11 December 2006

Lettera da Lhasa numero 40. Fulco Lanchester e la “democrazia” quirinalizia dei Costituzionalisti

Lettera da Lhasa numero 40. Fulco Lanchester e la “democrazia” quirinalizia dei Costituzionalisti
by Roberto Scaruffi

Sfruttiamo questo breve saggio [*] di Fulco Lancaster, casualmente messoci sotto il naso, come pretesto per dedicarci ad alcuni aspetti secondari dello stesso e tuttavia rilevanti in questi tempi rispetto allo spazio italico. Non ci interessa chi sia l’autore, solo ciò che dice che, anche visto il sito l’accoglie, è il tipo d’arguire si ritrova diffuso ed accettato. È comparitibile con ciò si deve dire senza entrare in rotta di collisione con le vulgate accettabili dalle banalità, per nulla veritiere, anzi ben finalizzate ed interessate, delle propagande ufficiali, quelle per cui un magico giorno apparvero dei giustizieri che colpirono ed affondarono il Male sebbene poi i travagli del destino non abbiano condotto al trionfo del Bene. È questo ciò che si vende nelle accademie d’ogni genere e prospettiva sull’ultimo italico decennio e mezzo.

Il breve saggio è infatti centrato o finalizzato ad altro, alla questione dei senatori erroneamente attribuiti secondo la lettera della nuova legge elettorale, oppure esattamente attribuiti secondo gli intenti dichiarati da chi la legge ha almeno in quello mal scritto e fatto approvare, in occasione delle elezioni politiche del 2006.

Lasciamo stare, anzi tocchiamo solo marginalmente in questo paragrafo, le solite confusioni teorico-concettuale da militanti di partito, il partito quirinalizio qualunque sia il sottopartito, che l’autore propina. Se si usa il concetto di formula non maggioritaria, dunque di formula maggioritaria, si dovrebbe specificare, sulla base della stessa terminologia, dove nella nuova legge elettorale non c’è e dove c’è la formula maggioritaria. C’è formula maggioritaria a livello di circoscrizione regionale per il Senato ed a livello di circoscrizione nazionale alla Camera, e precisamente ci sono formule maggioritarie consistenti in un premio di maggioranza relativa. L’autore usa invece altra dizione, per confondere sulla questione maggioritario e non maggioritario. Solo verso lal fine del saggio c’è un riferimento all’“utilizzazione di strumenti maggioritari (dal collegio uninominale maggioritario allo stesso premio di maggioranza)”, assumendo dunque il premio di maggioranza nella categorizzazione strumenti maggioritari. Anche in questo l’autore non è per nulla preciso. Confonde e propina confusioni. L’uninominale di collegio è una cosa. Se proprio lo si vuole includere nella categorizzazione strumenti maggioritari la si dica tutta: è un maggioritario pigliatutto di collegio, e null’altro, dunque un non maggioritario nazionale. È vero che la letteratura l’origine anglofona lo colloca, e sbaglia, tra i maggioritari. Da quelle parti hanno l’attenuante che votando in pratica per il capo del governo (tale è la Costitutione materiale, in genere, in quell’area) dunque in un constesto bipartitico (che, lo ripetiamo, dipende dalla Costituzione materiale, non dalle leggi elettorali) accademici non rigorosi hanno finito per confondere l’uninominale di collegio, dove c’è, per la sorgente, anziché per l’elemento irrilevante e non maggioritario nazionale, del maggioritarismo istituzionale. Un premio di maggioranza nazionale è aspetto del tutto differente, rispetto all’uninominale di collegio, perché davvero maggioritario dal punto di vista di garantire, almeno a priori e sulla carta [**], una maggioranza di governo[***]. Altra cosa ancora sono maggioritari regionali che, nel contesto d’una elezione nazionale e per il governo nazionale, non sono certo maggioritari nazionali ma solo stemperamenti (inevitabilmente di parte, almeno nelle intenzioni) di super-concentrazioni regionali di partiti o coalizioni. ...È il bicameralismo perfetto, coi giochetti che ha sempre consentito. Neppure prima del golpe [il principale, 1992-93] quirinalizio c’era la stessa legge elettorale per le due Camere. Il bicameralismo perfetto... Una boiata, per usare un linguaggio elegante. Troppo semplice sopprimere il Senato. La Costituzione “di Berlusconi” lo riduceva a Camera delle Regioni senza influenza sulla fiducia/sfiducia al governo e sulla legislazione strettamente nazionale, oltre che in posizione subordinata in caso di conflitti con la Camera [nazionale]. Era troppo pure quello. Hanno forsennatamente attaccato anche questa felice innovazione con la motivazione che “spaccava l’Italia” e, nel contempo, con la motivazione opposta, che era troppo centralista. La univ-spaccava o la spaccav-univa, hanno detto, accademici di partito inclusi. Tale è questa Vostra Italietta finta e compradora.

Il saggio inizia con un ardito: “La crisi di regime del 1992-93 ha comportato forti innovazioni, ma non ancora una stabilizzazione del modello istituzionale. In effetti, il mancato chiudersi del riallineamento partitico vede oggi l’indebolirsi oltre ogni modo dell’impianto costituzionale originario del 1948 sulla base di una innovazione istituzionale incrementale sempre più massiccia ed incisiva. Il nuovo sistema elettorale in senso stretto per le due Camere, approvato in zona ‘‘Cesarini’’ nel dicembre 2005 ([...]) ha riaperto i giochi e rinviato sine die la auspicata conclusione della transizione.
“Nel primo semestre del 2006 si sono tenute: elezioni generali con il nuovo meccanismo di trasformazione dei voti in seggi, elezioni amministrative importanti ed il referendum confermativo della novella della seconda parte della Costituzione approvata dalle Camere nel secondo semestre del 2005. Questi tre appuntamenti hanno certificato la persistenza della ‘‘transizione infinita’’.”

Il tutto ridonda d’ideologia che, come tale, non ha alcuna vera attinenza con dinamiche reali o storico-reali. La Verità non esiste. Esistono tuttavia formulazioni teoriche, o “teoriche”, e fattuali che di sicuro non sono neppure possibili verità.

Procediamo per cerchi concentrici, dall’esterno all’interno, al nucleo centrale delle mistificazioni.

La mistificazione più risibile è sull’esistenza di una transizione e che tre eventi, di cui due del tutto irrilevanti, sia a fini istituzionali che politico-istituzionali, l’abbiano tenuta aperta. La concettualizzazione è mutuata dal teatrino politico che s’alimenta sui vaneggi della transizione e del modo per fingere concluderla. Non concludendosi, questa transizione immaginaria del teatrino politico, si dovrebbe arguire che o non esista, o non vada conclusa, o renda più al teatrino politico tenerla aperta e discorrerne, sempre che davvero esista mai. Ma non esiste. Non è mai esistita. Il golpe principale, la Grande Purga del 1992-93, è andato veloce. Scalfaro Presidente si fa subito l’Amato-I, governo del Presidente.

[1] La transizione. Transitio. Da transire. Oppure transitionem, da transitus, participio passato di transire. Passare o andare attraverso o transitare. Per una dinamica storica od istituzionale, salvo assumere un apodittico essere sempre in epoca di passaggio significa passare da un qualcosa in genere noto ad un qualcos’altro d’una qualche definibilità.
L’operazione ideologica sottostante all’affermazione della “transizione infinita” è semplice. Rifiutarsi di vedere, od occultare agli altri, se lo si è visto, che la transizione è avvenuta e s’è già in un’“epoca” istituzionale o politico-istituzionale ben definita seppur con caratteristiche se non proprio di instabilità di una qualche sfocatezza od incertezza. Oppure, se la transizione non è avvenuta, un sistema in “transizione infinita” è in condizione di forte trasformazione permanente, cosa del tutto irrealistica per sistemi complessi a meno d’assumere un tautologico movimento continuo della materia e delle cose viventi. La transizione è avvenuta. Da partitocrazia a quirinaliziocrazia. Troppo semplice perché i geni possano vederlo. ...Ed anche geni troppo furbi.
La transizione è avvenuta, ed in un periodo piuttosto breve. Essendo avvenuta con varie peculiarità e non potendosi/volendosi ammettere un colpo di Stato o sovversione intra-istituzionale o rivoluzione pur di palazzo e di palazzi, s’è inventata la favoletta degli angeli vendicatori magicamente apparsi che, tuttavia, fermati dalla sorte avversa hanno condotto ad una “transizione infinita”: della serie t’apro le porte della prigione cupa e malsana ma tu vuoi restarvi. Per fortuna, Fulco Lancaster è serio, nell’esposizione. C’evita del tutto la favoletta colorata e colorita. Si limita ad una constatazione, secondo lui ed altri, d’una “transizione infinita”. Che è comunque una contradictio in termini oltre che fattuale.
Col 1992, già sotto il Presidente della Repubblica e del CSM Cossiga e col suo incoraggiamento personale e diretto, almeno a Milano, almeno nella persona di Antonio Di Pietro, per quello che se ne sa [è tutto pubblico!], inizia l’assalto diretto e frontale al sistema politico, a tutto il sistema politico. Si parte dal Centro, la persona di Craxi. Lasciamo stare che le intenzioni di taluni potessero essere differenti, forse, all’inizio. Qui non lo so, né importa. Quello che qui ci interessa è che si prendono degli investigatori con procuratori di supporto, oppure dei procuratori con investigatori di supporto, oppure degli “operatori-unici” detective-procuratore, e si distrugge tutto il sistema politico della Costituzione del 1948, quel sistema politico che s’organizza già col 1942, nella clandestinità e poi si forma nelle vicende del servaggio anglo-americano-russo e successive, mentre altri restano sotto il servaggio tedesco finché è gradito e possibile. Insomma, quella cosa che viene fuori dal quel grande rimescolamento gattopardesco ed affare che è una guerra, anche quella guerra, dove chi vince [non l’Italia, né italici] si deve creare le sue forme di dominio. Essendo il sistema politico post-bellico parte integrante ed essenziale della Costituzione materiale che esprime la Costituzione formale del 1948 e la fa vivere concretamente [****], affondato quel sistema politico il regime Costituzionale del 1948 non esiste più. Si passa da un regime di democrazia parlamentare fondato sui partiti ad un regime presidenziale-quirinalizio fondato sul trasformismo parlamentare. Già col Governo Amato-I s’è in questo regime presidenziale-quirinalizio. Il colpo di Stato intra-istituzionale o rivoluzione intra-istituzionale è compiuta col Governo Ciampi e le forme di guerra civile intra-istituzionale, “il 1993”, che l’accompagnano. Difficile sempre datare con precisione in queste cose, né io ne ho la passione. Meglio i fatterelli “spia” in un quadro concettuale permetta di leggere le cose. Chessò, un Giuliano Amato, “capo” del governo [del Presidente Scalfaro] che corre frenetico tra Palazzo Chigi ed il Quirinale per ogni cosa, e non necessariamente per indole sua, ma perché obbligato dalla situazione del periodo è il Palazzo d’Inverno già assaltato e preso, è il golpe o rivoluzione già avvenuti. ...che poi altre al golpe od ai golpe ci debba essere il terrore quirinalizio, con corollario di “fucilazioni”, “scontri”, guerra civile... ...si rivada al periodo, ai “fatterelli” d’allora.
Con le elezioni del 1994, la “transizione” è già finita. Le elezioni del 1994 sono la formalizzazione della dittatura del Quirinale. I partiti della Costituzione del 1948 non ci sono più. Nessuno d’essi sopravvive al golpe ed alla transizione [il terrore quirinalizio] di regime istituzionale. Al massimo, di qualcuno, sopravvive l’etichetta, anch’essa presto nascosta o dismessa. Il passaggio si realizza è, comunque, istituzionale, di Costituzione materiale, da un regime parlamentare partitico ad un regime quirinalizio, da partitocrazia a quirinaliziocrazia. Non è tanto, né solo, un passaggio, una transizione, di forma politiche.
Il carattere debole delle soluzione non istituzionalizzata né istituzionalizzabile di “dittatura” a-democratica (perché senza alcuna legittimazione democratica) del Quirinale, in osmosi col blocco buroligarchico l’ha promossa, spiega la sua estrema sensibilità ad ogni sollecitazione. Sono persino allergici se n’alluda. Eppure l’equilibrio pur debole ed instabile s’è mostrato di fatto durevole. Ha superato la velletarietà d’un Parlamento già nelle urne quirinalizio nel 1994. Ha riassobito, seppur con persistente conflittualità, la variabile (politica e di potenziale differente prefigurazione istituzionale) non autorizzata e temuta, la variabile Berlusconi. Gestisce il trasformismo parlamentare, ora per asservire ora per affondare governi, per la “gloria” del Quirinale e del suo blocco di riferimento e rappresentanza.

[2] Ai fini di una eventuale transizione da questo regime quirinalizio a qualcos’altro, dei tre elementi citati da Fulco Lancaster, l’unico rilevante è una Costituzione di rottura del regime quirinalizio. Tale era la riforma costituzionale “di Berlusconi”. Affondata con un plebiscitario 61% referendario, quel 61% ha rappresentato un trionfo del Quirinale-buroligarchia, come significato da un Napolitano che nei libri scrivera, di fatto, di volere una Costituzione alla Berlusconi, ma come Presidente s’è poi mostrato ben lieto del massimo poter per la sua persona posta, nel Quirinale, a capo del blocco oscurantistico buroligarchico. L’esito delle elezioni politiche e delle amministrative non significa nulla. Avesse trionfato Berlusconi od avesse trionfato davvero Prodi, sarebbe stato ininfluente ai fini istituzionali. Ed anche ai fini del governo reale, nel contesto dato, dove il governo reale è al Quirinale, non a Palazzo Chigi.
E, tuttavia, le Costituzioni non nascono dal nulla. La Costituzione “di Berlusconi” è stata una avventura intellettuale. Null’altro. Non sarebbe stata possibile con larghe maggioranze ed intese, visto il servaggio quirinalizio di tutto il blocco populistico-“sinistro” ma pure, in vario modo, di parte almeno di quello del liberalsocialismo di Berlusconi e soci politici. Non era possibile passasse al refendum Costituzionale senza un colpo di Stato o rivoluzione od autodisgregazione del regime quirinalizio. In piena dittatura quirinalizia ecco che qualcuno, pur al governo formale e pur rappresentativo di maggioranze elettorali e sociali, butta sulla pubblica piazza per formale approvazione una Costituzione che segnerebbe il passaggio dalla dittatura quirinalizia ad una democrazia parlamentare e governativa. Pur nella debolezza quirinalizia non poteva passare per un banale voto pro o contro dei cittadini o sudditi. Sarebbe occorso altro. Infatti, gli stessi la approvano in Parlamento, poi la nascondono, evitano lo scontro e la mobilitazione attorno ad essa e per essa. Insomma, una pura avventura intellettuale, del tipo ecco quello che siamo capaci di fare sulla carta. L’hanno scritto e consegnato al macero. Ci fosse stata anche solo qualche possibilità passasse al referendum Costituzionale, il Quirinale non l’avrebbe fatta passare in Parlamento. Udc, Lega, An, procure, ...sull’arte del non fare e dell’ostruire è fondata Italiozia, ...il Quirinale qualcosa avrebbe usato per non farla passare neppure in Parlamento. ...Salvo sconfitte/vittorie sul campo, per cui una Costituzione rinnovata anche solo in qualche elemento chiave formalizza od accompagna un differente equilibrio.
Dopo la plebiscitazione, a giugno 2006, del regime quirinalizio sono possibili solo rettifiche Costituzionali rendano ancor più debole, in termini istituzionali, ogni opposizione ad esso, salvo naturalmente un’autodisgregazione del regime quirinalizio stesso (...che quanto a proprie debolezze, assolute inettudini, inconcludenze, autoputrefazioni, non cerca neppure di nasconderle) od un qualche efficace assalto contro esso che porti al trionfo della democrazia contro la quirinaliziocrazia. Il fascio liberalsocialista di Berlusconi e soci politici, non differentemente dal fascio populista-“sinistro”, s’è ben guardato dall’andare all’assalto, anche solo verbale-propagandistico, della dittatura quirinalizia sebbene lo stato di cose presente sia largamente impopolare nello spazio italico.
...Impopolare, percepito ma non compreso nei termini precisi a livello di massa dato che la dittatura del Quirinale è, se non proprio occulta, riservata. Se un po’ tutti i media sul mercato non osano sgarrare, ma anzi osannano oppure tacciono, si supponga pure che se hanno paura o “prudenza” avranno ragioni per averla. Il Presidente “bacchetta” ed è anche in ciò istituzionalemente eversivo, ...non fosse che la Costituzione del 1948 non esiste più come Costituzione materiale vigente. Il governo reale del Quirinale, ancor più eversivo, ...non fosse che la sovversione Costituzionale col passaggio dei poteri dal Governo e Parlamento (pur già deboli nella struttura istituzionale italica) alla Presidenza della Repubblica s’è già completata da tempo [*****], è un governo silenzioso (“esternazioni” a parte, ...già il presentarle come banali “esternazioni” da parte dei media...) ed il cittadino o suddito non capisce del tutto che quell’agitarsi Presidenziale attorno alla politica corrente è una punta d’iceberg d’una straboiccante attività di governo quirinalizio a tutti i livelli. Ci pensano comunque i media a presentare il tutto come normale ed il Quirinale come un’entità sacra, oppure a non contraddire tale diffusa rappresentazione semmai qualche fonte mediatica nell’intimo non la condividesse e non s’associasse a questo martellante condizionamento.
Governo quirinalizio senza legittimità né controllo democratici. Al controllo democratico (pur coi limiti della Costituzione non davvero democratica del 1948: l’elettore non vota chi possa attuare veramente dei programmi, vota altro), oltre che delle procure del Quirinale, è sottoposto chi non governa nulla pur avendone il titolo formale. Pure il governo quirinalizio è un governo debole, debolissimo, nel disastrato contesto italico dove un po’ tutto è largamente fuori controllo: non vogliamo [s]mitizzare nulla e nessuno. Lo stesso gioco al massacro contro il governo Prodi, la farsa infinita d’una finanziaria che cambia con la velocita dei prezzi di Weimar, viene dal Quirinale. Il governo formale non può dirlo. Ci son troppe mani che s’incrociano, e non certo quelle dei mille partitini. Lì stacchi il telefono... ...oppure metti uno “a prender nota”. Anche nel far disastri, Prodi, Visco e Padoa Schioppa, farebbero tutto in silenzio e con più maestria. C’è invece chi interferisce e poi è come se ne vantasse per affossare la volontà democratica di chi ha votato per propri rappresentanti (sempre che i risultati delle elezioni siano fedele trascrizione dei voti davvero espressi dagli aventi diritto) che a loro volta dovrebbero esprimere e controllare un governo. Il discredito in corso di Prodi e soci politici sono operazioni quirinalizie alla 1994: un Quirinale si legittima e rilegittima costantemente dimostrando che l’eletto non vale nulla e che l’elettore ha scelto male, alias che non sa scegliere. La dittatura quirinalizia, transizione compiuta [già dal 1992-93] ed al peggio, nei tempi di Maastricht, e per le esigenze della compradora e non competitiva buroligarchia italica di fronte alla UE, del già debole ed instabile regime parlamentare partitico, è un’evoluzione sottosviluppista che solo in un contesto di dipendenza di tipo colonial-compradoro poteva avvenire senza reali ed efficaci opposizioni. L’opposione c’è stata. Ma non efficace, visto che nel peggio verso cui il regime parlamentare partitico della Costituzione del 1948 è evoluto, facendosi distruggere e sostituire dalla quirinaliziocrazia, esso è restato pienamente, seppur incertamente, stabilizzato ora da più d’una dozzina d’anni dalla transizione conclusa e senza che s’intravveda alcuna via d’uscita verso meno funesti lidi. ...funesti da punto di vista dell’efficienza e della competitività sistemica; dal punto di vista dei superstipendiati di Stato, “privati” e della buroligarchia, e relativi clienti, i lidi sono eccellenti. Appunto, non si possono applicare categorie da Stato normale, da “grande potenza”, ad uno Stato d’origine e permanenza di tipo coloniale compradoro. Altro errore teorico-metodologico che condanna i cantori di regime alla sterilità analitica.
Fulco Lancaster fa tante chiacchiere, seppur veloci qui, per non dire che l’unica cosa intoccabile davvero nelle architetture costituzionali sottosviluppiste italiote è il concetto il sistema di governo che è poi l’elemento discriminate tra democrazia vera e sue parodie. I cantori di regime hanno obbrobrio delle democrazia. Per questo, nella penisola italica se n’è sempre scritto troppo ma di istituzioni democratiche non se ne vedono tuttora. Democratico ha assonanza con efficienza sistemica e forte competitività internazionale. L’“andreottismo” dei parlamenti pure rappresentanze della società e dei governi graditi ai poteri buroromani e buroligarchici, pur tuttora imperante, non ha nulla a che fare con la democrazia. Democrazia è quando l’elettore decide chi governi e per far cosa, e gli investiti possano davvero farlo.

Le mistificazioni storico-concettuali sono sempre figlie di tanti elementi. Nell’arguire su citato si affastellano tanti, troppi, punti senz’alcuna base. Si chiama “crisi di regime” il crollo del 1992-93. La “crisi di regime” ci sarà stata prima se, nel 1992-93, il regime parlamentare partitico viene annientato e crolla sotto i colpi di procure, con relativi investigatori, protetti dal CSM-Quirinale mentre i media della buroligarchia fanno gli schiamazzi di contorno alla Granda Purga e ne profittano con megapredazioni, che sono la base materiale dell’operazione. Capaci-Scalfaro-AmatoI-GrandePurga-GrandePredazione sono passaggi avvengono ad una velocità tale (anche solo i primi tre, mentre il terrore quirinalizio è già in pieno corso, pur iniziato da poco), che quella non è la crisi. La crisi ha lavorato a lungo, prima. Quello è il crollo. È storia. Ci se la veda oltre gli imperativi del dover dire per opportunismo di regime. Quanto alla crisi di regime, si inizi da quando si vuole. Non c’è mai il momento magico, né nella realtà, né negli studi e nelle analisi. Si può partire dalla crisi Moro [crisi Moro, come momento; anche lì una crisi di aspetti del regime deve aver lavorato a lungo prima dell’evento lasciato accadere e gestito da centrali di regime, a cominciare dal governo d’allora], o dalla rottura successiva dello stesso partito dell’olocaousto moroteo che si scinde con scontri finanziari e relativi interventi esteri [i londinesi sono particolarmente evidenti allora quanto, forse, evitati nelle analisi], così come si può partire da prima, se si crede. Il crollo del 1992-93, che è crollo della Costituzione materiale post-bellica, è la fine, seppur debole, di crisi o cicli precedenti ed l’apertura di un ciclo o di cicli differenti. L’“innovazione istituzionale incrementale sempre più massiccia ed incisiva” la vedrà Fulco Lancaster... a meno che non ci riferisca al salto dalla Costituzione materiale post-bellica alla dittatura quirinalizia, dalla partitocrazia alla quirinaliziocrazia. Ma, lì, il tutto è avvenuto all’interno dello stesso quadro formale. I mille cambiamenti dell’uno o dell’altro articolo della Costituzione scritta non hanno cambiato l’impalcatura di base dello Stato basato su un governo debole e non democratico. Uno Stato è la sua struttura amministrativa. Il Governo non la controlla. Il Parlamento tanto meno. L’elettore vota partiti o fasci che non sono strutturalmente [ragioni d’architettura Costituzionale-istituzionale] in grado di attuare i loro programmi. Non è vera democrazia formale ma puro clientelismo od atto di fede. Infatti, dal 1945, nella penisola italica, funziona tutto progressivamente peggio, a livello d’apparati Statali o “pubblici”, ed i modo più costoso. Non è questione di complessificazione degli apparati statali, bensì di loro produttività, di rapporti-costi benefici, che nella penisola italica sembra aumentare in valenze negative: si spende per star peggio, con “logica” tipica da Stato predatorio-sottosviluppista. L’unico intervento Costituzionale, su questa architettura complessiva, che abbia superato il vaglio parlamentare è stato la Costituzione “di Berlusconi”. Non è mai stata promulgata a seguito di vittoria del referendum ostativo. I mille altri interventi su una Costituzione nata confusa ed inconsistente dalla sconfitta bellica e successiva occupazione estera sono stati su dettagli irrilevanti ai fini dell’efficienza del governo e della sua democraticità. Lo stesso passaggio dalla partitocrazia alla quirinaliziocrazia avviene semplicemente demolendo in pochi mesi i partiti avevano appena vinto un’elezione e di fatto pure quelli l’avevano persa. Cosa impossibile in uno Stato con una architettura Costituzionale solida salvo un immediato parallelo cambio di Costituzione formale. Ad una Costituzione materiale con una Costituzione formale pasticciata togli una gamba essenziale ed ecco che hai una Costituzione materiale del tutto differente. Il Quirinale che “segue” i lavori parlamentari e le singole leggi, così come “segue” i lavori del Governo formale volendo conoscere in anticipo ciò sarà poi sottoposto formalmente ad esso stesso Quirinale, quando addirittutura non ordina (vedi governi Amato-I, Ciampi, Dini, ma non solo), oltre a pretendere la copartecipazione alla nomine di responsabilità governativa ma anche anche parlamentare, non c’è in Costituzione. Anzi, nel principio di irresponsabilità del Presidente della Repubblica, c’è il contrario. Di questo si preferisce non parlare. Anzi, se ne parla ...parlando d’altro. Parlar d’altro è appunto ridurre il tutto ad un “mancato chiudersi del riallineamento partitico” che “vede oggi l’indebolirsi oltre ogni modo dell’impianto costituzionale originario del 1948 sulla base di una innovazione istituzionale incrementale sempre più massiccia ed incisiva.” Davvero?! “Il nuovo sistema elettorale in senso stretto per le due Camere, approvato in zona ‘‘Cesarini’’ nel dicembre 2005 ([...]) ha riaperto i giochi e rinviato sine die la auspicata conclusione della transizione.” Addirittura?! Ma va!!! Ecco il futuro radioso è sempre lì e poi c’è il coitus interruptus da apparizione di un qualche demone, anzi sempre lo stesso demone. Ora cosa s’è inventato? Oh, una legge elettorale senza cui ci sarebbe stato il futuro radioso. Ah, ecco, la “la persistenza della ‘‘transizione infinita’’” continua ad esser infinita. Chiamiamola “la transizione permamente” ed abbiniamola alle rimembranze ad ogni alzabandiera e giuramento alla Repubblica per ricordarsi dove s’è, e si aggiunga pure, per dovere quirinalizio, che è permanente perché c’è quel demone che sempre s’insinua in ogni momento fatidico di soluzione. No, scusate, la transizione era già finita, poco dopo essere iniziata, con la liquidazione del sistema politico nel 1992-93. È che si sono “dimenticati” di dirvelo. Allora mandano i loro scribacchini a menarvela. Non sarà, terra-terra, che il governo reale del Quirinale è perfino peggio del governo formale già disastrato cui pretende sovrapporsi? Troppo semplice. L’accademico e la stampa “colta”, vi devono parlare di grandi valori. È il loro lavoro di manipolazione di cui voi siete l’oggetto ed il pane [loro] ad impor loro d’illuminarvi. Tutto va male per colpa di quello lì, il demone. Meno male che ogni tanto quel signorone che, guarda che caso!, c’è sempre parterno come Presidente, interviene consolatorio tra folle osannanti.

Sia il regime parlamentare partitico che la dittatura quirinalizia hanno tenuto e continuano a tenere in cittadino o suddito distante da ogni decisione democratica sul governo. Il governo è cosa esclusiva, anche formalmente alla fine, del potere occulto buroligarchico e solo d’esso. La democrazia politica, al contrario, per quanto poi gli interessi sappiano farsi strada in qualunque forma politico-istituzionale, ed è anche normale ed inevitabile ciò avvenga per quanto senza politica forte ciò si traduca solo in predazione [è la Storia dello staterello italico dall’inizio! ...una lunga storia di predazioni, ai danni d’un po’ tutti i sottoposti, sotto la maschera “dello Stato” e “del governo”], è la possibilità di decisione formale su chi governi e per fare cosa. Il “bipolarismo” [che tra l’altro esiste dal 1945, seppur nei primissimi anni con entrambi i poli formalmente nel governo: Stato compradoro ===> @ “amicizia” inglés-slava => governo vatican-“comunista”, ===> @ guerra fredda => teatrino italiotico con lo scontro papisti versus “comunisti”] è tanto esaltato proprio perché continua a tenere il cittadino o suddito fuori da ogni decisione sul governo. Si vota, quasi, raccontano al popolo incredulo, il capo del governo. Ma siccome poi costui non conta nulla, presiedendo solo un soviet con ineliminabili minoranze di paralisi e ricatto decisive che godono di solidi appoggi quirinalizio-buroligarchici, quand’anche la stessa maggioranza “ricattata” e “paralizzata” non sia essa stessa del tutto quirinalizio- buroligarchica come invece essa felicemente è col govenicchio uscito dalle elezioni del 2006... Se non è zuppa, è pan imbrodato reciterebbe qualche dotto accademico potesse esprimersi liberamente.

Il nucleo centrale della mistificazione e dell’inganno sta proprio nella difesa della dittatura a-democratica ed anti-democratica contro l’essenza della democrazia: determinare il governo reale. ...salvo concezioni all’andreottiana, per cui “democrazia” sarebbe il comitato di rappresentanza di tutte le istanze di fatto sociali [costa meno un Cnel ad estrazione casuale o, meglio, a costo zero per “lo Stato”, dibattiti sulle TV private se vi sia un pubblico s’appassioni e dunque la cosa traini pubblicità commerciale] più largo possibile “perché sennò fanno i terroristi”, che è chiaramente una suadente e convincente stravaganza seppur del tutto infondata e detta per altri fini, vista l’acutezza di chi l’ha proferita e forse di tanto in tanto la proferisce tuttora. I Parlamenti nascono prima per controllare il governo reale, sulla base della regola che “chi paga” [come ogni espressione si può intepretare in mille modi: lasciamo qui l’immagine grezza senza troppe complicazioni] deve sapere per cosa paga e limitare e, tendenzialmente, eliminare l’arbitrio regio sulle spese. Chi paga deve determinare per cosa si spendono i propri soldi: ecco l’essenza della democrazia. Chi paga deve pagare senza occuparsi di quel che fa il manovratore: ecco l’essenza dei poteri e governi occulti.

Infatti il cantore di regime recita diligente: “D’altro canto il rafforzamento del Premier a scapito di tutti gli altri organi costituzionali, ed in particolare del Presidente della Repubblica, finiva — da un lato — per rompere ogni equilibrio istituzionale, dall’altro per diventare illusorio se lo stesso non può contare su una reale capacita di gestione dell’indirizzo politico.” Seguono, nel testo del saggio, affermazioni ulteriori, discorsivamente connesse, seppur del tutto logicamente e fattualmente sconnesse, la cui unica funzione è di stigmatizzare il pericolo cui ci si trova di fronte, che, per il cantore di regime, è che trionfi la democrazia rappresentativa (l’elettore che decide il governo reale e chi lo controlla, Primo Ministro e Parlamento) contro, invece, il governo reale dei poteri occulti ed irresponsabili (il Presidente della Repubblica che pretende di governare, anziché fare il notaio, governando in modo del tutto a-Costituzionale ed anti-Costituzionale). Il terrore del diligente cantore di regime è proprio che non c’era nulla di “illusorio” nella nuova Costituzione, e che c’era davvero “reale capacita di gestione dell’indirizzo politico” da parte del Primo Ministro pur sotto controllo parlamentare, il tutto rafforzato dal democraticissimo che se la maggioranza parlamentare uscita dalle elezioni si fosse dissolta la parola sarebbe riandata agli elettori. Irrilevante, invece, per la Costituzione “di Berlusconi”, se si fosse “dissolto” solo il Primo Ministro eletto dagli elettori. Infatti la stessa maggioranza avrebbe potuto esprimerne un altro differente, ed eventualmente altri ancora successivi. Il cantore della dittatura quirinalizia non può che denunciare ciò, la democrazia piena, come terrificante proprio perché dissolutrice del potere occulto quirinalizio, la dittatura del Presidente della Repubblica, la quirinaliziocrazia domina pressoché incontrastata da un decennio e mezzo.

La nota di colore, clownesca, è che gli stessi hanno affossato la Costuzione democratica di Berlusconi, quando devono poi proporre qualche soluzione alla debolezza Costituzionale ed alla correlato corso sottosviluppiusta di quel che resta dello staterello italiotico che si trascina tra proliferazione di politicanti e di strastipendi ed assegni per gli stessi e appannaggi a pioggia per tutta la buroligarchia, tirano fuori, a parole, una dopo l’altra, pressoché tutte le stesse innovazioni affossate affossando la Costituzione democratica “di Berlusconi”. Vaniloqui. Dunque permessi. Il fare andava cassato. Ecco l’essenza spirituale della dittatura quirinalizia e dei poteri occulti buroligarchici con essa sono al governo reale.

Lo stesso sedicente “partito del fare”, comunque, non poteva ridursi ad un testo splendido elaborato ed approvato quasi vergognandosene e poi consegnato, taciturni, alla cassazione referendaria mentre si scatenava la propaganda buroligarchica del partito del Presidente delle Repubblica e della buroligarchia. Parlamenti e democrazie, e poi i loro governi, sono nati sulla forza di chi pagava, non sulla soggezione alle dittature quirinalizie [comunque si chiamassero nel concreto i palazzi dei monarchi dei vari luoghi].

Ad ognuno il suo. Non facciamo sconti.


[*] http://www.associazionedeicostituzionalisti.it/dossier/legge_elettorale/lanchester.html
[**] I partiti possono, poi, anche disgregarsi ad eletti incassati. Ma ciò fa parte delle cose della vita e che comunque non si verificano ogni giorno. Ciò che si verifica ogni giorno, nella penisola italica, ma dipende dal sistema istituzionale, non dalle leggi elettorali, sono i gruppetti d’eletti di ricatto, dunque il non governo. Quel non governo che il partito quirinalizio ed i suoi propagandisti operano per perpetuare all’infinito, perché così opera meglio il governo occulto quirinalizio-buroligarchico.
[***] La vera garanzia ed assolutamente democratica la si trovava nella Costituzione “di Berlusconi”. Se la maggioranza uscita dalle elezioni non appoggiava il Primo Ministro e non riusciva ad esprimerne un altro si riandava al voto. Troppo semplice e ben fatto. Essendo un attacco intollerabile al governo occulto quirinalizio-buroligarchico, la Costituzione rinnovata andava cassata [per via referendaria].
[****] A leggere e studiare, con attenzione alla lettera, quel pasticciaccio inconsistente si stenta a credere qualcuno potesse farla vivere. Ancora più essenziale, dunque, il ruolo dei partiti post-bellici per l’esistenza di quella Costituzione come era stata concepita, pur mal’espressa, forse pur mal’intuita, da quei pasticcioni dei “padri” e “madri” Costituenti, non dubitiamo sotto attenta supervisione inglés, vaticana e russa [Togliatti ridivenendo cittadino italiano come ha regolato quel suo essere divenuto, nell’interludio, cittadino sovietico? ...e di che livello se, nel 1944, dopo altri rilevanti servigi in varie aree del mondo, viene spedito come agente specialissimo di Stalin in persona, e con cooperazione ed assistenza anglo-americane, con competenze per tutta la penisola italica!].
[*****] Si vedano il Terrore e la Grande Purga del 1992 ed anno successivo, con quel che succedeva a Parlamento e Governo mentre il Quirinale sguazzava e sgovernava eccitato tra le macerie da esso stesso, e blocco sociale compradoro connesso, prodotte.