Letter from Lhasa, number 335. Testimonianza storica di un ufficiale
tedesco
by Roberto Abraham Scaruffi
La pubblico come
documento storico. È ben costruito, chiaro, coerente, colto, motivato.
Riferisce la sua esperienza personale.
Ovviamente può
dire il vero come non dirlo, dove parla di quello che ha visto ed ascoltato.
Anche coloro che hanno riferito a lui possono avere detto come non avere detto
il vero con lui.
Da un punto di
vista euristico, se quanto appena detto (il dubbio euristico) vale per un
vinto, vale ancor di più per i vincitori, dunque con apparati terroristici di
Stato ancora più padroni del pensiero dei loro sottoposti come di tutti gli
altri.
Quanto da lui
scritto/detto appare plausibile. Ciò non significa vero. Plausibile significa
plausibile. Del resto, la propaganda di ogni giorno ha abituato a tante menzogne
fatte passare come vere per il solo fatto di essere ripetute ossessivamente e
suadentemente che quando uno, chiunque sia, chieda documenti storici dove in
realtà non vi sono, il lobotomizzato, o l’interessato, subito reagisca
istericamente.
Interrogato su
vicende più larghe, dà il suo punto di vista che contraddice i dogmi della
propaganda anglo-americana. Anche la sua, o quella veicolata attraverso di lui,
potrebbe essere propaganda. Tuttavia le uniche vere prove mai esibite dai
vincitori sono i filmetti che ripetono le loro tesi e che entrano suadentemente
nelle menti deboli seducendole, lobotomizzandole. La rappresentazione
cinematografica subito appare come vera nella memoria, e trasmette i valori il
film intende trasmettere.
Ciò non toglie
nulla agli enormi massacri realizzati durante l’ultimo conflitto cosiddetto
mondiale. Vi sono poi stati tanti conflitti successivi con ulteriori immani
stragi. La sua testimonianza non cambia nulla sugli stermini etnici, e non, che
ci sono stati.
Chessò, solo per
fare un mini-esempio, se su 2'091 ebrei di Roma deportati (sugli 8'000-12'000
allora in Roma), ne sono ritornati solo 101 (se i conti correntemente esibiti
sono precisi), i termini quantitativi non cambiano qualunque fossero le precise
politiche tedesche in materia. L’esercito russo violenta tutta le donne
tedesche, anche bambine, che incontra quando entra in territorio tedesco. In
misura meno sistematica, lo fa anche altrove. In Germania, è una precisa
politica dunque su ordini centrali. Gli USA evitavano di prendere prigionieri
di guerra giapponesi. Li ammazzavano subito o poco dopo averli catturati. Loro
massacri di prigionieri vi sono pure in Europa, Italia inclusa. I prigionieri
di guerra erano trattati decisamente meglio dai tedeschi che dagli Alleati che
si davano senza problemi a massacri, pestaggi, torture, denutrizioni, anche a
guerra finita. I prigionieri tedeschi, ed altri, nelle Russie, semplicemente
spariscono. Ne ritornano pochissimi. Anche gli emigrati dalle Russie, pure di
decenni prima, che gli anglo-americani regalano ai sovietici per essere
liquidati, a guerra finita, pure a guerra fredda già iniziata. Tutti sanno che
il massacro di Katyn fu opera sovietica. A Norimberga vengono, per esso,
condannati i tedeschi. La credibilità Alleata, su qualunque cosa, è tutta
lì.
Quanto alle
politiche tedesche in materia di campi di concentramento per civili, sono
tuttora oggetto di contestazione e discussione storica, pur sgradite
all’accademia ufficiale dei vincitori ed ad essi prostituita, proprio perché
troppo grande era ed è l’interesse dei vincitori ed altri a falsificare, cosa
che hanno abbondantemente fatto anche con la tortura, e con gli accademici ed i
giudici al seguito. Resta comunque il numero rilevante sia di assassinati che di
deceduti per altre cause.
Non cambia nulla,
o poco, rispetto alla realtà dei fatti che ciò sia avvenuto coi gas o senza.
Sembra piuttosto ottusità burocratica degli uffici propaganda anglo-americani
che una volta costruite delle menzogne per loro suggestive vogliano poi tenerle
in piedi costi quel che costi. Si è voluto dare a bere che i tedeschi avessero
utilizzato su scala industriale gas per assassinare civili (che hanno
assassinato in altri modi, sia diretti che indiretti, a parte quelli morti per altre
cause), mentre non li hanno mai usati per ostacolare l’avanzata nemica. Tra
l’altro il capo supremo tedesco era ossessionato dai gas, che aveva
sperimentato su sé stesso, in guerra. Non a caso, non ordina di usarli, se ne
avevano, neppure quando le orde slave sono su Berlino.
L’autore del
testo, della testimonianza (ora venduta come ‘testamento’ solo perché è
deceduto), non dice nulla, non direttamente, sull’oggetto della sua condanna.
Lui fu condannato per caso, dato che era solo un esecutore. Altri furono
prosciolti, per lo stesso reato, a parte chi ebbe la responsabilità
dell’operazione, Kappler, ma anch’egli non fu condannato per la rappresaglia
ordinatagli. Costui, il 15 agosto 1977, fu fatto fuggire dalla detenzione a
Roma, su operazione clandestina coordinata del governo italiano e tedesco, e
morì in Germania il 9 febbraio 1978.
L’operazione
delle Fosse Ardeatine era una normale rappresaglia 10:1 a seguito
dell’operazione terroristica di Via Rasella, una strage, ordinata da Giorgio
Amendola, del PCd’I. In galera, ci sono solo gli altri, non quelli del PCd’I.
Chissà chi ce li ha fatti finire o chi ha cooperato a farceli finire, e chissà
perché di questo ‘grande’ ed ‘eroico’ PCd’I non vi siano detenuti.
Giorgio Amendola
è uno che spende il suo nome, liberale e massonico, per averne in cambio, dal
PCd’I, l’accettazione in una chiesa totalizzante e per la quale lui è disposto
a qualunque crimine. Giorgio Amendola si sceglie il PCd’I che diviene la sua
ragione di vita. Dopo la guerra, si colloca a destra, nello stesso, perché è la
posizione più comoda e sicura per chi non creda a nulla, oltre al conforto la
grande chiesa possa dargli. Crede al potere per il potere, di cui resta
inevitabilmente ai margini, a parte quel suo essere muratore di un PCI di
regime. Cioè non crede a niente. Sono storielle quelle della sua reazione al
decesso, sulla soglia dei 44 anni, del padre accademico, giornalista e deputato
liberale, come conseguenza delle botte fasciste. Un antifascista andava in GL.
Lui, pur spavaldo negli atteggiamenti, ha paura. Cerca protezione, chi gli dica
cosa pensare e cosa fare. La trova nel PCd’I-URSS, anche se dall’URSS reale lo
tengono lontano. Dalla Spagna pure. Nel terrorismo anti-tedesco, e contro
qualunque nemico del partito sia possibile colpire, sfoga solo la sua voglia di
sangue che tuttavia non lo placa. Muore, per noia, per insensatezza
esistenziale, prima dei 73 anni, dopo che da un anno manca dal parlamento.
Il PCd’I è una
setta ultra-minoritaria, poi montata dagli Alleati che, nel 1944, fecero
arrivare il cittadino sovietico Togliatti come altro loro fantoccio sul campo
per implementare gli accordi di Teheran di fine 1943 e per bilanciare la DC
vaticana. Togliatti arriva a Napoli il 27 marzo del 1944. Fanno carte false. Lo
fanno ridivenire italiano od anche italiano. Ma non per i sovietici che
continuano a considerarlo loro e che, non a caso, se lo fanno morire sul loro
territorio. Lui, uno scaltro avventuriero, senza alcuna moralità, rotto a
qualunque crimine al servizio del più forte, si barcamena e chiaramente, alla
fine, preferisce dove lo paghino meglio e dove gli diano più potere. Eseguita
la sua missione speciale su incarico Alleato, cercano di ammazzarlo in Italia.
Alla fine, la morte lo raggiunge su territorio sovietico. Un caso, forse, che
fossero quattro anni prima dell’invasione della Cecoslovacchia. Può pure essere
che abbiano deciso di invadere la Cecoslovacchia proprio quattro anni dopo, non
qualche giorno prima, non qualche giorno dopo, come ricorrenza maniacale. In
profondo ed aperto dissenso con Kruscev e con gli altri dirigenti sovietici,
che pur lo consideravano proprietà loro, usarono contro di lui lo stesso veleno
usato per assassinare Gramsci, con paralisi ed ictus, dopo averlo obbligato ad
una vacanza estiva al caldo torrido di Yalta con la scusa di discutere le
reciproche divergenze? Le cure errate, anzi giuste per ammazzarlo, garantirono
il successo della liquidazione.
Evitiamo d
appesantire il testo, che non è sul Palmiro, con lunghe citazioni:
Chiami uno in
Russia. Poi ti presenti solo quando è deceduto.
Già ci siamo
dilungati troppo. Tronchiamo qui. Solo qualche altra parola...
Se non è morto
per caso, possibilissimo a 71 anni, si guardi chi fosse nelle posizioni
istituzionali chiave a Mosca ed a Roma, nel momento del decesso, e si saprà chi
dette ordini e nulla osta. Terrorismo di Stato e relazioni internazionali
funzionano a questo modo. Lui aveva due cittadinanze. Dunque una liquidazione
avrebbe dovuto essere decisa da due Stati. È la prassi burocratica sul punto.
L’attentato
terroristico di Via Rasella, un’operazione senza rischi, è del 23 marzo 1944,
contro una compagnia dell’SS-Polizei-Regiment Bozen. Gli Alleati occupano Roma il 4 giugno 1944
Cogli Alleati
sulla via per Roma, con la strage di Via Rasella, e conseguente rappresaglia
tedesca, il PCd’I si sbarazza di concorrenti sia nel CLN (monarchici, militari,
GL) che fuori dal CLN (Bandiera Rossa). Un classico. È quello fanno gollisti e
PCF che, quando gli Alleati sono sulla via per Parigi, vanno a denunciare alla
Gestapo i partigiani parigini, in genere stranieri ed ebrei. Poi possono
conclamare “la resistenza francese”. Il PCF diviene “il partito dei fucilati”.
Era un partito di imboscati e peggio.
Né il PCd’I né il
PCF nascono o rinascono per caso, dopo la guerra. Il PCd’I, in particolare, era
una piccola setta di agenti sovietici senza influenza. In Italia, gli
antifascisti sono quelli di GL ed i socialisti non convertitisi al fascismo del
già socialista rivoluzionario Mussolini infine fattosi savoiardo. L’URSS è in
ottimi rapporti col monarco-fascismo. La storia delle coperture del PCd’I
togliattiano da parte del monarco-fascismo non è stata ancora scritta. Si sa
della cooperazione (pure gli inglesi sono nel gioco, lì) per ammazzare Gramsci.
Un dettaglio. V’è molto di più. Al contrario, sono state diffuse tante balle.
Anche il PCF è una setta di agenti sovietici, pur meno piccola, date le
condizioni di legalità che si coniuga con la debolezza relativa della Francia
che non si liberà mai dalla sconfitta ad opera inglese, dunque cogli stessi che
hanno bisogno di partiti-contro perché l’inferiorità francese si perpetui.
Nessuno dei due PC mostra grande valore durante la guerra. Si preoccupano di vivacchiare
e di accumulare mentre sperano nel dopo. C’è chi li vuole proprio così. Sono
stati entrambi scelti dagli inglesi insofferenti del gollismo (tentano perfino
di assassinare De Gaulle, quando questi era esule da loro), in Francia, e del
Vaticano, colla sua DC, in Italia. Il Vaticano, ardentemente fascista quando il
Re ed i CC giocano la carta mussoliniana, non appena la guerra è
irrimediabilmente persa per cui il Re ed i CC progressivamente di sfilano, si
sfila con essi e più veloce. Non potendo sopprimere né il gollismo né il
Vaticano, non c’è di meglio, per gli inglesi, che creare il contraltare ‘rosso’
ad essi. Normali tecniche di dominazione imperiale. Tenti di controllare il
nemico o suddito. Lo controlli meglio creando e manovrando pure il nemico in
casa del nemico-suddito. Sì, è tutto un teatrino. Eppur funziona proprio così.
Ci sono leggi politologiche piuttosto semplici anche se non le raccontano. A
seconda delle dimensione desideri di un partito, gli dai mezzi, e clientele e
potere reale, in proporzione. Un occupante ha tutti mezzi per giocarsela a
questo livello. Ovviamente, il gollismo è più duro della DC. Il sistema-Francia
è più solido, o meno debole, del sistema-Italia. Le differenze PCF-PCI sono
tutte lì, non nelle fantasie vi contavano e vi contano.
Herbert Kappler
eseguì la rappresaglia ordinata da Berlino e da Kesselring. L’obbedienza non è
una virtù. Tuttavia, per tutti coloro fanno i moralisti sugli altri, la è.
L’ordine era di 320 esecuzioni, essendo subito morti 32 soldati tedeschi, ed
essendo quello l’ordine Kappler aveva ricevuto. Ne muore un altro, per cui
Kappler, di sua iniziativa ne aggiunge altri dieci. Si sbagliano, sono 15, il
totale va a 335. In realtà, poi, i deceduti tedeschi, per quell’attentato,
saranno 42.
Al PCd’I di
Giorgio Amendola (e di Togliatti in viaggio per l’Italia) va piuttosto bene,
perché saranno uccisi tutti i detenuti politici o para-politici disponibili sul
momento: 39 ufficiali, sottufficiali e soldati resistenza militare, circa 52
del Pd’A-GL, circa 68 di Bandiera Rossa. Ai tedeschi dovranno essere forniti
altri, sospetti, ebrei e comuni, per completare il numero richiesto.
Kappler è
l’esecutore degli ordini da Berlino e di Kesselring. Gli altri sono plotoni di
esecuzione. Lo stesso Kappler non sarà condannato per tutti i 335, bensì solo
per i 15 eccedenti. Colpevole per i 320 sarà solo Albert Kesselring, condannato
alla fucilazione, commutata in carcere a vita e scarcerato nel 1952. Divenne
consulente di Konrad Adenauer su questioni militari.
Tutti assolti o,
più precisamente, di fatto condonati, in pratica, per la rappresaglia, un
massacro visto il numero, anche se tecnicamente una rappresaglia 10:1. Fu un
massacro anche quello di Via Rasella. A parte Kesselring che la ordina, pur su
decisione o codecisione ancora superiore, e Kappler condannato solo per i 15 in
più, tutti gli altri sono legalmente innocenti visto che nessuno ha condannato
altri, a parte, più di mezzo secolo dopo, Priebke e un altro finito lì per
caso, Hass.
I due sono
presenti ed eseguono, con altri, l’uccisione degli ostaggi. Esecutori. È per
caso che finiscono condannati. A nessuno ne importava nulla di loro, fino a che
esce fuori il nome del primo ed, al seguito, si scopre che il secondo, pur
ufficialmente morto, è vivo con altre identità.
Si noti che i 5
in più, in più per Kappler (15 in più secondo gli ordini originari), sono
uccisi perché la rappresaglia è concepita come un’operazione ragionieristica,
non terroristica. I tedeschi, l’avessero fatta per terrorizzare la popolazione
od i terroristi/partigiani, avrebbero voluto si sapesse della rappresaglia. È
il contrario. Vogliono resti segreta. I cinque si ritrovano in più, quando se
ne trovano 15 invece degli altri 10 decisi arbitrariamente da Kappler, sono ammazzati
perché non vadano a raccontare della rappresaglia. Se i tedeschi avessero
voluto terrorizzare chi ad essi si opponeva, avrebbero semmai avuto interesse a
che si sapesse. L’avrebbero magari eseguita pubblicamente o quasi.
Erich Priebke non
è che fosse differente dagli altri dei plotoni di esecuzione. Ci va di mezzo
per caso. Viene citato in un libro di un franco-argentino, nel 1991 ed
intervistato nel 1994 da un giornalista americano. A seguito dell’intervista ne
viene chiesta l’estradizione.
Vive e lavora in
Argentina, come molti altri come lui, per quasi mezzo secolo, dopo essere
fuggito, o solo uscito, da un campo di concentramento inglese e, poi, con aiuti
della Chiesa e della CRI, alias anglo-americani ed italiani, sennò non
avrebbero fatto finta di non vedere, essersi infine rifugiato all’estero. Con
moglie e due figli vive in pseudo-clandestinità, in Italia, per quasi per un
paio di anni prima di raggiungere, con loro, l’Argentina via mare, a fine 1948.
Solo nei film si vive senza soldi ed i viaggi non costano nulla.
Estradato, arriva
a Roma nel novembre 1995. L’1 agosto 1996, il Tribunale Militare ne dichiara il
“non doversi procedere, essendo il reato estinto per intervenuta prescrizione”
e ne ordina l’immediata scarcerazione.
La sentenza di
proscioglimento e scarcerazione non viene eseguita. Viene poi annullata. È
prima condannato a 15 anni, poi ridotti a 10. Infine è condannato
all’ergastolo, che sconta come detenzione domiciliare.
Prima era
raccomandato per salvarsi e fuggire. Ora è raccomandato, da altri, per fungere
da esempio.
Con Priebke viene
condannato Karl Hass. È un altro che ci va di mezzo ancora più per caso. Per
lui, come per altri 10, era stato dichiarato il non luogo a procedere, nel
1962. Dopo la guerra viene reclutato dall’Intelligence militare statunitense.
Quando la Digos va ad arrestarlo, ad Albiate (Milano), nell’estate 1996, la
Polizia Segreta CC lo aveva avvisato preventivamente per cui era fuggito tre
ore prima, in treno, a Ginevra. Sono i CC che supervisionano la Digos e la PS,
non direttamente gli USA. Lui aveva lavorato anche in Italia, in Alto Adige,
per i CC e per l’Interno. Dopo essere tornato dalla Svizzera, spontaneamente,
come testimone, finisce incriminato, e poi condannato, perché rifiuta di
rendere falsa testimonianza contro Priebke che, forze superiori, vogliono ormai
condannato. Tratta il ritorno per testimoniare, ma lo fregano. Segno che entità
superiori si sono mosse e vogliono Priebke condannato a qualunque costo. Hass
resta preso nell’ingranaggio nonostante le sue benemerenze post-belliche. Anche
Hass sconta la pena ai domiciliari, in una casa di cura. Non si fa notare, o
non vogliono notarlo, per cui non è famoso come l’altro. Viene a mancare nel
2004, a 91 anni.
Da notare che il
tutto succede nella repubblichetta super-compradora che esce dal colpo di Stato
di Capaci del 23 maggio 1992. Prima, nessuno s’era accanito contro nessuno. Gli
stessi anglo-americani, impiccato chi non aveva nulla da vendere, avevano
salvato un po’ tutti, o direttamente o con cooperazione vaticana. Idem i
sovietici.
Nella nuova
repubblichetta compradora, se un’ambasciata estera pretende una condanna e
nessuno, più in alto (nell’ordine mondiale), si oppone, il sistema giudiziario
italiota viene posto al servizio di tali richieste. I due sono finiti in un
tritacarne di questo tipo.
V’è un aspetto si
preferisce ignorare e che invece rende assolutamente simili questi personaggi a
quelli che ora li insultano pur obbedendo alle stesse logiche ed agli stessi
riflessi condizionati. Il pidocchio, personaggio senza identità personale e
senza moralità, si costruisce un’identità apparente proprio nel linciaggio.
Proprio nel
linciaggio dell’altro, il pidocchio si crea una comunità ed un’identità, la
comunità e l’identità di coloro che linciano perché un qualche potere lo chiede
loro e perché loro, i linciatori, si sentono coperti. Dando sfogo ai propri
istinti più abietti, in competizione, con gli altri pidocchi, a chi sia peggio,
dunque a chi sia più pidocchio, e legalmente coperti dal potere, il pidocchio
sente di esistere e di far parte di una comunità.
Lo chiamano
onore. Lo chiamano identità religiosa. Lo chiamano identità etnica e culturale.
È solo pidocchieria. Un individuo vero non ha bisogno di coprirsi dietro agli
altri né di coprirsi dietro ad altro.
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È appena comparso
un brevissimo video di Priebke che fornisce altri elementi sullo stesso.
Non si può mai
sapere ciò che una persona pensi. Si sa quello che dice e quello che fa. Dà una
versione piuttosto ingenua sulle motivazioni, secondo lui, dei GAP del PCd’I
nell’operazione di Via Rasella. È materia fuori dal suo campo. In fondo, è uno
che è stato tirato dentro a cose più grandi di lui dopo aver tranquillamente
lavorato, per quasi mezzo secolo, in Argentina. Prima lo hanno lasciato vivere.
Poi, ad ottant’anni, lo hanno fatto divenire famoso.