.
Ma appunto, dall’euro si è solo o sbattuti fuori o meno
se lo vuole la Germania. Stati geneticamente compradori si illudono di avere
‘sovranità’ a comando. Non la hanno da sempre. Come i tedeschi hanno fatto a
pezzi la Jugoslavia, il gioco può essere ripetuto, anche in modo meno o non
cruento, con qualunque altro Stato europeo compradoro. L’Italia sarebbe, tra
gli Stati di maggiori dimensioni il più facilmente smembrabile. A quel punto,
al Nord converrebbe l’euro, ed agli altri pure o sarebbe di scarso rilievo dal
punto di vista tedesco.
Un ritornello diffuso in tutto il mondo da centri
accademici dell’Impero, per esempio dalle università sinistro-gesuite, è che le
aree forti hanno interesse a sussidiare aree deboli perché intanto le stesse
comprano poi i prodotti dei sussidiatori. Davvero?! Queste scemenze se le
raccontavano, e se le raccontano tuttora, le stesse classi dirigenti greche. I
risultati sono ora lì. Le ‘culture’
sottosviluppiste sono create... Ovviamente, c’è chi se le beva...
Idiozie come “che tagliando una spesa si taglia anche un reddito e
quindi di per sé ci si impoverisce, e che questo porterà ad una spirale di
ulteriori tagli di spesa e di reddito” (Cesaratto 2012, p. 20) possono esser facilmente ribattute che aumentando le tasse per sprecare
soldi, si tolgono risorse per investimenti produttivi. Sono gli investimenti
produttivi e la competitività che creano ricchezza, non ‘le spese’. I soldi
dati alla Sicilia, idem quelli al Trentino Alto Adige etc, sono soldi gettati
al vento e che creano sottosviluppo. Il reddito effimero del momento è
sottosviluppo presente e futuro. Al contrario, soldi lasciati agli investimenti
produttivi ed alla produzione, oltre che al consumatore (senza passare
attraverso il fisco che li redistribuisce sprecandoli), creano reddito vero,
occupazione, alti salari ed ulteriori investimenti. Distribuire redditi per
quattro maestre per classe, o per spese sanitarie che si traducono in
mega-ruberie, non è come avere basse tasse e non avere debito pubblico (dunque
banche con liquidità per crediti alle imprese) perché non si buttano soldi al
vento.
O uno Stato lo si amministra come un’impresa ben gestita,
oppure esso deperisce con tutta l’economia e la società sottostanti.
Si vedano le statistiche dell’occupazione nei vari Stati.
Più economie sono sviluppate, più sono alti i tassi di occupazione. I tassi di
disoccupazione possono essere ingannevoli e lo sono di certo per comparazioni.
Al contrario, il tasso di occupazione dà indicazioni strutturali su
un’economia. Al primo posto si trova la Svizzera con quasi l’80%. L’Italia si
trova oltre il trentesimo posto con meno del 60%, tra Spagna ed Ungheria. Non
si creano posti di lavoro ‘per i giovani’ creando disoccupazione obbligatoria
sussidiata con pensioni ‘per i vecchi’. Se lo raccontano... ma non funziona
così. Sono ‘culture’ del sottosviluppo e del sottosviluppismo.
...Tasse altissime, ‘grandi’ [re]distribuzioni-sprechi di
soldi, dunque spese e redditi, ma il capitale umano resta sotto-utilizzato e
l’economia è in deperimento irreversibile... Eccola la logica del “tagliando una spesa si
taglia anche un reddito” (Cesaratto 2012, p. 20)! Ecco perché il Giappone, con un 14 punti
più dell’Italia di manodopera occupata, oltre che potenza economica
d’avanguardia, può permettersi un debito pubblico oltre il 200% PIL.
In
Italia, Grecia etc ci si racconta, e professori universitari raccontano, che
tagliare le spese, alias gli sprechi,
sia impoverirsi. Il professore ordinario a Napoli che scrive in (Cesaratto 2012, p. 20) racconta, appellandosi
al ‘buon senso’, che sarebbe un’idiozia se che una comunità di disoccupati,
cioè senza reddito, economizzasse “su beni e servizi prodotti dai suoi membri per i suoi
membri.” Letteralmente non significa nulla. Tuttavia, se si pensa a soldi
che arrivino da fessi, o depredati, del Nord (dal Lombardo-Veneto) e vengano
scialacquati a Napoli tra già disoccupati che se li distribuiscano facendo
finta di lavorare, in effetti sarebbe idiota se non ne approfittassero. È anche
così che Italiozia è stata affondata e continua a sprofondare ulteriormente.
Che quel professore non pensasse a sé stesso, quando dichiarava che la vana,
finta, alternativa a tale circolo vizioso, ma per lui l’unico possibile, sono
le “riforme strutturali”? Le riforme strutturali o producono produttività del lavoro
competitiva ed a tutti livelli o sono
finte tali, sia a livello di imprese che di Stato. Infatti, in Italiozia, sono
vuoto slogan.
Vere politiche sociali si fanno benissimo con bilanci in pareggio, senza
debito pubblico e con bassi livelli di tassazione. Sono le burocrazie
predatorie e le oligarchie predatorie che fanno demagogia e populismo per poter
continuare loro a predare fondi enormi mentre vere politiche sociali sono state
del tutto assenti nel panorama italico. I soldi, ora a pioggia, ora per caste,
non sono vere politiche sociali. Sono i meccanismi feudal-mafiosi attorno a cui
è stata inventata e perpetuata l’Italiozia.
È vero che “avere ora la moneta in comune rende assai complicato
trovare soluzioni” (Cesaratto 2012, p. 26), quando per soluzioni si intenda la
perpetuazione di politiche super-predatorie con certificazione-euro. Cioè,
detto come andrebbe detto, rende assai complicato inventarsi altri trucchetti.
O il debito pubblico e la connessa spesa pubblica fuori controllo, oltre ad essere
estremamente dannosi a tutti i livelli (creditizio, imprenditoriale, di
efficienza sistemica etc), sono appunto mortiferi e fuori controllo oppure non
lo sono. Se non lo sono, non ci sono problemi. Se lo sono il problema va
risolto senza vani trucchetti come svalutazioni e dichiarazioni di bancarotta
per poi continuare come prima. Nella bancarotta di un’azienda, essa o chiude o
viene ceduta ad altri. Uno Stato in bancarotta resta nelle mani degli stessi lo
hanno condotto alla bancarotta.
È di
certo una balla che il debito pubblico fuori controllo sia servito al “finanziamento di
investimenti a lungo termine.” (Cesaratto 2012, 27). E neppure è colpa di bolle
immobiliari se le imprese non sono più competitive. È che il debito pubblico
fuori controllo è servito e serve solo a predazioni colossali, mentre i centri
produttivi e di ricerca deperiscono. Colpa dell’euro?! L’euro crea
semplicemente un’area dove, da punto di vista monetario, vi sono regioni con
autonomia impositiva e di spesa. C’è chi spende meglio e chi peggio. C’è chi
punta tutto sulla tassazione e chi no. C’è chi crea burocrazie funzionanti e
chi crea solo centri di distribuzione di denaro. C’è chi si preoccupa della
produttività presente futura e c’è chi distribuisce soldi a pioggia alle oligarchie
predatorie.
C’è
chi vorrebbe che Berlino pagasse per Grecia, Italia, Spagna etc, come Roma fa
pagare le aree più produttive del Nord (il Lombardo-Veneto) per gli sperperi
della Sicilia-Calabria-Campania o del Trentino-AltoAdige. Meglio un federalismo
o confederalismo (l’eurozona) con autonomia fiscale e di spesa, ma coi vincoli
della moneta unica, per cui le amministrazioni allegre delle ‘regioni’ possano
sfasciare le regioni stesse ma non la moneta unica, anziché un modello come
l’italiota in cui la Lombardia ed il Veneto pagano per
Sicilia-Calabria-Campania ed altri che gettano soldi al vento. A livello
politico sarebbe essenziale, a tutti i livelli la libertà di secessione in
tutta l’EZ. Che farebbe la Sicilia, e non solo essa, se secedesse (ovviamente
con la sua quota di debito pubblico proporzionale ai fondi che riceve ed
inversamente proporzionale al suo contributo fiscale, non abbassata con medie
nazionali pro-capite)? Mentre Lombardia e Veneto potrebbero secedere con grande
profitto, senza la zavorra di un sistema-‘paese’ predatorio nei loro confronti.
Ovviamente,
alta produttiva dal lavoro e competitività portano a pagare alti salari. Ecco
che allora la Germania è “paternalista” (Cesaratto 2012, p. 32-33). Fortuna che Grecia
ed Italia sono classiste! Così possono pagare bassi salari e le buro-oligarchie
possono predare in libertà.
Raccontano (Sergio Cesaratto, professore ordinario a
Siena) pure che senza euro ci sarebbe stata la piena occupazione e
l’egualitarismo (Cesaratto
2012, p. 33). Come? ...Hanno comunque l’alternativa: o la BCE ci dà fondi per
continuare con le predazioni buro-oligarchiche o si esce dall’euro. Per andare
dove? In Argentina? Ci siete già, per vostra scelta unanime! La crescita si ha
rivitalizzando il sistema finanziario, immettendo masse di liquidità vera. Ciò
lo si fa solo rimborsando tutto il debito pubblico. Se si taglia il 75% della
spesa corrente, si rimborsa il debito pubblico in alcuni anni, e nel frattempo
si dà una scossa positiva a creare impresa, a produrre ed a competere. Si crea
pure l’aspettativa di un rapido drastico taglio dei livelli di tassazione a
debito pubblico rimborsato od anche a rimborso in corso. Siccome nessuno farà
mai ciò, potete solo continuare a sprofondare nella marginalizzazione. Non
sarebbe stato meglio con la lira. Anzi, storicamente, l’Italiozia post-bellica
vivacchia sprofondando meno del dovuto proprio grazie ai vincoli esterni,
internazionali.
Le
perdite di PIL di alcune aree della Eurozona [EZ] a vantaggio di altre, e la
misura di queste perdite e guadagni, come i movimenti di capitali all’interno
della EZ, riflettono solo processi in corso da decenni tra aree che prestano
attenzione alla competitività e Stati
Predatori all’interno della EZ. Certo che la Germania ha l’interesse a
centralizzare i centri produttivi chiave. I ‘depredati’ lo sono perché hanno
creato sistemi produttivi e burocratici predatori-interni anziché eccellenza e
competitività internazionale. Altrimenti non si sarebbero fatti depredare dalla
Germania e da altri.
La
stessa Germania ha, al suo interno, aree centrali ed aree dipendenti o
marginali, dal punto di vista produttivo, finanziario, di ricerca.
L’unificazione tedesca è stato anche un processo di distruzione di base
industriale all’est. Che gli stessi processi avvengano nella EZ, la Grande
Germania, è del tutto normale. In Italia, centri industriali e finanziari sono
stati distrutti col golpe compradoro del 1992-93, senza attendere la creazione
dell’euro.
In
Grecia, come già nell’Italiozia del golpe 1992-93 e seguito, centri di
potenziale o parziale competizione coi tedeschi sono stati liquidati, nell’era
euro, coi soliti giochetti delle privatizzazioni-truffa, incluse aziende
comprate da nullatenenti che pagavano poi coi soldi in cassa delle aziende comprate,
si intascavano il resto, e subito le chiudevano (simile al giochetto, all’epoca
sventato, della privatizzazione truffa Prodi-CDB-Mediobanca della SME nel 1985,
dove chi comprava comprava senza anticipare una lira di suo, oltre che pagare
tutto ampiamente sottoprezzo; come acquistare un edificio che poi si paga a
rate con parte dei fitti; e simile ad altre dell’epoca italica delle
sprivatizzazioni). La corruzione istituzionale-burocratica tipica dei paesi
compradori è stata coperta dalle finanze pubbliche fuori controllo e da
apparati burocratici statali incapaci di gestire industrie pubbliche e dunque
pure una loro vera privatizzazione che ne aumentasse l’efficienza. Se i
tedeschi ne hanno approfittato, Stati Predatori con vocazione alla prostituzione
si sono allegramente offerti al depredamento tedesco. Ancora oggi, nonostante
queste ‘brillanti’ esperienze ‘privatizzatorie’ su cui si preferisce tacere,
tutti parlano con entusiasmo di prossima vendita di beni pubblici per contenere
il debito pubblico fuori controllo. Truffe. Per rilamentarsene domani?! Hanno
già svenduto patrimoni immobiliari pensionistici ed altri, solo per rubarseli.
Ora vendono i monumenti?
In
pratica, denunciano la super-potenza tedesca perché vorrebbero distruggerla per
sostituirla con un meccanismo all’italiota dove le aree sottosviluppate predano
Lombardia e Veneto, rovinando così le stesse aree sviluppate. La via corretta è
quella della competitività che si crea cominciando dalle strutture statali e
dai suoi meccanismi oggi predatori, dunque tagliando drasticamente la spesa
pubblica (un 75% della spesa corrente), che è largamente predatoria, e
rimborsando in pochissimi anni tutto il debito pubblico. A quel punto, con
livelli di tassazione internazionalmente competitivi, si diverrebbe terra di
investimenti, non di fuga. No, giocano ai trucchetti di inserire il pareggio di
bilancio in Costituzione. C’era già. Quanto tutto è fuori controllo, i soldi
escono spesso in automatico come dai computers del Tesoro. Subito dispersi, quando
sono per predazione. Contabilizzati e
non spesi quando sarebbero per investimenti o perché avendo masse di
soldi in automatico non sanno come fare a ritirare altri fondi per cui
occorrerebbe un minimo di documentazione sulla loro destinazione.
Il realtà, seguendo il modello confederativo e federativo
di progressiva creazione della Germania attraverso l’aggregazione di territori
differenti, lo stesso schema viene applicato dalla Germania alla Grande
Germania, la EZ e la UE. La presente crisi dell’euro è pilotata dalla Germania
per forme di unificazione fiscale e politica con la Germania, sotto egemonia
germanica. Che questa unificazione avvenga sulla base di forza o debolezza
delle aree già aggregate dalla Germania nell’euro dipende dai bilanci pubblici
con annesso debito. Firmarono solennemente per un debito a non più del 60% PIL.
Quello Italiota è oggi, dopo oltre un ventennio da Maastricht, oltre il doppio.
Ed i soldi spesi sono stati sperperati come sempre, perché non sono andati in
investimenti produttivi ma in burocrazie in progressivo deterioramento ed in
trasferimenti alle solite oligarchie ‘private’ di para-Stato. Lo chiamano, per
truffare, ‘Stato sociale’. Ma le predazioni non hanno nulla di sociale.
Non a caso nessuno ne discute. Dopo le continue ‘riforme’
burocratiche che sono sempre e solo servite per aumentare le predazioni,
sarebbe il tempo, seppur già in ritardo, dell’accetta. Tagliare un 75% della
spesa pubblica vorrebbe dire tagliare pure un 75% di burocrazie pubbliche,
dalle regioni, al Quirinale, ai CC, alla GdF (non esistono già ispettori del
fisco a tutti i livelli?), alle procure e commessi, etc che costano cifre
enormi e fanno danni ancora più enormi. Sarebbero solo da sopprimere. Ci sono
paesi dove è impossibile trovare vari uffici pubblici perché ormai si comunica
con essi solo per posta e su internet. Nell’epoca della computerizzazione,
molte funzioni burocratiche possono essere accentrate e gestite da pochi
dipendenti con cui si comunica per telefono, computer, fax, posta, video, e
molti dipendenti prima e tuttora occupati in funzioni burocratiche, o che
simulano di lavorare, si potrebbero trovare dei lavori veri con grande
contributo alla prosperità sia loro che collettiva.
Lo stesso vale per i monopoli ed oligopoli ‘privati’ che
in realtà vivono di predazioni sotto forma di trasferimenti pubblici ed altre
truffe allo Stato ed al settore ‘pubblico’. Ciò che non impedisce loro di trasferire le centrali
dei loro affari all’estero, pur essendo sempre vissuti di sussidi in Italiozia.
Per cui non vale neppure la scusa che continue predazione avrebbero comunque
garantito la preservazione di una qualche base grande-industriale, o di
ricerca, o scientifica, etc. ...Un sistema predatorio alla fine si avvita su se
stesso... I capitali si attirano con la bassa tassazione e con l’alta
produttività del lavoro (ben pagato, ma tecnologizzato), con la ricerca, le
burocrazie efficienti e leggere, le sinergie.
La fissazione, di creazione propagandistica (insozzi ed
auto-insozzi del cervello), che il nemico sia altrove, quando si è incapaci di
restaurare condizioni di sviluppo e di creare, per la prima volta nella breve e
squallida storia italiotica, uno Stato con un minimo di efficienza, non porta
da nessuna parte. Meglio a questo punto che affondi tutto, ma pur sempre
nell’euro visto che ormai si è lì. Sarà un vantaggio per gli stessi italioti
schiavi non avere la schiavitù supplementare di una propria moneta con cui
insozzarsi ulteriormente.
...A me non ne viene in tasca nulla... Si scelgano valuta
che preferiscono... Se proprio non vogliono più l’euro, che si scelgano il
dollaro, o la sterlina od il franco svizzero. Beh, con l’euro hanno, se non
altro, dei vantaggi da signoraggio. O tentino pure con una nuova lira... Se la
chiamano lira congolese, si evitano mistificazioni. Ma è solo sceneggiata.
Decidono a Berlino ed, eventualmente, a Londra se riescono su questi dettagli
per loro non sì fondamentali.
Monti che fa il burattino all’estero, dai padroni
imperiali, per acquistare credito in patria, ripercorre la logica delle
macchiette mafiose che si agitavano e si agitano a Roma per acquisire
considerazione nelle province di provenienza. ...I volti nuovi... ...I grandi
scienziati scesi dai cieli...
Vista dal punto di vista del cittadino, del suddito in
realtà, i ‘grandi’ discorsi del tutto propagandistici sulla ‘sovranità’ perduta
e da riacquisire, non significano nulla. Il suddito non conterebbe nulla in
un’Italietta ‘sovrana’, come non conta nulla nella EZ, la Grande Germania. Italiozia è pure, oltre a suddita tedesca e
francese, suddita, per vicende belliche e sistemi militari, anglo-americana, e
del tutto interna, per ora, al sistema terroristico e guerrafondaio
anglo-americano, senza aver saputo mai sfruttare ritrosie tedesche per
allinearvisi e dunque guadagnare una qualche sensata occasionale indipendenza
dagli anglo-americani!
L’uscita dall’euro non porterebbe nulla al suddito
qualunque, ma solo ai ceti predatori che sarebbero liberi di continuare a
predare fino all’implosione totale. Un momento prima si sarebbero già
trasferiti altrove. I capitali viaggiano su cavo. Essi sono urtati da una
Germania che chiede, se proprio vogliono continuare a predare, e ad affondare
ed affondare i loro Stati, un minimo di equilibrio macro-contabile. Con sistemi
predatori oggi fuori controllo, ciò vorrebbe dire restaurare un minimo di
normalità fiscale. Che è proprio quello non riescono a fare se non aumentando
la tassazione, ma neppure con essa. Per cui, il vincolo estero, il vincolo
esterno, è ancora una volta una spinta irresistibile almeno a galleggiare senza
affondare. Ciò può essere non nell’interesse dei ceti predatori, mentre è, per
il suddito medio, meglio che l’uscita dallo spazio tedesco. L’uscita dall’euro
porterebbe ad un crollo drastico dei salari reali visto che poi tutta la
tecnologia, tutti beni di produzione o brevetti esteri, costerebbero multipli
di quello ora costano. ...Fate l’esperienza di aree sottosviluppate! ...dove
tutto costa più caro. Valga l’esempio del pretenzioso Brasile, tanto per non
far nomi.
E neppure qualche residua produzione interna sarebbe più
conveniente, per l’export, tra tassazioni altissime ed aumento del costo delle
materie prime ed altre merci importate. A chi gioverebbe dunque l’uscita
dall’euro? Non al suddito medio, non al lavoratore produttivo. Non gioverebbe
neppure ai livelli bassi dei ceti predatori. Ed il tutto sarebbe inquinato da
inflazioni elevate e galoppanti che sono redistribuzioni contro chi lavora e
contro i salari differiti divenuti pensioni. Minacciare di andarsene dall’euro
è, alla fine, solo una sceneggiata da sindacalisti cui la stessa Germania non
crede, visto che sarà la Germania a decidere chi eventualmente sbattere fuori e
quando.
Roberto Ciccone, professore ordinario a Roma Tre, offre una esilarante
disquisizione (Cesaratto
2012, p. 71..88) per arguire che qualunque siano le dimensioni del debito
pubblico, le future generazioni future, dunque neppure le presenti, non ne
avranno alcun onere, perché riceveranno sì il debito ma pure i titoli dello
stesso. Il problema è che qualcuno ha ed avrà i crediti e qualche d’un altro i
debiti, e che non saranno necessariamente o per nulla le stesse persone ed
entità. Inoltre, in uno Stato Predatorio, concetto politologico che pur
nessuno usa in relazione allo Stato Predatorio Italiotico, il regime lo
vieta!, il debito pubblico serve alle predazione di quella stessa area che
magari ha i crediti da debito pubblico. Per cui c’è qualcuno che paga, altri
ancora che pagheranno in futuro, ed altri che godono degli introiti per i loro
alti ed altissimi livelli di reddito e di accumulazione. Questa è la vera
redistribuzione da debito pubblico in uno Stato
Predatorio. Non è uno Stato
Predatorio?! Dove sono le realizzazioni, gli investimenti, gli aumenti di
produttività, la competitività internazionale, create col debito pubblico. Non
vi sono. Il debito pubblico, non solo gli altissimi livelli di tassazione,
hanno prodotto introiti che se ne sono andati in gran parte in pure predazioni.
Cercano di non dirvelo chiaro-chiaro (solo per qualche ‘scandalo’ mirato contro
qualcuno delle buro-oligarchie che s’è fatto casa per quattro soldi), ma i
patrimoni enormi degli enti pubblici se li sono già svenduti da tempo. Non ci
sono più. Il debito pubblico aumentava egualmente, mentre se li spartivano per
quattro soldi da sprecare.
Ciccone accenna che chi abbia crediti e chi poi li paghi
siano persone e categorie differenti. Riduce tuttavia il tutto ad una banale
questione intra-generazionale. Ricevere un’economia ed uno Stato ancora più
allo sfascio di quanto non fosse decenni prima, certo che è, sempre a livello
aggregato, una ‘banale’ questione poi da disaggregarsi tra le varie categorie o
classi della popolazione. A parte il demagogico richiamo alle future generazioni,
che non è servito a risolvere alcun problema ma anzi lo ha solo aggravato, lo Stato
Predatorio fuori controllo, dove tutto va avanti per automatismi e
peggioramenti successivi, è già questione del presente e non da ieri. La crisi
fiscale presente, la cui drammatizzazione propagandistica è, in parte,
sicuramente voluta sia dalla Germania sia da chi vorrebbe distruggere la Grande Germania, ha solide basi
strutturali ed ha il merito di evidenziare questioni reali e cui si danno solo
risposte fasulle. La questione reale è il debito pubblico da rimuovere. Non è
un fantasioso ‘sviluppo’ che permette di rimborsare il debito pubblico. È al
contrario il rimborso del debito pubblico che crea le precondizioni dello
sviluppo e dello sviluppo accelerato. Senza rimborso del debito pubblico non v’è sviluppo, nel contesto dato. La
provincia italiotica dell’Impero germanico scivola sempre più ai margini
sottosviluppati dello stesso.
Si ricordi il giochetto, già ai tempi della lira, ma pure
successivo, per cui quando v’era ripresa si diceva che non era il momento di
‘misure restrittive’ e tanto meno lo era, dicevano, quando si era in
depressione. In realtà, è sempre il momento di rimborsare il debito pubblico
che trasforma in rendite con garanzia di Stato liquidità sottratte ad
investimenti produttivi. A parte che, come già variamente detto, la spesa
‘pubblica’ è solo servita, con la tassazione in aumento, ed il debito pubblico
idem, a finanziare predazioni burocratiche ed oligarchiche. Appunto, non era
mai il tempo di arrestarle. Non ne erano capaci. Non potevano.
Il punto è tagliare, ed in gran proporzione, le spese, ad
esempio le spese correnti di un 75% o più, non di inventarsi tassazioni e
debiti per farvi fronte. Gran parte della spesa sanitaria è pura predazione. Se
vuoi spendere in malattie, devi creale: ma in Italiozia rubano alla grande ben
oltre questa banale regola ‘burocratica’.
Maga-truffe nella grande truffa della ‘sanità’. Tre o
cinque maestre per classe non sono istruzione, sono ruberia clientelare e
parassitismo. Tutto l’apparato burocratico è da sempre puro clientelismo e
predazione. Le regioni furono create per pure ragioni clientelari. Sarebbero
semplicemente da abolire e restituire il 90% del personale delle stesse al
mercato del lavoro. Nelle burocrazie che servono a qualcosa,
l’informatizzazione rende chiaramente superflue molte funzioni preesistenti,
mentre crea lavoro ad altri livelli. Addirittura corpi militari come i CC, che
duplicano dalla Polizia di Stato alle FFAA ed a molto altro, rendono evidente,
come tutto sia stato costruito ed esteso per pure ragioni di predazione pure ai
livelli bassi. In pratica, le grandi oligarchie predatorie si coprono, come
spesso succede, pure dietro una gran massa di clienti pagati dallo Stato che
sarebbero solo da mettere per strada affinché potessero trovarsi dei lavori
veri con vantaggio per loro stessi e e per tutti. Dagli enti inutili mai
soppressi ad una massa di piccoli e grandi sussidi per le cose più incredibili,
se ne vanno somme enormi e senza controlli, mentre lo Stato non riesce neppure
pagare gli interessi sul debito pubblico, debito pubblico che sarebbe al
contrario da rimborsare subito, man mano che i titoli arrivano a scadenza e, se
si avessero fondi in eccesso, v’è stato un proliferare di tasse d’ogni genere
che servono solo a giustificare burocrazie e che sarebbero dunque da abolire
con le burocrazie stesse se ne occupano.
Ciccone presenta semplici, ma di dubbio funzionamento sia
in una economia chiusa che in una economia aperta, modelli economici per cui il
debito pubblico aumenta i consumi e dunque produzione, reddito e ricchezza
complessiva. Dipende dal contesto, e dalle variabili che si mettono o meno nei
modelli formali. Uno Stato può surrogare privati non esistono, o non nella scala
richiesta. Se i privati esistono, lo Stato che non sa controllarli può divenire
loro miopico strumento e dunque uno Stato Predatorio, od anche solo uno
Stato che riduce i livelli di sviluppo possibili. Dipende dal tipo di Stato,
non dalla spesa pubblica che, di per sé, non moltiplica per magia il reddito. I
costi d’intermediazione e corruzione burocratiche e la distruzione di
imprenditorialità semmai lo riducono, anche senza altre peggiori patologie
stataliste. Stati che non sanno controllare e dirigere necessitano, in genere,
di interventi diretti, proprietà, trasferimenti, debiti pubblici permanenti.
Per cui l’inettitudine di partenza si moltiplica esponenzialmente.
Nella storia economica italiotica, lo Stato monarchico
mantiene relativamente inetti dei capitalisti non particolarmente audaci, e li
alimenta e sussidia mentre li usa per uno sviluppo assistito del nuovo Stato
compradoro. È la ‘logica’ illogica di lasciar privatizzare i profitti e
sussidiare le perdite (oltre che i profitti o parte di essi). È pure un metodo
da Stato debole di comprarsi il consenso delle oligarchie delle aree forzate
nel nuovo Regno d’Italia. Con la repubblica, quel fragile equilibrio di
inefficienza assistita precipita progressivamente ma ineluttabilmente nel
sottosviluppismo. Il processo è lungo ma col sicuro epilogo odierno. Non che
oggi sia la fine dei tempi ma è la formalizzazione della marginalizzazione
raggiunta, del commissariamento estero, ma senza i benefici di una vera
colonizzazione diretta e formale, e dunque con possibili più gravi conseguenze
(maggiore sottosviluppo) se il debito pubblico fuori controllo non viene in
qualche modo stabilizzato ed almeno ridotto. La monarchia depredava per sé (ma
in limiti fisiologici, non autodistruttivi), ed assisteva e controllava
predazioni private che dunque coesistevano con lo sviluppo. Con l’affossamento
della monarchia (1946) deciso dagli occupanti anglo-americani, i centri di
predazione si moltiplicano, e sviluppano e sopprimono progressivamente gli
elementi di sviluppismo che coesistevano con lo Stato monarchico pur
inefficiente e burocratico. Lo Stato monarchico di fatto mantiene sotto
controllo le depredazioni delle oligarchie sia ‘pubbliche’ che private. Ne è
usato ma le usa allo stesso tempo. In fondo è sempre uno Stato di una dinastia
con diretta legittimazione londinese (Londra crea Italiozia con operazioni
terroristiche ed altri interventi diretti ed indiretti). Un certo sviluppismo
del periodo monarchico-mussoliniano ne è la rivitalizzazione dopo che i vincoli
compradori pro-inglesi hanno costretto Italiozia, senza alcuna economia di
guerra, ad una guerra da cui ‘guadagna’ molto meno di quello avrebbe guadagnato
senza guerra. La partecipazione alla prima guerra mondiale è, per Italiozia,
una operazione in totale e drastica perdita. Per coazione a ripetere, Italiozia
‘si rifà’ con la seconda guerra mondiale ma, questa volta, ancora meno
preparata del 1915-18 e pure dal lato perdente. Probabilmente impropriamente
(vengono colte solo alcune similarità apparenti, più che la vera essenza di
quello un Developmental State è, oppure si estendono troppo i modelli
forti di Developmental State) taluni ipotizzano il ‘fascismo’ (in realtà
è il solito Stato monarchico cui si sovrappone un guscio social-mussolinano)
come Developmental State, Stato Sviluppista. Lo Stato monarchico
del 1860-61, da un lato distrugge le economie degli Stati assorbiti
nell’artificiale Regno d’Italia creato su decisione inglese, dall’altro deve
adempiere al mandato inglese di creare un argine mediterraneo alla Francia e ad
altri. Per cui, lo Stato militar-burocratico inefficiente dei Savoia deve
inventarsi (lo obbligano gli inglesi) un corso parzialmente sviluppista.
Miseria e cannoni, con forme di spietata dittatura
militar-monarchico-compradora sotto guscio ‘democratico’ e con retoriche da
area sviluppata. Vengono create, su iniziativa monarchica, industrie militari
chiave con relativo ambiente economico di contorno. Il periodo
monarchico-mussoliniano, pur praticando forme di disarmo [le FFAA erano più
monarchiche che realmente ‘fasciste’, per cui Mussolini, non fidandosene, le
voleva deboli, per quel dipende da lui; quando, col golpe del 1943, lo caricano
su un’ambulanza e lo arrestano, si vedrà chi è che ha sempre comandato
nell’Italiozia ‘fascista’] ricrea, pur coi limiti precedenti, un clima
favorevole allo sviluppo economico pur senza una vera corsa al riarmo né
economie di guerra che trainino (come correntemente ritenuto, anche se sono
traini a livello di indici, non certo di consumi producendosi strumenti di
distruzione, destinati ad essere distrutti e che trascinano ulteriori
distruzioni). La spinta economica positiva di quegli anni continua con la fine
della guerra e la si vede negli anni ‘50 e primi anni ‘60. Gli inglesi
intervengono, per bloccare sorpassi da parte di uno Stato sconfitto, sia con la
distruzione della monarchia, che con la corruzione del regime partitico DC-PCI
etc da loro creato, e dunque per produrre una progressiva degenerazione del pur
già non eccelso Stato già monarchico. Destabilizzazioni economiche e politiche,
movimenti di protesta, terrorismo ‘fascista’
e poi ‘comunista’, continua incertezza politica mentre centri
parzialmente sviluppisti sono demoliti etc sono precisi interventi per tentare
di evitare che Italiozia possa risfuggire allo stretto controllo inglese e per
evitare che dalla sconfitta bellica possa mai crearsi una potenza mediterranea
(senza veri centri sviluppisti non sarebbe successo, ma gli inglesi, per essere
più sicuri, perseguono coscientemente una logica di sfondamento; e gli italioti
sono ben felici di essere sfondati, praticando già loro la ‘logica’ del
fregarsi l’un l’altro). Gli inglesi non potranno evitare ricada sotto controllo
tedesco (già lo Stato monarchico subiva l’influenza austro-germanica fin dagli inizi,
pur essendo geneticamente inglese), MEC etc, ma le conseguenze della
distruzione degli elementi parzialmente sviluppisti della fase monarchica
accentuerà la crisi ed il deperimento sia dello Stato che dell’economia. È
tutto creato, ma anche subìto e voluto dalle oligarchie compradore indigene.
Nulla sarebbe mai inevitabile se non lo si volesse.
Ciò che aumenta la ricchezza complessiva è la
produttività del lavoro competitiva che è una combinazione di lavoro, e di
capitale e tecnologia. Infatti, quanto Ciccone tenta di concludere col solito
demagogico che la vera soluzione al debito pubblico sarebbe l’aumento del PIL,
si ritorna al punto di partenza, la produttività del lavoro competitiva. Con
spesa pubblica non solo altissima ma del tutto predatoria, il PIL, alla fine,
si avvita su se stesso e crolla. Se in regime di concorrenza monetaria ciò può
essere, ed in effetti era, mascherato dal regime dei cambi, da continue
svalutazioni della lira, in regime di moneta unica ciò porta al declino del PIL
delle aree deboli rispetto a quello delle aree forti dell’euro. È quello che
sta avvenendo. La EZ cresce, mentre Italiozia vede il PIL decrescere. Idem la
Grecia. Tassazione e spesa pubblica predatoria non hanno potuto invertire la
bassa produttività del lavoro ma anzi la hanno nel complesso accelerata. Il
problema è il debito pubblico. I trucchetti per perpetuarlo prolungano il
problema ed il declino. Il rimborso rapido del debito pubblico creerebbe un
aumento altrettanto rapido della propensione alla imprenditorialità che il
debito pubblico ha depresso creando, a tutti i livelli (da chi guadagna di più
ad investire in titoli che ad intraprendere, a gente parcheggiata a fare nulla
di utile in cambio di un salario pubblico), rendite garantite dallo Stato.
V’è ovviamente tanta propaganda nell’uso dei concetti, in
(Cesaratto 2012).
Si strombazza di “neoliberismo” e di un suo supposto
fallimento. Dove si è realmente ridotta la tassazione? Dove si è realmente
curata la creazione di apparati pubblici leggeri ed efficienti. Di sicuro non
in Italiozia. La predazione si è sviluppata a ritmi crescenti, tra aumenti di
tasse ed aumenti di debito pubblico. Anzi, proprio gli pseudo-liberisti, pur
senza diminuire le tasse, hanno aumentato il debito pubblico, per poi soggiacere
al super-golpe quirinalizio e lasciare via libera ad un governo
Monti-Napolitano (novembre 2011) imposto dalle Polizie Segrete quirinalizie con
procure e media annessi. I mezzi di propaganda para-quirinalizia hanno
naturalmente accreditato la tesi che ciò fosse dovuto agli apprezzamenti non
d’apprezzamento del Berlusconi sulle chiappe non levigate della Merkel o sul
colore abbronzato di Obama. Il frigido Monti-Napolitano, pur universalmente
incensato, più che aumentare tasse, debito pubblico ed interessi sullo stesso
non sembra abbia saputo fare. Quando si mette il cappello del duce, guarda alla
storia, Monti dice di sé steso. Chi, un fantoccio compradoro dei gruppi ‘massonici’, alias di potere reale,
mondiali e ‘mondialisti’?! Ma quando fa, nel concreto, il capo del
governo formale, fa bassa e lurida cucina da Stato Predatorio italiotico:
tasse, debito pubblico, recessione, pseudo-tagli ma non alle predazioni.
Lombardo (ma un altro Presidente della Regione Sicilia, e di molte altre,
farebbe lo stesso), pur dismesso da Libero, ha continuato con le assunzioni
inutili ed il governo centrale ha pagato senza battere ciglio. Tale è il
governo Monti-Napolitano, per quanto altri avrebbero verosimilmente fatto lo
stesso. Le facce cambiano ma i centri predatori dello Stato restano. La
predazione continua indiscussa, indiscutibile ed inarrestabile. Le Polizie
Segrete CC-quirinalizie sono troppo occupate in grandi e piccole purghe fatte
proprio per permettere alla predazione di proseguire e di espandersi indisturbata.
Dove è il “neoliberismo”, nella permanente economia di guerra degli USA,
tramite la quale gli stessi vengono titoli-cartaccia e loro titoli di debito
pubblico di fatto irredimibili a tutto il mondo, oltre a pretendere contributi
militari diretti da parte dei loro sudditi e clienti? Dove lo vedono il
“neoliberismo”? Nei discorsi della domenica?
Egualmente, il problema di produttività del lavoro dei
PIIGS, non è questione di ridurre i salari che sono già abbastanza bassi
proprio negli Stati meno competitivi, ma di investimenti di capitale,
tecnologici. Gli Stati Predatori spendono molto, moltissimo, troppo, ma
non in investimenti veri. Spendono in predazioni, in soldi gettati al vento.
Presentare la soluzione come consistente nel creare un debito dell’euro per
finanziare tali Stati significa propugnare la perpetuazione di questa
situazione.
Il problema è il debito pubblico. Lo devono rimborsare.
Non è austerità tagliare le predazioni, rimborsare il debito pubblico e poi
tagliare la tassazione, ma, al contrario, l’unica vera e possibile politica
espansiva perché ricrea e ridà fondi per impresa, per creazione di lavoro e
ricchezza, per consumi, ma consumi derivanti da redditi creati davvero, non
solo distribuiti distruggendo base produttiva. Politiche davvero espansive
passano solo per il taglio drastico delle predazioni e per il rimborso del
debito pubblico. Non lo faranno. Continueranno ad affondare.
Deficit spending e
welfare sulla base dell’efficienza economica non sono la stessa cosa di
politiche pseudo-sociali di pura facciata per coprire predazioni. La ricchezza
deve essere prodotta, ed in modo competitivo, prima di poter essere
redistribuita. Redistribuzioni sociali alimentano i consumi interni. Le
predazioni si traducono in trasferimenti di capitali e di consumi all’estero
dove i regimi fiscali e le condizioni generali sono migliori. È precisamente
quello che accade, è accaduto e sta accadendo. La miscela di produttività del
lavoro non competitive e redistribuzioni predatorie è una miscela distruttiva.
Danno la colpa agli “speculatori”. È solo che gli investitori, od anche solo i
redditieri, non sono ciechi e questi aspetti li valutano. Ci sono economie
solide ed economie che si stanno auto-distruggendo per alimentare i rispettivi Stati
Predatori.
Politiche sociali e capacità produttiva non sono
compromesse dai tagli della spesa predatoria, ma anzi dalla perpetuazione dello
Stato Predatorio. La chiamano “austerità” ma sono soltanto tagli di
facciata, e non delle spese predatorie, e tassazioni ulteriori per continuare
come prima in attesa, a volte vana, che la burrasca del momento passi.
Sofismi sulla inutilità della flessibilità del mercato
del lavoro, celano i bassi tassi di occupazione complessiva, di partecipazione
al mercato del lavoro che caratterizza proprio i vari Stati in relazione
direttamente proporzionale alla loro marginalità. Lo stesso vale per la
percentuale di spesa sanitaria sul PIL, che non è la stessa cosa sia pubblica o
privata. Essa è necessariamente inferiore nelle economie strutturalmente più
deboli. Il problema sono le caratteristiche strutturali delle economie, non
alzare la spesa sanitaria, o mantenerla a livelli non ci si possono permettere,
od in condizioni di predazione clientelare, perché economie più forti la hanno
superiore.
Si imiti chi è più sviluppato, ma nella produttività del
lavoro, nella tecnologia, nella ricerca, nell’efficienza e competitività dello
Stato e dell’economia.
[Editors] Cesaratto, S., and M. Pivetti, Oltre l’Austerità, MicroMega, Rome, Italy, July 2012.