Letter from Lhasa, number 309. Ferrari & Testimone del Tempo
by Roberto Abraham Scaruffi
Biagi, E., Ferrari. Testimone del Tempo, Rizzoli
Editore, Milan, Italy, 1980.
(Biagi 1980).
Enzo Biagi
Due libri, in un
volume, del talvolta tanto discusso Biagi che visse tranquillo nell’Italietta
democristo-socialisto-picciista-azionista-etc e degli Agnelli[-Mediobanca]
& Co. che predavano felici i soldi di tutti, ma che poi reagì stizzito al
“conflitto di interessi” dell’outsider gettatosi direttamente ed apertamente in
politica nel gennaio 1994.
Prima (del 1994 o
del 1992), non si era mai afflitto per interessi né per conflitti? Lasciamo ai
biagiologi sì ardua questione.
Anche leggendo
questo libro, queste due opere, mi resta il dubbio, che è una valutazione, se
il giornalista alla Biagi scopra le notizie oppure se semplicemente riporti
quello altrove già creato. Accantoniamo la banalità che sia la realtà a creare
le notizie.
La realtà non
esiste. Bensì ne esistono le sue rappresentazioni. Le rappresentazioni sono
possibili realtà. Se esiste una realtà oggettiva è questione filosofica di
impossibile ed irrilevante soluzione.
Nella stessa
fabbricazione della rappresentazione, esiste un livello che propone la notizia
che altri divelli diffondono a livello di massa. I Biagi sono, almeno come
giornalisti, come tutti “grandi nomi”, al livello dell’agitprop che si dirige
sicuro nel cervello del lettore o dell’ascoltare finale.
Chessò, un apparato
poliziesco-militar-giudiziario crea un colpevole che poi il giornalista
diffonde come tale. È la notizia del giorno oppure giornalisti e loro editori
potrebbero enfatizzare notiziole ecologiche e di salute, o esoteriche, come
grande novità del giorno?
Non v’è nessuna
notizia del giorno o del periodo che prema ineluttabile. Sono i vari apparati
mediatici che, concordi o discordi, ti dicono che gli USA o gli UK siano stati
attaccati sul loro territorio da pastori yemeniti che perfino interferivano con
le comunicazioni presidenziali, oppure che i Bush-Cheney (e chi servivano) lo
hanno messo in quel posto al popolino beone ordinando un mega massacro, oppure
che non ne frega nulla di una cazzatina newyorkese o londinese dove qualche
migliaio o qualche decina di persone sono finite al cimitero bensì che la
grande notizia del momento sia la cattiva qualità delle arance od i pericoli
dello zucchero, o che i consumi individuali vadano giù, e perché, sebbene il
reddito ‘nazionale’ vada statisticamente sù, od i problemi esistenziali del
passante casuale catapultati su uno schermo TV.
The dream of Enzo
Ferrari was to create cars. Ferrari immerge il lettore nel mondo delle gare auto e, specificatamente, nel
mondo indicato dal titolo. Il lavoro è da storici. Il testo è denso, ricco di
informazioni, sperando siano attendibili. Comunque lo sembrano, per cui il
tutto appare ben confezionato. Sospettoso mi chiedevo se le domande da bar (da
cliente ben informato ed appassionato) di Biagi fossero il modo proprio per
creare una rappresentazione avvincente oppure se la stessa si creasse spontaneamente,
per logica intima delle cose, pur da banali domande da bar. Il cronista basta
in fondo che faccia parlare uno o vari personaggi e non importa che sia
eventualmente ignorante purché non evidenzi di esserlo. Non è detto che uno
storico, che costruisca tutto in modo favolistico, con una qualche logica
interna decisa dallo storico stesso, possa fare un prodotto migliore o rendere
un servizio migliore al lettore. Chi sarà poi il lettore? Uno che si addormenti
sul libro appena aperto, che lo esibisca in biblioteca, a caccia di notizie,
desideroso di una favoletta suadente, che stia preparandosi ad un esame o
concorso su quelle cose? Chi può dirlo, a parte i dipartimenti marketing di
grandi o ben organizzate case editrici?
Testimone del Tempo si muove su personaggi, frammenti di interviste,
che sono poi pezzi di storia. Una storia tutta particolare, forse. L’inizio è
di interviste. Talune o varie, non tutte, sembrano un po’ sconclusionate. Colpa
di chi risponde ovviamente. Sebbene Biagi non è che infierisca. Butta lì
domande da bar e passa subito oltre. Sarà così che si fa il cronista. Sennò
l’intervistato si picca e manda l’intervistatore a quel paese.
Vari pezzi restano
sconclusionati. Vari intervistati improvvisano. E che non devono avere un grande
spessore culturale od umano-narrativo se il risultato è quello.
Prezzolini dice
delle cose.
Fo sgattaiola,
butta lì castronerie e che pure sembrano tali. Peccato che non ‘confessi’ di
essere stato un gappista che ha rischiato la vita mille volte in azione. No, ha
denunciato chi, dicendo la verità, ha raccontato che era volontario delle FFAA
della RSI. “I partigiani” hanno solidarizzato con lui, ovviamente. Mitomanie a
parte, quando parla di politica, o storia che sia, si vede che non c’è. Lo è o
lo fa? Uno fa il comico, il giullare, il giullare militante. Ma non è che
riesca a fingere di essere un militante. Vorrebbe, ma... Perché, uno e meglio
se è o si dichiara militante?! ...Mintomanie... Ottimo a far ridere. Perché
cerca si fingersi ‘Napoleone’? Penoso. Biagi non trova in lui “conflitti di
interesse”. La moda non era ancora stata lanciata.
Fellini non parla
delle donne. Biagi vorrebbe sapere ma non osa chiedere. Lui non sembra aver
nulla da dire. Un voyeur inibito a far domande ed un onanista non confesso a
rispondere.
Enrico Fermi. Biagi
a tavola, a casa di Fermi, moglie e figlia, a Chicago. Non che Biagi ne cavi
molto. Ma almeno sono cose sensate.
Hemingway è uno che
se ne intende. Biagi vuole darne una rappresentazione eroica e drammatica. Non
mi sembra vi sia riuscito. Anche lì vorrebbe andare fondo, scoprire. Ma non
osa. Resta sul sicuro, sull’ovvio, sul banale. Sembra affastelli, giusto per
impressionare il lettore, e firmi alcune cose raccolte da un qualche
collaboratore.
Kafka è egualmente
troppo per Biagi, che affastella confessioni sullo stesso, per quel che riesce.
Il pezzo ha il solito epilogo melenso.
Vittorio Emanuele
III. Il passaggio dalla monarchia alla repubblica. Biagi condisce tutto coi
suoi toni melodrammatici. Italiozia è sotto controllo anglo-americano. Ed i
Savoia avevano tradito gli inglesi. No, non si può dire. Accade tutto per caso.
Enrico De Nicola ben rappresenta quell’Italietta da ridere.
Il Processo di
Norimberga. Uno di quei resoconti che non contraddicono alcun dogma corrente.
Ridicolo che i tedeschi volessero attaccare l’Unione Sovietica senza essere
preparati. Lo fecero in fretta e furia quando milioni di soldati e di mezzi
sovietici stavano spostandosi verso il fronte occidentale per l’invasione dell’Europa
che doveva scattare il primo luglio del 1941. Tutto lì il mistero dello
sbandamento dell’Armata Rossa che era sui treni e per strada, non ancora
schierata per l’attacco imminente, e del frastorno dello stesso Stalin. Jodl lo
accenna. Non possono non impiccarlo. Norimberga serve a cancellare la
storia.
John Kennedy a
Dallas. Semplicemente ridicolo che un Oswald, che lavorava per l’Intelligence
militare statunitense, potesse avere sparato ad un Presidente. Lo hanno
selezionato come capro espiatorio e poi lo hanno assassinato. Hanno pure
assassinato chi lo ha assassinato. Del resto erano tempi di aperto terrorismo
di Stato e di assassinii di Stato negli USA. Si vedano tutti gli scomparsi
illustri o meno del periodo, con chiara supervisione FBI-CIA etc sulle
liquidazioni. Un colpo di Stato ridotto ad uno che ammazza il Presidente senza
ragione e che immediatamente arrestato nega, e subito ammazzato a sua volta...
Biagi presenta comunque anche una rassegna sui dubbi ed inverosimiglianze dei
casi Oswald e Ruby.
Mussolini. Una nota
di colore paesana.
Hitler e dintorni.
Divagazioni di discendenti.
Stalin. Un quadro
familiare, etnico e forse realistico.
Neri negli USA.
Malcolm X. Baldwin. Leroy Jones. Bianchi e neri. Due mondi che non si
incontrano o che non si incontravano. Ora vi sono molti più mondi che non si
incontrano, negli USA e dappertutto. O, forse, no.
García Lorca.
Apolitico. Non inviso né alla Falange, né ai repubblicani. Desaparecido. Non si
sa dove sia sepolto. Ramón Ruiz Alonso, vivo ed a Madrid quando Biagi scrive,
destra cattolica conservatrice e clericale, presumibilmente la notte-alba del
18-19/08/1936, lo preleva o lo fa prelevare, e lo ammazza o fa ammazzare,
perché detestava i suoi scritti. Il generale Valdés, governatore di Granada aveva
firmato la condanna. Così la racconta Biagi.
Ribelli a Berlino.
Succede. Anche i tedeschi non sono tutti uguali.
Biagi, E., Ferrari. Testimone del Tempo, Rizzoli
Editore, Milan, Italy, 1980.