24 February 2015

Letter from Lhasa, number 365.
La realtà non è come appare

Letter from Lhasa, number 365. La realtà non è come appare
by Roberto Abraham Scaruffi

Rovelli, C., La realtà non è come ci appare. La struttura elementare delle cose, Raffaello Cortina Editore, Milan, Italy, 2014.
(Rovelli 2014).
Carlo Rovelli


Cercare risposte nella natura stessa delle cose, anziché in miti, spiriti, dei. Questa è la rivoluzione culturale a Mileto, nel VI secolo AC, da parte di Talete, del suo discepolo Anassimandro, Ecateo e la loro scuola. Nel 450, o così è assunto, Leucippo si imbarca, a Mileto, per Abdera. Qui fondò una scuola scientifica e filosofica alla quale partecipò Democrito, personaggio chiave di cui l’autore espone le idee.

“Platone e Aristotele conobbero bene Democrito e combatterono le sue idee. Lo fecero in nome di idee alternative, che più tardi, per secoli, crearono ostacoli al crescere della conoscenza.”
(Rovelli 2014, p. 23).

La visione atomistica di Democrito deriva in realtà dal Cilento, da Velia/Elea, che era una fiorente colonia greca dove aveva vissuto Parmenide che era stato interprete del razionalismo di Mileto e che era convinto la ragione potesse mostrare differenze dall’apparenza delle cose. Tuttavia, in tal  modo, Parmenide aveva aperto un cammino che sarebbe andato verso la metafisica. Zenone, suo allievo, coi suoi paradossi, mostra, su una pura base razionale, come la realtà visibile sia illusoria. In pratica, nega la realtà visibile su una pura base logica.   

Leucippo, allievo di Zenone, aveva trovato una via differente per risolvere gli arzigogoli di Zenone, rappresentando l’universo come granulare anziché continuo per cui, arrivati al singolo atomo, si ha un limite alla divisibilità.

Tolomeo, Copernico, Keplero, Galileo, Newton, Faraday e Maxwell, ed ecco che arriviamo ad Einstein. La teoria della relatività generale interpreta lo spazio di Newton come campo gravitazionale. Il mondo è fatto solo di particelle e campi.
“Senonché, a differenza dello spazio di Newton, che è piatto e fisso, il campo gravitazionale, essendo un campo, è qualcosa che si muove e ondeggia, soggetto a equazioni: come il campo di Maxwell, come le linee di Faraday.
“È una semplificazione impressionante del mondo. Lo spazio non è più qualcosa di diverso dalla materia. È una delle componenti “materiali” del mondo, è il fratello del campo elettromagnetico. È un’entità reale, che ondula, si flette, s’incurva, si storce.”
(Rovelli 2014, p. 73).

Con l’aiuto della matematica di Gauss e Riemann, Einstein rappresenta la realtà dello spaziotempo che si incurva maggiormente dove vi sia più materia. Si incurva lo spazio e si incurva il tempo. 

La meccanica quantistica ha permesso di comprendere granularità, indeterminismo e relazionismo.

Granularità. Nella meccanica quantistica, le particelle spariscono e ricompaiono. “La costante di Planck h fissa la scala elementare di questa granularità.” (Rovelli 2014, p. 115).

Indeterminismo. Elettroni, quanti di un campo, fotoni non si può prevedere con certezza quando e dove compariranno. Il futuro è imprevedibile.

Relazionismo. La teoria non descrive come le cose siano, bensì come accadano e come influiscano l’una sull’altra. Non descrive dove sia una particella ma come essa si faccia vedere dalle altre. La realtà è dunque ridotta ad interazione, a relazione.

Lo spaziotempo è quantistico. Relatività generale e meccanica quantistica sembrano contraddirsi reciprocamente, Eppure esse funzionano entrambe territorialmente bene. Per cui v’è evidentemente qualcosa che ci sfugge.

“[...] Einstein ha capito che lo spazio e il tempo sono manifestazioni di un campo fisico: il campo gravitazionale. Bohr, Heisenberg e Dirac hanno capito che ogni campo fisico è quantistico: granulare, probabilistico, e si manifesta nelle interazioni. Ne segue che anche lo spazio e il tempo devono essere oggetti quantistici con queste strane proprietà.
“Che cos’è, allora, uno spazio quantistico? Che cos’è un tempo quantistico? Questo è il problema che chiamiamo “gravità quantistica”.
“Un gruppo nutrito di fisici teorici sparsi per i cinque continenti sta laboriosamente cercando di dirimere la questione: l’obiettivo è trovare una teoria, cioè un insieme di equazioni, ma soprattutto una visione del mondo coerente, in cui la schizofrenia fra quanti e gravità sia risolta.
“Non è la prima volta che la fisica si trova davanti a due teorie di grande successo apparentemente contraddittorie. [...]”
(Rovelli 2014, p. 130-31).

Quanti di spazio.
“Lo spazio fisico è il tessuto risultante dal pullulare continuo di questa trama di relazioni. Di per sé, le linee non sono da nessuna parte, non sono in nessun luogo: sono esse stesse, nelle loro interazioni, a creare i luoghi. Lo spazio è creato dall’interagire di quanti individuali di gravità.
“Siamo dunque arrivati a uno dei risultati centrali della gravità quantistica: la struttura discreta dello spazio formato dai quanti di spazio che danno il titolo a questo libro. Questo non è che il primo passo. Il secondo riguarda il tempo. Al tempo è dedicato il prossimo capitolo.”
(Rovelli 2014, p. 152).

Il tempo non esiste. Il tempo è locale. Non esiste un tempo universale.
“Ma cosa significa che il tempo non esiste?
“Anzitutto, l’assenza della variabile tempo nelle equazioni fondamentali non significa che tutto sia immobile e non esista cambiamento. Al contrario, significa che il cambiamento è ubiquo. Ma i processi elementari non possono essere ordinati in una comune successione di istanti. Alla piccolissima scala dei quanti di spazio, la danza della natura non si svolge al ritmo della bacchetta di un singolo direttore d’orchestra che batta un tempo universale: ogni processo danza indipendentemente con i vicini, seguendo un ritmo proprio. Lo scorrere del tempo è interno al mondo, nasce nel mondo stesso, dalle relazioni fra eventi quantistici che sono il mondo e generano essi stessi il proprio tempo. In realtà, l’inesistenza del tempo non significa nulla di molto complicato. [...]”
(Rovelli 2014, p. 155-56).

Di che cosa è fatto il mondo?
“È sparito lo spazio di fondo, è sparito il tempo, sono sparite le particelle classiche, sono spariti i campi classici. Di che cosa è fatto il mondo?
“La risposta ora è semplice: le particelle sono quanti di campi quantistici; la luce è formata dai quanti di un campo; lo spazio non è che un campo, anch’esso quantistico; e il tempo nasce dai processi di questo stesso campo. In altre parole, il mondo è interamente fatto di campi quantistici (figura 7.8).
“Questi campi non vivono nello spaziotempo; vivono, per così dire, uno sull’altro: campi su campi. Lo spazio e il tempo che percepiamo a larga scala sono l’immagine sfocata e approssimata di uno di questi campi quantistici: il campo gravitazionale.
“[...]
“I campi che vivono su se stessi, senza bisogno di uno spaziotempo che funga loro da sostrato, da supporto, capaci di generare essi stessi lo spaziotempo, sono chiamati “campi quantistici covarianti”. La sostanza di cui è fatto il mondo si è drasticamente semplificata negli ultimi anni. Il mondo, le particelle, l’energia, lo spazio e il tempo, tutto ciò non è che la manifestazione di un solo tipo di entità: i campi quantistici covarianti.”
(Rovelli 2014, p. 166-67).

L’autore rappresenta i buchi neri come porte verso il futuro o verso futuri.

Per vedere comunque tutto quello l’autore dice sulle applicazioni concrete della meccanica quantistica, e su tutto il resto, si veda l’autore stesso. Non abbiamo l’intenzione di fare un sunto di quello lui espone, né avrebbe senso. 

Nel capitolo sull’informazione, il penultimo, importante partire delle definizioni. L’informazione è una misura del numero di alternative possibili per qualcosa. L’entropia è l’informazione mancante. Il tempo non è reversibile. V’è ovviamente molto di più, nel capitolo e la connessione di tutto ciò colla meccanica quantistica.

L’ultimo capitolo, il 13, Il Mistero, ha un carattere metodologico generale. Ciò che si sa o che si crede di sapere, anche se tutti ne sono convinti, può essere sbagliato. Se pensiamo di sapere già l’essenziale, non impariamo nulla. La consapevolezza della nostra ignoranza rende la scienza affidabile. Si ha bisogno proprio di affidabilità, non di certezze.
“La ricerca della conoscenza non si nutre di certezza: si nutre di una radicale mancanza di certezze.”
(Rovelli 2014, p. 228).



Rovelli, C., La realtà non è come ci appare. La struttura elementare delle cose, Raffaello Cortina Editore, Milan, Italy, 2014.