24 April 2007

Lettera da Lhasa numero 57. Il PD è una sborrata mediatica

Lettera da Lhasa numero 57. Il PD è una sborrata mediatica
by Roberto Scaruffi


La politologia è una scienza esatta.

In regime di golpismo presidenziale-oligarchico, che è la situazione italotica dal 1992, non può non prevalere il trasformismo parlamentare con connessa frammentazione partitica. Il “sogno” di grandi partiti contrapposti è puro vaneggio per vendere alla masse forme presentate come risolutive [non si sa di cosa] mentre la sostanza della corruzione e predazione burocratico-oligarchiche avanza. Si vende il mito del “bipolarismo” perché non s’ha nulla da vantare, nulla di reale da presentare come progresso mentre un po’ tutto regredisce ed Italiozia sprofonda in tutte le classifiche internazionali.

L’unico miracolo resta FI, che ha il torto di non puntare abbastanza su sé stessa contro tutti, che ha rappresentato la resistenza del Centro-Sinistra di Forlani-Craxi o del Pentapartito, ricostruitisi sotto altro nome, appunto FI e connessi, al golpe burocratico-oligarchico debole ed arruffato. Il PedDé dell'Ingegnere truffatore (ah, no, il caso giudiziario SME ha cercato di far divenire criminali coloro che avevano sventato la truffa! Ma poi le truffe sono continuate alle grande col 1992 del golpe antipartitico) che ha imposto il connubbio organico dell’ex-PCI sucio coi dossettiani sucios è destinato al fallimento. La velleità era ed è quella di una nuova DC ma ora controllata dall’Ingegnere anziché dal Vaticano e dell’industria di pseudo-Stato.

Una sborrata mediatica. Poi, il PD resterà sigla di magri consensi di cui s’approprierà qualcuno. Che dei già-DC, che tra l’altro non sono neppure tutti dossettiani, possano coesistere nello stesso partito coll’ex-PCI sucio, e viceversa, poteva essere partorito solo dai servizi poliziesco-pubblicitari del partito di Repubblica. Altre illusioni che crolleranno, mentre la disgraziata Italiozia resta avvitata in un regime predatorio, dove tutte le forme politiche sono finte, che la sta distruggendo sempre più. L’alternativa non esiste, a parte la dissoluzione di questo già Regnucolo artificiale e compradoro voluto da Londra.

Ora, lo sport del momento, è farsi francesi e “votare” per l’uno o l’altro candidato d’oltr’Alpe, in funzione dei propri interssi di congrega “romana”. Altro sintomo delle patologie d’uno Stato artificiale e predatorio che fa solo danni ai sottoposti, per far finta d’esistere perché così si volle e si vuole altrove per interessi loro e solo loro.

12 April 2007

Lettera da Lhasa numero 56. Potere del contribuente o copartecipazione degli schiavi in Wenling, Cina?

Lettera da Lhasa numero 56. Potere del contribuente o copartecipazione degli schiavi in Wenling, Cina?
by Roberto Scaruffi

Fewsmith, J., Exercising the Power of the Purse?, China Leadership Monitor, 19, Fall 2006
Joseph Fewsmith
http://www.hoover.org/publications/clm/issues/4469866.html


L’Impero della Menzogna, come è stata definite la Cina, ed io direi le Cine, tutte le Cine e tutto lo spazio cinesoide ed aree connesse, è tale perché le menzogne sono accuratamente costruite nei centri mondiali di produzione del pensiero, dunque di condizionamento della cosiddetta opinione pubblica da parte delle centrali ideologiche anglofone.

Si veda l’articolo qui citato. In realtà, se si volesse consultare la popolazione, il sistema più semplice sarebbe la libertà d’organizzazione politica, sindacale ed associativa. Vi sono sistemi bipartitici, istituzionalmente più efficienti di sistemi sostanzialmente monopartitici, dove il monopolio bipartitico non è inficiato dalla libertà (a da forme di libertà; la libertà assoluta non esiste da nessuna parte) d’associazione e d’espressione.

S’immagini che può essere, nella RPC e tra cinesi, la “democrazia consultiva” qui esaltata. Inoltre, Wenling city (1.16 milioni d’abitanti, di cui 450,000 di popolazione urbana, il principale mercato all’ingrosso cinese di pesce), 300 chilometri a sud di Shanghai, è parte di Taizhou City che conta 5.36 milioni d’abitanti, di cui 1.4 nell’area urbana. È dunque uno spazio parte un’area amministrativa più ampia egualmente qualificata come “città”. Le città cinesi sono solo ammassi di case, senza storia e senza cuore, anche se si cerca di crearlo, talvolta, con costruzioni monumentali varie, per quanto poi continui a mancare. Restano cuori finti di città finte.

L’articolo definisce “democrazia consultiva” la consultazione dei cittadini di Wenling per chiedere la loro opinione in particolare su lavori pubblici ed istruzione. Negli ultimi anni, queste consultazioni sono state allargate al processo di formazione del bilancio. Queste assemble consultive sono state formalizzate nel 2001, quando la città di Wenling (che a sua volta è una sotto-città di un’aggregazione più ampia egualmente definità “città”) ha richiesto ai suoi distretti o municipalità [townships] di tenere le riunioni una volta a trimestre. Tale richiesta è stata formulata anche ad unità amministrative più piccole [villages].

Quello che già esisteva, come dappertutto, dal punto di vista del governo locale, erano congressi annuali: “Such congresses exist at four levels (national, provincial, county, and township), but at the township level they have customarily met for only one day a year. These pro forma meetings were hardly compatible with their constitutional responsibilities (to approve personnel appointments and dismissals and to supervise the local government) or with increasing demands for transparency and participation. The ability of township people’s congresses to play a more important role was also hamstrung by the strange legal provision that denies them the ability to establish permanent organs, such as standing committees. Thus, delegates would literally be told what they would be “voting” for when they arrived for the annual meeting, and the existence of the people’s congress would become meaningless as soon as the meeting was over. Efforts to strengthen the role of such congresses, while much talked about, have been generally unsuccessful.”

Si vedano i dettagli nell’articolo. Tuttavia, quello che continua ad emergere, nella RPC, è un regime statuale debole, incapaci di gestire un multipartitismo (che con adeguati meccanismi Costituzionali si potrebbe ridurre a due partiti centrali sostanzialmente non troppo differenti) e elezioni formalmente democratiche e multipartitiche. Per cui, si inventano marchingegni, solo a livello locale ed in qualche località, per non fronteggiare questa incapacità. Invece, le architetture Costituzionali per permettere funzionamenti relativamente efficienti e non disgreganti di regimi si vogliano preservare non hanno nulla di esoterico o misterioso. Ma la RPC ritiene di non potersele permettere, evidentemente.


Fewsmith, J., Exercising the Power of the Purse?, China Leadership Monitor, 19, Fall 2006
Joseph Fewsmith
http://www.hoover.org/publications/clm/issues/4469866.html

07 April 2007

Lettera da Lhasa numero 55. Il materialismo storico di Antonio Labriola

Lettera da Lhasa numero 55. Il materialismo storico di Antonio Labriola
by Roberto Scaruffi

Labriola, A., Del materialismo storico. Delucidazione preliminare, 1899,
Antonio Labriola
http://www.marxists.org/italiano/archive/labriola/1899/materialismo-storico.htm


In questo suo scritto, Antonio Labriola racconta che sia il materialismo storico secondo lui. L’essere materiale come causa del resto, anche se non è poi così semplice andare oltre lo sloganetto. La causa non spiega il resto e neppure si spiega come causa. La causa spiega, se ben analizzata, quando ben collegata al resto. Non con collegamenti puramente letterari ma che poggino saldamente sulla realtà. Altra questione non semplice: che sia la realtà. Se ne è occupato, in modo orrendo, Lenin in Materialismo ed Empiriocriticismo, uno scritto mosso da gelosia per concorrenti di partito e con finalità liturgiche ai fini di lotta di frazione.

Ecco qualche citazione da Antonio Labriola.

“Per noi sta, cioè, indiscusso il principio, che non le forme della coscienza determinano l'essere dell'uomo, ma il modo d'essere appunto determina la coscienza (Marx). Ma queste forme della coscienza, come son determinate dalle condizioni di vita, sono anch'esse la storia. Questa non è la sola anatomia economica, ma tutto quello insiememente, che cotesta anatomia riveste e ricovre, fino ai riflessi multicolori della fantasia. O, a dirla altrimenti, non c'è fatto della storia che non ripeta la sua origine dalle condizioni della sottostante struttura economica; ma non c'è fatto della storia che non sia preceduto, accompagnato e seguito da determinate forme di coscienza, sia questa superstiziosa o sperimentata, ingenua o riflessa, matura o incongrua, impulsiva o ammaestrata, fantastica o ragionante.”

“Dicevo, qui poco innanzi, che la nostra dottrina obiettivizza, in un certo senso naturalizza la storia, invertendone la spiegazione dai dati alla prima evidenti delle volontà operanti a disegno, e delle ideazioni ausiliari all'opera, alle cause e ai moventi del volere e dell'operare, per trovar poi la coordinazione di tali cause e moventi nei processi elementari della produzione dei mezzi immediati della vita.”

“La storia è il fatto dell'uomo, in quanto che l'uomo può creare e perfezionare i suoi istrumenti di lavoro, e con tali istrumenti può crearsi un ambiente artificiale, il quale poi reagisce nei suoi complicati effetti sopra di lui, e così com'è, e come via via si modifica, è l'occasione e la condizione del suo sviluppo. Mancano per ciò tutte le ragioni per ricondurre questo fatto dell'uomo, che è la storia, alla pura lotta per l'esistenza; la quale, se raffina ed altera gli organi degli animali, e in date circostanze e in dati modi occasiona il generarsi e lo svolgersi di organi nuovi, non produce però quel moto continuativo, perfezionativo e tradizionale che è il processo umano. Non c'è luogo qui, nella nostra dottrina, né a confondersi col darwinismo, né a rievocare la concezione di una qualunque forma, o mitica, o mistica, o metaforica di fatalismo. Perché, se è vero che la storia poggia innanzi tutto su lo svolgimento della tecnica; e, cioè dire, se è vero, che per effetto del successivo ritrovamento degli istrumenti si generarono le successive spartizioni del lavoro, e con queste poi le disuguaglianze, nel cui concorso più o meno stabile consiste il così detto organismo sociale, gli è altrettanto vero che il ritrovamento di tali istrumenti è causa ed effetto ad un tempo stesso di quelle condizioni e forme della vita interiore, che noi, isolandole nella astrazione psicologica, chiamiamo fantasia, intelletto, ragione, pensiero e cosi via. Producendo successivamente i vani ambienti sociali, ossia i successivi terreni artificiali, l'uomo ha prodotto in pari tempo le modificazioni di se stesso; e in ciò consiste il nocciolo serio, la ragione concreta, il fondamento positivo di ciò che, per varie combinazioni fantastiche e con varia architettura logica, dà luogo presso gli ideologisti alla nozione del progresso dello spirito umano.”

Non si vede, da un punto di vista strettamente metodologico, perché non si possa considerare il darwinismo come materialismo storico. La ragione è la deviazione idealistica del materialismo storico, il suo uso politico-opportunistico, il trasformare il materialismo storico in un qualche teleologismo. Il darwinismo non è antitetico al materialismo storico, né alla dialettica materialistica. È semmai antitetico a talune versioni fraternalistiche del comunismo o socialismo. Il liberalismo, quando non sia esso stesso fede, non è antitetico al materialismo storico. Dovendo sostenere fratellanze, uguaglianze, solidarietà, si pretende di dar da bere che il darwinismo, con la sua selezione del più adatto, non sia compatibile. Ecco che allora ci si inventa una sua non scientificità. Sono semmai i valori “religiosi” del socialismo a non essere compatibili col materialismo storico.

Ecco che, infatti, Antonio Labriola riduce il materialismo storico da scienza ad opportunismo funzionalizzato ad un qualche fine di parte:
“Anche la nostra dottrina può dar luogo alla tentazione del fantasticare, e può offrire occasione ed argomento ad una nuova ideologia a rovescio. Essa è nata nel campo di battaglia del comunismo. Suppone l'apparizione del proletariato moderno su l'arena politica, e suppone quella orientazione, su le origini della società attuale, che ci ha permesso di rifare criticamente tutta la genesi della borghesia. E' dottrina rivoluzionaria per due rispetti: perché ha trovato le ragioni e i modi di sviluppo della rivoluzione proletaria, che è in fieri; e perché, di ogni altra rivoluzione sociale avveratasi in passato, si argomenta di trovare le cause e le condizioni di svolgimento in quei contrasti di classe, i quali giunsero ad un certo punto critico per la contraddizione tra le forme della produzione e lo sviluppo delle forze produttive. E c'è poi dell'altro. Alla luce di questa dottrina l'essenziale della storia consiste per l'appunto in tali momenti critici, e ciò sta di mezzo tra l'uno e l'altro di cotesti momenti si fa conto, almeno per ora, di abbandonarlo alle erudite cure dei narratori ed espositori di mestiere. Come dottrina rivoluzionaria è essa innanzi tutto la coscienza intellettuale del moto proletario presente, nel quale secondo l'assunto nostro, si prepara di lunga mano l'avvento del comunismo: tanto è, che i decisi avversari del socialismo la respingono come opinione, che, sotto apparenze di scienza, non faccia che ripetere la ben nota utopia socialistica.”

Nel passo sopra citato, si noti il materialismo storico come “dottrina rivoluzionaria” mentre, se fosse spiegazione scientifica, non potrebbe essere, non almeno nel senso social-politico. Ciò che spiega può essere intrinsecamente rivoluzionario di metodi esistenti. Tattavia, non si può piegare ad un qualche uso politico per cui si debba spiegare quello che fa comodo. Infatti, dal materialismo storico non deriva “il comunismo”. Deriva una evoluzione fondata sulle condizioni materiali. Se ne derivasse il comunismo, dovrebbe anche derivarne una spiegazione di un qualche dettaglio su cosa “il comunismo” sia e come funzioni. “Il comunismo”, basato sulle burocrazie del piano d’un’economia burocrato-stalizzata, non è gran cosa, non poteva esserlo, non lo è stato, non lo sarà. Il comunismo come paradiso fine dell’evoluzione risiede egualmente in aspirazioni religioso-idealistiche del piccolo-borghese turbato dalla stessa evoluzione materiale delle società. Il comunismo come slogan indefinito è ancor meno.

Il materialismo storico “dottrina rivoluzionaria” diviene una tautologia dove l’esser “dottrina rivoluzionaria” dovrebbe dimostrarlo mentre l’esser materialismo storico dovrebbe dimostrare l’inevitabilità della prossima rivoluzione comunista e la realizzazione del paradiso in terra. Uno strumento scientifico non può essere una teoria della rivoluzione. Una teoria della rivoluzione, che si dimostra poi davvero con un successo almeno apparente, non ha neppure bisogno d’essere o di sembrare uno strumento d’analisi scientifica.

Antonio Labriola ha fatto proprio quello che le suo scritto stigmatizza: “L'intelletto nostro raramente s'appaga della ricerca schiettamente critica, ed è sempre propenso a convertire in elemento di pedanteria ed in novella scolastica qualunque trovato del pensiero. A farla breve, anche la concezione materialistica può essere convertita in forma di argomentazione a tesi, e servire a rimettere in nuove fogge pregiudizii antichi; come era quello di una storia dimostrata, dimostrativa e dedotta.”

Appunto!

Infatti, la realizzazione del paradiso in terra, il comunismo, viene fatto scaturire da una operazione per nulla materialista e per nulla storica. Un supposto comunismo primitivo sarebbe il preannuncio, dopo la fase del bisogno e della sofferenza, del comunismo sviluppato, il destino finale del genere umano. In realtà una tale conclusione di basa su una simmetria, non su una qualche visione materialistica o su un qualche studio della storia. In effetti non si può sapere se esista un qualche destino finale. Che esistesse un comunismo primitivo qualcuno ama raccontarlo. Basta dare l’etichetta di comunismo a forme elementari d’esistenza.

La teleologia del comunismo è visione religiosa. Nulla a che fare col materialismo storico, che presupporebbe attenzione alle condizioni di produzione e di riproduzione dell’esistenza come in ultima analisi determinanti di quanto avviene nelle altre sfere. L’economia in senso lato è lo scheletro su cui collocare tutto il resto: ecco un approccio materialistico alla storia. Che si possa poi dimostrare e mostrare, in modo logico o dialettico od altro, un qualche fine della storia e quale esso sia, nessuno c’è mai riuscito se non con immmagini letterarie, o con uso ed abuso di sofismi, o con la fade. La fede come oppio per i poveracci. Perché il professore ed il professionista della politica hanno comununque condizioni d’esistenza che, comunismo o meno, non hanno impellente bisogno di consolazioni.


Labriola, A., Del materialismo storico. Delucidazione preliminare, 1899,
Antonio Labriola
http://www.marxists.org/italiano/archive/labriola/1899/materialismo-storico.htm