28 August 2012

Letter from Lhasa, number 274.
Caricatura di un chierichetto organico.
EcoUmberto e dintorni


Letter from Lhasa, number 274. Caricatura di un chierichetto organico. EcoUmberto e dintorni
by Roberto Abraham Scaruffi

Cogo, M., Fenomenologia di Umberto Eco. Indagine sulle origini di un mito intellettuale contemporaneo, Baskerville, Bologna, Italy, 2010.
(Cogo 2010).
Michele Cogo


Cosa è un intellettuale organico? Un intellettuale organico è in intellettuale che ha dato il culo, dà il culo e continuerà a dare il culo al regime lo paga. Si contrappone all’intellettuale radicale o libero che cerca di andare alla radice delle cose o di lavorare liberamente, senza prostituzioni, sui temi delle proprie ricerche. Poco importa che l’intellettuale organico si qualifichi o si distingua o associ o dissoci come ‘fascista’, ‘comunista’, ‘democratico’, variamente colorato od incolore od altro. ...Etichette...

Umberto Eco è un raro esempio di intellettuale organicissimo. Dà il culo direttamente, senza mediazioni di congrega (per quanto doverosamente schierato ‘a sinistra’, come si chiama di questi tempi), alle potenze del mondo ed al loro ordine compradoro-quirinalizio-CC in Italiozia. È attentissimo a farsi portavoce di una ideologia consistente al 100% con le esigenze della propaganda Imperiale e delle sue agenzie compradore locali, senza cercare di darsi coperture ed auto-coperture apertamente sinistrose, destrose o d’altra dimensione o caratterizzazione, ...per quanto, quando la patria chiami, sia con quella che ora si chiama ‘sinistra’ (ovviamente di governo), salvo altri ordini dell’Impero, sennò lo segherebbero. Certamente, apertasi l’era Monti, scrive pomposo: “Il governo Monti non è una sospensione delle libertà democratiche. È un caso previsto dai nostri costituenti. A sostenere il contrario sono gli stessi che da anni parlano di Seconda Repubblica. Sbagliando”. ...Se lo dice lui... Stronzate, ma non vogliamo qui avventurarci in discussioni politologiche, né di diritto costituzionale. Se Libertà e Giustizia lo convoca, non può sottrarsi e si piazza, al Teatro Smeraldo di Milano (sghignazzando divertito ed agguerrito a qualunque banalità dei soliti teatranti della politica), tra CDB e Pisapia. Deve ben vedere chi poi vinca, che frazione precisa vinca, tra i suoi. Ma tanto, le istituzioni che contano (il Quirinale) restano a questi qua, che sia Monti od un altro alla Napolitano, per cui non starà mai con gli altri. La sua carriera s’affloscerebbe. Comunque, quando ci sono i due minuti (o le due ore) dell'odio orwelliano non è che possa darsi latitante od ostentare distacco. Neppure quando le gazzette di quelli lì gli offrono La Bustina di Minerva, o cose simili, sia essa per spalmare venti parole di scienza o di merda, non è che possa disertare. ...Se ti metti contro i tuoi, poi chi ti resta se hai bisogno? Intellettuale organicissimo lo si diventa. Ma poi lo si deve pure restare. Nulla è semplice, né certo per sempre, nella vita. Lui sa come muoversi... 

Dare il culo non è una virtù. Di conseguenza non è una virtù essere intellettuali organici od organicissimi. Umberto Eco non è una virtù. È una caricatura che il regime imperiale alimenta, perpetua, diffonde. I miti sono tali. Inutile immaginarsi od illudersi che lui sia differente. Basta analizzarne i contenuti, i messaggi produce e veicola, che gli vengono fatti produrre e veicolare. 

L’introduzione di Paolo Fabbri è apologia del nulla. Se gli escrementi galleggiano, non è che il galleggiare di un Eco divenga un virtù. Se i palloni gonfiati volano, non e che un Eco rigonfio e retorico divenga meno vuoto. Fabbri ne è innamorato ed usa la piaggeria (oppure avrà altre ragioni sue per adulare) per estrinsecarlo rivolgendo qualunque aspetto di un Eco in preziosa sostanza che non v’è.

Umberto Eco è stato inventato dall’industria pubblicitaria. E lui si sarà ben ingegnato a farsi inventare e diffondere. Solo chi non mangi il formaggino tanto decantato dai media non si accorge che rovina lo stomaco. Chi non lo legga, afferra il vero Eco inventato dall’industria culturale. Non scartare la confezione, per evitarsi la merce avariata essa contiene. Godersi l’esterno, seppur il luogo comune arguto soddisfi solo l’incolto suggestionabile dai commessi viaggiatori o stanziali.     

Nel dedicare il libro, la ricerca, a sua nonna Gigia, l’autore sottolinea sottilmente che Eco potesse avere come modello un Mike Bongiorno. Anzi, l’autore lo negherebbe. Tuttavia, leggendolo, uno si immagina Eco che guarda la tv e torna e ritorna su Mike Bongiuorno fino ad interrogarsi perché fosse così bravo (secondo Eco). Eco, che non riesce ad essere Bongiorno, conclude che è bravo perché è ignorante mentre lui, Eco, che è coltissimo (si dice), non può essere bravo come Bongiorno. Nessun problema. Lo faranno bravo, bravissimo, con tecniche pubblicitarie quando creeranno il Formaggino-Eco. Eppure, lui (Eco), che si confronta a Mike, sente che [lui Eco] non regge il confronto (secondo lui). Molti non sono mai stati ossessionati da Mike Bongiorno. Era come un elemento del paesaggio, non necessariamente gradevole o sgradevole. Invece Eco doveva essere ossessionato dal ‘bravissimo’ Mike. ...Ognuno si confronta a chi crede... Lì v’era pure un sicuro motivo personale visto che Eco era ossessionato dal Mike per ragioni di Sampò, la sua [di Eco] fidanzata d’allora. “Ragioni di figa”, direbbe Sgarbi.

 Quando l’autore (Cogo 2010) si avvia alla conclusione, le banalità aumentano. Eco diviene tuttologo, oltre a tutto e l’opposto di tutto, almeno nei riferimenti a chi lo vorrebbe una cosa e chi l’opposto. Tuttologo, in parte (sono vari i campi in cui Eco non si avventura e per cui non mostra alcuna passione), certo, ...e la tuttologia è merito quando non sia fuga dalla profondità (Eco è profondissimo!), perché implica visione laterale anche se, in Eco, non proprio pensiero laterale, già cosa più difficile per un conformista per quanto brillante. Eco è uno che si conforma, ma non il conformismo di chi veda e frequenti l’eresia, e poi s’adegui per convenienza magari inevitabile e giustificata. No, Eco si ferma ben prima. Si vieta l’eresia vera e fruttuosa. C’è chi simula fedeltà. Eco lo è davvero fedele. Potrebbe vivere sotto qualunque regime e s’adeguerebbe, ma in toto precludendosi altre visioni, come qui ed ora. 

Ed ecco che, addirittura, Eco viene fatto divenire il Prometeo che porta la luce dove regni l’oscurità. Beh, Eco, per quanto appena detto, porta il fumo, magari un profumo leggero, ma poi il lettore si dice o che non c’era niente da scoprire davvero oppure che sarà per un’altra volta. L’oscurità continua a regnare. Eco non la fende mai, in nulla. Troppo pericoloso per l’intellettuale organico ed addirittura mondiale. Ognuno è quel che è e non può essere altro. Più che il fuoco, dona, a chi paghi, il fiammifero scappellato: ‘Tranquilli ve lo garantisco io, il grande, grandissimo, Eko!, ...no, non si poteva accendere... ...vedremo un altra volta...’ 

Vi sono delle persone che fin da piccole pensano alla propria autobiografia. ...E cominciano pure a scriverla ed a raccogliere foto per essa... Un intellettuale deve essere libero. Libero pure da sé stesso, in qualche misura. Insomma, non ve lo immaginereste mai un Eco a farsi una sveltina, magari con una intellettuale eiaculazione precoce, con una pornostar, in ascensore, alla Sgarbi (per quanto non sia detto che che uno Sgarbi sia più intellettualmente libero; semplicemente non lo so, qui, per cui non mi pronuncio). In effetti sono due diverse pratiche mediatiche con uno Sgarbi più ‘piazzaiolo’, sembrerebbe, per quanto non meno colto e non meno ‘intellettuale’ di un Eco. Probabilmente sarebbe impensabile per un Eco stare in parlamento. Chissà se un Eco resisterebbe alla seduzione di un seggio senatoriale a vita (che comunque non implica poi una vera vita parlamentare, a differenza dai mandati elettivi sebbene anche lì uno potrebbe poi far l’assenteista permanente o dedicarsi alla studio mentre schiaccia bottoni). ...Può anche darsi che gli sia stato proposto, che lui si sia negato ed io non ne abbia avuto notizia... ...Beh, davvero due differenti ‘pratiche sociali’ e mediatiche, un Eco ed uno Sgarbi, per quanto in campi appena differenti seppur del tutto connessi. O forse no. Son davvero così differenti? Beh, Sgarbi, un vero liberal, si è politicamente schierato dalla parte ‘sbagliata’ (...ma come potrebbe stare da quella ‘giusta’?). Eco, un bigotto da sacrestie, sta invece dalla parte giusta, quella dei sinistri dell’Impero. Se potessi disporre di biblioteche londinesi o statunitensi invece delle ‘congolesi’, cioè di nulla (computer a parte, che non è poco, anche se ultimamente v’è un certo oscuramento, speriamo solo temporaneo, di varie possibilità di scarico gratuito) dove mi trovo, sarebbe interessante gettarsi sugli scritti di Sgarbi e tirarne fuori una qualche comparazione con un Eco, se possibile. 

Meglio non concludere in alcun modo queste note di lettura... C’è chi non sa non inventarsi sfottò d’occasione. Non sempre m’appassionano e non sarebbe serio qui. Non che si debba essere seri a tutti costi, ...ma neppure non esserlo. Del resto non ne voglio ad Eco, che non conosco personalmente, né da vicino, sebbene io ne abbia già scritto, da qualche altra parte, in altra forma, e pure ben peggio, nella sostanza, che qui ora.


Cogo, M., Fenomenologia di Umberto Eco. Indagine sulle origini di un mito intellettuale contemporaneo, Baskerville, Bologna, Italy, 2010. 

27 August 2012

Letter from Lhasa, number 273.
Break the Cycle of Manipulation!

Letter from Lhasa, number 273. Break the Cycle of Manipulation!
by Roberto Abraham Scaruffi

Braiker, H. B., Who's Pulling Your Strings? How to Break the Cycle of Manipulation and Regain Control of Your Life, McGraw-Hill, 2004.
(Braiker 2004).
Harriet B. Braiker


The basic message of this work is gaining some safety distance from other people, from external situations and, I would add, also from ourselves, for avoiding the traps of manipulation and self-manipulation. Manipulation is not only against our interests and our mental and physical health, but, finally, also against the same interests of the manipulators. It is anyway against the interests of the people near us, being them manipulators, or direct or indirect victims/targets.  

It is never too early to break a manipulation dynamics, if already started, or to avoid it if there are the symptoms of its starting. The manipulator is always an ill person, and even more ill when he/she fells invested with some superior and external source of power.

According to (Braiker 2004), this is the list of vulnerabilities of a manipulatable person:
@ Button No. 1: You Have the Disease to Please—People-Pleasing Habits and Mind-Sets.
@ Button No. 2: You Are Addicted to Earning the Approval and Acceptance of Others.
@ Button No. 3: You Have “Emotophobia”—Fear of Negative Emotions.
@ Button No. 4: Lack of Assertiveness and an Inability to Say No.
@ Button No. 5: The Vanishing Self.
@ Button No. 6: Low Self-Reliance.
@ Button No. 7: External Locus of Control.

How to deal with a manipulator? Simply, let him/her alone with his/her own illness. Ignore him/her. Avoid him/her.

According to (Braiker 2004), the usual suspects of manipulation are:
= the Machiavellian personality,
= the narcissistic personality disorder,
= the borderline personality disorder,
= the dependent personality disorder,
= the histrionic personality disorder,
= passive-aggressive personalities.
= type A angry [high-stress] personalities,
= the con or antisocial personality disorder,
= addictive personalities.

All these characteristics may be found in Secret Police officers and in Statesmen using them for all the form of State Terrorism (massacres, creation and management of terrorism groups, creation and management of mafia families and organizations, assassinations, State/government organized stalking or other persecutions, world terrorism, permanent war, etc etc), and, of course, also in people cooperating with them just they ask for.

Actually, there is not any real border between the manipulator and the manipulated. A manipulator is a manipulated. And a manipulated is a manipulator. The two aspects are linked from the same incurable pathologies. When a manipulated person asks for the help of a specialist, it is because he/she wants to be manipulated from a specialist telling him/her what to do.      

When is a person more vulnerable to manipulation (Braiker 2004, 115-116)? When one is in transition, making some significant life-change, thinking about a life-change in motion, has just suffered a substantial loss, being in a period of increased instability and uncertainty. Actually, a normal and vital human being is always ‘in transition’!    

The final spice, for facing manipulation, is a bit of courage. Frequently people have not it. A manipulator does not need your pity, not even your contempt! Coldly liquidate him/her! 


Braiker, H. B., Who's Pulling Your Strings? How to Break the Cycle of Manipulation and Regain Control of Your Life, McGraw-Hill, 2004. 

18 August 2012

Letter from Lhasa, number 272. Oltre l’Austerità?! ...Italiozia continuerà comunque ad affondare


Letter from Lhasa, number 272. Oltre l’Austerità?! ...Italiozia continuerà comunque ad affondare
by Roberto Abraham Scaruffi

[Editors] Cesaratto, S., and M. Pivetti, Oltre l’Austerità, MicroMega, Rome, Italy, July 2012.
(Cesaratto 2012).
Sergio Cesaratto
Massimo Pivetti


Italiozia, uno Stato Predatorio, è ora Stato o regione predatorio o predatoria di una Confederazione larga, la Eurozona [EZ], di fatto, dal punto di vista economico e non solo, die Große Deutschland, la Grande Germania. ‘Grande’ non nel senso ‘spirituale’ et similia che qui non discutiamo, ma nel senso di allargata, ben oltre i suoi confini originari, ed anche linguistici in questo caso. A parte alcune aree linguisticamente tedesche, dall’Austria ad aree interne ai vari Stati interni all’EZ, la Grande Germania segue infatti criteri più imperiali che di Stato ‘nazionale’, ‘etnico’, o con nucleo centrale etnico, dunque con lingua comune (od in partenza o come fine). È un Impero economico, ed anche politico, che passa attraverso l’unità monetaria, la moneta unica, dunque pure, inevitabilmente, nei tratti essenziali (pur differente da quelli di uno Stato centralistico, ma del tutto in armonia con uno spazio confederale) l’omogeneizzazione fiscale, ma non solo. Già la Unione Europea (UE), di cui la EZ è solo una parte, pur centrale, è anche spazio di polizia ed altro, non solo area di libera circolazione e scambio commerciali ed economici.  

La  valutazione che anche qui se ne dà è che Italiozia e non solo (Grecia etc) si perpetuerà come Stato Predatorio e che, pur nella EZ, continuerà ad affondare. Del resto, all’interno di Italiozia, vi sono aree moderne e produttive come Lombardia e Veneto, che sono predate, ed aree predatorie, dalla Calabria-Campania-Sicilia etc e non solo al Sud, che predano e dunque riducono lo sviluppo delle stesse aree più o meno competitive su cui gravano trascinandole a fondo.

Lo stesso dualismo, da questo punto di vista, v’è, in tutta la EZ, tra aree che eccellono ed aree marginali. Italiozia resterà globalmente uno Stato Predatorio, predatorio al suo interno ovviamente (la Germania non si fa predare dalle aree marginali che semmai sfrutta, come inevitabile). E ciò per livelli di tassazione, meccanismi distributivi e redistributivi, carattere parassitario e predatorio sia delle burocrazie ‘pubbliche’ che dei grandi gruppi privati, oltre che di tutta la massa di ceti, gruppi, piccoli gruppi, in reciproca concorrenza per tentare di fregare gli altri più di quanto siano fregati ma, alla fine, tutti fregati, a parte chi si trovi in posizione obiettivamente predatoria. Benché anche i predatori (aree geografiche, e categorie e micro-categorie varie), pur predando, siano da ciò condannati al sottosviluppo.

Costoro (i predatori) vanno dai dirigenti pubblici che quel un qualche ‘merito’ sindacal-mafioso, o altro-mafioso, si trovino con retribuzioni, oltre ad altre possibilità di arrangiarsi, anche di mezzo milione o più di euro l’anno, mentre a parità di titoli e capacità avrebbero potuto, in condizioni normali, forse fare gli impiegati ordinari, ad assunzioni solo per distribuire stipendi e sicurezza di reddito, ai grandi gruppi oligopolistici e monopolistici che si assicurano profitti-rendite coi sussidi di Stato in mille forme ed un po’ per tutto. Il tutto con una massa di clienti che, a volte, magari, fanno cose utili e con utilità di mercato, altre hanno solo avuto la possibilità o la fortuna di essere aggregati alla macchinetta distributrice di soldi. I confini precisi tra categorie concettuali differenti sono poi, nella realtà, sempre ardui e sfumati.

Quella di Stato Predatorio non è una connotazione moralistica od uno slogan, seppur la si ritrovi (nella letteratura economica, storica ed altra) anche usata in senso improprio. Bensì la si ritrova, per esempio, nella teoria del Developmental State, lo Stato Sviluppista, che non è solo uno Stato che si stia sviluppando ma uno sviluppo accelerato voluto, attuato e gestito da centri chiave (buro-oligarchie sviluppiste) dello Stato stesso. Ecco, il Developmental State è ovviamente l’opposto di uno Stato Predatorio che è ovviamente sottosviluppista [differente da sottosviluppato] ed avviato all’implosione come Stato.

Le considerazioni qui sviluppate discendono dalla lettura del libro in oggetto, un testo al livello di agit-prop statalisti, e partigiani di quello qui definiamo come Stato Predatorio, ma commissionato a professori in genere universitari e simili. Saranno sicuramente dei geni come capacità scolastiche e come successo negli studi, ed anche nel ruolo di docenti e studiosi. Tuttavia i vari scritti dagli stessi redatti per quest’opera collettanea sono, in genere, dei compitini per dimostrare slogan precostituiti, e stesi con argomentazioni spesso inconsistenti e che non dimostrano pressoché nulla. Sono di quelle cose che si fanno per chi sia già d’accordo e, in genere, si evita pure la fatica di leggere oltre il titolo. Danno qualche informazione ma con totale assenza di rigore e di sforzo euristico, ovviamente non richiesto per dei temini da agit-prop. Del resto, l’editore è quello che è. Non avrebbe che potuto accettare quello che è stato qui prodotto ed è accessibile in file .pdf gratuito.

Italiozia ha una continuità, positiva dal punto di vista economico (invero anche per altri aspetti, ma non particolarmente positivi, dal punto di vista dell’impresa, della socialità e delle libertà), col periodo monarchico-mussoliniano, pur con guscio politico formalmente differente, negli anni ’50 ed i primi anni ‘60, con la ricostruzione, e col cosiddetto miracolo economico o boom economico che dura fino al 1963. Gli inglesi, che promuovono il golpe anti-monarchico del 1946, non vogliono rischiare che la loro Italiozia resti uno stato di confine tra relativo sottosviluppo e pulsioni sviluppiste, bensì lo vogliono di sicuro sottosviluppismo. L’Impero Britannico post-WW2 non necessita più, nel Mediterraneo, di un qualche contrasto italiota alla Francia. Tuttavia, il golpe del 1946 non basta a demolire Italiozia.  

Allarmati dagli alti ritmi di crescita post-bellica d’Italiozia, gli anglo-americani impongono la svolta populista del centro-sinistra col PSI, che in pratica inizia col 1962 ed, in forma organica, con la formale entrata del PSI nel governo, dal tardo 1963. Ciò è preceduto dalla demolizione della DC come partito ‘leninista’ e dalla sua progressiva involuzione clientelare che ovviamente si diffonde nelle istituzioni dello Stato. Già a metà anni ’50, inizia la frammentazione correntizia della DC.

La degenerazione ulteriore dello Stato (già, geneticamente, una versione debole, una brutta copia, del pur burocratico Stato francese) e la sua ulteriore burocratizzazione con caratteristiche predatorie, in parallelo con patologici sussidi al predatorio capitalismo di para-Stato diretto da Mediobanca, non sono tuttavia sufficienti ad affossare del tutto Italiozia, per quanto il deterioramento prosegua a gran passi. Col golpe quirinalizio del 1992-Capaci, viene affossato il sistema politico uscito dall’occupazione anglo-americana e Italiozia passa alla dittatura quirinalizia, una dittatura fortemente sottosviluppista ovviamente.

La Grande Purga 1992-93 non solo affossa il sistema politico, ma distrugge pure qualche residuo centro di competitività con gli anglo-americani, i tedeschi etc. Il regime uscito dall’occupazione anglo-americana (lArco Costituzionale + il MSI) consegna, al regime di Capaci, un’Italiozia con un debito pubblico del 100% PIL. Il golpe quirinalizio lo fa balzare, in pochi mesi, al 125% mentre conclama grandi introiti da ‘privatizzazioni’ che in realtà sono pure perdite a vantaggio della predazione del capitalismo privato, di fatto di para-Stato, ed estera. Il Monti della prima metà di agosto 2012 lo dà al 123,4% PIL. A quasi un ventennio dal golpe quirinalizio-mediobancario compradoro, si è sempre lì, nonostante gli impegni di ridurlo al 60% PIL. Resta a più del doppio.

Ovviamente, gli Imperi inglese e statunitense, e l’Impero/sub-Impero tedesco, usano la Grande Purga del 1992-93 per liquidare residui centri di competitività d’Italiozia, sia comprandoli e smembrandoli, sia facendoli distruggere, processo che continuerà fino ad oggi, per quello che può essere restato. La creazione della Grande Germania (l’area euro e, in senso più largo, la UE) implica la centralizzazione in mani tedesche di tutti i centri di controllo e competitività economico-industriale, distruggendo ogni possibile concorrenza.

Si potrebbe banalmente concludere che uno Stato compradoro, che Stati compradori, non possono che essere vittime di destabilizzazioni e predazioni decise dagli Imperi. In realtà, non è così. Gli Stati del sud-est asiatico, non meno compradori, hanno saputo sfruttare il potere contrattuale che gli Stati compradori continuamente hanno relativamente agli Imperi per svilupparsi, ed essere competitivi ed eccellere, in settori anche d’avanguardia. Italiozia, come altri Stati compradori d’Europa, non ha saputo farlo e sta ineluttabilmente affondando sempre più. 

(Cesaratto 2012) è una ulteriore dimostrazione di come le ideologie correnti, e gli interessi esse coprono, siano più alla ricerca di trucchetti diano l’illusione di galleggiare che in grado di fornire soluzioni semplici e radicali a questo avvitamento sempre più accentuato nella marginalizzazione relativamente ai centri economico-produttivi e finanziari degli Imperi.

Non che sia semplice, né semplicistico, ricreare una competitività internazionale dItaliozia. È tuttavia facile, volendo, arrestare il sottosviluppismo e creare condizioni strutturali per lo sviluppo anche accelerato. ...Non certo all’interno del mantenimento dello Stato Predatorio che è l’unico orizzonte che il blocco sottosviluppista quirinalizio-mediobancario predatorio-compradoro riesce a, o si impone di, o ad esso viene imposto di, vedere.

Con la tassazione crescente, ed i relativi introiti che defluiscono in predazione burocratica ed in predazione ‘privata’ da parte del capitalismo di fatto di para-Stato, non sono possibili politiche industriali come è sempre più difficile la stessa amministrazione quotidiana del sistema burocratico sempre più deteriorato e costoso.

Il sistema finanziario, con un debito pubblico patologico e con costi crescenti di interessi, non finanzia più nulla se non lo stesso debito pubblico, anziché attività produttive. Se l’economia declina e recede, il debito pubblico cresce e costa sempre più di interessi, mentre la predazione sia burocratica che privata richiede sempre più fondi, ecco che solo una tassazione altissima può garantire un minimo di equilibrio contabile seppur altamente instabile. Ma la tassazione altissima e crescente, e solo per finanziare predazione, induce recessione che incide sulla tassazione assoluta provocando l’incremento di quella percentuale. È un avvitamento senza vie duscita.

La soluzione al declino economico progressivo sarebbe tagliare con l’accetta la predazione burocratica e privata tagliando un 75% della spesa corrente e rimborsando il debito pubblico in brevissimo tempo. Non sanno farlo. Per cui si barcamenano, pur mentre il barcamenarsi fa danni enormi. Lo scontro ‘neo-liberismo’ e ‘difensori’ dello ‘Stato sociale’ [quale? dove?] è uno scontro fasullo che fa solo da copertura al partito unico della predazione buro-oligarchica.     

Sproloqui sulla ‘sovranità nazionale’ e sul ‘debito sovrano’ sono solo coperture per la perpetuazione ed espansione della predazione buro-oligarchica. La speculazione evidenzia un problema, non ne è la causa. Il problema è il debito pubblico. Ed è un debito pubblico non per lo sviluppo ma per finanziare la predazione che si è accompagnata al sottosviluppismo ed al sottosviluppo.

Si appellano ai ‘diritti sociali’ solo per coprire la predazione delle burocrazie ‘pubbliche’ dei privati di para-Stato di Confindustria-Mediobanca. Si appellano alla ‘salute’ per mascherare che gran parte della spesa sanitaria è puro spreco e ladrocinio. Si appellano alla ‘istruzione’ per mascherare le tre o quattro maestre per classe, quando ne basterebbe una, o università basate sulle baronie, strapiene di personale che non fa nulla, mentre le biblioteche scadono ed invecchiano per mancanza di fondi, ed i soldi per l’informatica sono spesi più per regalare computers ai baroni e famiglie che per creare massicci ed efficienti servici informatici per gli studenti. Le regioni, nate per puro clientelismo si sono poi gonfiate su questa direttrice ed oggi spendono e sperperano troppo per poter essere semplicemente messe in liquidazione immediata. È così via.    

Non è l’euro che rende impossibili politiche industriali e di investimenti. È il debito pubblico (l’inettitudine delle pseudo-classi dirigenti) spesso creato per mascherare predazioni crescenti anche dietro la copertura investimenti che di frequente erano e sono puro spreco. Si vedano i tempi per realizzare opere pubbliche, e quelle inutili e poi non usate. Quello che in Inghilterra o Cina fanno in pochi mesi, in Italiozia si fa, e spesso non si fa perché non si conclude, in decenni di continui lavori, e finanziamenti e rifinanziamenti crescenti. Il debito pubblico, come gran parte della spesa pubblica, è una macchina predatoria, senza alcuna funzione economica e sociale positiva.

Lo Stato Predatorio è il problema, non la soluzione. Politiche inflazionistiche, vendute come ‘espansive’, attaccano i salari ed il piccolo risparmio, mentre arricchiscono solo le oligarchie ed i ceti predatori.

Un debito pubblico dell’euro non è la soluzione ai debiti pubblici in euro. Esso affonderebbe realmente l’euro e la certezza monetaria degli scambi commerciali esso crea al suo interno. Mentre i debiti pubblici in euro affondano solo gli Stati non sanno fronteggiare la sfiducia dei risparmiatori verso i loro titoli di debito pubblico. Che ciò venga drammatizzato dalla Germania, per centralizzare la politica fiscale dell’area euro, e da chi vorrebbe affondare l’euro, è una questione differente.

La speculazione evidenzia debolezze reali di debiti pubblici fuori controllo, non le produce. La Gran Bretagna si mostra continuamente capace di tagliare le proprie burocrazie e con grande rapidità. Altri Stati ne sono totalmente incapaci pur quando sull’orlo del fallimento e pur avendo burocrazie del tutto predatorie, cioè che fan danni anziché produrre servizi. Questo è il problema da risolvere, non da rimuovere ignorandolo. 
 
In pratica, qui [(Cesaratto 2012)], si chiedono politiche inflazionistiche identificandole con ‘politiche espansive’. Le vere politiche espansive, espansive di tutto, sarebbero al contrario, politiche di immediato, rapidissimo, rimborso del debito pubblico, a cominciare da chi lo ha più pesante e fuori controllo. Le drammatiche pagliacciate di fronteggiare debiti pubblici fuori controllo con tassazioni crescenti sono davvero depressive, anti-espansive. Lo Stato Predatorio viene assunto come intoccabile, e lo è davvero!, e si inventano trucchetti per perpetuarlo ed espanderlo. Lo Stato Predatorio è il problema, non la soluzione.

Dei 3.5 milioni di dipendenti pubblici, sarebbero da dismettere un 2.6 milioni, senza prepensionamenti. Tagliare il 75% della spesa corrente significherebbe sopprimere i mille trasferimenti alle oligarchie predatorie, trasferimenti che servono solo a giustificare ulteriori burocrazie. In pochissimi anni sarebbe rimborsato il debito pubblico e nel frattempo si creerebbero ritmi di crescita economica che assorbirebbero ben più della manodopera dismessa dal settore pubblico, perché, tra l’altro. le imprese disporrebbero della crescente liquidità reimmessa nel sistema bancario e finanziario dal rimborso del debito pubblico. Oggi, soprattutto con alti tassi di interessi sul debito pubblico, alle banche conviene investire nello stesso anziché finanziare aziende lo necessitino. A debito pubblico rimborsato, la pressione fiscale crollerebbe drasticamente, con ulteriori effetti positivi a tutti i livelli. La stessa aspettativa del crollo delle pressione fiscale contribuirebbe, assieme agli altri fattori, al rilancio produttivo immediato. 

Mannò! La perpetuazione ed espansione dello Stato Predatorio è il dogma indiscusso ed indiscutibile. Agli Imperi e sub-Imperi piace così, per le aree condannate alla marginalizzazione. Agli intellettuali, agli opinion makers, conviene stare al gioco, un gioco macabro che non conviene, sul lungo periodo, neppure alle centrali imperiali. Per distruggere potenziali concorrenti, finiscono col distruggere pure mercati di consumo.  

Ecco che allora i compradori minacciano con la pistola a salve: se non possiamo perpetuare ed espandere lo Stato Predatorio nell’euro, lo facciamo uscendo dall’euro! Un’economia che dipenda dalle importazioni di materie prime, per espandere le esportazioni con tecniche di svalutazione continua finisce col pagare di più le importazioni di materie prime. Ciò significa regimi interni di salari ancora più bassi. Comunque, anche con un’uscita dall’euro, il debito pubblico in euro resta in euro e da rimborsarsi in euro (esiste una regola tecnico-legale, sembra, per trasformare il debito pubblico nella nuova moneta in caso di uscita dall’euro; chi accetta, e sono investitori potenti, di aver dato euro e di ritrovarsi carta straccia?). Il nuovo, per pagare il vecchio, dovrebbe invece essere nella nuova moneta dello Stato. A che tassi, con una economia ed una nuova moneta allo sfascio? Chi li compra i titoli, quando si dipende da acquirenti esteri? O ci sono settori di vera avanguardia e consistenti che, come di prodigio, ricompaiono appena si esce dall’euro e si drogano le esportazioni con continue svalutazioni? ...Ed ecco che, per incanto, il sistema bloccato perché nell’euro si sbocca appena se ne esce... Davvero?! Ma se cosi fosse, perché uscire dall’euro? In fondo è solo una moneta...  

Uno schema di questo tipo, elevata inflazione interna e continue svalutazioni, funzionò quando lo sfascio dello Stato avanzava a grandi passi Ed ha appunto prodotto un’economia sempre meno competitiva e lo sfascio e burocratizzazione ulteriore dello Stato. Una sviluppo drogato che distruggeva strutturalmente economia e Stato. Questa miscela ha dovuto subire, il 1992-93 (e poi in permanenza), un’operazione compradora di Polizie Segrete ai comandi del Quirinale-Mediobanca (e con ovvia assistenza e copertura NATO) che non solo ha distrutto il sistema politico precedente (non sufficientemente corrompibile), ma ha dato botte rapidissime per demolire parti consistenti del sistema produttivo sia privato che pubblico. Si vedano i colpi, di Polizie Segrete con procure annesse, all’industria chimica e non solo. Beh, non è che fosse restato molto, visto che, per esempio, l’Olivetti, di fronte alla sfida dei computers, era già sparita, come polo potenzialmente competitivo, proprio grazie alle politiche pseudo-industriali di governo-sindacati (maggioranze-opposizioni). E non è che in altri settori di avanguardia fossero emersi poli internazionalmente competitivi. Qualche eccellenza sparsa e frammentata non crea competitività sistemica. Non è che ricreando una moneta nazionale nasca per prodigio un sistema-nazione inesistente... ...se non per far danni!

Uno schema di questo tipo riproposto oggi o domani non permetterebbe di essere o divenire competiti né con i centri imperiali mondiali, né con le economie emergenti od ormai già emerse ed affermate. Semmai, il sistema economico e burocratico affonderebbe ancora più rapidamente. Si considerino anche gli elevatissimi livelli di tassazione in Italia, dove si strilla sull’evasione fiscale ma solo l’evasione fiscale permette a molte imprese di sopravvivere dunque di creare ricchezza e di pagare tasse, per cui più si ‘lotta’ contro l’evasione più si danneggia tutta l’economia e le stesse entrate fiscali complessive. Si creerebbero livelli altissimi di inflazione, che non danno certo sicurezza ad un sistema economico e commerciale.

Non rimborsare il debito pubblico non sarebbe egualmente una soluzione con lo Stato allo sfascio e che dunque ricreerebbe rapidamente ulteriore debito pubblico. L’Argentina non è divenuta una potenza continentale o mondiale, per il fatto di non avere rimborsato il suo debito pubblico. Continua a barcamenarsi.

Tra l’altro vi sono drammatizzazioni interessate, perché il fatto di non rimborsare un debito pubblico non implica un’uscita dall’euro, dato che non sono debiti dell’euro ma semplicemente debiti in euro. Non rimborsare debiti implica perdita di credibilità nel caso di ulteriore emissioni di debito pubblico da parte dello Stato in precedenza insolvente. Che ciò venga interpretato come indebolimento dell’euro è del tutto arbitrario, ...almeno in parte: è vero che sulla base delle regole di ammissione nell’euro dovrebbero esistere politiche fiscali comuni per evitare crisi fiscali nazionali. In realtà, è come una regione che faccia debiti e poi non possa pagarli. Se risorse supplementari non arrivano da qualche parte può implodere ...fino a che non sappia tagliare drasticamente le spese o procurarsi entrate supplementari. Ma non è che provochi il collasso del livello amministrativo superiore (lo Stato se è la regione di uno Stato, l’euro se è uno Stato dell’area euro). Gli affari si sposteranno altrove, nella misura in cui siano toccati dalla sua bancarotta finanziaria, e quella regione deperirà, deperirà per esserselo voluto. Perché furono create le regioni, in Italia? Non certo perché servissero. Ed ora si ritengono troppo grosse, in termini di risorse assorbite e spese, per essere liquidate. Più sperperano, più si sentono forti relativamente alla redistribuzione ‘romana’ di soldi. Mutatis mutandis, si sono create logiche simili a livello di EZ.  

Chi chiede che si crei un debito dell’euro, o non sa quel che dice o è al servizio di interessi anglo-americani che sarebbero ben felici di vedere sparire l’area euro, la Grande Germania, anche ora raccontano che il ciclo politico USA del momento ne ha bisogno (o solo il Presidente in carica ne avrebbe bisogno fino alla non certa rielezione?). Non che la cosa (un debito pubblico dell’euro) non sia tecnicamente fattibile (anzi la si fa da un giorno all'altro, volendo), ma in pratica ha ragione la Bundesbank a non fidarsi: insensato premiare il malcostume! Cominciare a creare debiti in euro, sì che porrebbe le basi per la distruzione dell’euro dato che chi chiede debiti in euro lo fa solo per perpetuare ed espandere Stati Predatori. Un debito dell’euro sarebbe plausibile solo le la politica fiscale passasse in toto dagli Stati alla BCE-Germania. I cantori della predazione piangono su sovranità perdute o che si perderanno, ma vogliono solo soldi a tassi bassi e senza vincoli reali. La Grecia chiede elemosine al mondo, ma non è stata capace di licenziare masse di dipendenti pubblici inutili, assunti per pure ragioni clientelari. Dare sussidi sociali sarebbe più trasparente ed  egualitario, e costerebbe pure meno. Italia, Spagna etc vorrebbero fare lo stesso e sono sulla via di fare lo stesso nel momento in cui si aggraveranno o perpetueranno le dinamiche attuali.

Uno Stato leggero ed efficiente, ed incrementi sostanziali della produttività del lavoro, che portano più ricchezza per tutti, non si creano senza la demolizione rapida dello Stato Predatorio. Senza Stati leggeri ed efficienti, e senza produttività del lavoro a livelli tedeschi (dove i lavoratori sono ben pagati), è illusorio pensare di competere con la Germania e con le industrie tedesche. Senza di ciò, la via della marginalizzazione sempre più accentuata è del tutto ineluttabile. Uno Stato all’inglese o, meglio, alla statunitense (ovviamente senza le spese militari a livello USA), potrebbe dar vita a politiche industriali in grado di creare competizione vera con la Germania. Ciò non dipende dall’euro. È che non ne sono capaci. Non vogliono. 

Non è vero che dall’euro basti uscire. Se la Germania non vuole, non si esce da nulla. La Germania può tenere la stessa Grecia dentro all’euro e sfasciarla al punto tale, se già non lo è, da poterne fare ciò che vuole. Ciò vale anche per Stati considerevolmente più grandi, Italia inclusa. Se uno Stato esce dall’euro, i suoi euro in giro per il mondo deve ben ricomprali in qualche modo e non può pensare di ricomprarli con carta straccia. Come si possano demolire in poche settimane Stati apparentemente del tutto stabili e solidi lo si vede tutti i giorni. Non è che ai banchieri del mondo manchi potere politico, per quanto la Germania debba barcamenarsi tra inglesi e statunitensi, per queste cose (sfondamento di Stati). Tuttavia, come hanno sfasciato la Jugoslavia, non è che non possano farlo con altri Stati mediterranei ed altrove. 

Tra l’altro, gli Stati che più alzano la voce, fingendo un potere contrattuale che non hanno, sono già stati espropriati delle loro industrie principali a vantaggio della Germania o di altri. Come potrebbero, fuori dall’euro, avere qualunque competitività, e solo in produzioni arcaiche od in piccole e medie aziende, se non riducendo drasticamente i salari reali pro-capite e dunque i livelli di reddito esistenti? Anche se, di nuovo, per produzioni che dipendono da importazioni di materie prime, i prezzi di esportazione restano agganciati ad esse. Inoltre, con tassazioni eccessive, pure industrie come la turistica e simili non è che divengano per incanto super-competitive solo perché si cambia valuta e se ne ha una una nazionale e svalutata. E apparati statali allo sfascio non eccellono neppure in operazioni di un qualche respiro. Anzi non eccellono in nulla. Quelli sull’uscita dall’euro sono solo starnazzi da pseudo-sindacalisti.

Ma appunto, dall’euro si è solo o sbattuti fuori o meno se lo vuole la Germania. Stati geneticamente compradori si illudono di avere ‘sovranità’ a comando. Non la hanno da sempre. Come i tedeschi hanno fatto a pezzi la Jugoslavia, il gioco può essere ripetuto, anche in modo meno o non cruento, con qualunque altro Stato europeo compradoro. L’Italia sarebbe, tra gli Stati di maggiori dimensioni il più facilmente smembrabile. A quel punto, al Nord converrebbe l’euro, ed agli altri pure o sarebbe di scarso rilievo dal punto di vista tedesco.         

Un ritornello diffuso in tutto il mondo da centri accademici dell’Impero, per esempio dalle università sinistro-gesuite, è che le aree forti hanno interesse a sussidiare aree deboli perché intanto le stesse comprano poi i prodotti dei sussidiatori. Davvero?! Queste scemenze se le raccontavano, e se le raccontano tuttora, le stesse classi dirigenti greche. I risultati sono ora lì.  Le ‘culture’ sottosviluppiste sono create... Ovviamente, c’è chi se le beva...

Idiozie come “che tagliando una spesa si taglia anche un reddito e quindi di per sé ci si impoverisce, e che questo porterà ad una spirale di ulteriori tagli di spesa e di reddito(Cesaratto 2012, p. 20) possono esser facilmente ribattute che aumentando le tasse per sprecare soldi, si tolgono risorse per investimenti produttivi. Sono gli investimenti produttivi e la competitività che creano ricchezza, non ‘le spese’. I soldi dati alla Sicilia, idem quelli al Trentino Alto Adige etc, sono soldi gettati al vento e che creano sottosviluppo. Il reddito effimero del momento è sottosviluppo presente e futuro. Al contrario, soldi lasciati agli investimenti produttivi ed alla produzione, oltre che al consumatore (senza passare attraverso il fisco che li redistribuisce sprecandoli), creano reddito vero, occupazione, alti salari ed ulteriori investimenti. Distribuire redditi per quattro maestre per classe, o per spese sanitarie che si traducono in mega-ruberie, non è come avere basse tasse e non avere debito pubblico (dunque banche con liquidità per crediti alle imprese) perché non si buttano soldi al vento.

O uno Stato lo si amministra come un’impresa ben gestita, oppure esso deperisce con tutta l’economia e la società sottostanti.

Si vedano le statistiche dell’occupazione nei vari Stati. Più economie sono sviluppate, più sono alti i tassi di occupazione. I tassi di disoccupazione possono essere ingannevoli e lo sono di certo per comparazioni. Al contrario, il tasso di occupazione dà indicazioni strutturali su un’economia. Al primo posto si trova la Svizzera con quasi l’80%. L’Italia si trova oltre il trentesimo posto con meno del 60%, tra Spagna ed Ungheria. Non si creano posti di lavoro ‘per i giovani’ creando disoccupazione obbligatoria sussidiata con pensioni ‘per i vecchi’. Se lo raccontano... ma non funziona così. Sono ‘culture’ del sottosviluppo e del sottosviluppismo.

...Tasse altissime, ‘grandi’ [re]distribuzioni-sprechi di soldi, dunque spese e redditi, ma il capitale umano resta sotto-utilizzato e l’economia è in deperimento irreversibile... Eccola la logica del “tagliando una spesa si taglia anche un reddito” (Cesaratto 2012, p. 20)! Ecco perché il Giappone, con un 14 punti più dell’Italia di manodopera occupata, oltre che potenza economica d’avanguardia, può permettersi un debito pubblico oltre il 200% PIL.

In Italia, Grecia etc ci si racconta, e professori universitari raccontano, che tagliare le spese, alias gli sprechi, sia impoverirsi. Il professore ordinario a Napoli che scrive in  (Cesaratto 2012, p. 20) racconta, appellandosi al ‘buon senso’, che sarebbe un’idiozia se che una comunità di disoccupati, cioè senza reddito, economizzasse “su beni e servizi prodotti dai suoi membri per i suoi membri.” Letteralmente non significa nulla. Tuttavia, se si pensa a soldi che arrivino da fessi, o depredati, del Nord (dal Lombardo-Veneto) e vengano scialacquati a Napoli tra già disoccupati che se li distribuiscano facendo finta di lavorare, in effetti sarebbe idiota se non ne approfittassero. È anche così che Italiozia è stata affondata e continua a sprofondare ulteriormente. Che quel professore non pensasse a sé stesso, quando dichiarava che la vana, finta, alternativa a tale circolo vizioso, ma per lui l’unico possibile, sono le “riforme strutturali”? Le riforme strutturali o producono produttività del lavoro competitiva ed a tutti  livelli o sono finte tali, sia a livello di imprese che di Stato. Infatti, in Italiozia, sono vuoto slogan.

Vere politiche sociali si fanno benissimo con bilanci in pareggio, senza debito pubblico e con bassi livelli di tassazione. Sono le burocrazie predatorie e le oligarchie predatorie che fanno demagogia e populismo per poter continuare loro a predare fondi enormi mentre vere politiche sociali sono state del tutto assenti nel panorama italico. I soldi, ora a pioggia, ora per caste, non sono vere politiche sociali. Sono i meccanismi feudal-mafiosi attorno a cui è stata inventata e perpetuata l’Italiozia. 

È vero che “avere ora la moneta in comune rende assai complicato trovare soluzioni” (Cesaratto 2012, p. 26), quando per soluzioni si intenda la perpetuazione di politiche super-predatorie con certificazione-euro. Cioè, detto come andrebbe detto, rende assai complicato inventarsi altri trucchetti. O il debito pubblico e la connessa spesa pubblica fuori controllo, oltre ad essere estremamente dannosi a tutti i livelli (creditizio, imprenditoriale, di efficienza sistemica etc), sono appunto mortiferi e fuori controllo oppure non lo sono. Se non lo sono, non ci sono problemi. Se lo sono il problema va risolto senza vani trucchetti come svalutazioni e dichiarazioni di bancarotta per poi continuare come prima. Nella bancarotta di un’azienda, essa o chiude o viene ceduta ad altri. Uno Stato in bancarotta resta nelle mani degli stessi lo hanno condotto alla bancarotta. 

È di certo una balla che il debito pubblico fuori controllo sia servito al “finanziamento di investimenti a lungo termine.” (Cesaratto 2012, 27). E neppure è colpa di bolle immobiliari se le imprese non sono più competitive. È che il debito pubblico fuori controllo è servito e serve solo a predazioni colossali, mentre i centri produttivi e di ricerca deperiscono. Colpa dell’euro?! L’euro crea semplicemente un’area dove, da punto di vista monetario, vi sono regioni con autonomia impositiva e di spesa. C’è chi spende meglio e chi peggio. C’è chi punta tutto sulla tassazione e chi no. C’è chi crea burocrazie funzionanti e chi crea solo centri di distribuzione di denaro. C’è chi si preoccupa della produttività presente futura e c’è chi distribuisce soldi a pioggia alle oligarchie predatorie.

C’è chi vorrebbe che Berlino pagasse per Grecia, Italia, Spagna etc, come Roma fa pagare le aree più produttive del Nord (il Lombardo-Veneto) per gli sperperi della Sicilia-Calabria-Campania o del Trentino-AltoAdige. Meglio un federalismo o confederalismo (l’eurozona) con autonomia fiscale e di spesa, ma coi vincoli della moneta unica, per cui le amministrazioni allegre delle ‘regioni’ possano sfasciare le regioni stesse ma non la moneta unica, anziché un modello come l’italiota in cui la Lombardia ed il Veneto pagano per Sicilia-Calabria-Campania ed altri che gettano soldi al vento. A livello politico sarebbe essenziale, a tutti i livelli la libertà di secessione in tutta l’EZ. Che farebbe la Sicilia, e non solo essa, se secedesse (ovviamente con la sua quota di debito pubblico proporzionale ai fondi che riceve ed inversamente proporzionale al suo contributo fiscale, non abbassata con medie nazionali pro-capite)? Mentre Lombardia e Veneto potrebbero secedere con grande profitto, senza la zavorra di un sistema-‘paese’ predatorio nei loro confronti.

Ovviamente, alta produttiva dal lavoro e competitività portano a pagare alti salari. Ecco che allora la Germania è “paternalista” (Cesaratto 2012, p. 32-33). Fortuna che Grecia ed Italia sono classiste! Così possono pagare bassi salari e le buro-oligarchie possono predare in libertà. 

Raccontano (Sergio Cesaratto, professore ordinario a Siena) pure che senza euro ci sarebbe stata la piena occupazione e l’egualitarismo (Cesaratto 2012, p. 33). Come? ...Hanno comunque l’alternativa: o la BCE ci dà fondi per continuare con le predazioni buro-oligarchiche o si esce dall’euro. Per andare dove? In Argentina? Ci siete già, per vostra scelta unanime! La crescita si ha rivitalizzando il sistema finanziario, immettendo masse di liquidità vera. Ciò lo si fa solo rimborsando tutto il debito pubblico. Se si taglia il 75% della spesa corrente, si rimborsa il debito pubblico in alcuni anni, e nel frattempo si dà una scossa positiva a creare impresa, a produrre ed a competere. Si crea pure l’aspettativa di un rapido drastico taglio dei livelli di tassazione a debito pubblico rimborsato od anche a rimborso in corso. Siccome nessuno farà mai ciò, potete solo continuare a sprofondare nella marginalizzazione. Non sarebbe stato meglio con la lira. Anzi, storicamente, l’Italiozia post-bellica vivacchia sprofondando meno del dovuto proprio grazie ai vincoli esterni, internazionali.

Le perdite di PIL di alcune aree della Eurozona [EZ] a vantaggio di altre, e la misura di queste perdite e guadagni, come i movimenti di capitali all’interno della EZ, riflettono solo processi in corso da decenni tra aree che prestano attenzione alla competitività e Stati Predatori all’interno della EZ. Certo che la Germania ha l’interesse a centralizzare i centri produttivi chiave. I ‘depredati’ lo sono perché hanno creato sistemi produttivi e burocratici predatori-interni anziché eccellenza e competitività internazionale. Altrimenti non si sarebbero fatti depredare dalla Germania e da altri. 

La stessa Germania ha, al suo interno, aree centrali ed aree dipendenti o marginali, dal punto di vista produttivo, finanziario, di ricerca. L’unificazione tedesca è stato anche un processo di distruzione di base industriale all’est. Che gli stessi processi avvengano nella EZ, la Grande Germania, è del tutto normale. In Italia, centri industriali e finanziari sono stati distrutti col golpe compradoro del 1992-93, senza attendere la creazione dell’euro.

In Grecia, come già nell’Italiozia del golpe 1992-93 e seguito, centri di potenziale o parziale competizione coi tedeschi sono stati liquidati, nell’era euro, coi soliti giochetti delle privatizzazioni-truffa, incluse aziende comprate da nullatenenti che pagavano poi coi soldi in cassa delle aziende comprate, si intascavano il resto, e subito le chiudevano (simile al giochetto, all’epoca sventato, della privatizzazione truffa Prodi-CDB-Mediobanca della SME nel 1985, dove chi comprava comprava senza anticipare una lira di suo, oltre che pagare tutto ampiamente sottoprezzo; come acquistare un edificio che poi si paga a rate con parte dei fitti; e simile ad altre dell’epoca italica delle sprivatizzazioni). La corruzione istituzionale-burocratica tipica dei paesi compradori è stata coperta dalle finanze pubbliche fuori controllo e da apparati burocratici statali incapaci di gestire industrie pubbliche e dunque pure una loro vera privatizzazione che ne aumentasse l’efficienza. Se i tedeschi ne hanno approfittato, Stati Predatori con vocazione alla prostituzione si sono allegramente offerti al depredamento tedesco. Ancora oggi, nonostante queste ‘brillanti’ esperienze ‘privatizzatorie’ su cui si preferisce tacere, tutti parlano con entusiasmo di prossima vendita di beni pubblici per contenere il debito pubblico fuori controllo. Truffe. Per rilamentarsene domani?! Hanno già svenduto patrimoni immobiliari pensionistici ed altri, solo per rubarseli. Ora vendono i monumenti?    

In pratica, denunciano la super-potenza tedesca perché vorrebbero distruggerla per sostituirla con un meccanismo all’italiota dove le aree sottosviluppate predano Lombardia e Veneto, rovinando così le stesse aree sviluppate. La via corretta è quella della competitività che si crea cominciando dalle strutture statali e dai suoi meccanismi oggi predatori, dunque tagliando drasticamente la spesa pubblica (un 75% della spesa corrente), che è largamente predatoria, e rimborsando in pochissimi anni tutto il debito pubblico. A quel punto, con livelli di tassazione internazionalmente competitivi, si diverrebbe terra di investimenti, non di fuga. No, giocano ai trucchetti di inserire il pareggio di bilancio in Costituzione. C’era già. Quanto tutto è fuori controllo, i soldi escono spesso in automatico come dai computers del Tesoro. Subito dispersi, quando sono per predazione. Contabilizzati e  non spesi quando sarebbero per investimenti o perché avendo masse di soldi in automatico non sanno come fare a ritirare altri fondi per cui occorrerebbe un minimo di documentazione sulla loro destinazione.  

Il realtà, seguendo il modello confederativo e federativo di progressiva creazione della Germania attraverso l’aggregazione di territori differenti, lo stesso schema viene applicato dalla Germania alla Grande Germania, la EZ e la UE. La presente crisi dell’euro è pilotata dalla Germania per forme di unificazione fiscale e politica con la Germania, sotto egemonia germanica. Che questa unificazione avvenga sulla base di forza o debolezza delle aree già aggregate dalla Germania nell’euro dipende dai bilanci pubblici con annesso debito. Firmarono solennemente per un debito a non più del 60% PIL. Quello Italiota è oggi, dopo oltre un ventennio da Maastricht, oltre il doppio. Ed i soldi spesi sono stati sperperati come sempre, perché non sono andati in investimenti produttivi ma in burocrazie in progressivo deterioramento ed in trasferimenti alle solite oligarchie ‘private’ di para-Stato. Lo chiamano, per truffare, ‘Stato sociale’. Ma le predazioni non hanno nulla di sociale.

Non a caso nessuno ne discute. Dopo le continue ‘riforme’ burocratiche che sono sempre e solo servite per aumentare le predazioni, sarebbe il tempo, seppur già in ritardo, dell’accetta. Tagliare un 75% della spesa pubblica vorrebbe dire tagliare pure un 75% di burocrazie pubbliche, dalle regioni, al Quirinale, ai CC, alla GdF (non esistono già ispettori del fisco a tutti i livelli?), alle procure e commessi, etc che costano cifre enormi e fanno danni ancora più enormi. Sarebbero solo da sopprimere. Ci sono paesi dove è impossibile trovare vari uffici pubblici perché ormai si comunica con essi solo per posta e su internet. Nell’epoca della computerizzazione, molte funzioni burocratiche possono essere accentrate e gestite da pochi dipendenti con cui si comunica per telefono, computer, fax, posta, video, e molti dipendenti prima e tuttora occupati in funzioni burocratiche, o che simulano di lavorare, si potrebbero trovare dei lavori veri con grande contributo alla prosperità sia loro che collettiva.

Lo stesso vale per i monopoli ed oligopoli ‘privati’ che in realtà vivono di predazioni sotto forma di trasferimenti pubblici ed altre truffe allo Stato ed al settore ‘pubblico’. Ciò che non impedisce loro di trasferire le centrali dei loro affari all’estero, pur essendo sempre vissuti di sussidi in Italiozia. Per cui non vale neppure la scusa che continue predazione avrebbero comunque garantito la preservazione di una qualche base grande-industriale, o di ricerca, o scientifica, etc. ...Un sistema predatorio alla fine si avvita su se stesso... I capitali si attirano con la bassa tassazione e con l’alta produttività del lavoro (ben pagato, ma tecnologizzato), con la ricerca, le burocrazie efficienti e leggere, le sinergie.      

La fissazione, di creazione propagandistica (insozzi ed auto-insozzi del cervello), che il nemico sia altrove, quando si è incapaci di restaurare condizioni di sviluppo e di creare, per la prima volta nella breve e squallida storia italiotica, uno Stato con un minimo di efficienza, non porta da nessuna parte. Meglio a questo punto che affondi tutto, ma pur sempre nell’euro visto che ormai si è lì. Sarà un vantaggio per gli stessi italioti schiavi non avere la schiavitù supplementare di una propria moneta con cui insozzarsi ulteriormente.

...A me non ne viene in tasca nulla... Si scelgano valuta che preferiscono... Se proprio non vogliono più l’euro, che si scelgano il dollaro, o la sterlina od il franco svizzero. Beh, con l’euro hanno, se non altro, dei vantaggi da signoraggio. O tentino pure con una nuova lira... Se la chiamano lira congolese, si evitano mistificazioni. Ma è solo sceneggiata. Decidono a Berlino ed, eventualmente, a Londra se riescono su questi dettagli per loro non sì fondamentali.

Monti che fa il burattino all’estero, dai padroni imperiali, per acquistare credito in patria, ripercorre la logica delle macchiette mafiose che si agitavano e si agitano a Roma per acquisire considerazione nelle province di provenienza. ...I volti nuovi... ...I grandi scienziati scesi dai cieli...

Vista dal punto di vista del cittadino, del suddito in realtà, i ‘grandi’ discorsi del tutto propagandistici sulla ‘sovranità’ perduta e da riacquisire, non significano nulla. Il suddito non conterebbe nulla in un’Italietta ‘sovrana’, come non conta nulla nella EZ, la Grande Germania. Italiozia è pure, oltre a suddita tedesca e francese, suddita, per vicende belliche e sistemi militari, anglo-americana, e del tutto interna, per ora, al sistema terroristico e guerrafondaio anglo-americano, senza aver saputo mai sfruttare ritrosie tedesche per allinearvisi e dunque guadagnare una qualche sensata occasionale indipendenza dagli anglo-americani!

L’uscita dall’euro non porterebbe nulla al suddito qualunque, ma solo ai ceti predatori che sarebbero liberi di continuare a predare fino all’implosione totale. Un momento prima si sarebbero già trasferiti altrove. I capitali viaggiano su cavo. Essi sono urtati da una Germania che chiede, se proprio vogliono continuare a predare, e ad affondare ed affondare i loro Stati, un minimo di equilibrio macro-contabile. Con sistemi predatori oggi fuori controllo, ciò vorrebbe dire restaurare un minimo di normalità fiscale. Che è proprio quello non riescono a fare se non aumentando la tassazione, ma neppure con essa. Per cui, il vincolo estero, il vincolo esterno, è ancora una volta una spinta irresistibile almeno a galleggiare senza affondare. Ciò può essere non nell’interesse dei ceti predatori, mentre è, per il suddito medio, meglio che l’uscita dallo spazio tedesco. L’uscita dall’euro porterebbe ad un crollo drastico dei salari reali visto che poi tutta la tecnologia, tutti beni di produzione o brevetti esteri, costerebbero multipli di quello ora costano. ...Fate l’esperienza di aree sottosviluppate! ...dove tutto costa più caro. Valga l’esempio del pretenzioso Brasile, tanto per non far nomi.

E neppure qualche residua produzione interna sarebbe più conveniente, per l’export, tra tassazioni altissime ed aumento del costo delle materie prime ed altre merci importate. A chi gioverebbe dunque l’uscita dall’euro? Non al suddito medio, non al lavoratore produttivo. Non gioverebbe neppure ai livelli bassi dei ceti predatori. Ed il tutto sarebbe inquinato da inflazioni elevate e galoppanti che sono redistribuzioni contro chi lavora e contro i salari differiti divenuti pensioni. Minacciare di andarsene dall’euro è, alla fine, solo una sceneggiata da sindacalisti cui la stessa Germania non crede, visto che sarà la Germania a decidere chi eventualmente sbattere fuori e quando.    

Roberto Ciccone, professore ordinario a Roma Tre, offre una esilarante disquisizione (Cesaratto 2012, p. 71..88) per arguire che qualunque siano le dimensioni del debito pubblico, le future generazioni future, dunque neppure le presenti, non ne avranno alcun onere, perché riceveranno sì il debito ma pure i titoli dello stesso. Il problema è che qualcuno ha ed avrà i crediti e qualche d’un altro i debiti, e che non saranno necessariamente o per nulla le stesse persone ed entità. Inoltre, in uno Stato Predatorio, concetto politologico che pur nessuno usa in relazione allo Stato Predatorio Italiotico, il regime lo vieta!, il debito pubblico serve alle predazione di quella stessa area che magari ha i crediti da debito pubblico. Per cui c’è qualcuno che paga, altri ancora che pagheranno in futuro, ed altri che godono degli introiti per i loro alti ed altissimi livelli di reddito e di accumulazione. Questa è la vera redistribuzione da debito pubblico in uno Stato Predatorio. Non è uno Stato Predatorio?! Dove sono le realizzazioni, gli investimenti, gli aumenti di produttività, la competitività internazionale, create col debito pubblico. Non vi sono. Il debito pubblico, non solo gli altissimi livelli di tassazione, hanno prodotto introiti che se ne sono andati in gran parte in pure predazioni. Cercano di non dirvelo chiaro-chiaro (solo per qualche ‘scandalo’ mirato contro qualcuno delle buro-oligarchie che s’è fatto casa per quattro soldi), ma i patrimoni enormi degli enti pubblici se li sono già svenduti da tempo. Non ci sono più. Il debito pubblico aumentava egualmente, mentre se li spartivano per quattro soldi da sprecare.   

Ciccone accenna che chi abbia crediti e chi poi li paghi siano persone e categorie differenti. Riduce tuttavia il tutto ad una banale questione intra-generazionale. Ricevere un’economia ed uno Stato ancora più allo sfascio di quanto non fosse decenni prima, certo che è, sempre a livello aggregato, una ‘banale’ questione poi da disaggregarsi tra le varie categorie o classi della popolazione. A parte il demagogico richiamo alle future generazioni, che non è servito a risolvere alcun problema ma anzi lo ha solo aggravato, lo Stato Predatorio fuori controllo, dove tutto va avanti per automatismi e peggioramenti successivi, è già questione del presente e non da ieri. La crisi fiscale presente, la cui drammatizzazione propagandistica è, in parte, sicuramente voluta sia dalla Germania sia da chi vorrebbe distruggere la Grande Germania, ha solide basi strutturali ed ha il merito di evidenziare questioni reali e cui si danno solo risposte fasulle. La questione reale è il debito pubblico da rimuovere. Non è un fantasioso ‘sviluppo’ che permette di rimborsare il debito pubblico. È al contrario il rimborso del debito pubblico che crea le precondizioni dello sviluppo e dello sviluppo accelerato. Senza rimborso del debito pubblico non v’è sviluppo, nel contesto dato. La provincia italiotica dell’Impero germanico scivola sempre più ai margini sottosviluppati dello stesso.

Si ricordi il giochetto, già ai tempi della lira, ma pure successivo, per cui quando v’era ripresa si diceva che non era il momento di ‘misure restrittive’ e tanto meno lo era, dicevano, quando si era in depressione. In realtà, è sempre il momento di rimborsare il debito pubblico che trasforma in rendite con garanzia di Stato liquidità sottratte ad investimenti produttivi. A parte che, come già variamente detto, la spesa ‘pubblica’ è solo servita, con la tassazione in aumento, ed il debito pubblico idem, a finanziare predazioni burocratiche ed oligarchiche. Appunto, non era mai il tempo di arrestarle. Non ne erano capaci. Non potevano.

Il punto è tagliare, ed in gran proporzione, le spese, ad esempio le spese correnti di un 75% o più, non di inventarsi tassazioni e debiti per farvi fronte. Gran parte della spesa sanitaria è pura predazione. Se vuoi spendere in malattie, devi creale: ma in Italiozia rubano alla grande ben oltre questa banale regola ‘burocratica’. Maga-truffe nella grande truffa della ‘sanità’. Tre o cinque maestre per classe non sono istruzione, sono ruberia clientelare e parassitismo. Tutto l’apparato burocratico è da sempre puro clientelismo e predazione. Le regioni furono create per pure ragioni clientelari. Sarebbero semplicemente da abolire e restituire il 90% del personale delle stesse al mercato del lavoro. Nelle burocrazie che servono a qualcosa, l’informatizzazione rende chiaramente superflue molte funzioni preesistenti, mentre crea lavoro ad altri livelli. Addirittura corpi militari come i CC, che duplicano dalla Polizia di Stato alle FFAA ed a molto altro, rendono evidente, come tutto sia stato costruito ed esteso per pure ragioni di predazione pure ai livelli bassi. In pratica, le grandi oligarchie predatorie si coprono, come spesso succede, pure dietro una gran massa di clienti pagati dallo Stato che sarebbero solo da mettere per strada affinché potessero trovarsi dei lavori veri con vantaggio per loro stessi e e per tutti. Dagli enti inutili mai soppressi ad una massa di piccoli e grandi sussidi per le cose più incredibili, se ne vanno somme enormi e senza controlli, mentre lo Stato non riesce neppure pagare gli interessi sul debito pubblico, debito pubblico che sarebbe al contrario da rimborsare subito, man mano che i titoli arrivano a scadenza e, se si avessero fondi in eccesso, v’è stato un proliferare di tasse d’ogni genere che servono solo a giustificare burocrazie e che sarebbero dunque da abolire con le burocrazie stesse se ne occupano. 

Ciccone presenta semplici, ma di dubbio funzionamento sia in una economia chiusa che in una economia aperta, modelli economici per cui il debito pubblico aumenta i consumi e dunque produzione, reddito e ricchezza complessiva. Dipende dal contesto, e dalle variabili che si mettono o meno nei modelli formali. Uno Stato può surrogare privati non esistono, o non nella scala richiesta. Se i privati esistono, lo Stato che non sa controllarli può divenire loro miopico strumento e dunque uno Stato Predatorio, od anche solo uno Stato che riduce i livelli di sviluppo possibili. Dipende dal tipo di Stato, non dalla spesa pubblica che, di per sé, non moltiplica per magia il reddito. I costi d’intermediazione e corruzione burocratiche e la distruzione di imprenditorialità semmai lo riducono, anche senza altre peggiori patologie stataliste. Stati che non sanno controllare e dirigere necessitano, in genere, di interventi diretti, proprietà, trasferimenti, debiti pubblici permanenti. Per cui l’inettitudine di partenza si moltiplica esponenzialmente.

Nella storia economica italiotica, lo Stato monarchico mantiene relativamente inetti dei capitalisti non particolarmente audaci, e li alimenta e sussidia mentre li usa per uno sviluppo assistito del nuovo Stato compradoro. È la ‘logica’ illogica di lasciar privatizzare i profitti e sussidiare le perdite (oltre che i profitti o parte di essi). È pure un metodo da Stato debole di comprarsi il consenso delle oligarchie delle aree forzate nel nuovo Regno d’Italia. Con la repubblica, quel fragile equilibrio di inefficienza assistita precipita progressivamente ma ineluttabilmente nel sottosviluppismo. Il processo è lungo ma col sicuro epilogo odierno. Non che oggi sia la fine dei tempi ma è la formalizzazione della marginalizzazione raggiunta, del commissariamento estero, ma senza i benefici di una vera colonizzazione diretta e formale, e dunque con possibili più gravi conseguenze (maggiore sottosviluppo) se il debito pubblico fuori controllo non viene in qualche modo stabilizzato ed almeno ridotto. La monarchia depredava per sé (ma in limiti fisiologici, non autodistruttivi), ed assisteva e controllava predazioni private che dunque coesistevano con lo sviluppo. Con l’affossamento della monarchia (1946) deciso dagli occupanti anglo-americani, i centri di predazione si moltiplicano, e sviluppano e sopprimono progressivamente gli elementi di sviluppismo che coesistevano con lo Stato monarchico pur inefficiente e burocratico. Lo Stato monarchico di fatto mantiene sotto controllo le depredazioni delle oligarchie sia ‘pubbliche’ che private. Ne è usato ma le usa allo stesso tempo. In fondo è sempre uno Stato di una dinastia con diretta legittimazione londinese (Londra crea Italiozia con operazioni terroristiche ed altri interventi diretti ed indiretti). Un certo sviluppismo del periodo monarchico-mussoliniano ne è la rivitalizzazione dopo che i vincoli compradori pro-inglesi hanno costretto Italiozia, senza alcuna economia di guerra, ad una guerra da cui ‘guadagna’ molto meno di quello avrebbe guadagnato senza guerra. La partecipazione alla prima guerra mondiale è, per Italiozia, una operazione in totale e drastica perdita. Per coazione a ripetere, Italiozia ‘si rifà’ con la seconda guerra mondiale ma, questa volta, ancora meno preparata del 1915-18 e pure dal lato perdente. Probabilmente impropriamente (vengono colte solo alcune similarità apparenti, più che la vera essenza di quello un Developmental State è, oppure si estendono troppo i modelli forti di Developmental State) taluni ipotizzano il ‘fascismo’ (in realtà è il solito Stato monarchico cui si sovrappone un guscio social-mussolinano) come Developmental State, Stato Sviluppista. Lo Stato monarchico del 1860-61, da un lato distrugge le economie degli Stati assorbiti nell’artificiale Regno d’Italia creato su decisione inglese, dall’altro deve adempiere al mandato inglese di creare un argine mediterraneo alla Francia e ad altri. Per cui, lo Stato militar-burocratico inefficiente dei Savoia deve inventarsi (lo obbligano gli inglesi) un corso parzialmente sviluppista. Miseria e cannoni, con forme di spietata dittatura militar-monarchico-compradora sotto guscio ‘democratico’ e con retoriche da area sviluppata. Vengono create, su iniziativa monarchica, industrie militari chiave con relativo ambiente economico di contorno. Il periodo monarchico-mussoliniano, pur praticando forme di disarmo [le FFAA erano più monarchiche che realmente ‘fasciste’, per cui Mussolini, non fidandosene, le voleva deboli, per quel dipende da lui; quando, col golpe del 1943, lo caricano su un’ambulanza e lo arrestano, si vedrà chi è che ha sempre comandato nell’Italiozia ‘fascista’] ricrea, pur coi limiti precedenti, un clima favorevole allo sviluppo economico pur senza una vera corsa al riarmo né economie di guerra che trainino (come correntemente ritenuto, anche se sono traini a livello di indici, non certo di consumi producendosi strumenti di distruzione, destinati ad essere distrutti e che trascinano ulteriori distruzioni). La spinta economica positiva di quegli anni continua con la fine della guerra e la si vede negli anni ‘50 e primi anni ‘60. Gli inglesi intervengono, per bloccare sorpassi da parte di uno Stato sconfitto, sia con la distruzione della monarchia, che con la corruzione del regime partitico DC-PCI etc da loro creato, e dunque per produrre una progressiva degenerazione del pur già non eccelso Stato già monarchico. Destabilizzazioni economiche e politiche, movimenti di protesta, terrorismo ‘fascista’  e poi ‘comunista’, continua incertezza politica mentre centri parzialmente sviluppisti sono demoliti etc sono precisi interventi per tentare di evitare che Italiozia possa risfuggire allo stretto controllo inglese e per evitare che dalla sconfitta bellica possa mai crearsi una potenza mediterranea (senza veri centri sviluppisti non sarebbe successo, ma gli inglesi, per essere più sicuri, perseguono coscientemente una logica di sfondamento; e gli italioti sono ben felici di essere sfondati, praticando già loro la ‘logica’ del fregarsi l’un l’altro). Gli inglesi non potranno evitare ricada sotto controllo tedesco (già lo Stato monarchico subiva l’influenza austro-germanica fin dagli inizi, pur essendo geneticamente inglese), MEC etc, ma le conseguenze della distruzione degli elementi parzialmente sviluppisti della fase monarchica accentuerà la crisi ed il deperimento sia dello Stato che dell’economia. È tutto creato, ma anche subìto e voluto dalle oligarchie compradore indigene. Nulla sarebbe mai inevitabile se non lo si volesse.   

Ciò che aumenta la ricchezza complessiva è la produttività del lavoro competitiva che è una combinazione di lavoro, e di capitale e tecnologia. Infatti, quanto Ciccone tenta di concludere col solito demagogico che la vera soluzione al debito pubblico sarebbe l’aumento del PIL, si ritorna al punto di partenza, la produttività del lavoro competitiva. Con spesa pubblica non solo altissima ma del tutto predatoria, il PIL, alla fine, si avvita su se stesso e crolla. Se in regime di concorrenza monetaria ciò può essere, ed in effetti era, mascherato dal regime dei cambi, da continue svalutazioni della lira, in regime di moneta unica ciò porta al declino del PIL delle aree deboli rispetto a quello delle aree forti dell’euro. È quello che sta avvenendo. La EZ cresce, mentre Italiozia vede il PIL decrescere. Idem la Grecia. Tassazione e spesa pubblica predatoria non hanno potuto invertire la bassa produttività del lavoro ma anzi la hanno nel complesso accelerata. Il problema è il debito pubblico. I trucchetti per perpetuarlo prolungano il problema ed il declino. Il rimborso rapido del debito pubblico creerebbe un aumento altrettanto rapido della propensione alla imprenditorialità che il debito pubblico ha depresso creando, a tutti i livelli (da chi guadagna di più ad investire in titoli che ad intraprendere, a gente parcheggiata a fare nulla di utile in cambio di un salario pubblico), rendite garantite dallo Stato.

V’è ovviamente tanta propaganda nell’uso dei concetti, in (Cesaratto 2012).

Si strombazza di “neoliberismo” e di un suo supposto fallimento. Dove si è realmente ridotta la tassazione? Dove si è realmente curata la creazione di apparati pubblici leggeri ed efficienti. Di sicuro non in Italiozia. La predazione si è sviluppata a ritmi crescenti, tra aumenti di tasse ed aumenti di debito pubblico. Anzi, proprio gli pseudo-liberisti, pur senza diminuire le tasse, hanno aumentato il debito pubblico, per poi soggiacere al super-golpe quirinalizio e lasciare via libera ad un governo Monti-Napolitano (novembre 2011) imposto dalle Polizie Segrete quirinalizie con procure e media annessi. I mezzi di propaganda para-quirinalizia hanno naturalmente accreditato la tesi che ciò fosse dovuto agli apprezzamenti non d’apprezzamento del Berlusconi sulle chiappe non levigate della Merkel o sul colore abbronzato di Obama. Il frigido Monti-Napolitano, pur universalmente incensato, più che aumentare tasse, debito pubblico ed interessi sullo stesso non sembra abbia saputo fare. Quando si mette il cappello del duce, guarda alla storia, Monti dice di sé steso. Chi, un fantoccio compradoro dei gruppi ‘massonici’, alias di potere reale, mondiali e ‘mondialisti’?! Ma quando fa, nel concreto, il capo del governo formale, fa bassa e lurida cucina da Stato Predatorio italiotico: tasse, debito pubblico, recessione, pseudo-tagli ma non alle predazioni. Lombardo (ma un altro Presidente della Regione Sicilia, e di molte altre, farebbe lo stesso), pur dismesso da Libero, ha continuato con le assunzioni inutili ed il governo centrale ha pagato senza battere ciglio. Tale è il governo Monti-Napolitano, per quanto altri avrebbero verosimilmente fatto lo stesso. Le facce cambiano ma i centri predatori dello Stato restano. La predazione continua indiscussa, indiscutibile ed inarrestabile. Le Polizie Segrete CC-quirinalizie sono troppo occupate in grandi e piccole purghe fatte proprio per permettere alla predazione di proseguire e di espandersi indisturbata. Dove è il “neoliberismo”, nella permanente economia di guerra degli USA, tramite la quale gli stessi vengono titoli-cartaccia e loro titoli di debito pubblico di fatto irredimibili a tutto il mondo, oltre a pretendere contributi militari diretti da parte dei loro sudditi e clienti? Dove lo vedono il “neoliberismo”? Nei discorsi della domenica? 

Egualmente, il problema di produttività del lavoro dei PIIGS, non è questione di ridurre i salari che sono già abbastanza bassi proprio negli Stati meno competitivi, ma di investimenti di capitale, tecnologici. Gli Stati Predatori spendono molto, moltissimo, troppo, ma non in investimenti veri. Spendono in predazioni, in soldi gettati al vento. Presentare la soluzione come consistente nel creare un debito dell’euro per finanziare tali Stati significa propugnare la perpetuazione di questa situazione.

Il problema è il debito pubblico. Lo devono rimborsare. Non è austerità tagliare le predazioni, rimborsare il debito pubblico e poi tagliare la tassazione, ma, al contrario, l’unica vera e possibile politica espansiva perché ricrea e ridà fondi per impresa, per creazione di lavoro e ricchezza, per consumi, ma consumi derivanti da redditi creati davvero, non solo distribuiti distruggendo base produttiva. Politiche davvero espansive passano solo per il taglio drastico delle predazioni e per il rimborso del debito pubblico. Non lo faranno. Continueranno ad affondare.

Deficit spending e welfare sulla base dell’efficienza economica non sono la stessa cosa di politiche pseudo-sociali di pura facciata per coprire predazioni. La ricchezza deve essere prodotta, ed in modo competitivo, prima di poter essere redistribuita. Redistribuzioni sociali alimentano i consumi interni. Le predazioni si traducono in trasferimenti di capitali e di consumi all’estero dove i regimi fiscali e le condizioni generali sono migliori. È precisamente quello che accade, è accaduto e sta accadendo. La miscela di produttività del lavoro non competitive e redistribuzioni predatorie è una miscela distruttiva. Danno la colpa agli “speculatori”. È solo che gli investitori, od anche solo i redditieri, non sono ciechi e questi aspetti li valutano. Ci sono economie solide ed economie che si stanno auto-distruggendo per alimentare i rispettivi Stati Predatori.

Politiche sociali e capacità produttiva non sono compromesse dai tagli della spesa predatoria, ma anzi dalla perpetuazione dello Stato Predatorio. La chiamano “austerità” ma sono soltanto tagli di facciata, e non delle spese predatorie, e tassazioni ulteriori per continuare come prima in attesa, a volte vana, che la burrasca del momento passi.

Sofismi sulla inutilità della flessibilità del mercato del lavoro, celano i bassi tassi di occupazione complessiva, di partecipazione al mercato del lavoro che caratterizza proprio i vari Stati in relazione direttamente proporzionale alla loro marginalità. Lo stesso vale per la percentuale di spesa sanitaria sul PIL, che non è la stessa cosa sia pubblica o privata. Essa è necessariamente inferiore nelle economie strutturalmente più deboli. Il problema sono le caratteristiche strutturali delle economie, non alzare la spesa sanitaria, o mantenerla a livelli non ci si possono permettere, od in condizioni di predazione clientelare, perché economie più forti la hanno superiore.

Si imiti chi è più sviluppato, ma nella produttività del lavoro, nella tecnologia, nella ricerca, nell’efficienza e competitività dello Stato e dell’economia.


[Editors] Cesaratto, S., and M. Pivetti, Oltre l’Austerità, MicroMega, Rome, Italy, July 2012. 

02 August 2012

Letter from Lhasa, number 271. Andrea Camilleri. Castronerie castratorie di una lama di luce


Letter from Lhasa, number 271. Andrea Camilleri. Castronerie castratorie di una lama di luce
by Roberto Abraham Scaruffi

Camilleri, A., Una Lama di Luce, Sellerio, Palermo, Italy, 2012.
(Camilleri 2012).
Andrea Camilleri


Siamo nel genere nero, poliziesco. Non nelle ‘banalità’ eleganti di un Simenon, i cui interessi giornalistici e letterari vanno bel oltre il poliziesco, né nelle sapienti metafore o negli interrogativi esistenziali e sconsolati di uno Sciascia, autore del tutto a-poliziesco per quanto sui racconti possano trarre spunto da vicende di cronaca o di possibile cronaca nera.

Quest’opera, protagonista centrale il solito commissario Montalbano, si snoda attorno a tre indagini. Il delitto principale. Un’indagine contemporanea su immigrati, armi etc. Un’altra che all’improvviso crea Montalbano su traffici di opere d’arte in cui la compagna di fatto di una notte di Montalbano rischia di essere implicata ma senza alcuna colpa personale.  

Alla fine dominante, per l’epilogo, si rivelano dei legami, o supposti tali, psicologici, che si arrotolano su due storie sentimentali, una passata ed una con un promettente futuro, in apparenza.

Il tutto è migliore per la televisione od il cinema, dove alla fine l’imprecisione si risolve in belle immagini, in ciò lo spettatore si crea nella propria testa ed in finali che possono anche essere indeterminati, piuttosto che nel racconto che pretende di spiegare tutto o che, dove non spiega, o spiega male, rivela falle strutturali.

Una moglie giovanissima che, con la complicità di un’amica altrettanto giovane, fa ammazzare un ex convivente che continua a ricattarla, usando per l’omicidio un picciotto di mafia che prima si porta a letto per un po’, ma mettendo le cose in modo da far sospettare il ricco marito, ed tutto combinato a lei che si fabbrica una finta rapina con violenza carnale quando il marito la incarica di depositare in banca l’introito del giorno del supermercato di cui è proprietario... Ecco, tutto questo si rivela troppo complicato. Improbabile nella realtà, per quanto possa non esser male da un punto di vista cinematografico.

L’autore dice due parole sul legame psicologico tra le due ragazze. Non sono convincenti. Poteva costruirci una storia credibile. Non lo fa. Se non sapeva farlo poteva evitarsi alcune frasette non convincenti. Meglio non dire nulla.

Il picciotto di mafia che, con l’aiuto di suoi amici di base del clan, assassini uno facendolo sembrare esecuzione mafiosa, senza che il clan lo sappia ed addirittura col clan che lo aiuta nella prima latitanza (senza sapere da che latiti), ...fino a che Montalbano non contatti il clan per allertarlo, dunque per la condanna a morte certa del ricercato, clan da cui il commissario era già stato contattato per smentire la partecipazione dello stesso alla vicenda... ...ecco, tutto questo non sta né in cielo né in terra. Il picciotto di un clan non va, con altri di base dello stesso clan, all’insaputa del vertice clan, a fare l’assassino su commissione o per amore. Il vertice del clan l’avrebbe subito saputo e sanzionato.         

Qualche cassa di armi per la ‘rivoluzione’ tunisina non si parcheggia magicamente  nella campagne di Lampedusa solo perché vi sono un paio di tunisini di mezza età ed uno della metà dell’età loro. E pure con l’anti-terrorismo locale che dà loro la caccia (specificamente al ragazzo; i due altri tunisini non sono stati ancora collegati allo stesso fino a che non fuggono) pur mostrando una qualche simpatia (che sembra derivare da ordini superiori) per tali ‘patrioti’. Simpatizzi e li reprimi? Visto che la Tunisia ante-golpe era un governo amico dello Stato italiano, li avrebbero semmai ricercati per consegnarli ai tunisini e farli fare a pezzi dagli stessi. Appunto, la realtà non funziona come sembra suggerire Camilleri. Tuttavia, per un pubblico nutrito di stereotipi, un autore non meno stereotipato può anche montarla una storiella del genere, ...se non sa far di meglio.       

La vera castroneria castratoria è la conclusione, Montalbano che va da colei che non ama, fuggendo dal suo grande amore di una notte e che prometteva uno sviluppo eterno, oltre che caldissimo, appena la nuova compagna fosse tornata da un viaggio d’affari a Milano.

Quindici anni prima, lui e la compagna precedente si erano trovati in casa un orfano tunisino di dieci anni che però lui non aveva voluto adottare, nonostante le insistenze di lei, e lo aveva poi ‘scaricato’ (ma  contribuendo con soldi) in un’azienda agricola dove era trattato come un figlio Il ragazzo aveva un carattere difficile, o le circostanze lo avevano reso tale, ed era alla fine scomparso appena compiuti i 21 anni. Riappariva ora, a 25 anni, nell’ambito della seconda indagine, come cadavere, come “patriota” dice il locale capo dell’antiterrorismo. Perché 21 e non 18? La maggiore età dei tempi ‘antichi’, di un Camilleri che non si aggiorna? Sennò, perché non 22 o 24 o 20? Come vive i quattro anni di ‘fuga’?  

Viene notato, dallo stesso proprietario che va dalla PS, che un suo casolare abbandonato è stato appena usato come deposito di armi. Il proprietario si accorge che è stato provvisto di porta. Il sito è evidentemente sorvegliato, perché non fa in tempo a denunciare la cosa che il casolare viene evacuato. Il sito era usato pure come poligono di esercitazione, od almeno un razzo era stato lanciato perché ve ne sono le tracce. Per qualche cassa, o meno, di armi... Due tunisini che lavorano ed uno da tempo alla macchia, ...a Lampedusa! Con che mezzi? Che strutture? Per cosa? Ah, per fare la ‘rivoluzione’ in Tunisia!  

Pur avvisando l’antiterrorismo, Montalbano inizia sue indagini parallele. I due tunisini di mezza età lavorano nei paraggi, come operai agricoli. Il ragazzo vede Montalbano camuffato. Allerta i due tunisini, sono dello stesso gruppo, che si danno subito (appena Montalbano se ne va) alla macchia con lui. Infatti, allorché Montalbano ritorna per parlare confidenzialmente con loro (poche ore prima, quando era andato lì col proprietario, si era simulato un acquirente dei terreni), scopre che sono fuggiti e pure piuttosto in fretta.

Mentre l’antiterrorismo batte le campagne, ed i tre sono nascosti, a quello dei tre armato, il ragazzo, scappa una raffica. La polizia risponde a quello pensa sia fuoco contro di loro ed il ragazzo resta ferito mortalmente. Dapprima si trovano solo le tracce del ferimento. Alla fine trovano il cadavere del venticinquenne tunisino, “il patriota”. Un capo di un anti-terrorismo locale o centrale avrebbe detto “il terrorista”, visto che pure già sapevano di lui e lo stavano cercando da tempo. No, lo chiama  “patriota”... ...Che ad uno scappi una raffica, proprio quando la polizia transita nei paraggi... Ma la storia ancor più stupefacente, qui, è un’altra ed anche essa non particolarmente ‘costruita’ dall’autore.

La ex di Montalbano vive tutta l’ultima vicenda, il ferimento, agonia e morte del ragazzo, come suo personale sconvolgimento psicologico. E ciò solo perché aveva amato spiritualmente questo ragazzetto quando abitava in casa con loro, un dieci-quindici anni prima. Montalbano riceve queste continue telefonate della stessa. Quando il collega gli mostra il cadavere, Montalbano capisce.

L’autore racconta che questo ragazzo ora morto, il fatto che Montalbano non avesse voluto adottarlo mentre la ex lo desiderava ardentemente, ora lega per sempre il commissario e la ex. Per cui, che fa Montalbano? Chiede 10 giorni di ferie e prenota un volo per Genova dove stava la ex. E così facendo rinunciava per sempre al nuovo grande e caldissimo amore.

Lo dice lo stesso autore che Montalbano chiudeva per sempre con la nuova compagna. Camilleri gliela crea e gliela distrugge subito. Ne è geloso... Il trionfo della famiglia o di una sua simulazione, visto che pure con la ex non è che fosse formalmente sposato. 

L’autore già aveva presentato Montalbano come un po’ imbranato e di carattere chiuso. Ma quando la nuova gli si fa sotto, si fanno delle grandi scopate notturne, quella prima e poi unica notte. Si capisce da veri accenni che non solo lui, anche lei se l’è gustata alla follia.

Camilleri poteva concludere il romanzo col ‘banale’ lieto fine della nuova che ritorna. Poteva anche creare finali tragici vari. O lasciare tutto indeterminato. Ma lui che fugge dalla ex che non ama più, solo perché ha scoperto questa forte empatia della stessa col ragazzo ora deceduto, lasciando per sempre un nuovo e promettente grande amore, è una cosa che forse si capisce solo guardando la faccia dell’autore ed ascoltandolo, in video, quando discetta con stereotipi d’occasione. Un tale fine, in sé, è del tutto inconsistente. Sarà magari consistente con la mancanza di ricerca, di finezza, psicologica di un Camilleri.

Tale conclusione della storia è proprio una castroneria castratoria ed autocastratoria. È una tale fuga dalla felicità che uno si sarebbe auto-vergognato di poterla anche solo concepire. Era mattina presto quando a Montalbano era stato rivelato l’accaduto e lui aveva collegato tutto alle telefonate della ex. Alle 21 sarebbe ritornata da lui la nuova compagna. Poteva andare a lavorare. Poteva prendersi uno o più giorni di ferie. Poteva andare a farsi una dormita. Il tutto aspettando le 21. No, Camilleri lo fa fuggire, con una decina di giorni di ferie, ma per sempre dalla nuova, e pure senza averci costruito (nel racconto) su nulla di davvero plausibile che conduca il lettore a tale epilogo.

Non è neppure quella voce interiore autodistruttiva che dice “no” tutte le volte che uno è in vista di o sta vivendo successi. E, comunque, l’autore avrebbe dovuto eventualmente costruirci, creare una qualche plausibilità letteraria. Montalbano ha sotto mano una che desidera spasmodicamente e da cui è desiderato ancor di più. Fugge dalla ex, perché la ex ha avuto visioni empatiche relativamente ad un povero ragazzo finito sfortunatamente. Anche su questa relazione spirituale tra la ex ed il povero ragazzo, l’autore avrebbe dovuto costruirci, fondarla su qualcosa.

No, Camilleri va diritto per la sua strada che è solo fretta distruttiva ed autodistruttiva, castratoria ed autocastratoria. Ha fretta  di banalizzare e risolvere la vita nella rinuncia, e gli manca l’arte della ricerca psicologica. Almeno questo è ciò che appare da questo suo ultimo lavoro, che per me è il primo letto di questo autore.   


Camilleri, A., Una Lama di Luce, Sellerio, Palermo, Italy, 2012.