Letter
from Lhasa, number 368. La Bambina dalle Mani Sporche
by Roberto Abraham Scaruffi
Pansa, G., La Bambina dalle Mani Sporche, Sperling
& Kupfer Editori, Milan, Italy, 1997.
(Pansa 1997).
Giampaolo Pansa
Il libro viene
pubblicato per la prima volta nel 1997.
Il 27 giugno 1991,
il Segretario stava per morire, o così viene detto nel racconto. In effetti è
una morte metaforica. Quel giorno Wanda e Giulio si incontrano, dopo vent’anni,
dato che erano stati compagni d’infanzia. Siamo al congresso del Partito, o di
quel partito, a Bari. In effetti, nonostante la descrizione iniziale, da
ambiente para-comunistoide, dell’autore, sono i socialisti, il PSI. I partiti
sono in realtà tutti uguali. Non sono mai esistiti i partiti differenti. Sono
esistiti solo nelle propagande dei padroni del mondo, dunque del pensiero.
Il racconto, il
romanzo, è ben scritto non solo, ovviamente, nella lingua, che al giornalista
naturalmente didascalico non fa difetto. La trama è geniale, arguta ed
avvincente.
L’ambientazione è
una fresconata, nel senso che riflette, pur evidenziando, in parte, le
contraddizioni di ciò avvenne, quello che uno ha capito o non ha capito, si è
imposto di capire e di non capire, la visione luogocomunara di quella che fu la
Grande Purga del 1992-93. Fu una classica operazione di polizia segreta sotto
la direzione dell’Ambasciata Britannica, dato che furono i britannici i
creatori dell’Italiozia cosiddetta unitaria od unificata al disotto delle Alpi
e che ne hanno sempre gestito tutti i cambiamenti di forma politica,
costituzionali, della costituzione materiale, di regime.
L’autore si
identifica (ma è solo un’operazione psicologica, non un meccanismo
autobiografico) col protagonista per cui gli impone, inizialmente, la morale
rigida, una morale rigida, relativamente ad uno che si trovi tra le mani (od
affianco come usufruttuario ma, in parte, anche come ‘ereditiere’ diretto) una
somma enorme frutto di finanziamento illegale della politica. L’autore dice
‘no’ e, se dipendesse da lui, la restituirebbe “ai giudici”, alias “allo Stato”, non dicendo,
ovviamente, come tipico di tutti i moralisti o finti moralisti, che significa
restituirla alla fogna delle burocrazie corrotte che rubano e predano ben più
del finanziamento illegale della politica che continua oggi come ieri. Per cui,
è come una morale relativamente a sé stessi e che prescinde dal mondo reale,
anche se è vero che una morale sia sempre relativamente a sé stessi e non
necessariamente condizionata dall’ambiente corrotto in cui naturalmente si sia
circondati. Il tutto è ancora più complicato perché allora, secondo “la
morale”, qualunque donazione ed eredità dovrebbero essere restituite “allo
Stato” [che è poi il Moderno Principe burocratizzato (e piuttosto
delinquenzial-corrotto), non Dio od un dio immacolati] in quanto, in ultima
analisi, provenienti da un qualche latrocinio, o comunque dall’abilità di far
più soldi degli altri o di altri. La rigidità iniziale dell’autore poi si
sfuma, per cui l’autore abbandona la sua morale pseudo-giacobina [i giacobini
non erano e non sono particolarmente morali!] o lascia il punto irrisolto ma il
lettore vi legge un abbandono della morale ‘pura’ prima ostentata, nel nome di
una figlia segreta che spunta alla fine del racconto e che è restata orfana sia
del padre naturale (che aveva accumulato finanziamenti illegali poi restati lì,
non spesi per politica) e della madre che aveva ereditato la considerevole
somma accumulata, e che la lascia al protagonista che, colla compagna, diverrà
la nuova famiglia della bimba rimasta orfana. I soldi prima giudicati sporchi
vengono ora presi.
Una fresconata
l’ambientazione ‘storica’. La rigida morale ostentata dall’autore che ne esce
battuta in nome delle convenienze. Tuttavia il romanzo resta piacevole ed
avvincente, se ci si lascia prendere dalla narrazione.
Pansa, G., La Bambina dalle Mani Sporche, Sperling
& Kupfer Editori, Milan, Italy, 1997.