05 October 2011

Letter from Lhasa, number 254. La crisi dello Stato predatorio greco sta tutta in due cifre: 50% e 40%

Letter from Lhasa, number 254. La crisi dello Stato predatorio greco sta tutta in due cifre: 50% e 40%  
by Roberto Abraham Scaruffi

La Grecia è uno Stato predatorio, nel senso che preda i suoi sudditi, non solo la UE, per alimentare oligarchie parassitarie sia ricchissime che miserabili. Le oligarchie predatorie straricche si mascherano sempre dietro ad una massa di miserabili, ‘impiegati’ pubblici e privati poco pagati, variamente corrotti e che coprono dietro un ‘consenso popolare’ i predatori primari.
Italiozia non è qualitativamente differente. La crisi dello Stato predatorio italico è solo appena più controllata perché la tassazione e sempre stata più elevata, aspetto pagato con uno sviluppo-sottosviluppo prossimo allo zero. La Grecia si è mantenuta un po’ al di sopra dello sviluppo medio dell’eurozona, per sprofondare nella recessione da un triennio, in pratica con la sua crisi fiscale ora evidente e pubblica.
È una leggenda che spesa pubblica e debito pubblico producano sviluppo. Lo sviluppo, come mostrano le avanguardie tecnologiche est-asiatiche (uscite rapidamente da storici sottosviluppi tecnologici), dipende da altre variabili. Lo sviluppo può essere statalista, anzi lo è sempre anche se c’è chi ama dire il contrario. Dipende ovviamente da che statalismo, non da quello deteriore che non casualmente è proprio quello dominante nel mondo. È deteriore quando non sa coniugarsi con l’efficienza sia statuale che privata. Quando lo Stato non è gestito come un azienda, esso si trasforma in predatorio.   
Il ‘liberalismo’ come comunemente inteso è una leggenda. Anche lo ‘statalismo’ lo è. Il libero scambio non garantisce sviluppo se un’area non è ancora competitiva. Il protezionismo non garantisce sviluppo se protegge il sottosviluppo. Solo oligarchie relativamente isolate (come indicato dalla teoria e pratica del developmental State; isolate dalle pressioni particolari) possono gestire un’uscita dal sottosviluppo verso lo sviluppo competitivo. Questo è chiaro in tutta l’Asia dell’est, composta da casi da manuale su queste cose. Lo schema politologico e socio-economico non cambia per aree vogliano uscire dall’infognamento o dallo sprofondamento irreversibile nel sotto sviluppo.
Italiozia è un ottimo esempio di combinazione storica (da quando esiste, dal 1860-61) sia di infognamento che di sprofondamento nel sottosviluppo pur ai margini, ai confini, di aree ricchissime e di competitività tecnologica. È ormai mezzo secolo, dopo il breve miracolo economico post-bellico evidentemente non gradito all’Impero (che infatti ne impose la liquidazione), di rinnovato ciclo sottosviluppista italico.  
Lo sviluppo dipende da come i soldi vengano spesi e per cosa. Creare solo stipendi non è sviluppo. Tra l’altro, lo sviluppo vero ne creerebbe ben di più. Lo sviluppo competitivo crea occupazione e ricchezza. La sola occupazione e ricchezza non creano sviluppo competitivo. Tra l’altro, lo sviluppo competitivo ne creerebbe ben di più di entrambe. La sola distribuzione di stipendi ed accumulazione di ricchezza (inevitabilmente da parte di minoranze) non creano alcuno sviluppo, anzi, alla fine, distruggono ogni meccanismo di accumulazione dunque di produzione di ricchezza.
Imperi sono crollati, o si sono alla fine rapidamente esauriti, per avere accumulato ricchezza mentre distruggevano competitività tecnologica. Si può sopravvivere alla deindustrializzaione. Nessuno sopravvive alla perdità di competitività, che si si fonda sulla ricerca e sviluppo, ed alla perdita dei centri di controllo. Vi sono ovviamente aspetti contrattuali e militari, in ciò. Tuttavia, nessuna forza militare mette al riparo dalla perdità di competitività. Gli imperi solo militari esplodono ed implodono.     
La crisi greca, che non è contingente, né ha uscite prosime, né rapide, né inevitabili, sta tutta in due percentuali. La spesa pubblica è sul 50% PIL mentre la tassazione in senso lato (entrate previdenziali incluse) è sul 40%. Non che la soluzione possa essere la semplice immediata crescita della tassazione che avrebbe effetti inflazionisti ed ulteriormente depressivi di un’economia ora in pesante recessione. Anche perché l’incremento della tassazione alimenterebbe solo la predazione oligarchica e dei loro clienti. D’altro canto, le oligarchie predatorie straricche, che si coprono dietro ad una massa di piccoli clienti parassistari, non sono disposte a rompere il sistema predatorio, né altri, contro di loro, hanno la voglia od il potere o la possibilità di farlo. 
Il debito pubblico greco è o era sul 143% [o quello che è ora, a seconda delle fonti e dei trucchi contabili e dell’evoluzione fiscale greca] PIL, dato non sarebbe di per sé drammatico, seppur rilevantissimo. Il Giappone ha un debito pubblico ben oltre il 200%. Ma il Giappone è il Giappone, per quanto non è detto che lo sia per sempre.
Ovviamente, auto-intossicata da ideologie di diritto-dovere alla questua alla UE, la Grecia (governo ed apparati di propaganda) s’è sempre detta che i sussidi UE sarebbero stati illimitati. Il tipo di ideologia diffusa anche tra accademici greci era: “Intanto se spendiamo comprando beni loro, facciamo loro un favore a spendere soldi loro.” Ciò è quello raccontavano e si raccontavano e raccontano.
Basterebbe, in Grecia, come Italia, come in Germania (dove il debito pubblico è prossimo al 100% PIL ma camuffato da artifici contabili, per cui non contano quello degli Stati della federazione tedesca) etc, uno armato di pennarello per cancellare interi capitoli di spesa, spesa fatta, per almeno i ¾, di sprechi e predazioni e che produce solo o meno sviluppo o sottosviluppo. Non vogliono e non possono farlo. È tutto fuori controllo mentre ometti e donnette di Stato corrono a raccattare soldi ...solo per distruggere ricchezza, in nome delle predazioni di Stato ed all’ombra dello Stato.