19 June 2015

Letter from Lhasa, number 368.
La Bambina dalle Mani Sporche

Letter from Lhasa, number 368. La Bambina dalle Mani Sporche
by Roberto Abraham Scaruffi

Pansa, G., La Bambina dalle Mani Sporche, Sperling & Kupfer Editori, Milan, Italy, 1997.
(Pansa 1997).
Giampaolo Pansa


Il libro viene pubblicato per la prima volta nel 1997.

Il 27 giugno 1991, il Segretario stava per morire, o così viene detto nel racconto. In effetti è una morte metaforica. Quel giorno Wanda e Giulio si incontrano, dopo vent’anni, dato che erano stati compagni d’infanzia. Siamo al congresso del Partito, o di quel partito, a Bari. In effetti, nonostante la descrizione iniziale, da ambiente para-comunistoide, dell’autore, sono i socialisti, il PSI. I partiti sono in realtà tutti uguali. Non sono mai esistiti i partiti differenti. Sono esistiti solo nelle propagande dei padroni del mondo, dunque del pensiero.

Il racconto, il romanzo, è ben scritto non solo, ovviamente, nella lingua, che al giornalista naturalmente didascalico non fa difetto. La trama è geniale, arguta ed avvincente.

L’ambientazione è una fresconata, nel senso che riflette, pur evidenziando, in parte, le contraddizioni di ciò avvenne, quello che uno ha capito o non ha capito, si è imposto di capire e di non capire, la visione luogocomunara di quella che fu la Grande Purga del 1992-93. Fu una classica operazione di polizia segreta sotto la direzione dell’Ambasciata Britannica, dato che furono i britannici i creatori dell’Italiozia cosiddetta unitaria od unificata al disotto delle Alpi e che ne hanno sempre gestito tutti i cambiamenti di forma politica, costituzionali, della costituzione materiale, di regime.

L’autore si identifica (ma è solo un’operazione psicologica, non un meccanismo autobiografico) col protagonista per cui gli impone, inizialmente, la morale rigida, una morale rigida, relativamente ad uno che si trovi tra le mani (od affianco come usufruttuario ma, in parte, anche come ‘ereditiere’ diretto) una somma enorme frutto di finanziamento illegale della politica. L’autore dice ‘no’ e, se dipendesse da lui, la restituirebbe “ai giudici”, alias “allo Stato”, non dicendo, ovviamente, come tipico di tutti i moralisti o finti moralisti, che significa restituirla alla fogna delle burocrazie corrotte che rubano e predano ben più del finanziamento illegale della politica che continua oggi come ieri. Per cui, è come una morale relativamente a sé stessi e che prescinde dal mondo reale, anche se è vero che una morale sia sempre relativamente a sé stessi e non necessariamente condizionata dall’ambiente corrotto in cui naturalmente si sia circondati. Il tutto è ancora più complicato perché allora, secondo “la morale”, qualunque donazione ed eredità dovrebbero essere restituite “allo Stato” [che è poi il Moderno Principe burocratizzato (e piuttosto delinquenzial-corrotto), non Dio od un dio immacolati] in quanto, in ultima analisi, provenienti da un qualche latrocinio, o comunque dall’abilità di far più soldi degli altri o di altri. La rigidità iniziale dell’autore poi si sfuma, per cui l’autore abbandona la sua morale pseudo-giacobina [i giacobini non erano e non sono particolarmente morali!] o lascia il punto irrisolto ma il lettore vi legge un abbandono della morale ‘pura’ prima ostentata, nel nome di una figlia segreta che spunta alla fine del racconto e che è restata orfana sia del padre naturale (che aveva accumulato finanziamenti illegali poi restati lì, non spesi per politica) e della madre che aveva ereditato la considerevole somma accumulata, e che la lascia al protagonista che, colla compagna, diverrà la nuova famiglia della bimba rimasta orfana. I soldi prima giudicati sporchi vengono ora presi. 

Una fresconata l’ambientazione ‘storica’. La rigida morale ostentata dall’autore che ne esce battuta in nome delle convenienze. Tuttavia il romanzo resta piacevole ed avvincente, se ci si lascia prendere dalla narrazione.



Pansa, G., La Bambina dalle Mani Sporche, Sperling & Kupfer Editori, Milan, Italy, 1997.