28 July 2007

Lettera da Lhasa numero 76. Il razzismo italico monarchico-fascista

Lettera da Lhasa numero 76. Il razzismo italico monarchico-fascista
by Roberto Scaruffi

Le cosiddette Leggi Razziali vengono emanate, in Italia, tra il 5 settembre 1938 e il 29 giugno 1939. La campagna pubblica inizia prima, col Manifesto del 14 luglio 1938 in cui dieci “scienziati” dicono che le razze esistono, che esiste una razza italiana e che gli ebrei non appartengono a tale razza. Seguono poi le adesioni di “personalità” a tale manifesto che segna l’avvio di una campagna anti-ebraica, per quanti all’italiota. Il che indica un allineamento, in forma debole, agli orientamenti prevalenti in Germania. È una scelta opportunista, un po’ come un atto dovuto a seguito di una scelta di campo, sebbene non essenziale. Potevano anche non farlo. Scelgono di farlo. L’ebreo diviene ufficialmente un nemico, un estraneo alla “razza italiana”. Come tale da discriminare, in taluni casi da allontanare dal territorio. Nulla di più. Ma neppure nulla di meno. Le discriminiazioni sono sostanziali, non una semplice dichiarazione di separazione “razziale”. Vista la facile condizionabilità degli individui, soprattutto nelle loro bassezze, c’è, da quel momento, la licenza di Stato all’antiebraismo. Per quanto, appunto, all’italiota, per cui chi firma i manifesti poi, in taluni casi, aiuterà i perseguitati. Ciò può essere, in taluni casi, un vantaggio per taluni perseguitati ma non meno ignobile, tanto più che al tutto viene dato un manto “scientifico” che non esiste. Anche chi dà adesioni “senza crederci” (è facile dirlo dopo, a guerra persa per quella parte lì), partecipa comunque a scatenare la persecuzione che si evolverà poi, per i casi della guerra, in eliminazione pure di una parte, un 20%, degli ebrei italici.

Che il 14 luglio 1938 sia l’inizio d’una campagna, lo indica il successivo, del 25 luglio 1938 (Mussolini sarà oggetto di colpo di Stato monarchico esattamente cinque anni dopo), Comunicato del PNF.

Non sappiamo se le razze esistano. Personalmente non ci credo, almeno nel senso correntemente usato. Come classificazione di specie varie, se si trovano concreti elementi di classificazione, è cosa differente dal senso corrente. Infatti, il termine di presta a differenti interpretazioni. Tecnicamente impossibile possa esistere una razza con una qualificazione nazionale. Una vasta popolazione “unita” più o meno da una lingua e da un territorio non esiste come razza materiale. Per cui una razza italiana non esiste. Può esistere come nazione, anche se io credo neppure sia nazione. Per quanto riguarda “gli ebrei”, tra l’altro, all’ebraismo, dunque alla naziona ebraica, si può accedere per conversione. Ad una razza non si accede per conversione. Esistono procedimenti per provare o meno discendenze da antiche “tribù”. Può darsi che quei raggruppamenti possano essere definiti o razze o specie o altro, ma sono entità differenti da gruppi nazionali o nazional-religiosi o nazional-linguistici.

In pratica, col manifesto del 14 luglio 1938, si dice che esiste una razza italiana e che essa si compone da tutti gli italiani non ebrei. Si dice che la razza italiana è di origine ariana è che si è stabilizzata come razza pura, dal punto di vista del sangue (dunque fisicamente o materialmente), nel corso di un millennio. Gli apporti di altre razze si sarebbero risolti nella rapida assimilazione da parte delle razza italiana. Non però rispetto alla razza ebraica che avrebbe sempre mantenuto una sua separatezza. Ora, nel 1938, sono gli “italiani” a premunirsi mettendo in guardia, del resto questo è ancora solo un manifesto formalmente “privato”, dalla possibilità di mischiarsi con gli ebrei.

Dicevamo che razze con l’aggettivazione nazionale sono sempre improbabili. Se mai esistano razze, nel senso di gruppi (inevitabilmente piccoli gruppi) con caratteristiche fisiche nette, la cosa è troppo delicata per farne oggetto di manifesti e dichiarazioni politiche e di Stato e dunque di pubbliche discussioni e campagne di propaganda.

L’operazione qui fatta, con questo primo Manifesto, è un’operazione ideologica. Si costruisce, nel pensiero, nella pubblica percezione, una razza italiana mentre si crea una discriminazione, per il momento solo ideologica, contro un gruppo nazionale, che, tra l’altro, in Italia, non ha le caratteristiche di separatezza delle comunità yiddish dell’est Europa, prima che fossero distrutte da tedeschi e russi, con altre vaste cooperazioni nell’opera di annientamento. La separatezza è stata spesso creata dai vari Stati e poteri. La forma di separatezza costituita dalla sola religione e tradizioni è, di per sé, una forma peculiare debole. Tale era l’ebraismo nella penisola italica. Infatti, coloro arrivarono, dall’Italia, nei campi di concentramento in Polonia erano vissuti come estranei dall’ebraismo yiddish. Nella tradizione, forse, dei ghetti e delle discriminazioni professionali del passato, qui si fa, cominciando formalmente con questo Manifesto, un’operazione di nuova ghettizzazione degli ebrei. Qui, nel Manifesto, si è ancora sul generico, “gli ebrei”. Poi, qualcuno, per una vera e formale ghettizzazione, dovrà definire cosa sono con precisione “gli ebrei”. Lo faranno con norme di legge.

Si può vedere dai nomi delle “personalità” come la campagna anti-ebraica sia avviata dall’Italia non “dal fascismo”, anche perché il fascismo era l’Italia allora. Non a caso il Re non s’oppone. Eppure avrebbe ben potuto. Anche la Chiesa avrebbe potuto e bloccare tutto. Era dunque tutto comune sentire. Un un comune sentire anche i pochi che pensavano ed avevano potere per opporsi (monarchia, Vaticano) giudicavano troppo forte per interferire. Del resto gli individui hanno una naturale predisposizione alle malvagità, ai pogrom, agli assassinii, quando praticabili nell’assoluta impunità. Dalla Germania, l’antiebraismo arrivava in Italia. Molti erano entusiasti, altri si accodavano senza grandi perplessità. Mussolini, un vanitoso opportunista, s’associava gioioso alle delinquenzialità tedesche senza trovare opposizioni, anzi con un vasto consenso.

È un’operazione maniacale ma non necessaria. Neppure in Germania era necessario, indispensabile, che il nazismo avesse nel suo programma, poi nella sua pratica l’antiebraismo. È maniacalità volontaria, superflua, un eccesso di maniacalità, voler associare impiegati pubblici, imprenditori, insegnanti, professionisti, di “razza ebraica” con centrali internazionali avrebbero oppresso la povera Italia o Germania. Lo fanno perché lo vogliono fare e se ne esaltano per demenze individuali e collettive. Quasi lo dice Mussolini o chi ha scritto la “Dichiarazione sulla razza”: dobbiamo far finta d’aver abolito la massoneria (evidentemente era troppo forte e monarchica perché il fascismo potesse davvero fare davvero i conti con essa o, meglio, fare i conti con una vera modernizzazione d’Italia, cosa che evidentemente il fascismo non era in grado di fare), allora, pacificata l’Italia e [fatto finta d’aver] costruito l’Impero (di cartapesta) ci scateniamo, pur senza massacri, contro gli ebrei visto che oggi è popolare farlo. Oggi qualche migliaio di giudei sul lastrico e tutti i giudei italici additati come “razza” nemica. Domani qualche migliaio di morti per sedersi al tavolo dei vincitori della nuova Europa germanica. Evidentemente, anche solo ad usare un attimo freddamente la testa, non sapevano che esistevano gli Stati Uniti militarismo moderno, modernissimo, anche avessero vinto la potentissima ed armatissima Inghilterra. In preda alle ossessioni, dovevano ora (1938) lanciarsi contro il giudeo, contro gli italici di “razza ebraica”.


14 Luglio 1938
IL FASCISMO E IL PROBLEMA DELLA RAZZA.
[MANIFESTO REDATTO DA DIECI SCIENZIATI ITALIANI E PUBBLICATO SUL QUOTIDIANO “IL GIORNALE D'ITALIA” DEL 14 LUGLIO 1938]:
I. Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.
II. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.
III. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.
IV. La popolazione dell'Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L'origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa.
V. È una leggenda l'apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l'invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l'Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d'Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l'Italia da almeno un millennio.
VI. Esiste ormai una pura "razza italiana". Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.
VII. È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l'italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.
VIII. È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d'Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall'altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.
IX. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l'occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.
X. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo. L'unione è ammissibile solo nell'ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall'incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.
I DIECI SCIENZIATI FIRMATARI
Sabato VISCO, Lino BUSINCO, Lidio CIPRIANI, Arturo DONAGGIO, Leone FRANZI, Guido LANDRA, Luigi PENDE, Marcello RICCI, Franco SAVORGNAN, Edoardo ZAVATTARI,
ELENCO DELLE PERSONALITÀ' CHE ADERIRONO AL MANIFESTO:
ACERBO Giacomo, ACITO Alfredo, ALESSANDRI Pino, ALESSI Rino, ALFIERI Dino, ALMIRANTE Giorgio, AMICUCCI Ermanno, ANDALÒ Ugo Giorgio, ANDREUCCI Giuseppe, ANGELINI Franco, ANTONUCCI Antonio, APOLLONI Livio, APPELIUS Mario, ARCHIDIACONO Nicola, ARFELLI Felice, AZZARITI Avv. Gaetano, BACCAGLINI Alessandro, BACCIGALUPPI Mario, BADOGLIO Pietro, BACCIOLI Vincenzo, BUFFARINI GUIDI Guido, BALBO Emilio, BALLARATI Giancarlo, BANCHER Dante Cesare, BANISSONI Ferruccio, BARBARA Mameli, BARDUZZI Carlo, BARGELLINI Piero, BAZZI Carlo, BELLINO Ugoberto, BENIGNI Umberto, BEONIO BROCCHIERI Vittorio, BERGAMASCHI Carlo, BERNUCCI Giorgio Luigi, BIAGI Bruno, BIAMONTI Ettore, BIANCOROSSO Rodolfo, BIANCINI Bruno, BIASUTTI Renato, BIOLETTO Angelo Marco, BIONDOLILLO Francesco, BOCCA Giorgio, BOCCASILE Gino, BORGHESE Giacomo, BORRETTI Mario, BORSANI Carlo, BOTTAI Giuseppe, BOTTAZZI Filippo, BLASI Guglielmo, BRIGHENTI Roberto, BUSINCO Lino, CABRINI Luigi, CALENDOLI Giovanni, CALLARI Francesco, CALOSSO Claudio, CALURI Bruno, CAMERINI Augusto, CANEVARI Emilio, CANIGLIA Renato, CAPASSO Aldo, CAPPUCCIO Lino, CARBONELLI Riccardo, CARNEVALE Em. Filiberto, CASINI Gherardo, CASNATI Francesco, CASSIANO Marco, CASTELLETTI Giuseppe, CAVALLUCCI Guido, CAZZANI Giovanni, CECCHELLI Carlo, CESETTI Giuseppe, CHELAZZI Gino, CHERSI Livio, CHIARELLI Riccardo, CHIARINI Luigi, CHIAUZZI Angelo, CHILLEMI Guglielmo, CHIURCO Giorgio, CIANETTI Tullio, CIANO Galeazzo, CIMINO Alfio, CIPOLLA Arnaldo, CIPRIANI Lidio, CLAREMORIS Maurizio, COCCHIARA Giuseppe, COGNI Giulio, COLIZZI Gioacchino, COLLALTINO Collalto, CONSOLI Francesco, COPPOLA Francesco, CORSO Raffaele, COSSIO Carlo, COSTAMAGNA Carlo, COTONE Oberdan, CUCCO Alfredo, CUTELLI Mario, DAQUANNO Ernesto, De BAGNI Mario, DE BLASI Vito, DEDEL Francesco, DE DOMINICIS Adolfo, DE FRANCISCI Pietro, DELLE DONNE Michele, DELL'ISOLA Giuseppe, DE ROSA Gabriele, DE ROSA Ennio, DE RUGGIERO Stefano, DE SETA Enrico, DE VITA Pier Lorenzo, DI CAPORIACCO Lodovico, DI DONNO Alfredo, DI GIORGIO Guido, DI MARZIO Cornelio, DOMENICI Carlo, DONAGGIO Arturo, DONADIO Nicola, ELEFANTE Fernando, ELLERO Pietro, EVOLA Julius, FABIANO Giuseppe, FABBRI Vittorio Emanuele, FANFANI Amintore, FARINACCI Roberto, FERRI Carlo Emilio, FESTA CAMPANILE, FICAI Giuseppe, FIORETTI Arnaldo, FLAVIO Quinto, FLESCH Gislero, FONTANELLI Luigi, FORMOSA Raffaele, FORTEGUERRI Giuseppe, FRANZI Leone, FRASETTO Fabio, FRUGONI Cesare, GABELLI Ottone, GAYDA Virginio, GARDINI Nino, GARDINI Walter, GARIBALDI Ferdinando, GASTEINER Elio, GATTI Tancredi, GEDDA Luigi, GEMELLI Padre Agostino, GENNA prof. Giuseppe, GENOVESI Cesare, GENTILE Giovanni, GHIGI Alessandro, GIANI Niccolò, GIANNETTI Berlindo, GIGI Lorenzo, GIOVENCO Giuseppe, GIULIOTTI Domenico, GIUSTI Paolo Emilio, GRAY Ezio Maria, GRAVELLI Asvero, GRAZIANI Felice, GRAZIANI Rodolfo, GRAZIOLI Francesco S., GUARESCHI Giovanni, GUERRIERI Ottorino, GUIDOTTI Paolo, IMBASCIATI Bruno, INTERLANDI Telesio, ISANI Giuseppe, LAMPIS Giuseppe, LANCELLOTTI Arturo, LANDRA Giovanni, LANZA Ugo, LANZARA Giuseppe, LA VIA Lorenzo, LELJ Massimo, LEMMI Roberto, LEONI Enzo, LE PERA Antonio, LESSONA Alessandro, LIVI Livio, LODOLINI Armando, LOLLI Mario, LORENZINI Paolo, LUCHINI Alberto, LUCIDI Giuseppe, LUPI Gino, MACRÌ Filippo, MAGANI Michele, MAGGIORE Giuseppe, MANCA Antonio, MARCHITTO Nicola, MARINI Marco, MARRO Giovanni, MARZOTTO Antonio, MORANA Domenico, MARTINOLI Ettore, MASINI Carlo Alberto, MASSA Mario, MASTROJANNI Alberto, MASTROJANNI Gabriele, MATARRESE Fortunato, MAZZEI Vincenzo, MAZZONI Gino, MEREGAZZI Renzo, MEZZASOMA Fernando, MILANESI Guido, MISCIATELLI Piero, MISSIROLI Mario, MITRANO SANI Gino, MODICA Aldo, MOLINARI Riccardo, MOLINO Walter, MONTECCHI Mario, MORMINO Giuseppe, MURRI Romolo, MUSSOLINI Benito, NAJ SAVINA Luigi, NATOLI Romualdo, NERI Italo, NICCO Carlo, NIEDDU Ubaldo, NOTARI Umberto, OMARINI Giuseppe, ORANO Paolo, ORTOLANI Giovanni, PACE prof. Biagio, PADELLARO Nazareno, PAGLIARO Antonio, PALMIERI Nino, PAOLELLA Domenico, PAPINI Giovanni, PARIBENI Roberto, PASCOLATO Michele, PAVESE Roberto, PAVOLINI Alessandro, PEDRAZZA Piero, PEDROCCHI Federico, PEILLICANO Piero, PELLIZZI Camillo, PENDE prof. Nicola, PENNISI Pasquale, PETRACCONE Giovanni, PENSABENE Giuseppe, PERALI Pericle, PETAZZI Giuseppe, PETTAZZONI Raffaele, PETRAGNANI Giovanni, PETRI Tommaso, PETRUCCI Antonio, PETTINATO Concetto, PIAZZA Giuseppe, PICENO Giorgio, PICCIOLI Angelo, PIERAMONTI Umberto, PICHETTI Guido, PINI Giorgio, POLI Athos, POMILIO Marco, PODALIRI Guido, PREZIOSI Giovanni, PUCCIONI Uberto, RAVA Maurizio, RAVASIO Carlo, REA Leo, RELLINI Ugo, RENDE Domenico, RICCI Marcello, ROGNONI Gastone, ROMANINI Alfredo, ROMANO Raffaello, ROSSO Gustavo, RUCCIONE Mario, RUFFILLI W. Erminio, RUSSO Giuseppe, SABATINI Arturo, SALVI Giunio, SANGIORGI Giorgio, SANTARELLI Enzo, SARRI Corrado, SAVARINO Santi, SAVELLI Giovanni, SAVORGNAN Francesco, SCALIGERO Massimo, SCARDAONI Francesco, SCARPELLI Furio, SCUDELLARI Giorgio, SEMIZZI Renato, SEMPRINI Giovanni, SERGI prof. Sergio, SPAMPANATO Bruno, SGABELLONI Massimo, SOFFICI Ardengo, SOLMI Arrigo, SORLINI Ferruccio, SOTTOCHIESA Gino, SPARDINI Giacomo, STARACE Achille, TACCHI VENTURI Pietro, TALLARICO Giuseppe, TASSINARI Renato, TEDESCO Z. Vittorio, TIRELLI Mario, TOPPI Giove, TOSTI Armando, TRITONI Romolo, TRIPODI Nino, TRIZZINO Antonino, TUCCI Giuseppe, TURONE Mario, TURRINI Mario Felice, VALAGUSSA Francesco, VALENTE Rindo, VALLECCHI Attilio, VALORI Aldo, VERCELLESI Edmondo, VERDINI Raul, VIAN Cesco, VICHI Ferdinando, VILLA Emilio, VILLA Rindo, VILLARI Luigi, VINCI Felice, VISCO Sabato, VIZIANO Angelo, ZAPPA Paolo, ZAVATTARI Edoardo, ZANINI Giuseppe, ZEDDA Ennio, ZERBINO Paolo, ZOJA prof. Luigi, ZUMAGLINI Cesare


Il 25 luglio 1938, undici giorni dopo, il PNF dà una connotazione più generale e politica all’operazione. Da un lato ci si deve guardare dalla contaminazione dalle altre razze proprio ora che con l’Impero si viene a contatto con nuovi mondi. Dall’altro, gli ebrei (se lo dicono e se lo scrivono loro) sono alla testa dell’antifascismo. Ecco che, a questo modo, vengono spinti sulla via dell’antifascismo o dell’afascismo anche gli ebrei che non l’avevano ancora imboccata e che non avevano intenzione di imboccarla. Per il sospetto basta l’azione silente di polizia. Ma l’italiota è fatto così. Spingono sulla via dell’antifascismo anche gli ebrei che erano magari fascisti come tutti o indifferenti. Non sembra neppure che gli antifascisti avessero una qualche prevalenza ebraica. L’antifascismo, all’epoca molto ridotto, e senza vero consenso interno, aveva componenti differenti, non specificamente di gruppi nazionali o religiosi. Appunto, il cosiddetto fascismo fa di tutto per mettersi conto “gli ebrei” che lavoravano normalmente e tranquillamente e che in Italia non avevano caratteristiche di particolare separatezza. Quanto ad evitare la “contaminazione” da altre “razze” lo fanno un po’ tutti, in realtà. In Stati e società forti bastano i pregiudizi e le pressioni sociali, che non pregiudicano volontà individuali di comportamenti eterodossi che hanno differenti gradi di accettazione sociale a seconda di che “razza” specifica poi si tratti quando ci si “contamina”. In Italiozia occorrevano leggi, e niente meno che nel contesto di leggi contro una razza. Altra valenza avrebbero avuto semplici normative ostative di matrimoni con popolazioni dell’Impero ed altre, se proprio avessero voluto avviarsi su quella via sconsiderata per l’Italia (possono esserci giustificazioni o può essercene la necessità in tutt’altri contesti), lasciando ai pregiudizi o meno interni i matrimoni interreligiosi tra cittadini italiani.


25 Luglio 1938.
COMUNICATO EMESSO DALLA SEGRETERIA POLITICA DEL PARTITO NAZIONALE FASCISTA DOPO LA PUBBLICAZIONE DEL MANIFESTO DEI DIECI SCIENZIATI ITALIANI, DAL TITOLO “IL FASCISMO E IL PROBLEMA DELLA RAZZA”
Il ministro e Segretario del Partito, Achille Starace, ha ricevuto un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle Università italiane, che sotto l'egida del Ministero della Cultura Popolare, hanno redatto o aderito alle proposizioni che fissano la base del razzismo fascista.
Erano presenti i fascisti:
dott. Lino Businco, assistente di Patologia Generale all'Università di Roma,
prof. Lidio Cipriani, incaricato di Antropologia all'Università di Firenze e direttore del Museo Nazionale di Antropologia ed Etnologia di Firenze,
prof. Arturo Donaggio, direttore della Clinica Neuropsichiatrica dell'Università di Bologna, presidente della Società Italiana di Psichiatria,
dott. Leone Franzi, assistente nella Clinica Pediatrica dell'Università di Milano,
prof. Guido Landra, assistente di Antropologia all'Università di Roma,
sen. Nicola Pende, direttore dell'Istituto di Patologia Speciale Medica dell'Università di Roma,
dott. Marcello Ricci, assistente di Zoologia all'Università di Roma,
prof. Franco Savorgnan, ordinario di Demografia nell'Università di Roma e presidente dell'Istituto Centrale di Statistica,
on. prof. Sabato Visco, direttore dell'Istituto di Fisiologia Generale dell'Università di Roma e direttore dell'Istituto Nazionale di Biologia presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche,
prof. Edoardo Zavattari, direttore dell'Istituto di Zoologia dell'Università di Roma.
Alla riunione ha partecipato il ministro della Cultura Popolare, Dino Alfieri.
Il Segretario del Partito, Achille Starace, mentre ha elogiato la precisione e la concisione delle tesi ha ricordato che il Fascismo attua da sedici anni una politica razzista che consiste nel realizzare, attraverso l'azione delle istituzioni del Regime, un continuo miglioramento quantitativo e qualitativo della razza. Il Segretario del Partito ha soggiunto che il Duce parecchie volte, nei suoi scritti e discorsi, ha accennato alla razza italiana quale appartenente al gruppo cosiddetto degli indo-europei.
Anche in questo campo il Regime ha seguito il suo indirizzo fondamentale: prima l'azione, poi la formulazione dottrinaria, la quale non deve essere considerata accademica cioè fine a se stessa, ma come determinante un'ulteriore precisazione politica. Con la creazione dell'Impero la razza italiana è venuta in contatto con altre razze, deve quindi guardarsi da ogni ibridismo e contaminazione. Leggi «razziste» in tale senso sono già state elaborate e applicate con fascistica energia nei territori dell'Impero.
Quanto agli ebrei, essi si considerano da millenni, dovunque e anche in Italia, come una «razza» diversa e superiore alle altre, ed è notorio che nonostante la politica tollerante del Regime gli ebrei hanno, in ogni Nazione, costituito - coi loro uomini e coi loro mezzi - lo stato maggiore dell'antifascismo.
Il Segretario del Partito Starace ha infine annunciato che l'attività principale degli Istituti di cultura fascista nel prossimo anno XVII sarà l'elaborazione e diffusione dei princìpi fascisti in tema di razza, princìpi che hanno già sollevato tanto interesse in Italia e nel mondo.
Roma, 25 luglio 1938


Col 5 settembre 1938 inizia la normativa anti-ebraica. Cinque anni dopo, pochi giorni dopo l’anniversario del decreto, il Re dovrà fuggire terrorizzato dai tedeschi che aveva tradito e che ora, nel 1938, blandiva con una nuova ghettizzazione anti-ebraica.

Si definiscono qui, per legge, ebrei coloro che hanno genitori ebrei e li si escludono dal sistema scolastico, sebbene gli studenti universitari già iscritti, nei precedenti anni accademici, possano continuare.

È una logica da ghetto sociale, per cui esistono dei cittadini con meno diritti formali degli altri sulla base d’una identificazione razziale definita per legge. Hai i genitori ebrei. Contenzioso legale a parte, non puoi dunque più andare a scuola. Rimedieranno, ma non del tutto, solo per elementari e medie inferiori, con altri provvedimenti, con scuole od istruzione separate. Vai a scuola, ma solo per i livelli più bassi d’istruzione, ed in classi o scuole ghetto.


REGIO DECRETO LEGGE n. 1390
5 Settembre 1938
(Pubblicato il 13 Settembre 1938 sul n.209 della Gazzetta Ufficiale):
PROVVEDIMENTI PER LA DIFESA DELLA RAZZA NELLA SCUOLA
Visto l'art. 3, n.2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n.100;
Ritenuta la necessità assoluta ed urgente di dettare disposizioni per la difesa della razza nella scuola italiana;
Udito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per l'educazione nazionale, di concerto con quello per le finanze;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Articolo 1. All'ufficio di insegnante nelle scuole statali o parastatali di qualsiasi ordine e grado e nelle scuole non governative, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere ammesse persone di razza ebraica, anche se siano state comprese in graduatorie di concorso anteriormente al presente decreto; nè potranno essere ammesse all'assistentato universitario, nè al conseguimento dell'abilitazione alla libera docenza.
Articolo 2. Alle scuole di qualsiasi ordine e grado, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere iscritti alunni di razza ebraica.
Articolo 3. A datare dal 16 ottobre 1938-XVI tutti gli insegnanti di razza ebraica che appartengano ai ruoli per le scuole di cui al precedente art. 1, saranno sospesi dal servizio; sono a tal fine equiparati al personale insegnante i presidi e direttori delle scuole anzidette, gli aiuti e assistenti universitari, il personale di vigilanza delle scuole elementari. Analogamente i liberi docenti di razza ebraica saranno sospesi dall'esercizio della libera docenza.
Articolo 4. I membri di razza ebraica delle Accademie, degli Istituti e delle Associazioni di scienze, lettere ed arti, cesseranno di far parte delle dette istituzioni a datare dal 16 ottobre 1938-XVI.
Articolo 5. In deroga al precedente art. 2 potranno in via transitoria essere ammessi a proseguire gli studi universitari studenti di razza ebraica, già iscritti a istituti di istruzione superiore nei passati anni accademici.
Articolo 6. Agli effetti del presente decreto-legge è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica.
Articolo 7. Il presente decreto-legge, che entrerà in vigore alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno, sarà presentato al Parlamento per la sua conversione in legge. Il Ministro per l'educazione nazionale è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.
ORDINIAMO
che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a San Rossore, addì 5 settembre 1938 - Anno XVI
Vittorio Emanuele, Mussolini, Bottai, Di Revel


Col decreto del 7 settembre 1938, si revocano le cittadinanze italiane concesse ad ebrei dopo il primo gennaio 1919 e si allontano gli ebrei stranieri dal Regno, dalla Libia e dall’Egeo. Si rimanda, per il contenzioso, al caso per caso da definirsi da parte del Ministero dell’Interno.


7 Settembre 1938
REGIO DECRETO LEGGE n. 1381
del 7 Settembre 1938
PROVVEDIMENTI NEI CONFRONTI DEGLI EBREI STRANIERI
Ritenuta la necessità urgente ed assoluta di provvedere;
Visto l'Articolo 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n. 100;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Duce, Primo Ministro Segretario di Stato, Ministro Segretario di Stato per l'interno;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Articolo 1. Dalla data di pubblicazione del presente decreto-legge è vietato agli stranieri ebrei di fissare stabile dimore nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo.
Articolo 2. Agli effetti del presente decreto-legge è considerato ebreo colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica.
Articolo 3. Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte a stranieri ebrei posteriormente al 1° gennaio 1919 s'intendono ad ogni effetto revocate.
Articolo 4. Gli stranieri ebrei che, alla data di pubblicazione del presente decreto-legge, si trovino nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo e che vi abbiano iniziato il loro soggiorno posteriormente al 1í gennaio 1919, debbono lasciare il territorio del Regno, della Libia e dei Possedimenti dell'Egeo, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente decreto. Coloro che non avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine suddetto saranno espulsi dal Regno a norma dell'Articolo 150 del testo unico delle leggi di P.S., previa l'applicazione delle pene stabilite dalla legge.
Articolo 5. Le controversie che potessero sorgere nell'applicazione del presente decreto-legge saranno risolte, caso per caso, con decreto del Ministro per l'interno, emesso di concerto con i Ministri eventualmente interessati.
Tale decreto non è soggetto ad alcun gravame nè in via amministrativa, nè in via giurisdizionale. Il presente decreto entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e sarà presentato al Parlamento per la conversione in legge. Il Duce, Ministro per l'interno, proponente, è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.
Ordiniamo
che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a San Rossore, addì 7 Settembre 1938-Anno XVI
VITTORIO EMANUELE
Mussolini
Visto, il Guardasigilli: Solmi.


La dichiarazione del 6 ottobre 1928, del Gran Consiglio, vieta matrimoni di italiani ed italiane con razze “non ariane”. Ai dipendenti pubblici si vietano tutti i matrimoni con stranieri. Ogni matrimonio con stranieri viene subordinato all’autorizzazione da parte del Ministero dell’Interno.

Si fa un passo ulteriore. Si denuncia l’ebraismo mondiale, in aggiunta a quello “italiano fuoriuscito” (ma la conseguenza è il sospetto sull’ebreo all’interno) come animatore dell’antifascismo. Si sostiene pure che la psicologia dell’ebreo è antitetica all’accettazione del fascismo, non accettato sinceramente neppure dall’ebreo italiano, cosa che viene, come si può vedere, esplicitamente scritta. Per cui se sei ebreo e sei fascista, non sei sincero come fascista. Non c’è via d’uscita. Se sei ebreo (in pratica è detto nel riferimento, lo si può vedere, a Barcellona), o sei un boscevico, o stai dalla parte dei boscevichi che sono i nemici dichiarati (sebbene con l’URSS i rapporti del monarco-fascismo siano stati buoni, propaganda a parte, prima dalla partecipazione alla guerra tedesca contro l’URSS).

Ci sono integrazioni, specificazioni, anche qualche attenuazione, che si possono vedere in dettaglio nel testo sotto. Si accentua, comunque, la xenofobia e si saluta l’istituzione delle cattedre sulla razza che, nel contesto dato, avranno avuto funzioni solo guerra psicologica essendo conseguenza di una tale campagna e legislazione antiebraiche. Si fossero volute istituire, per esempio, cattedre di studi etnici, e con un minimo di scientificità, le si sarebbero certo create non in parallelo alla campagna ed alle leggi antiebraiche ma ben prima. Ad ogni modo si lascia, pure per i fascistisismi o patrioti provati, nonostante qualche attenuazione delle discriminazioni per sé, la discriminazione dell’esclusione dall’insegnamento se ebrei.

Si vieta comunque qualunque persecuzione rispetto alla liberta di culto o per ottenere “abiure”. Si introducono dunque discriminazioni razziali ma senza violenze materiali o limitazioni di libertà religiose, almeno a quel che risulta dai testi della normativa, se non m’è sfuggito qualcosa. Non c’è logica da campi di concentramenti e di sterminio, per quanto quando ci si incammini su tali strade non si possa mai sepere se e quali passi successivi vi saranno. Si è al livello di puro ghetto sociale, che contraddice principi di generalità dei diritti di cittadinanza.


6 Ottobre 1938
DICHIARAZIONE SULLA RAZZA
Votata dal Gran Consiglio del Fascismo il 6 Ottobre 1938
Il Gran Consiglio del Fascismo, in seguito alla conquista dell'Impero, dichiara l'attualità urgente dei problemi razziali e la necessità di una coscienza razziale. Ricorda che il Fascismo ha svolto da sedici anni e svolge un'attività positiva, diretta al miglioramento quantitativo e qualitativo della razza italiana, miglioramento che potrebbe essere gravemente compromesso, con conseguenze politiche incalcolabili, da incroci e imbastardimenti. Il problema ebraico non è che l'aspetto metropolitano di un problema di carattere generale.
Il Gran Consiglio del Fascismo stabilisce:
a) il divieto di matrimoni di italiani e italiane con elementi appartenenti alle razze camita, semita e altre razze non ariane;
b) il divieto per i dipendenti dello Stato e da Enti pubblici - personale civile e militare - di contrarre matrimonio con donne straniere di qualsiasi razza;
c) il matrimonio di italiani e italiane con stranieri, anche di razze ariane, dovrà avere il preventivo consenso del Ministero dell'Interno;
d) dovranno essere rafforzate le misure contro chi attenta al prestigio della razza nei territori dell'Impero.
EBREI ED EBRAISMO
Il Gran Consiglio del Fascismo ricorda che l'ebraismo mondiale - specie dopo l'abolizione della massoneria - è stato l'animatore dell'antifascismo in tutti i campi e che l'ebraismo estero o italiano fuoruscito è stato in taluni periodi culminanti, come nel 1924-25 e durante la guerra etiopica, unanimemente ostile al Fascismo. L'immigrazione di elementi stranieri accentuatasi fortemente dal 1933 in poi, ha peggiorato lo stato d'animo degli ebrei italiani nei confronti del Regime, non accettato sinceramente, poiché antitetico a quella che è la psicologia, la politica e l'internazionalismo d'Israele. Tutte le forze antifasciste fanno capo ad elementi ebrei; l'ebraismo mondiale è in Spagna dalla parte dei bolscevichi di Barcellona.
IL DIVIETO D'ENTRATA E L'ESPULSIONE DEGLI EBREI STRANIERI
Il Gran Consiglio del Fascismo ritiene che la legge concernente il divieto d'ingresso nel Regno degli ebrei stranieri non poteva più essere ritardata e che l'espulsione degli indesiderabili, secondo il termine messo in voga e applicato dalle grandi democrazie, è indispensabile. Il Gran Consiglio del Fascismo decide che oltre ai casi singolarmente controversi che saranno sottoposti all'esame dell'apposita commissione del Ministero dell'Interno, non sia applicata l'espulsione nei riguardi degli ebrei stranieri i quali:
a) abbiano un'età superiore agli anni 65;
b) abbiamo contratto un matrimonio misto italiano prima del 1° ottobre XVI.
EBREI DI CITTADINANZA ITALIANA
Il Gran Consiglio del Fascismo, circa l'appartenenza o meno alla razza ebraica, stabilisce quanto segue:
a) è di razza ebraica colui che nasce da genitori entrambi ebrei;
b) è considerato di razza ebraica colui che nasce da padre ebreo e da madre di nazionalità straniera;
c) è considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da un matrimonio misto, professa la religione ebraica;
d) non è considerato di razza ebraica colui che è nato da un matrimonio misto, qualora professi altra religione all'infuori della ebraica, alla data del 1° ottobre XVI.
DISCRIMINAZIONE FRA GLI EBREI DI CITTADINANZA ITALIANA
Nessuna discriminazione sarà applicata, escluso in ogni caso l'insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado, nei confronti di ebrei di cittadinanza italiana, quando non abbiano per altri motivi demeritato, i quali appartengono a:
1. famiglie di Caduti nelle quattro guerre sostenute dall'Italia in questo secolo; libica, mondiale, etiopica, spagnola;
2. famiglie dei volontari di guerra nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola;
3. famiglie di combattenti delle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola, insigniti della croce al merito di guerra;
4. famiglie dei Caduti per la Causa fascista;
5. famiglie dei mutilati, invalidi, feriti della Causa fascista;
6. famiglie di Fascisti iscritti al Partito negli anni 1919, 1920, 1921, 1922 e nel secondo semestre del 1924 e famiglie di legionari fiumani.
7. famiglie aventi eccezionali benemerenze che saranno accertate da apposita commissione.
GLI ALTRI EBREI
I cittadini italiani di razza ebraica, non appartenenti alle suddette categorie, nell'attesa di una nuova legge concernente l'acquisto della cittadinanza italiana, non potranno:
a) essere iscritti al Partito Nazionale Fascista;
b) essere possessori o dirigenti di aziende di qualsiasi natura che impieghino cento o più persone;
c) essere possessori di oltre cinquanta ettari di terreno;
d) prestare servizio militare in pace e in guerra.
L'esercizio delle professioni sarà oggetto di ulteriori provvedimenti.
Il Gran Consiglio del Fascismo decide inoltre:
1) che agli ebrei allontanati dagli impieghi pubblici sia riconosciuto il normale diritto di pensione;
2) che ogni forma di pressione sugli ebrei, per ottenere abiure, sia rigorosamente repressa;
3) che nulla si innovi per quanto riguarda il libero esercizio del culto e l'attività delle comunità ebraiche secondo le leggi vigenti;
4) che, insieme alle scuole elementari, si consenta l'istituzione di scuole medie per ebrei.
IMMIGRAZIONE DI EBREI IN ETIOPIA
Il Gran Consiglio del Fascismo non esclude la possibilità di concedere, anche per deviare la immigrazione ebraica dalla Palestina, una controllata immigrazione di ebrei europei in qualche zona dell'Etiopia. Questa eventuale e le altre condizioni fatte agli ebrei, potranno essere annullate o aggravate a seconda dell'atteggiamento che l'ebraismo assumerà nei riguardi dell'Italia fascista.
CATTEDRE DI RAZZISMO
Il Gran Consiglio del Fascismo prende atto con soddisfazione che il Ministro dell'Educazione Nazionale ha istituito cattedre di studi sulla razza nelle principali Università del Regno.
ALLE CAMICIE NERE
Il Gran Consiglio del Fascismo, mentre nota che il complesso dei problemi razziali ha suscitato un interesse eccezionale nel popolo italiano, annuncia ai Fascisti che le direttive del Partito in materia sono da considerarsi fondamentali e impegnative per tutti e che alle direttive del Gran Consiglio devono ispirarsi le leggi che saranno sollecitamente preparate dai singoli Ministri.


Col provvedimento del 15 novembre 1938, in pratica si limita l’istruzione dei cittadini ebrei alla sola scuola elementare e media, e se ne disciplina l’attuazione pratica che avvieve con criteri di separatezza rispetto agli alunni di “razza italiana”. Non c’è più l’accesso alle medie superiori, né all’università. Vi sono solo, ad esaurimento, gli studenti universitari già iscritti dunque titolati a finire gli studi. È un invito ad andare a studiare all’estero per gli ebrei, per quanto all’epoca non fosse semplice come oggi ma neppure impossibile. Oppure a terminare gli studi con la licenza media inferiore, se non si riesce a fare carte false rispetto all’appartenenza alla “razza ebraica”.

Si ribadisce, certo, l’esclusione dall’insegnamento e dal mondo scolastico, scuole e classi speciale per ebrei a parte.


15 Novembre 1938
REGIO DECRETO LEGGE n. 1779
15 Settembre 1938
INTEGRAZIONE E COORDINAMENTO IN TESTO UNICO DELLE NORME GIÀ EMANATE PER LA DIFESA DELLA RAZZA NELLA SCUOLA ITALIANA
Veduto il Regio decreto-legge 5 Settembre 1938-XVI, n. 1390;
Veduto il Regio decreto-legge 23 Settembre 1938-XVI, n. 1630;
Veduto il Testo Unico delle leggi e delle norme giuridiche sull'istruzione elementare approvato con Regio decreto 5 Febbraio 1928-VI, n. 877, e successive modificazioni;
Veduto il Regio decreto-legge 3 Giugno 1938-XVI, n. 928;
Veduto l'Art. 3, n. 2, della legge 31 Gennaio 1926-IV, n.100;
Riconosciuta la necessità urgente ed assoluta di dettare ulteriori disposizioni per la difesa della razza nella Scuola italiana e di coordinarle in unico testo con quelle sinora emanate;
Udito il Consiglio dei Ministri; Sulla proposta del Duce, Primo Ministro Segretario di Stato e Ministro per l'interno e del Nostro Ministro Segretario di Stato per l'educazione nazionale, di concerto con quello per le finanze;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Articolo 1. A qualsiasi ufficio od impiego nelle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e private, frequentate da alunni italiani, non possono essere ammesse persone di razza ebraica, anche se siano state comprese in graduatorie di concorsi anteriormente al presente decreto; nè possono essere ammesse al conseguimento dell'abilitazione alla libera docenza. Agli uffici ed impieghi anzidetti sono equiparati quelli relativi agli istituti di educazione, pubblici e privati, per alunni italiani, e quelli per la vigilanza nelle scuole elementari.
Articolo 2. Delle Accademie, degli Istituti e delle Associazioni di scienze, lettere ed arti non possono far parte persone di razza ebraica.
Articolo 3. Alle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche o private, frequentate da alunni italiani, non possono essere iscritti alunni di razza ebraica. è tuttavia consentita l'iscrizione degli alunni di razza ebraica che professino la religione cattolica nelle scuole elementari e medie dipendenti dalle Autorità ecclesiastiche.
Articolo 4. Nelle scuole d'istruzione media frequentate da alunni italiani è vietata l adozione di libri di testo di autori di razza ebraica. Il divieto si estende anche ai libri che siano frutto della collaborazione di più autori, uno dei quali sia di razza ebraica; nonché alle opere che siano commentate o rivedute da persone di razza ebraica.
Articolo 5. Per i fanciulli di razza ebraica sono istituite, a spese dello Stato, speciali sezioni di scuola elementare nelle località in cui il numero di essi non sia inferiore a dieci. Le comunità israelitiche possono aprire, con l'autorizzazione del Ministro per l'educazione nazionale, scuole elementari con effetti legali per fanciulli di razza ebraica, e mantenere quelle all'uopo esistenti. Per gli scrutini e per gli esami nelle dette scuole il Regio provveditore agli studi nomina un commissario. Nelle scuole elementari di cui al presente articolo il personale potrà essere di razza ebraica; i programmi di studio saranno quelli stessi stabiliti per le scuole frequentate da alunni italiani, eccettuato l'insegnamento della religione cattolica; i libri di testo saranno quelli di Stato, con opportuni adattamenti, approvati dal Ministro per l'educazione nazionale, dovendo la spesa per tali adattamenti gravare sulle comunità israelitiche.
Articolo 6. Scuole d'istruzione media per alunni di razza ebraica potranno essere istituiti dalle comunità israelitiche o da persone di razza ebraica. Dovranno all'uopo osservarsi le disposizioni relative all'istituzione di scuole private. Alle scuole stesse potrà essere concesso il beneficio del valore legale degli studi e degli esami à sensi dell'art.15 del R. decreto-legge 3 giugno 1938-XVI n.928, quando abbiano ottenuto di far parte in qualità di associate dell'Ente nazionale per l'insegnamento medio: in tal caso i programmi di studio saranno quelli stessi stabiliti per le scuole corrispondenti frequentate da alunni italiani, eccettuati gli insegnamenti della religione e della cultura militare. Nelle scuole d'istruzione media di cui al presente articolo il personale potrà essere di razza ebraica e potranno essere adottati libri di testo di autori di razza ebraica.
Articolo 7. Per le persone di razza ebraica l'abilitazione a impartire l'insegnamento medio riguarda esclusivamente gli alunni di razza ebraica.
Articolo 8. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto il personale di razza ebraica appartenente ai ruoli per gli uffici e gli impieghi di cui al precedente art.1 è dispensato dal servizio, ed ammesso a far valere i titoli per l'eventuale trattamento di quiescenza ai sensi delle disposizioni generali per la difesa della razza italiana. Al personale stesso per il periodo di sospensione di cui all'art.3 del R. decreto legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1390, vengono integralmente corrisposti i normali emolumenti spettanti ai funzionari in servizio. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto i liberi docenti di razza ebraica decadono dall'abilitazione.
Articolo 9. Per l'insegnamento nelle scuole elementari e medie per alunni di razza ebraica saranno preferiti gl'insegnanti dispensati dal servizio a cui dal Ministro per l'interno siano state riconosciute le benemerenze individuali o famigliari previste dalle disposizioni generali per la difesa della razza italiana. Ai fini del presente articolo sono equiparati al personale insegnante i presidi e direttori delle scuole pubbliche e private e il personale di vigilanza nelle scuole elementari.
Articolo 10. In deroga al precedente art. 3 possono essere ammessi in via transitoria a proseguire gli studi universitari studenti di razza ebraica già iscritti nei passati anni accademici a Università o Istituti superiori del Regno. La stessa disposizione si applica agli studenti iscritti ai corsi superiori e di perfezionamento per i diplomati nei Regi conservatori, alle Regie accademie di belle arti e ai corsi della Regia accademia d'arte drammatica in Roma, per accedere ai quali occorre un titolo di studi medi di secondo grado o un titolo equipollente. Il presente articolo si applica anche agli studenti stranieri, in deroga alle disposizioni che vietano agli ebrei stranieri di fissare stabile dimora nel Regno.
Articolo 11. Per l'anno accademico 1938-39 la decorrenza dei trasferimenti e delle nuove nomine dei professori universitari potrà essere protratta al 1° gennaio 1939-XVII. Le modificazioni agli statuti delle Università e degl'Istituti d'istruzione superiore avranno vigore per l'anno accademico 1938-39, anche se disposte con Regi decreti di data posteriore al 29 ottobre 1938-XVII.
Articolo 12. I Regi decreti-legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1390, e 23 settembre 1938-XVI, n.1630, sono abrogati. è altresì abrogata la disposizione di cui all'art.3 del Regio decretolegge 20 giugno 1935-XIII, n.1071.
Articolo 13. Il presente decreto sarà presentato al Parlamento per la conversione in legge. Il Ministro proponente è autorizzato alla presentazione del relativo disegno di legge.
ORDINIAMO
che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a San Rossore, addì 15 novembre 1938 - XVII
Vittorio Emanuele, Mussolini, Bottai, Di Revel


Il provvedimento del 17 novembre 1938 dettaglia il divieto di matrimoni “interrazziali” e regola l’esclusione degli ebrei da professioni ed impieghi sia pubblici che privati. C’è solo qualche attenuazione, nel senso di minori discriminazioni, per fascistissimi o patrioti provati, dunque che cadono sotto certe condizioni.

L’esclusione dal settore pubblico è totale. Mentre si regolamenta l’esclusione o meno da altre attività lavorative e professionali. Come già in Germania, se chi può vuole proteggere qualcuno, verrà certificato che non è ebreo anche se lo è.


17 Novembre 1938
REGIO DECRETO
LEGGE n. 1728
17 Novembre 1938
PROVVEDIMENTI PER LA DIFESA DELLA RAZZA ITALIANA
Ritenuta la necessità urgente ed assoluta di provvedere;
Visto l'Art. 3, n. 2, della legge 31 Gennaio 1926-IV, n. 100, sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Duce, Primo Ministro Segretario di Stato, Ministro per l'Interno, di concerto coi Ministri per gli Affari Esteri, per la Grazia e Giustizia, per le Finanze e per le Corporazioni;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Capo I - Provvedimenti relativi ai matrimoni
Articolo 1. Il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona appartenente ad altra razza è proibito. Il matrimonio celebrato in contrasto con tale divieto è nullo.
Articolo 2. Fermo il divieto di cui all'Art. 1, il matrimonio del cittadino italiano con persona di nazionalità straniera è subordinato al preventivo consenso del Ministero per l'Interno. I trasgressori sono puniti con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda fino a lire diecimila.
Articolo 3. Fermo il divieto di cui all'Art. 1, i dipendenti delle Amministrazioni civili e militari dello Stato, delle Organizzazioni del Partito Nazionale Fascista o da esso controllate, delle Amministrazioni delle Provincie, dei Comuni, degli Enti parastatali e delle Associazioni sindacali ed Enti collaterali non possono contrarre matrimonio con persone di nazionalità straniera. Salva l'applicazione, ove ne ricorrano gli estremi, delle sanzioni previste dall'Art. 2, la trasgressione del predetto divieto importa la perdita dell'impiego e del grado.
Articolo 4. Ai fini dell'applicazione degli Articoli 2 e 3, gli italiani non regnicoli non sono considerati stranieri.
Articolo 5. L'ufficiale dello stato civile, richiesto di pubblicazioni di matrimonio, è obbligato ad accertare, indipendentemente dalle dichiarazioni delle parti, la razza e lo stato di cittadinanza di entrambi i richiedenti. Nel caso previsto dall'Art. 1, non procederà nè alle pubblicazioni nè alla celebrazione del matrimonio. L'ufficiale dello stato civile che trasgredisce al disposto del presente articolo è punito con l'ammenda da lire cinquecento a lire cinquemila.
Articolo 6. Non può produrre effetti civili e non deve, quindi, essere trascritto nei registri dello stato civile, a norma dell'Art.5 della legge 27 Maggio 1929-VII, n. 847, il matrimonio celebrato in violazione dell'Art.1. Al ministro del culto, davanti al quale sia celebrato tale matrimonio, è vietato l'adempimento di quanto disposto dal primo comma dell'Art.8 della predetta legge. I trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire cinquecento a lire cinquemila.
Articolo 7. L'ufficiale dello stato civile che ha proceduto alla trascrizione degli atti relativi a matrimoni celebrati senza l'osservanza del disposto dell'Art. 2 è tenuto a farne immediata denunzia all'autorità competente.
Capo II - Degli appartenenti alla razza ebraica
Articolo 8. Agli effetti di legge:
a) È di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica;
b) È considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di cui uno di razza ebraica e l'altro di nazionalità straniera;
c) È considerato di razza ebraica colui che è nato da madre di razza ebraica qualora sia ignoto il padre;
d) È considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, appartenga alla religione ebraica, o sia, comunque, iscritto ad una comunità israelitica, ovvero abbia fatto, in qualsiasi altro modo, manifestazioni di ebraismo. Non è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, che, alla data del 1°Ottobre 1938-XVI, apparteneva a religioni diversa da quella ebraica.
Articolo 9. L'appartenenza alla razza ebraica deve essere denunziata ed annotata nei registri dello stato civile e della popolazione. Tutti gli estratti dei predetti registri ed i certificati relativi, che riguardano appartenenti alla razza ebraica, devono fare espressa menzione di tale annotazione.Uguale menzione deve farsi negli atti relativi a concessione o autorizzazioni della pubblica autorità. I contravventori alle disposizioni del presente articolo sono puniti con l'ammenda fino a lire duemila.
Articolo 10. I cittadini italiani di razza ebraica non possono:
a) prestare servizio militare in pace e in guerra;
b) esercitare l'ufficio di tutore o curatore di minori o di incapaci non appartenenti alla razza ebraica
c) essere proprietari o gestori, a qualsiasi titolo, di aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione, ai sensi e con le norme dell'Art. 1 del Regio decreto-legge 18 Novembre 1929-VIII, n. 2488, e di aziende di qualunque natura che impieghino cento o più persone, né avere di dette aziende la direzione né assumervi comunque, l'ufficio di amministrazione o di sindaco;
d) essere proprietari di terreni che, in complesso, abbiano un estimo superiore a lire cinquemila;
e) essere proprietari di fabbricati urbani che, in complesso, abbiano un imponibile superiore a lire ventimila. Per i fabbricati per i quali non esista l'imponibile, esso sarà stabilito sulla base degli accertamenti eseguiti ai fini dell'applicazione dell'imposta straordinaria sulla proprietà immobiliare di cui al Regio decreto-legge 5 Ottobre 1936-XIV, n. 1743. Con decreto Reale, su proposta del Ministro per le Finanze, di concerto coi Ministri per l'Interno, per la Grazia e Giustizia, per le Corporazioni e per gli scambi e valute, saranno emanate le norme per l'attuazione delle disposizioni di cui alle lettere c), d), e).
Articolo 11. Il genitore di razza ebraica può essere privato della patria potestà sui figli che appartengono a religione diversa da quella ebraica, qualora risulti che egli impartisca ad essi una educazione non corrispondente ai loro principi religiosi o ai fini nazionali.
Articolo 12. Gli appartenenti alla razza ebraica non possono avere alle proprie dipendenze, in qualità di domestici, cittadini italiani di razza ariana. I trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire mille a lire cinquemila.
Articolo 13. Non possono avere alle proprie dipendenze persone appartenenti alla razza ebraica:
a) le Amministrazioni civili e militari dello Stato;
b) il Partito Nazionale Fascista e le organizzazioni che ne dipendono o che ne sono controllate;
c) le Amministrazioni delle Province, dei Comuni, delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e degli Enti, Istituti ed Aziende, comprese quelle dei trasporti in gestione diretta, amministrate o mantenute col concorso delle Province, dei Comuni, delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza o dei loro Consorzi;
d) le Amministrazioni delle Aziende Municipalizzate;
e) le Amministrazioni degli Enti parastatali, comunque costituiti e denominati, delle Opere nazionali, delle Associazioni sindacali ed Enti collaterali e, in genere, di tutti gli Enti ed Istituti di diritto pubblico, anche con ordinamento autonomo, sottoposti a vigilanza o a tutela dello Stato, o al cui mantenimento lo Stato concorra con contributi di carattere continuativo;
f) le Amministrazioni delle aziende annesse o direttamente dipendenti dagli Enti di cui alla precedente lettera e) o che attingono ad essi, in modo prevalente, i mezzi necessari per il raggiungimento dei propri fini, nonché delle società, il cui capitale sia costituito, almeno per metà del suo importo, con la partecipazione dello Stato;
g) le Amministrazioni delle banche di interesse nazionale;
h) le Amministrazioni delle imprese private di assicurazione.
Articolo 14. Il Ministro per l'Interno, sulla documentata istanza degli interessati, può, caso per caso, dichiarare non applicabili le disposizioni dell'Art 10, nonché dell'Art. 13, lett. h):
a) ai componenti le famiglie dei caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola e dei caduti per la causa fascista;
b) a coloro che si trovino in una delle seguenti condizioni:
1) mutilati, invalidi, feriti, volontari di guerra o decorati al valore nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola;
2) combattenti nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola che abbiano conseguito almeno la croce al merito di guerra;
3) mutilati, invalidi, feriti della causa fascista;
4) iscritti al Partito Nazionale Fascista negli anni 1919-20-21-22 e nel secondo semestre del 1924;
5) legionari fiumani;
6) abbiano acquisito eccezionali benemerenze, da valutarsi a termini dell'Art.16.
Nei casi preveduti alla lett. b), il beneficio può essere esteso ai componenti la famiglia delle persone ivi elencate, anche se queste siano premorte. Gli interessati possono richiedere l'annotazione del provvedimento del Ministro per l'Interno nei registri di stato civile e di popolazione. Il provvedimento del Ministro per l'Interno non è soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa, sia in via giurisdizionale.
Articolo 15. Ai fini dell'applicazione dell'Art. 14, sono considerati componenti della famiglia, oltre il coniuge, gli ascendenti e i discendenti fino al secondo grado.
Articolo 16. Per la valutazione delle speciali benemerenze di cui all'Art. 14 lett. b), n. 6, è istituita, presso il Ministero dell'Interno, una Commissione composta del Sottosegretario di Stato all'Interno, che la presiede, di un Vice Segretario del Partito Nazionale Fascista e del Capo di Stato Maggiore della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale.
Articolo 17. È vietato agli ebrei stranieri di fissare stabile dimora nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo.
Capo III - Disposizioni transitorie e finali
Articolo 18. Per il periodo di tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è data facoltà al Ministro per l'interno, sentita l'Amministrazione interessata, di dispensare, in casi speciali, dal divieto di cui all'Art. 3, gli impiegati che intendono contrarre matrimonio con persona straniera di razza ariana.
Articolo 19. Ai fini dell'applicazione dell'Art. 9, tutti coloro che si trovano nelle condizioni di cui all'Art.8, devono farne denunzia all'ufficio di stato civile del Comune di residenza, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Coloro che non adempiono a tale obbligo entro il termine prescritto o forniscono dati inesatti o incompleti sono puniti con l'arresto fino ad un mese e con l'ammenda fino a lire tremila.
Articolo 20. I dipendenti degli Enti indicati nell'Art.13, che appartengono alla razza ebraica, saranno dispensati dal servizio nel termine di tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Articolo 21. I dipendenti dello Stato in pianta stabile, dispensati dal servizio a norma dell'Art.20, sono ammessi a far valere il diritto al trattamento di quiescenza loro spettante a termini di legge. In deroga alle vigenti disposizioni, a coloro che non hanno maturato il periodo di tempo prescritto è concesso il trattamento minimo di pensione se hanno compiuto almeno dieci anni di servizio; negli altri casi è concessa una indennità pari a tanti dodicesimi dell'ultimo stipendio quanti sono gli anni di servizio compiuti.
Articolo 22. Le disposizioni di cui all'Art.21 sono estese, in quanto applicabili, agli Enti indicati alle lettere b),c),d),e),f),g),h), dell'Art.13. Gli Enti, nei cui confronti non sono applicabili le disposizioni dell'Art.21, liquideranno, ai dipendenti dispensati dal servizio, gli assegni o le indennità previste dai propri ordinamenti o dalle norme che regolano il rapporto di impiego per i casi di dispensa o licenziamento per motivi estranei alla volontà dei dipendenti.
Articolo 23. Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte ad ebrei stranieri posteriormente al 1° Gennaio 1919 si intendono ad ogni effetto revocate.
Articolo 24. Gli ebrei stranieri e quelli nei cui confronti si applichi l'Art.23, i quali abbiano iniziato il loro soggiorno nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo posteriormente al 1° Gennaio 1919, debbono lasciare il territorio del Regno, della Libia e dei possedimenti dell'Egeo entro il 12 Marzo 1939-XVII. Coloro che non avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine suddetto saranno puniti con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire 5.000 e saranno espulsi a norma dell'Art.150 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con Regio decreto 18 Giugno 1931-IX, n. 773.
Articolo 25. La disposizione dell'Art.24 non si applica agli ebrei di nazionalità straniera i quali, anteriormente al 1° Ottobre l938-XVI:
a) abbiano compiuto il 65° anno di età;
b) abbiano contratto matrimonio con persone di cittadinanza italiana. Ai fini dell'applicazione del presente articolo, gli interessati dovranno far pervenire documentata istanza al Ministero dell'Interno entra trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Articolo 26. Le questioni relative all'applicazione del presente decreto saranno risolte, caso per caso, dal Ministro per l'Interno, sentiti i Ministri eventualmente interessati, e previo parere di una Commissione da lui nominata. Il provvedimento non è soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa, sia in via giurisdizionale.
Articolo 27. Nulla è innovato per quanto riguarda il pubblico esercizio del culto e la attività delle comunità israelitiche, secondo le leggi vigenti, salvo le modificazioni eventualmente necessarie per coordinare tali leggi con le disposizioni del presente decreto.
Articolo 28. È abrogata ogni disposizione contraria o, comunque, incompatibile con quella del presente decreto.
Articolo 29. Il Governo del Re è autorizzato ad emanare le norme necessarie per l'attuazione del presente decreto. Il presente decreto sarà presentato al Parlamento per la sua conversione in legge. Il Duce, Ministro per l'Interno, proponente, è autorizzato a presentare relativo disegno di legge.
Ordiniamo
che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserito nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.
Dato a Roma, addì 17 Novembre 1938 - XVII
Vittorio Emanuele, Mussolini, Ciano, Solmi, De Revel, Lantini


Il decreto del 29 giugno 1939 riinterviene sulle attività professionali di cittadini qualificati come di “razza ebraica”, con nuove misure limitative, regolative, di schedatura e repressive.


29 Giugno 1939
REGIO DECRETO - LEGGE del 29 Giugno 1939
(Pubblicato il 2 Agosto 1939 sulla Gazzetta Ufficiale)
DISCIPLINA DELL'ESERCIZIO DELLE PROFESSIONI DA PARTE DEI CITTADINI DI RAZZA EBRAICA
Capo I. - Disposizioni generali
Articolo 1. L'esercizio delle professioni di giornalista, medico-chirurgo, farmacista, veterinario, ostetrica, avvocato, procuratore, patrocinatore legale, esercente in economia e commercio, ragioniere, ingegnere, architetto, chimico, agronomo, geometra, perito agrario, perito industriale, è, per i cittadini appartenenti alla razza ebraica, regolato dalle seguenti disposizioni.
Articolo 2. Ai cittadini italiani di razza ebraica è vietato l'esercizio della professione di notaro. Ai cittadini italiani di razza ebraica è vietato l'esercizio della professione di giornalista. Per quanto riguarda la professione di insegnante privato, rimangono in vigore le disposizioni di cui agli Articoli 1 e 7 del Regio decreto-legge 15 Novembre 1938-XVII, n. 1779.
Articolo 3. I cittadini di razza ebraica esercenti una delle professioni di cui all'art. 1, che abbiano ottenuto la discriminazione a termini dell'Art. 14 del Regio decreto-legge 17 Novembre 1938-XVII, n. 1728, saranno iscritti in "elenchi aggiunti", da istituirsi in appendice agli albi professionali, e potranno continuare nell'esercizio della professione, a norma delle vigenti disposizioni, salve le limitazioni previste dalla presente legge. Sono altresì istituiti, in appendice agli elenchi transitori eventualmente previsti dalle vigenti leggi o regolamenti in aggiunta agli albi professionali, elenchi aggiunti dei professionisti di razza ebraica discriminati. Si applicano agli elenchi aggiunti tutte le norme che regolano la tenuta e la disciplina degli albi professionali.
Articolo 4. I cittadini italiani di razza ebraica non discriminati, i quali esercitano una delle professioni indicate dall'Art. 1, esclusa quella di giornalista, potranno essere iscritti in elenchi speciali secondo le disposizioni del Capo II della presente legge, e potranno continuare nell'esercizio professionale con le limitazioni stabilite dalla legge stessa.
Articolo 5. Gli iscritti negli elenchi speciali professionali previsti dall'Art. 4 cessano dal far parte delle Associazioni sindacali di categoria giuridicamente riconosciute, e non possono essere da queste rappresentati. Tuttavia si applicano ad essi le norme inerenti alla disciplina dei rapporti collettivi di lavoro.
Articolo 6. É fatto obbligo ai professionisti che si trovino nelle condizioni previste dagli Articoli 1 e 2, primo comma, ed a quelli iscritti nei ruoli di cui all'Art. 23 di denunciare la propria appartenenza alla razza ebraica, entro il termine di venti giorni dalla entrata in vigore della presente legge, agli organi competenti per la tenuta degli albi o dei ruoli. I trasgressori sono puniti con l'arresto sino ad un mese e con l'ammenda sino a lire tremila. La denunzia deve essere fatta anche nel caso che sia pendente ricorso per l'accertamento della razza ai sensi dell'Art. 26 del Regio decreto-legge 17 Novembre 1938-XVII, n. 1728. Il reato sarà dichiarato estinto se il ricorso di cui al terzo comma sia deciso con la dichiarazione di non appartenenza del ricorrente alla razza ebraica. Ove la denunzia non sia effettuata, gli organi competenti per la tenuta degli albi o dei ruoli provvederanno d'ufficio all'accertamento. La cancellazione dagli albi o dai ruoli viene deliberata dai predetti organi non oltre il Febbraio 1940-XVIII, ma ha effetto alla scadenza di detto termine. La deliberazione è notificata agli interessati a mezzo di ufficiale giudiziario, e con le forme della notificazione della citazione.
Capo II - Degli elenchi speciali e delle condizioni per essere iscritti
Articolo 7. Per ogni circoscrizione di Corte di appello sono istituiti, presso la Corte medesima, gli elenchi speciali per le singole professioni previsti dall'Art. 4. Nessuno può essere iscritto contemporaneamente in più di un elenco per la stessa professione; su domanda dell'interessato è ammesso tuttavia il trasferimento da un elenco distrettuale all'altro. Il trasferimento non interrompe il corso dell'anzianità di iscrizione.
Articolo 8. I cittadini di razza ebraica esercenti una delle professioni di cui all'Art. 1, esclusa quella di giornalista, e che intendano ottenere l'iscrizione nel rispettivo elenco speciale, dovranno farne domanda al primo presidente della Corte di appello del distretto, in cui abbiano la residenza, nel termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Articolo 9. Per essere iscritti negli elenchi speciali è necessario:
a) essere cittadini italiani;
b) essere di specchiata condotta morale e di non avere svolto azione contraria agli interessi del Regime e della Nazione;
c) avere la residenza nella circoscrizione della Corte di Appello;
d) essere in possesso degli altri requisiti stabiliti dai vigenti ordinamenti professionali per l'esercizio della rispettiva professione.
Articolo 10. Non possono conseguire l'iscrizione negli elenchi speciali coloro che abbiano riportato condanna per delitto non colposo per il quale la legge commini la pena della reclusione, non inferiore nel minimo a due anni e nel massimo a cinque o, comunque, condanna che importi la radiazione o cancellazione dagli albi professionali. Non possono, parimenti, conseguire l'iscrizione coloro che siano stati o si trovino sottoposti ad una delle misure di polizia previste dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con Regio decreto 18 Giugno 1931-IX, n. 773.
Articolo 11. Le domande per l'iscrizione devono essere corredate dai seguenti documenti:
a) atto di nascita;
b) certificato di cittadinanza italiana;
c) certificato di residenza;
d) certificato di buona condotta morale, civile e politica;
e) certificato generale del casellario giudiziario di data non anteriore a mesi 3 dalla presentazione della domanda e certificato dei procedimenti a carico;
f) certificato dell'Autorità di pubblica sicurezza del luogo di residenza del richiedente, attestante che questi non è stato sottoposto ad alcuna delle misure previste dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con Regio decreto 18 Giugno 1931-IX, n. 773;
g) titoli di abilitazione richiesti per la iscrizione nell'albo professionale.
Articolo 12. Le attribuzioni relative alla tenuta degli elenchi di cui all'Art. 4 ed alla disciplina degli iscritti, previste dalle vigenti leggi e regolamenti professionali, sono esercitate nell'ambito di ciascun distretto di Corte di Appello, per tutti gli elenchi, da una Commissione distrettuale. Essa ha sede presso la Corte di Appello, è presieduta dal primo presidente della Corte medesima, o da un magistrato della Corte, da lui delegato, ed è composta di sei membri, rispettivamente designati dal Ministro per l'Interno, dal Segretario del Partito Nazionale Fascista, Ministro Segretario di Stato, dai Ministri per l'Educazione Nazionale, per i Lavori Pubblici e per le Corporazioni, nonché dal Presidente della Confederazione Fascista dei Professionisti ed Artisti.
Articolo 13. I componenti della Commissione di cui all'articolo precedente sono nominati con decreto del Ministro per la Grazia e Giustizia. Essi durano in carica tre anni e possono essere confermati. Quelli nominati in sostituzione di altri durante il triennio durano in carica sino alla scadenza del triennio.
Articolo 14. La Commissione distrettuale verifica le domande di cui all'Art. 8 e, ove ricorrano le condizioni richieste dalla presente legge, delibera la iscrizione del professionista nel rispettivo elenco speciale. Le adunanze della Commissione sono valide con l'intervento di almeno quattro componenti. Le deliberazioni della Commissione sono motivate; vengono prese a maggioranza di voti; in caso di parità di voti prevale quello del presidente. Esse sono notificate, nel termine di 15 giorni, agli interessati ed al Procuratore generale presso la Corte di appello, nonché al Prefetto, qualora riguardino esercenti le professioni sanitarie.
Articolo 15. ontro le deliberazioni della Commissione in ordine alla iscrizione ed alla cancellazione dall'elenco, nonché ai giudizi disciplinari, è dato ricorso tanto all'interessato quanto al Procuratore generale della Corte di Appello, e, nel caso di esercenti le professioni sanitarie, al Prefetto, entro 30 giorni dalla notifica, ad una Commissione Centrale che ha sede presso il Ministero di Grazia e Giustizia.
Articolo 16. La Commissione centrale, di cui all'articolo precedente, è presieduta da un magistrato di grado terzo ed è composta del Direttore generale degli affari civili e delle professioni legali presso il Ministero di Grazia e Giustizia, o di un suo delegato, e di altri sette membri, rispettivamente designati dal Ministro per l'Interno, dal Segretario del Partito Nazionale Fascista, Ministro Segretario di Stato, dai Ministri per l'Educazione Nazionale, per i Lavori Pubblici, per l'Agricoltura e per le Foreste e per le Corporazioni, nonché dal Presidente della Confederazione Fascista dei Professionisti e degli Artisti. I componenti della Commissione sono nominati con decreto Reale, su proposta del Ministro per la Grazia e Giustizia. Essi durano in carica tre anni e possono essere confermati. Quelli nominati in sostituzione di altri durante il triennio durano in carica sino alla scadenza del triennio. Le adunanze della Commissione centrale sono valide con l'intervento di almeno cinque componenti. Il ministro per la Grazia e Giustizia provvede con suo decreto alla costituzione della Segreteria della predetta Commissione.
Capo III - Disciplina degli iscritti negli elenchi speciali
Articolo 17. Entro il mese di Febbraio di ogni anno, la Commissione di cui all'Art. 12 procede alla revisione dell'elenco speciale, apportandovi le modificazioni e le aggiunte che fossero necessarie. Ai provvedimenti adottati si applicano le disposizioni degli Articoli 14, ultimo comma, e 15.
Articolo 18. La Commissione può applicare sanzioni disciplinari:
1) per gli abusi e le mancanze degli iscritti nell'elenco speciale commesso nell'esercizio della professione;
2) per motivi di manifesta indegnità morale e politica. Le sanzioni disciplinari sono:
a) censura;
b) sospensione dall'esercizio professionale per un tempo non maggiore di sei mesi;
3) cancellazione dall'elenco.
I provvedimenti di cui al comma precedente sono notificati all'interessato per mezzo dell'ufficiale giudiziario. L'istruttoria che precede il giudizio disciplinare può essere promossa dalla Commissione su domanda di parte, o su richiesta del pubblico ministero, ovvero d'ufficio in seguito a deliberazione della Commissione ad iniziativa di uno o più membri. I fatti addebitati devono essere contestati all'interessato con l'assegnazione di un termine per la presentazione delle giustificazioni.
Articolo 19. La cancellazione dall'elenco speciale, oltre che per motivi disciplinari, può essere pronunciata dalla Commissione, su domanda dell'interessato. Può essere promossa d'ufficio su richiesta del procuratore generale della Corte di Appello nel caso:
a) di perdita della cittadinanza;
b) di trasferimento dell'iscritto in altro elenco;
c) di trasferimento dell'iscritto all'estero.
Contro la pronuncia della Commissione è sempre ammesso ricorso a norma dell'Art. 15.
Articolo 20. La condanna o l'applicazione di una delle misure previste dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato col Regio decreto 18 Giugno 1931-IX, n. 773, importano la cancellazione dall'elenco speciale. L'iscritto che si trovi sottoposto a procedimento penale, ovvero deferito per l'applicazione di una delle misure di cui al comma precedente, può essere sospeso dall'esercizio della professione. La sospensione ha sempre luogo quando è emesso mandato di cattura e fino alla sua revoca.
Capo IV - Dell'esercizio professionale degli iscritti negli elenchi aggiunti e negli elenchi speciali
Articolo 21. L'esercizio professionale da parte dei cittadini italiani di razza ebraica, iscritti negli elenchi speciali, è soggetto alle seguenti limitazioni:
a) salvi i casi di comprovata necessità ed urgenza, la professione deve essere esercitata esclusivamente a favore di persone appartenenti alla razza ebraica;
b) la professione di farmacista non può essere esercitata se non presso le farmacie di cui all'art. 114 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con Regio decreto 27 Luglio 1934-XII, n. 1265, qualora l'Ente cui la farmacia appartiene svolga la propria attività istituzionale esclusivamente nei riguardi di appartenenti alla razza ebraica;
c) ai professionisti di razza ebraica non possono essere conferiti incarichi che importino funzioni di pubblico ufficiale, ne può essere consentito l'esercizio di attività per conto di enti pubblici, fondazioni, associazioni e comitati di cui agli Articoli 34 e 37 del Codice Civile o in locali da questi dipendenti. La disposizione di cui alla lettera c) del presente articolo si applica anche ai cittadini italiani di razza ebraica iscritti negli "elenchi aggiunti".
Articolo 22. I cittadini italiani di razza ebraica non possono essere iscritti nei ruoli degli amministratori giudiziari, se già iscritti, ne sono cancellati.
Articolo 23. I cittadini di razza ebraica non possono essere comunque iscritti nei ruoli dei revisori ufficiali dei conti, di cui al Regio decreto-legge 24 Luglio 1936-XIV, n. 1548, o nei ruoli dei periti e degli esperti ai termini dell'Art. 32 del testo unico delle leggi sui Consigli e sugli Uffici provinciali delle corporazioni, approvato con Regio decreto 20 Settembre 1934 XII, n. 2011, e, se vi sono già iscritti, ne sono cancellati.
Articolo 24. I professionisti forensi cittadini italiani di razza ebraica, che siano iscritti negli albi speciali per l'infortunistica, perdono il diritto a mantenere l'iscrizione negli albi stessi a decorrere da 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Articolo 25. È vietata qualsiasi forma di associazione e collaborazione professionale tra i professionisti non appartenenti alla razza ebraica e quelli di razza ebraica.
Articolo 26. L'esercizio delle attività professionali vietate dall'Art. 21 è punito ai sensi dell'art. 348 del Codice Penale. La trasgressione alle disposizioni di cui all'Art. 25 importa la cancellazione, secondo i casi, dagli albi professionali, dagli elenchi aggiunti, ovvero dagli elenchi speciali.
Capo V - Disposizioni transitorie e finali
Articolo 27. I cittadini italiani di razza ebraica possono continuare l'esercizio della professione senza limitazioni fino alla cancellazione dall'albo. Avvenuta la cancellazione e fino a quando non abbiano ottenuto la iscrizione nell'elenco speciale, non potranno esercitare alcuna attività professionale. Con la cancellazione deve essere esaurita, o, comunque, cessare, qualsiasi prestazione professionale da parte dei cittadini italiani di razza ebraica non discriminati a favore di cittadini non appartenenti alla razza ebraica. è tuttavia in facoltà del cliente non appartenente alla razza ebraica di revocare al professionista di razza ebraica non discriminato l'incarico conferitogli, anche prima della cancellazione dall'albo.
Articolo 28. I cittadini italiani di razza ebraica, ammessi in via transitoria a proseguire gli studi universitari o superiori in virtù dell'Art. 10 del Regio decreto-legge 17 Novembre 1938-XVII, n. 1728, nonché tutti coloro che, conseguito il titolo accademico, non abbiano ancora ottenuta la relativa abilitazione professionale, a norma delle leggi e regolamenti vigenti, ove sussistano i requisiti e le condizioni previste dalle predette leggi e regolamenti per l'iscrizione negli albi, nonché dalla presente legge, potranno ottenere la iscrizione negli elenchi aggiunti o negli elenchi speciali.
Articolo 29. I notari di razza ebraica, dispensati dall'esercizio a norma della presente legge, sono ammessi a far valere il diritto al trattamento di quiescenza loro spettante a termini di legge da parte della Cassa nazionale del notariato. In deroga alle vigenti disposizioni, a coloro che non hanno maturato il periodo di tempo prescritto è concesso il trattamento minimo di pensione se hanno compiuto almeno dieci anni di esercizio; negli altri casi, è concessa una indennità di lire mille per ciascuno anno di servizio.
Articolo 30. Ai giornalisti di razza ebraica non discriminati, che cessano dall'impiego per effetto della presente legge, verrà corrisposto dal datore di lavoro l'indennità di licenziamento prevista dal contratto collettivo di lavoro giornalistico per il caso di risoluzione del rapporto d'impiego per motivi estranei alla volontà del giornalista. L'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani "Arnaldo Mussolini" provvederà alla cancellazione dei predetti giornalisti dagli elenchi dei propri iscritti, alla liquidazione del fondo di previdenza costituito a suo nome e al trasferimento al nome dei medesimi della proprietà della polizza di assicurazione sulla vita, contratta dall'Istituto presso l'Istituto Nazionale delle assicurazioni.
Articolo 31. Con disposizioni successive saranno regolati i rapporti tra i professionisti di razza ebraica e gli enti di previdenza previsti dalla legislazione vigente, escluse le categorie contemplate negli Articoli 29 e 30 della presente legge. Verranno inoltre emanate le norme speciali riflettenti la cessazione del rapporto d'impiego privato tra i professionisti di razza ebraica e i loro dipendenti.
Articolo 32. Il Ministro per la Grazia e Giustizia, di concerto con i Ministri interessati, è autorizzato ad emanare le norme per la determinazione dei contributi da porsi a carico degli iscritti negli elenchi speciali, per il funzionamento delle commissioni di cui agli Articoli 12 e 15.
Articolo 33. Agli effetti della presente legge, l'appartenenza alla razza ebraica è determinata a norma dell'Art. 8 del Regio Decreto - legge 17 Novembre 1938 - XVII, 1728, ed ogni questione relativa è decisa dal Ministro per l'Interno a norma dell'Art. 26 dello stesso Regio decreto - legge.
Articolo 34. Per tutto quanto non è contemplato dalla presente legge, si applicano le leggi ed i regolamenti di carattere generale che disciplinano le singole professioni.
Articolo 35. Con decreto Reale saranno emanate, ai sensi dell'Art. 3, n. 1, della legge 31 Gennaio 1926 - IV, n. 100, le norme complementari e di coordinamento che potranno occorrere per l'attuazione della presente legge.


Ecco la costruzione del nemico, qui dell’ebreo come nemico, cui la popolazione s’associò entusiasta. Il regime godeva d’un largo consenso. Tutti erano ardentemente manarchico-fascisti. Tutti divennero ferventi anti-ebraici, per quanto non fossero previsti pogrom e simili, non almeno contro ebrei in quanto ebrei, per quanto le discriminazioni siano già un pogrom silenzioso.

L’occupazione tedesca, con l’8 settembre 1943, vedrà l’Italia inclusa nei programmi tedeschi di internamento e successivo sterminio. Che l’80% degli ebrei italici si sia salvata su intervento della Chiesa, evidentemente con cooperazioni fasciste, non inganni. La guerra volgeva alla sconfitta, tutti sapevano che era omari finita e finita malissimo, nessuno credeva alle armi segrete tedesche anche se qualcuno ci sperava, l’opportunismo e viltà italitoti talvolta prevalevano sull’ansia di denunciare “il giudeo”, soprattutto ai vertici dove non ci si illudeva nella vittoria sicura venduta alle masse anche in quell’anno e mezzo d’occupazione tedesca (pur temperata dalla RSI). La stessa Chiesa romana temeva di uscirne distrutta se, proprio sul territoro italico, avesse lasciato che il destino tedesco seguisse il suo corso. Altrimenti, i popoli, umani a parte, seguono sempre ardetemente tutte le delinquenze e demenze di Stati e governi.

A guerra finita, la legislazione è stata naturalmente rimossa. L’antisemitismo anti-ebraico è restato, nello spazio italico. I monarco-fascisti sono diventati democristiani, comunisti, laici, etc. L’antisemitismo anti-ebraico è stato metaforizzato, nei linguaggi, con l’adesione entusiasta alle varie cause arabe che volevano e vogliono la distruzione d’Israele. A comando, all’antisemitismo anti-ebraico s’è ultimamente aggiunto l’antisemitismo anti-arabo-islamico. I buoni sono i “palestinesi” e gli altri si battono là per la distruzione d’Israele, i cattivi quelli che sono emigrati in Europa. I toni sono gli stessi soliti. Stessa è la logica di chi ha bisogno di crearsi il tnemico razziale e vive con particolare ansia altre “razze” o talune “razze”. Talvolta, all’antisemitismo anti-ebraico di base s’è sostituita un’ammirazione per la forza d’Israele, oppure si finge ammirazione ed amicizia, che non è una rimozione dell’antisemitismo anti-ebraico ma semplicemente un adattamento opportunistico di fronte a chi da opprimibile e perseguitabile impunemente viene visto come con la forza di difendersi in modo temibile. Ecco che quel tipo di razzismo assume solo altre forme.

È del resto operazione relativamente semplice per forze potenti creare odi “razziali” anche dove prima non esistevano. Si veda lo stesso forsennato anti-ebraismo di parte islamica che un secolo fa non esisteva o non nei termini poi assunti, né così generalizzato, e che non può essere ricondotto alla semplice reazione alla creazione dello Stato d’Israele, ma che è stato largamente alimentato per esempio dagli inglesi ed altri già nella fase preparatoria alla formazione d’Israele. Il sionismo è stato certo una forma di attivizzazione e di difesa di chi prima era ovunque almeno discriminato. L’antisionismo militante è una costruzione di interessi potenti si sentivano messi in difficoltà dall’affermazione di diritti umani e di vita. Ma è stato evidentemente semplice radicarlo tra chi cercava solo dove dirigere odi feroci ed ansie distruttive. Come era stato semplice diffondere, nell’area cristiana, i vari luogi comuni dell’anti-ebraismo. La caccia all’ebreo nelle aree occupate dai tedeschi non la fanno i tedeschi da soli e neppure le potenze Alleate, perfettamente al corrente, se ne proccupano neppure un po’. La sindrome dell’impunità nel crimine feroce e sanguinario, e nel piacere a molti dà, prevaleva su tutto, tra i singoli cooperanti al genocidio.

La Chiesa d’Italia, ed il Vaticano che su di essa in gran parte si fonda e che la controlla più direttamente, col 1942 passa di fatto della parte degli Alleati. Anche la monarchia si rende subito contro che le armate italiche non valgono nulla e che gli stessi tedeschi vengono bloccati sia in NordAfrica che nelle Russie ed iniziano ad arretrare. Avessero vinto, si sarebbe magari vista la firma del Re sotto decreti su campi di concentramento e di lavoro (di fatto di progressivo sterminio) per ebrei italici (li avrebbero prima privati della cittadinanza) ed altri. La Chiesa, che resta anche quando la monarchia scappa sotto protezione Alleata, ha paura di uscirne distrutta se lascia che proprio sul proprio territorio l’azione anti-ebraica (d’eliminazione fisica) dei tedeschi possa dispiegarsi incontrastata.

http://www.cdecdbase.it/
http://cronologia.leonardo.it/ugopersi/leggi_razziali_italia/leggi_razziali_italia.htm

25 July 2007

Lettera da Lhasa numero 75. Corrotti, malati di mente, eversori della Costituzione, ovvero i Presidenti della Repubblica con un programma

Lettera da Lhasa numero 75. Corrotti, malati di mente, eversori della Costituzione, ovvero i Presidenti della Repubblica con un programma
by Roberto Scaruffi

L’articolo 87 della Costituzione chiarisce le funzioni del Presidente della Repubblica:
“Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.
“Può inviare messaggi alle Camere.
“Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
“Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
“Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
“Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
“Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
“Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere.
“Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
“Presiede il Consiglio superiore della magistratura.
“Può concedere grazia e commutare le pene.
“Conferisce le onorificenze della Repubblica.”

L’articolo 88 aggiunge una funzione o facoltà ulteriore:
“Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.
“Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.”

Non v’è assolutamente nulla che implichi che il Presidente della Repubblica debba o possa avere un programma. Anzi, tutto esclude debbe o possa averlo.

Gli articoli 89 e 90 introducono il principio di irresponsabilitità del Presidente della Repubblica, che è irresponsabilità sia legale che politica.
L’articolo 89 chiarisce che il Presidente della Repubblica non può fare assolutamente nulla, se non sotto lo stretto controllo del Governo, che in pratica lo usa come notaio e che, per il resto, lo dirige:
“Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
“Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei Ministri.”

L’articolo 90 riafferma, con una minaccia, l’irresponsabilità presidenziale:
“Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
“In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.”

Del resto, organi politici e responsabili di fronte agli elettori sono il Parlamento ed il Governo esso esprime, pur su formale designazione presidenziale. Sebbene, a voler osservare la Costituzione, cosa oggi non viene fatto, né su molti punti è stato mai fatto, neppure un nuovo Presidente del Consiglio sarebbe nominabile senza la controfirma del vecchio, dunque senza una precisa volontà politica dei partiti (o formalmente, comunque, del precedente Presidente del Consiglio, se vuole uniformarvisi), che non lascia alcuna dicrezionalità presidenziale. Né i nuovi Ministri sarebbero nominabili senza la controfirma del nuovo Presidente del Consiglio che deve, secondo la Costituzione, essere già nominato quando propone al Presidente i suoi Ministri. In realtà, si seguono altre procedure totalmente eversive del sistema Costituzionale, sopratutto dopo il golpe del 1992 che ha distrutto i partiti della Costituizione del 1948 senza creare, formalmente, un nuovo e differente quadro Costituzionale con legittimità degli elettori.

A norma di Costituzione, un Presidente della Repubblica è sono una specie di notaio. Non è neppure un garante non doveno garantire nulla e nessuno, visto che il potere dovrebbe risiedere negli elettori ed in coloro costoro hanno eletto. Il Presidente della Repubblica è, in Costituzione, una strana figura, appunto una specie di notaio, eletto dal Parlamento per ben sette anni, dunque senza alcuna legittimazione democratica. Chi ha legittimazione democratica, sempre che le elezioni siano regolari o supposte regolari, è il duo Parlamento-Governo.

Che dei Presidenti possano avere dei programmi è eversivo del sistema Costituzionale esistente.

Che lo dichiarino perfino pubblicamente, riflette solo la corruzione e la demenza sia istituzionali che personali che fanno sembrare normale ogni crimine ed ogni pazzia, e che che stanno portando all’autoimplosione di tutto senza alcuna possibilità di riforma né di altro rimedio.

21 July 2007

Lettera da Lhasa numero 74. Accordo Pensioni. Un Quirinale ed un Governo mafiosi al livello d’Italiozia e delle sue genti

Lettera da Lhasa numero 74. Accordo Pensioni. Un Quirinale ed un Governo mafiosi al livello d’Italiozia e delle sue genti
by Roberto Scaruffi

Stati, popoli, nazioni se son nazioni, hanno quello che possono permettersi.

Di per sè, spender di più per le pensioni, 10 miliardi di euro i primi dieci anni, di più dopo, non ha nulla di drammatico. Le distorsioni del mercato del lavoro e pensionistico d’Italiozia, oltre alle altre mille distorsioni e blocchi d’Italiozia, hanno radici più profonde ed indistruttibili che dei parametri di calcolo e di maturazione pensionistica che altrimenti sarebbero solo dei parametri tecnici. Le pensioni sono campo complicato. I calcoli delle pensioni pure. A voler discutere in dettaglio dell’accordo, si dovrebbe prima vedere tutto ciò e poi valutare se davvero ciò comporti distorsioni od inconvenienti e perché.

Altrimenti, ci si limiti al fatto che si spenderà di più in un contesto di spesa pensionistica già ben sopra la media Oecd [ http://www.oecd.org/ ] per esempio, pur con capitalizzazione previdenziale distrutta, rubata, da tempo, decenni e decenni fa, dal sistema DC-PCI-sindacati. Altrimenti, in un sistema a capitalizzazione previdenziale, non esistono problemi pensioni, sussidi di Stato a parte. C’è quel si è messo da parte coi contributi, ciò rende, con ciò si pagano le pensioni presenti e future di chi ha pagato e paga i contributi. Da un lato, in Italia, si ha una spesa ben sopra la media Oecd per pensioni, pur senza capitalizzazione cui attingere (per cui le pensioni correnti vengono pagate coi contributi correnti che in realtà dovrebbero andare a capitalizzazione per pensioni future), mentre, invece, spese davvero social-assistenziali universali non esistono. Esistono solo soldi distribuiti in gran quantità per sprechi che in genere non formano e non assistono nessuno in riconversione lavorativa e da distribuire, per vantaggi loro, alle camorre organizzate più influenti e che urlano di più.

Il Ministro del Lavoro del momento, Cesare Damiano, un sindacalista Fiom-Cgil dei DS, spiegando che il recente accordo rappresenta una “'vittoria della concertazione” ha di fatto alluso alla metodologia quirinalizo-mafiosa seguita dalle istituzioni italiotiche. La “concertazione”' è, in Italiozia, il metodo dei tavoli mafiosi imposto dal Quirinale, il governo reale, che, da protettore della corruzione di regime e delle sue cosche e coschette, vede nella contrattazione continua con le cosche e nell’accoglimento delle loro richieste il vero fine dell’attitività di governo.

I risultati si vedono.

Evidentemente, chi, in posizioni precedenti, sosteneva che si spendeva troppo per pensioni, mentre ora ha discusso un accordo con una cosca (i sindacati confederali) per aumentare ulteriormente la spesa pensionistica, s’era sbagliato ed ora ha capito che si doveva spendere di più.

Evidentemente, chi sosteneva, e continua a sostenere, che si spenda troppo in pensioni ed in interventi non universali come le casse integrazioni ed i pre-pensionamenti per le grandi industrie influenti istituzionalmente, mentre non si spende nulla per veri interventi sociali universali, ed ora ha, di fatto, pur perplesso o perplessa, sostenuto una soluzione che farà spendere ancora di più in pensioni e nulla in politiche social-assistenziali e davvero universali, s’era sbagliato ed ora ha capito che non si può fare altrimenti.

Si noti pure il sistema sovietico per cui c’è un Soviet di Governo, il Consiglio dei Ministri, cui vengono sottoposti tutti i provvedimenti e che vota o, perlomeno, si esprime su di essi. La cosa è già stravanante, sebbene rifletta un “Capo” del Governo debole, e l’assenza d’un vero Primo Ministro che attui politiche e ne sia responsabile. Si noti pure che, da un lato si pretende d’avere il Soviet, mentre dall’altro viene considerato una offesa mortale che qualcuno, nel Soviet, possa votare od esprimersi contro un provvedimento di altri Ministri o del Capo del Governo. Un Soviet molto mafioso, invero.

I sindacati discutono da pari a pari col Governo qualcosa poi il Soviet dei Ministri ed il Parlamento devono solo ratificare. Come già il settore giudiziario era ed è un affare privato delle Procure e del Quirinale che le comanda, le cui esigenze il Soviet di Governo ed il Parlamento dovevano e devono solo ratificare. Almeno, è quello che è successo di recente col Governo Prodi.

...Italiozia delle cosche.

Questo Stato, evidentemente, non può permettersi altro. Le sue genti neppure.

17 July 2007

Lettera da Lhasa numero 73. Comportamento di Giffen in Cina

Lettera da Lhasa numero 73. Comportamento di Giffen in Cina
by Roberto Scaruffi

Jensen, R. T., and N. H. Miller, Giffen Behavior: Theory and Evidence, Working Paper 13243, NBER, Cambridge, MA, USA, July 2007,
http://papers.nber.org/papers/W13243
(Jensen, July 2007).
Robert T. Jensen
Nolan H. Miller

Il comportamento di Giffen è correntemente chiamano, in italiano, in economia politica, bene di Giffen. Un bene di Giffen è un bene, una merce, essenziale, di base e di largo consumo, la cui domanda aumenta con l’aumentare del prezzo. La merce o prodotto di largo consumo costa di più ed essa è più richesta. Il suo prezzo aumenta ancora. Ancora più persone la domandano e la comprano, almeno in determinati contesti e sotto determinate condizioni. Tale tipo di comportamento, prima relegato alla teoria economica, è stato riscontrato, nelle ricerca citata (Jensen, July 2007), in Cina.

Robert Giffen (1837 – 1910), statistico ed economista, avrebbe formulato (secondo Alfred Marshall, che tuttavia non si sa bene dove abbia preso l’asserzione), la sua ipotesi relativamente a beni di largo consumo, sostenendo che se il prezzo del pane aumenta, restando esso il bene più economico, le famiglie a basso reddito ne acquistino perfino di più. Che ne acquistino di più in termini monetari è possibile o logicamente anche probabile, in taluni contesti. Che ne acquistino di più come quantità non è per nulla certo. Dipende comunque da altri fattori. Infatti, più pertinentemente, c’è chi parla o parlava di paradosso di Giffen, sperando che un un giorno se ne potesse trovare una qualche evidenza empirica che desse o al fascino intrinseco d’un pardosso o forse, più probabilmente, che fosse citato (poco importa se senza, o con occulta, precisione filologica), da un classico dell’economia tutt’ora correntemente insegnata, un qualche senso comprensibile a tutti. Ciò anche perché, da un punto di vista strettamente teorico, costruendo un caso con due beni di consumo, uno essenziale l’altro relativamente superfluo, se il prezzo del primo aumenta si può ottenere, sotto talune condizioni, che di esso se ne consumi di più anziché di meno. Si può dunque dimostrare teoricamente come il paradosso di Giffen possa verificarsi mentre non si può dimostrare teoricamente che esso sia una pura fantasia. Può essere provato come possibile, mentre non può essere dimostrato esso sia necessariamente o sempre falso.

Ora, sembra che sia stata trovata una qualche pertinenza al Giffen “citato” da Alfred Marshall. Le ricerca empirica sembra ben fondata e condotta, oltre che con costi per alterare comportamenti di consumo e dunque testarli.
In an earlier (unpublished) version of this paper (Jensen and Miller 2002) using panel data from the China Health and Nutrition Survey, we found suggestive evidence that poor households in China exhibited Giffen behavior with respect to their primary dietary staple (rice in the south, wheat and/or noodles in the north). However, because the study relied on possibly endogenous variation in market prices, we were unable to identify a causal relationship between price changes and consumption. To address this concern, for the present study we conducted a field experiment in which for five months, randomly selected households were given vouchers that subsidized their purchases of their primary dietary staple. Building on the insights of our earlier analysis, we studied two provinces of China: Hunan in the south, where rice is the staple good, and Gansu in the north, where wheat is the staple.
Using consumption surveys gathered before, during and after the subsidy was imposed, we find strong evidence that poor households in Hunan exhibit Giffen behavior with respect to rice. That is, lowering the price of rice via the experimental subsidy caused households to reduce their demand for rice, and removing the subsidy had the opposite effect. This finding is robust to a range of alternative specifications and methods of parsing the data. In Gansu, the evidence is somewhat weaker, and relies to a greater extent on segregating households that are poor from those that are too poor or not poor enough. We attribute the relative weakness of the case for Giffen behavior in Gansu to the partial failure of two of the basic conditions under which Giffen behavior is expected; namely that the staple good have limited substitution possibilities, and that households are not so poor that they consume only staple foods. Focusing our analysis on those whom the theory identifies as most likely to exhibit Giffen behavior, we find stronger evidence of its existence.

Gli autori, come già la letteratura economica precedente, partono dall’assunzione che il consumatore povero sia guidato dalla necessità di assicurarsi un’adeguata assunzione di calorie. Creano dunque un modello con due merci di consumo alimentare, una di base ed una di piacere. A unità di spesa, le calorie date dalla merce di piacere (pur preferita per il gusto) sono inferiori a quelle dalla merce di base. Si possono immaginare carni da un lato e pasta o riso dall’altro. Sulla base di un vincolo di bilancio, il consumatore deve innanzitutto assumere le calorie necessarie alla propria sopravvivenza, poi, eventualmente, preoccuparsi della gradevolezza complessiva della propria alimentazione. Il consumatore di fronte alla presenza sul mercato di due merci delle caratteristiche dette, deve dunque massimizzare la propria funzione di sussistenza e la propria funzione di bilancio.

Nel testaggio empirico si deve sempre semplificare al massimo. In realtà, pur semplificando, non è vero che si creino necessariamente situazioni non realistiche. Se non si semplificasse, diverrebbe impossibile qualunque esperimento empirico oppure, nello sforzo di tenere conto di tutte le variabili, si creerebbero modelli ancora meno realistici. Provate a vivere di riso, o pasta, la merce di base, con condimenti vari (carni, vegetali relativamente costosi, etc.; la merce gradevole), tra l’altro il pasto di base nelle Cine, non solo per “poveri”, è proprio confenzionato così (quando non sia una sbobba liquida equivalente, a base di pasta più o meno galleggiante nel liquido, liquido che può essere più o meno ricco anche in termini di costo/prezzo), e vedrete che potete davvero vivere a quel modo e molti vivono a quel modo. In condizione di impoverimento (o impoverimento ulteriore) privilegerete il riso o pasta su ciò che lo rende gradevole o più gradevole.

Gli autori analizzano in dettaglio perché il comportamento di Giffen può riguardare, in concreto, solo un piccolo gruppo di consumatori.
Poor Chinese consumers fit nicely with the assumptions of the model. The crucial feature leading to Giffen behavior is the presence of one predominant cheap source of calories, i.e., a single basic good. In our sample, the basic good is rice (in the south) or wheat (in the north), and the fancy good is pork and other meat. While other foods such as vegetables are consumed, they provide far fewer calories per yuan than staple grains, and therefore do not serve as basic goods; the intuition of the model easily extends to include foods such as this.

Esistono, inoltre, altri vincoli analitici. Dunque, gli autori concentrano l’analisi empirica di conseguenza:
A central problem in searching for Giffen behavior, and indeed in any analysis of demand, is finding both sufficient and exogenous price variation. As a practical problem, whether data are cross-sectional, time-series or panel, there is often not a great deal of variation in prices for the kinds of goods likely to be candidates for Giffen behavior. This applies especially to cross-sectional data, as arbitrage should eliminate spatial price differences, especially for easily storable and non-perishable commodities such as grains. And any remaining price variation may be due do unobservable quality differences. Beyond this, a more serious concern is that even with sufficient price variation, the source of that variation is often potentially endogenous, since price is the equilibrium of a system of simultaneous equations. A positive correlation between price and consumption could simply represent shocks to, or differences in, demand over space or time rather than Giffen behavior. Although instrumental variables could address this problem, finding instruments that shift supply but do not directly affect demand is difficult.
To overcome these challenges, we conducted a field experiment in which we provided randomly selected poor households in two Chinese provinces with price subsidies for staple foods. In Hunan, a southern province, rice is the staple good, and in Gansu, a northwestern province, wheat is the staple good (consumed primarily as buns, a simple bread called mo or noodles). These regional ‘taste’ differences are primarily determined by geography, climate and history, with wheat the dominant crop grown in Gansu and rice dominant in Hunan. Accordingly, we subsidized rice (only) in Hunan and wheat flour (only) in Gansu.

Per l’esperimento, sono stati creati tre gruppi di trattamento ed uno di controllo. Ai tre gruppi di trattamento sono stati dati buoni che permettevano sconti differenti per ognuno dei tre gruppi sul riso di base. In pratica, sono stati dati tre sussidi differenziati sul riso con accorgimenti e controlli per impedire che i buoni fossero oggetto di commercio, dunque usati per altri fini che lo sconto sul riso. È stato di conseguenza osservato in dettaglio il comportamento alimentare e di spesa degli individui dei vari gruppi. Si possono leggere i dettagli nel saggio sulla ricerca [(Jensen, July 2007)]. I risultati della regressione (econometrica) indicano le caratteristiche dei comportamenti.

The theory predicts that only households that are poor, but not too poor, will exhibit Giffen behavior. Thus we would like to focus our study on households that are in the subsistence range, but not below it, or above it. Unfortunately, classifying households or individuals directly in this way is not possible. Not only is there no consensus on what constitutes a subsistence level of calories, but any such threshold would certainly vary widely by age, sex, height, weight, body fat and muscle composition, level of physical activity, health status and a range of other factors. As a result, although we can compute caloric intake for each individual, identifying whether specific individuals are below, near or above their subsistence level of caloric requirements is not possible. For the same reason, it isn’t possible to define these regions based on income or expenditure; individuals with different characteristics will require different amounts of expenditures or income to achieve nutritional sufficiency. Any such cut-offs would be imperfect, including some people who, because of high weight or activity levels, are unable to achieve maintenance nutrition with the specified income, and excluding others who have lower than expected nutritional (and thus income) needs because of small stature or low activity levels.
The method of parsing the data we employ is based in the theory. Those who are so poor that they cannot achieve maintenance nutrition will consume a very high proportion of their food in the form of the staple good, regardless of size and activity level. Thus, splitting the data by the pre-intervention or initial share of caloric intake from consumption of the staple (initial staple calorie share, ISCS) provides a more direct measure of whether a consumer or household is welloff enough that they could, potentially, exhibit Giffen behavior. [...]

Identificata l’area di potenziale estrinsecazione del comportamento di Giffen, gli autori procedono oltre nel testaggio del fenomeno.
While the main goal of our study is to document Giffen behavior, we briefly explore a few implications of the subsistence model. We have already seen that consumers with very high staple calorie shares do not exhibit Giffen behavior. In addition, the model also predicts that once consumers are wealthy enough to pass beyond the subsistence zone into the standard consumption zone, staple demand should once again slope downward; in effect, we predict an ‘inverted-U’ shape, with downward sloping demand (negative coefficients) for low and high values of staple calorie share, and Giffen behavior (positive coefficients) for intermediate values. As stated, unlike the 80 percent calorie share, it isn’t possible to define a threshold beyond which households are likely to be in the standard or normal consumption zone, nor are we even certain our sample of the urban poor contains any such households. We therefore take a simple, flexible approach using a series of locally weighted regressions. [...]”

Ecco le conclusioni della ricerca come enunciate in (Jensen, July 2007):
We find strong, clear evidence of Giffen behavior among poor households in Hunan, China, and somewhat less robust evidence in Gansu. To the best of our knowledge, this is the first rigorous empirical evidence of Giffen behavior. It is ironic that despite a long search, in sometimes unusual settings, we found examples in the most widely consumed foods for the most populous nation in the history of humanity. However, the examples were found exactly where theory would predict they should occur; impoverished consumers, heavily dependent on a staple good, with limited substitution possibilities.
The results also underscore the vulnerability of extremely poor households to staple food price changes, and provide support for a view of very poor consumers as behaving as if they face a subsistence constraint and making consumption decisions in order to maintain nutritional sufficiency in the face of a changing environment. While consumers prefer to consume foods with non-nutritive attributes if they can afford them, they will trade-off these factors in order to maintain nutrition when the price of the staple food increases. However, while consumers behave in some ways as the subsistence model predicts, there remains important variation in tastes, as between those consuming the rice-based and wheat-based diets in China, that must also be taken into account. A complete understanding of the interaction between nutrition- and taste-based factors in poor consumers’ decision-making processes is beyond this scope of this paper but would have important implications for understanding the well-being and nutritional status of the poor, and would also have policy implications regarding food price subsidies or taxation.

Jensen, R. T., and N. H. Miller, Giffen Behavior: Theory and Evidence, Working Paper 13243, NBER, Cambridge, MA, USA, July 2007,
http://papers.nber.org/papers/W13243
(Jensen, July 2007).