Letter from Lhasa, number 382. Kabbalah
pratica
by Roberto Abraham Scaruffi
Wolf, L., Kabbalah Pratica. Guida alla saggezza
giudaica per l'uso quotidiano, Anima Edizioni, Milan, Italy, 2009.
(Wolf 2009).
Laibl Wolf
Vediamo alcuni gli
ingredienti essenziali e chiave di questo lavoro, mescolati a considerazioni
nostre.
La forza del mito.
Più esso è forte ed intenso, più dà forza. Un grande mito, o grandi miti, ci fa
o ci fanno grandi.
La semplicità
facilita la grandezza. Un solo e misterioso Dio è più semplice di tanti e
complessi dei. Più semplice, ma anche più grande ed intenso, dunque
onnipresente. Così onnipresente che ci se ne fa divieto di parlarne e perfino
di immaginarlo. Alla fin fine lo si può ignorare e neppure credervi, eppure
resta lì con la sua silente imponenza. L’individuo ha bisogno di un mito o di
miti forti ed intensi, ma anche semplici.
Una bibbia/torà
confusa e raffazzonata ci fa intravedere un Abramo un po’ pappone che
prostituisce la moglie al faraone che, usatala, gliela ritorna gravida e gli dà
pure terre e ne fa una famiglia (sì come in tutte le mafie, che derivano, sono
create, dal potere e dai poteri!), la famiglia ebraica [o tale la hanno assunta
i posteri], quale suo proconsole verso i confini orientali dei suoi domini. Ecco,
facciamo finta che ciò non stia scritto nel testo che pur viene assunto come
divino sebbene tutti sappiano non possa esserlo. Si immaginano invece un Abramo
supereroe che sopravvive alla fornace [il tormento quando il faraone si usa sua
moglie?] e viene guidato dalle superiori, forze allora credute celesti. Oggi
sappiamo che oltre al cielo ci sono altri cieli, altre dimensioni, e che un dio
[o vari] potrebbe anche esserci in queste altre dimensioni, anziché in alto, in
basso, di lato etc., come invece in precedenza assunto. Beh, dipende, come
sempre, dalla definizione esatta si dia ai termini ed ai concetti usati.
L’Abramo che
preferisce, o comunque favorisce, Isacco, il figlio del faraone, ai figli suoi,
è un Abramo che sceglie di essere pedina del potere perché sa che il potere, se
non sei in grado di creartelo da solo, te lo può dare, in parte, solo chi lo
abbia, lì il faraone. Non a caso, quando la famiglia ebraica si ricostituisce,
qualche millennio dopo, più o meno nell’area, lo può fare, di fatto, solo come
provincia statunitense. Beh, è la realtà, o così ci appare. Non chiediamo a
nessuno di condividere questa visione che pur ci sembra ovvia.
L’induismo viene
presentato come duplicazione, ancora più ad est, fuori dall’area di controllo
del faraone egizio, dell’ebraismo di Abramo. In realtà, ciò indica che gli imperi, i poteri e
sotto-poteri, seguono tutti le stesse logiche nella sfera ideologica e del
marketing. Tali sono le culture e le religioni.
La scienza del
respiro e del vuoto mentale sono tecniche ebraiche, per quanto nessuno ne abbia
l’esclusiva.
Esiste ciò che
tutti vedono, o come tutti lo vedono. Poi esiste un altro livello, più vero, o
quello davvero vero, o più prossimo al vero, che solo alcuni vedono. È un
livello segreto, segreto per chi non vi abbia accesso. Occorre applicazione per
accedere a questo livello o questi livelli, e per penetrarli sempre più in
profondità.
Il cabalista è su
un’altra lunghezza d’onda, altra rispetto a quella corrente della massa dei
soggetti.
Esistono mondi
paralleli o comunque coesistenti. I linguaggi che li vorrebbero rappresentare
sono magari, o di sicuro, solo delle rappresentazioni di comodo. Del resto,
nessun linguaggio viene capito da chi non lo conosca, né conosca ciò di cui
esso tratti. Più ci si innalzi, o si approfondisca, meno esiste la possibilità
di comunicare efficacemente con l’altro. Questo vale per il noto, dunque ancor
più per il cosiddetto ignoto.
Quando ti vengono
suggeriti degli esercizi, essi riflettono inevitabilmente la percezione di chi
te li suggerisca. È anche vero che può essere difficile, o magari talvolta, o
spesso, impossibile, inventarsi degli esercizi appropriati e del tutto
personalizzati. Beh, si possono sempre provare gli esercizi suggeriti e,
verificato che succeda, adattarseli migliorandoli.
Ma anche:
= Prova a toccare e
ad assaporare i tuoi pensieri e le tue sensazioni. Materializza il tuo spirito.
= Prova ad
annullarti e poi a dormire, lasciando che dal sonno escano delle soluzioni. Ma
al risveglio rifiuta di ricadere nelle solite e devianti routine che ti
impediscono di realizzare alcunché. Le soluzioni vanno lasciate prodursi ma poi
vanno seguite, e non negate, annullate, dalle nostre solite routine.
L’aspetto
spirituale domina quello materiale più di quanto non si creda correntemente.
Spesso, o pressoché sempre, il credere diviene essere. Per la mente non esiste
il mondo oggettivo. La mente interpreta. Si può realizzare il proprio
potenziale, incrementarlo, ed anche mutare la propria natura.
Ci si deve
abbandonare a far fluire liberamente le proprie sensazioni. Conosciutele e
padroneggiatole ecco che esse possono essere mutate ed indirizzate verso
prospettive differenti. Quello che si temeva può divenire amico ed essere
utilizzato per la nostra trasformazione costruttiva. Si conosce quando si sta
confortevolmente con la conoscenza. Gli sforzi divengono piacevoli quando si
trasformano in desideri e realizzazioni. Il tuo essere si trasforma in te
stesso e trasforma te stesso. La trasformazione è sia nella mente che nella
realtà. Decidi quello che vuoi, e realizzalo in questo modo, interno ed
esterno.
Le 10-11 sefirot
sono metafore, metafore tautologiche della spiritualità umana. Danno una
struttura dove non esiste struttura dato che un insieme complesso è sempre una
rete dalle interazioni non lineari, e neppure universali né prevedibili. Le
sefirot sono un linguaggio di rappresentazione e di comunicazione.
L’empatia è lo
strumento più efficace per comunicare col prossimo. Per quanto, capito il
prossimo nei suoi livelli più profondi, occorre anche che questi voglia essere
capito e voglia comunicare. In effetti, non è neppure vero che l’altro accetti
rapporti paritari. Di fatto, un po’ tutti preferiscono piuttosto relazioni di
autorità, dunque subordinate. Di conseguenza, dotati di doti empatiche, o
sviluppatele se se ne necessiti, resta aperta la questione del che farsene. Si
dia ad ognuno il suo, per quanto possa eventualmente interessarci. L’empatia è
utilissima. Ma non garantisce né ascolto da parte dell’altro né comunicazione.
L’altro ti ascolta solo sulla base di chi pensa che e chi tu sia, dunque solo
se si senta in dovere di essere subordinato.
Wolf, L., Kabbalah Pratica. Guida alla saggezza
giudaica per l'uso quotidiano, Anima Edizioni, Milan, Italy, 2009.