28 March 2013

Letter from Lhasa, number 309.
Ferrari & Testimone del Tempo


Letter from Lhasa, number 309. Ferrari & Testimone del Tempo
by Roberto Abraham Scaruffi

Biagi, E., Ferrari. Testimone del Tempo, Rizzoli Editore, Milan, Italy, 1980.
(Biagi 1980).
Enzo Biagi


Due libri, in un volume, del talvolta tanto discusso Biagi che visse tranquillo nell’Italietta democristo-socialisto-picciista-azionista-etc e degli Agnelli[-Mediobanca] & Co. che predavano felici i soldi di tutti, ma che poi reagì stizzito al “conflitto di interessi” dell’outsider gettatosi direttamente ed apertamente in politica nel gennaio 1994.

Prima (del 1994 o del 1992), non si era mai afflitto per interessi né per conflitti? Lasciamo ai biagiologi sì ardua questione. 

Anche leggendo questo libro, queste due opere, mi resta il dubbio, che è una valutazione, se il giornalista alla Biagi scopra le notizie oppure se semplicemente riporti quello altrove già creato. Accantoniamo la banalità che sia la realtà a creare le notizie.

La realtà non esiste. Bensì ne esistono le sue rappresentazioni. Le rappresentazioni sono possibili realtà. Se esiste una realtà oggettiva è questione filosofica di impossibile ed irrilevante soluzione.

Nella stessa fabbricazione della rappresentazione, esiste un livello che propone la notizia che altri divelli diffondono a livello di massa. I Biagi sono, almeno come giornalisti, come tutti “grandi nomi”, al livello dell’agitprop che si dirige sicuro nel cervello del lettore o dell’ascoltare finale.

Chessò, un apparato poliziesco-militar-giudiziario crea un colpevole che poi il giornalista diffonde come tale. È la notizia del giorno oppure giornalisti e loro editori potrebbero enfatizzare notiziole ecologiche e di salute, o esoteriche, come grande novità del giorno?

Non v’è nessuna notizia del giorno o del periodo che prema ineluttabile. Sono i vari apparati mediatici che, concordi o discordi, ti dicono che gli USA o gli UK siano stati attaccati sul loro territorio da pastori yemeniti che perfino interferivano con le comunicazioni presidenziali, oppure che i Bush-Cheney (e chi servivano) lo hanno messo in quel posto al popolino beone ordinando un mega massacro, oppure che non ne frega nulla di una cazzatina newyorkese o londinese dove qualche migliaio o qualche decina di persone sono finite al cimitero bensì che la grande notizia del momento sia la cattiva qualità delle arance od i pericoli dello zucchero, o che i consumi individuali vadano giù, e perché, sebbene il reddito ‘nazionale’ vada statisticamente sù, od i problemi esistenziali del passante casuale catapultati su uno schermo TV.     

The dream of Enzo Ferrari was to create cars. Ferrari immerge il lettore nel mondo delle gare auto e, specificatamente, nel mondo indicato dal titolo. Il lavoro è da storici. Il testo è denso, ricco di informazioni, sperando siano attendibili. Comunque lo sembrano, per cui il tutto appare ben confezionato. Sospettoso mi chiedevo se le domande da bar (da cliente ben informato ed appassionato) di Biagi fossero il modo proprio per creare una rappresentazione avvincente oppure se la stessa si creasse spontaneamente, per logica intima delle cose, pur da banali domande da bar. Il cronista basta in fondo che faccia parlare uno o vari personaggi e non importa che sia eventualmente ignorante purché non evidenzi di esserlo. Non è detto che uno storico, che costruisca tutto in modo favolistico, con una qualche logica interna decisa dallo storico stesso, possa fare un prodotto migliore o rendere un servizio migliore al lettore. Chi sarà poi il lettore? Uno che si addormenti sul libro appena aperto, che lo esibisca in biblioteca, a caccia di notizie, desideroso di una favoletta suadente, che stia preparandosi ad un esame o concorso su quelle cose? Chi può dirlo, a parte i dipartimenti marketing di grandi o ben organizzate case editrici?    

Testimone del Tempo si muove su personaggi, frammenti di interviste, che sono poi pezzi di storia. Una storia tutta particolare, forse. L’inizio è di interviste. Talune o varie, non tutte, sembrano un po’ sconclusionate. Colpa di chi risponde ovviamente. Sebbene Biagi non è che infierisca. Butta lì domande da bar e passa subito oltre. Sarà così che si fa il cronista. Sennò l’intervistato si picca e manda l’intervistatore a quel paese.

Vari pezzi restano sconclusionati. Vari intervistati improvvisano. E che non devono avere un grande spessore culturale od umano-narrativo se il risultato è quello.

Prezzolini dice delle cose.

Fo sgattaiola, butta lì castronerie e che pure sembrano tali. Peccato che non ‘confessi’ di essere stato un gappista che ha rischiato la vita mille volte in azione. No, ha denunciato chi, dicendo la verità, ha raccontato che era volontario delle FFAA della RSI. “I partigiani” hanno solidarizzato con lui, ovviamente. Mitomanie a parte, quando parla di politica, o storia che sia, si vede che non c’è. Lo è o lo fa? Uno fa il comico, il giullare, il giullare militante. Ma non è che riesca a fingere di essere un militante. Vorrebbe, ma... Perché, uno e meglio se è o si dichiara militante?! ...Mintomanie... Ottimo a far ridere. Perché cerca si fingersi ‘Napoleone’? Penoso. Biagi non trova in lui “conflitti di interesse”. La moda non era ancora stata lanciata.

Fellini non parla delle donne. Biagi vorrebbe sapere ma non osa chiedere. Lui non sembra aver nulla da dire. Un voyeur inibito a far domande ed un onanista non confesso a rispondere.

Enrico Fermi. Biagi a tavola, a casa di Fermi, moglie e figlia, a Chicago. Non che Biagi ne cavi molto. Ma almeno sono cose sensate.

Hemingway è uno che se ne intende. Biagi vuole darne una rappresentazione eroica e drammatica. Non mi sembra vi sia riuscito. Anche lì vorrebbe andare fondo, scoprire. Ma non osa. Resta sul sicuro, sull’ovvio, sul banale. Sembra affastelli, giusto per impressionare il lettore, e firmi alcune cose raccolte da un qualche collaboratore.

Kafka è egualmente troppo per Biagi, che affastella confessioni sullo stesso, per quel che riesce. Il pezzo ha il solito epilogo melenso.    

Vittorio Emanuele III. Il passaggio dalla monarchia alla repubblica. Biagi condisce tutto coi suoi toni melodrammatici. Italiozia è sotto controllo anglo-americano. Ed i Savoia avevano tradito gli inglesi. No, non si può dire. Accade tutto per caso. Enrico De Nicola ben rappresenta quell’Italietta da ridere. 

Il Processo di Norimberga. Uno di quei resoconti che non contraddicono alcun dogma corrente. Ridicolo che i tedeschi volessero attaccare l’Unione Sovietica senza essere preparati. Lo fecero in fretta e furia quando milioni di soldati e di mezzi sovietici stavano spostandosi verso il fronte occidentale per l’invasione dell’Europa che doveva scattare il primo luglio del 1941. Tutto lì il mistero dello sbandamento dell’Armata Rossa che era sui treni e per strada, non ancora schierata per l’attacco imminente, e del frastorno dello stesso Stalin. Jodl lo accenna. Non possono non impiccarlo. Norimberga serve a cancellare la storia. 

John Kennedy a Dallas. Semplicemente ridicolo che un Oswald, che lavorava per l’Intelligence militare statunitense, potesse avere sparato ad un Presidente. Lo hanno selezionato come capro espiatorio e poi lo hanno assassinato. Hanno pure assassinato chi lo ha assassinato. Del resto erano tempi di aperto terrorismo di Stato e di assassinii di Stato negli USA. Si vedano tutti gli scomparsi illustri o meno del periodo, con chiara supervisione FBI-CIA etc sulle liquidazioni. Un colpo di Stato ridotto ad uno che ammazza il Presidente senza ragione e che immediatamente arrestato nega, e subito ammazzato a sua volta... Biagi presenta comunque anche una rassegna sui dubbi ed inverosimiglianze dei casi Oswald e Ruby.

Mussolini. Una nota di colore paesana.

Hitler e dintorni. Divagazioni di discendenti.

Stalin. Un quadro familiare, etnico e forse realistico.

Neri negli USA. Malcolm X. Baldwin. Leroy Jones. Bianchi e neri. Due mondi che non si incontrano o che non si incontravano. Ora vi sono molti più mondi che non si incontrano, negli USA e dappertutto. O, forse, no. 

García Lorca. Apolitico. Non inviso né alla Falange, né ai repubblicani. Desaparecido. Non si sa dove sia sepolto. Ramón Ruiz Alonso, vivo ed a Madrid quando Biagi scrive, destra cattolica conservatrice e clericale, presumibilmente la notte-alba del 18-19/08/1936, lo preleva o lo fa prelevare, e lo ammazza o fa ammazzare, perché detestava i suoi scritti. Il generale Valdés, governatore di Granada aveva firmato la condanna. Così la racconta Biagi.  

Ribelli a Berlino. Succede. Anche i tedeschi non sono tutti uguali.


Biagi, E., Ferrari. Testimone del Tempo, Rizzoli Editore, Milan, Italy, 1980.