05 November 2007

Lettera da Lhasa numero 91. MER n. 69 su Hizbollah nella crisi libanese

Lettera da Lhasa numero 91. MER n. 69 su Hizbollah nella crisi libanese
by Roberto Scaruffi

Hizbollah and the Lebanese Crisis, Middle East Report N. 69, 10 October 2007,
http://www.crisisgroup.org/home/getfile.cfm?id=3148&tid=5113&type=pdf&l=1
http://www.crisisgroup.org/home/getfile.cfm?id=3148&type=word&tid=5113&l=1


La rappresentazione della situazione libanese, da parte del Rapporto, è quella di un instabile equilibrio di forze dove tanto vale accettare formalmente la FFAA di Hizbollah, sì da pretendere in cambio che esse eccettino limiti operativi:
“If the election is to be more than a mere prelude to the next showdown, all parties and their external allies need to move away from maximalist demands and agree on a package deal that accepts for now Hizbollah’s armed status while constraining the ways in which its weapons can be used.
“Looking back over the past ten months, Lebanese can feel somewhat relieved. The massive demonstrations in December 2006, followed by a general strike and clashes between pro- and anti-government forces with strong sectarian overtones, as well as a series of assassinations and car bombs, brought the nation perilously close to breakdown. State institutions are virtually paralysed; the government barely governs; the economic crisis is deepening; mediation efforts have failed; political murders continue; and militias, anticipating possible renewed conflict, are rearming. Still, fearful of the consequences of their own actions, leaders of virtually every shade took a welcome step back.
“An important explanation lies in Hizbollah’s realisation that its efforts to bring down the government carried dangerous consequences. [...]”

Hizbollah viene descritto sulla difensiva e come in stallo o, eventualmente, in attesa, visto che alla fine nel M.O. ogni entità obiettivamente piccola si muove secondo interessi pîù grandi, per quanto lo stesso Hizbollah non manchi di un suo solido radicamento locale:
“Hizbollah faces other dilemmas. Deployment of the army and of a reinforced United Nations (UN) force at the Israeli border have significantly reduced its military margin of manoeuvre. The movement’s Shiite social base also is exhausted and war-weary, a result of Israel’s intensive campaign. Sectarian tensions restrict Shiites’ capacity to take refuge among other communities in the event of renewed confrontation with Israel. Hizbollah thus has been forced into a defensive mode, prepared for conflict but far from eager for it.
“Hizbollah appears to be in search of a solution that defuses sectarian tensions and reflects its new military posture. Its discomfort presents an opportunity to make some progress on the question of its armed status. Of course, Hizbollah will not compromise at any price. Its priorities are clear: to maintain its weapons and protect Lebanon as well as the Middle East from Israeli and U.S. influence through a so-called axis of refusal that includes Iran, Syria and Hamas. Should it feel the need, it likely would perpetuate Lebanon’s political paralysis, even at the cost of further alienating non-Shiites; mobilise its constituents, even at the risk of reducing itself ever more to a sectarian movement; and protect Syrian or Iranian interests, even at the expense of its national reputation.”

È sempre proficuo cercare la cause materiale dei comportamenti. La situazione descritta di Hizbollah evidentemente deriva da banali questioni di armamenti. Sugli armamenti fonda la sua forza anche locale. Dagli armamenti ricevuti, non comprati, deriva la sua dipendenza da potenze d’area. Sugli armamenti e sui soldi fonda la sua forza, anche imprenditoriale. Su di essi si fonda pure una sua debolezza sebbene, nel Libano feudalizzato tra gruppi etnici e clan di potere, nel Libano strutturalmente mafioso (senza dare al termine alcun significato moralistico-negativo), nessuno avrebbe potuto costruire un movimento che rompe la tradizionale divisione mafiosa, un movimento in qualche modo nazionale, senza armamenti potenti e dunque con conseguente (essendo armamenti offensivi e da utilizzarsi contro Israele) dipendenza estera. Del resto, all’Iran fa più che mai comodo un movimento radicato su territori che s’affacciano al Mediterraneo e che lambisce e si insinua in aree di influenza sunnita, dunque arabo-saudita. Lo scontro è tra persiani ed arabi, con Israele come scusa e con gli USA ed altre potenze che sostengono, in genere, gli arabi. Si ragioni in termini di interessi ed in subordine e, come forma (nell’immaginario ed anche come caratteristiche operative) degli interessi, di “civilizzazioni”, più che con etichette religiose (“l’Islam”) che non significano mai pressoché nulla. Hizbollah e Iran sono contro Israele solo perché sono contro gli USA che sono dal lato arabo, o di rilevanti potenze arabe. Nello scontro per la conquista, o così credono, di masse arabe, la “lotta contro Israele” fa parte della coreografia. Certo, i vari furiosi anti-israeliani (anti-“sionisti”) non si limitano alle sole parole. Non importa se sia una coreografia malata o se abbia qualche base. Personalmente, non vedo alcuna base reale per la forsennata opposizione a Israele. Evidentemente, a forze potenti (gli inglesi) ha fatto comodo creare “il nemico” (Israele, “il sionismo”, gli ebrei) ed affrirlo a chi evidentemente era predisposto a scatenarsi contro obiettivi fasulli: “gli ebrei”, “Israele”, “i cristiani”, “l’occidente”, etc. Ciò che non ha base reale secondo criteri di fredda razionalità, lo ha secondo criteri malati che sono poi quelli predominanti un po’ dappertutto. Così è.

Del resto, se nel Libano mafioso, già francese, è facile ad un certo punto rivendicare una sorta di “potere islamico” a seguito di cambiamenti demografici che rendono la galassia cristiana (anche quella “islamica” era ed è una galassia di clan) minoranza, è perché il Libano non esisteva davvero come Stato universale, oltre le singole etnie, e con una classe dirigente che potesse continuare a dominare più o meno occulta qualunque fosse stata l’evoluzione etnica, magari evolvendo con l’evolvere della composizione etnica e dei poteri reali essa avesse espresso nelle varie epoche. Anche gli USA sono a base etnica e strutturati come una federazione mafiosa di clan etnici, sebbene almeno fino ad ora mostrino la capacità di oligarchie sviluppiste di sovrastare la variazione dei rapporti quantitativi e di potere tra gruppi etnici. Non essendoci ancora, negli USA, una maggioranza “cattolico-latina” manca tuttavia la prova decisiva che essi stessi possano reggere una mutazione quantitativa etnica decisiva. Vi si attrezzano, tuttavia, con gli attacchi alla chiesa cattolica per favorire la moda degli irresistibili predicatori cristiani non cattolico-romani, predicatori poi agganciati al potere centrale. Il Libano “Svizzera del M.O.” è volato ed è stato fatto volare in pezzi piuttosto facilmente da interessi prossimi e meno prossimi.

Non si segua comunque la linea di divisione cristiani-islamici, in Libano. I gruppi cristiani sono vari e ciascuno con proprie gerachie e milizie. Egualmente, il “potere islamico” segue più la struttura mafioso-clanistica del Libano, con conseguenti connessioni ed avversioni estere, non criteri strettamente religiosi. Se l’area cristiana può essere divisa tra interessi d’area inglese e francese, ma in varie situazioni si sono avute pure convergenze con gli occupanti siriani, quella islamica segue (e si fa servire da), nelle sue varie frazioni, gli interessi diversi dei vari Stati islamici dell’area.

Per esempio, la famiglia Hariri è una famiglia mafiosa, od un clan se si preferisce, con, di fatto, radici saudite visto che la sua ricchezza origina lì e le sue connessioni estere sono restate lì. Soprattutto in quell’area del mondo, non esistono la ricchezza indipendente dal potere, il potere indipendente dalla ricchezza ed il potere e la ricchezza indipendenti da reti di connessioni e di protezioni. Se non sei lupo, sei mangiato. Non che sia una colpa, ma è così. Tra l’altro, ed è un fatto, Rafik Bahaeddine Al-Hariri (1944-2005) cercava di armonizarsi con le altre frazioni o clan a famiglie o gruppi mafiosi o paramafiosi dell’area libanese e che compongono il Libano, senza assumere comportamenti antagonisti, né in genere sembrava prediligere comportamenti estremisti contro chicchessia, se certe sue dichiarazioni sono veritiere. Non ci interessa qui dir nulla sulla sua uccisione con una tonnellata di esplosino che, in un contesto come il libanese, può avere le origini e le cause più differenti. La conseguenza è stata quella di compattare i sunniti, innazitutto contro gli sciiti, dunque contro Hizbollah, parentesi belliche (“antimperialiste”) a parte.

Problematico il ruolo di Aoun (che da un punto di vista religioso sarebbe dell’area cristiana) e la sua alleanza con Hizbollah. Aoun sembrebbe un fautore del Libano, un Libano immaginario, mentre tutti mirano alla preservazione ed alla difesa, ed eventualmente sviluppo, del proprio clan etnico. Un progetto di frantumazione con poi, eventualmente, ricostruzione formale debole confederale solo per alcuni compiti amministrativi generali sembrerebbe decisamente più realistica e prolifica d’un vecchio generale cristiano che sogna di divenire lui il Presidente del Libano per costruire un Libano unitario con FFAA e polizia uniche e con potere su tutto il territorio dello Stato. Hizbollah, mentre mostra di convergere col sogno immaginario di Aoun, se non altro per avere il suo appoggio logistico e politico in un campo altrimenti avverso, improbabilmente si lascerebbe disarmare in nome di FFAA libanesi che non si capisce come potrebbere travalicare le divisioni etnico-mafiose e garantire uno Stato capace di dare protezione a tutti in quanto singoli, non in quanto gruppi etnico-mafiosi tra gruppi etnico-mafiosi.

Dopo lo scontro ultimo con Israele, quello del 2006, Hizbollah, ma pure suoi alleati ed altre componenti, si sono dotati di armamenti sofisticati ed hanno espanso le proprie FFAA, ciò che può essere utile per qualunque evenienza sia interna libanese, che contro forze estere, che per una combinanzione di entrambe le necessità. Per quanto, contro Israele, che ha seguito criteri di guerra tradizionale e pure malamente, Hizbollah abbia subito notevoli perdite, ha tuttavia mostrato una certa forza e capacità sia offensiva che difensiva in una guerra tradizionale contro FFAA moderne. Con adeguate unità di difesa anti-aerea ed anti-carro è ora divenuta ancora più temibile, soprattutto contro FFAA che seguano criteri da assalto frontale. È comunque tutto utilissimo per una guerra civile pure se aiutata direttamente da FFAA estere. Del resto, quanto al sostegno a propri “alleati”, gli USA hanno mostrato dal Vietnam all’ANP-Fatah come siano capaci di inondare i propri “amici” di soldi ed armi che costoro poi lasciano cadere in mano al nemico senza neppure aver provato ad usarle. Che le varie milizie cristiane si siano rivelate piuttosto decise, in passato, in massacri, non per questo basta inondare di soldi ed armi quelle pro-“occidentali” perché ciò le trasformi in FFAA all’altezza di guerre tecnologizzate. Mentre Hizbollah ed alleati si sono invece attrezzati, grazie all’appoggio iraniano, proprio alla guerra moderna e contro avversari con armamenti altamente tecnologizzati.

In realtà, il Rapporto non sa bene che consigliare ai libanesi. Del resto non è detto che esistano sempre soluzioni, o soluzioni “ragionevoli”:
“Lebanese parties and their foreign allies should seek a package deal on a domestic arrangement that, while postponing the question of Hizbollah’s weapons, restricts their usage – in other words, that neither resolves nor ignores the problem. The elements of the deal will be neither easy to negotiate nor a panacea, and they will provide at best a temporary reprieve. Without fundamental political reform, Lebanon’s political system – based on power sharing between sectarian factions – inevitably will encourage cyclic crises, governmental deadlock, unaccountability and sectarianism. More importantly, the country’s future is intricately tied to the regional confrontation that plunged it into armed conflict with Israel, paralysed its politics and brought it to the brink of renewed civil war. There can be no sustainable solution for Lebanon without a solution that addresses those issues as well – beginning with relations between the U.S., Israel, Syria and Iran.”

Un qualche equilibrio instabile c’è già e durerà finché durerà. Non ancora per molto, verosimilmente, per quanto non si possa mai sapere. Quanto alla “fundamental political reform” non sono cose si facciano a tavolino. Non si passa per magia, né per trattative a tavoluno od imposte da potenze, da una struttura mafiosa o feudalizzata ad uno Stato. Non è neppure detto che l’alternativa sia che il Libano resti uno Stato formale. In realtà, oggi come oggi, l’unico che potrebbe trasformare il Libano in uno Stato sarebbe proprio Hizbollah che ha la struttura meno (o non) mafiosa in Libano. Un po’ come, in Afganistan, gli unici in grado di garantire uno Stato unitario e centralizzato erano e sono i talebani mentre in Iraq era Saddam Hussein con la sua micro etnia. Non che stati unitari siano un dogma né siano necessariamente garanzia di stabilità e benessere. Tuttavia, se lo si assume come un valore, inutile operare per distruggerlo e poi dire che si vuole uno Stato unito e pacifico e prospero. A voler immaginare scenari senza paraocchi, se una potenza imperiale volesse unificare e pacificare il Libano dovrebbe sfilare Hizbollah agli iraniani con soldi ed armi ed usarlo per l’unificazione rivoluzionaria del Libano. Altrimenti, la frammentazione libanese può durare all’infinito. Che la frammentazione sia poi conflittuale o meno dipende da interventi esterni. Al contrario, non è neppure che un Libano lasciato a sé stesso, con i vari clan a gestirsi i propri affari interni, debba essere conflittuale. Già, e da molto, vivono e coesistono a quel modo. Sebbene, con l’Iran in espansione contro lo spazio arabo-saudita, di certo da quel lato lì non vi sarebbe un non uso del Libano così come non vi sarebbe un non intervento o un non controintervento saudita ed egiziano. Qualcuno volesse mai ipotizzare delle soluzioni, non dovrebbe prescindere dalle forze in campo. In Rapporto, invece, ne prescinde. Anzi, si basa sui luoghi comuni giornalistici in cui la penisola arabica, coi suoi vari ricchissimi e talvolta potentissimi Stati, e l’Egitto e gli inglesi (il Regno Unito) non ci sono mai.

Il Rapporto ricorda come Hizbollah si sia formato sia contro Israele che contro i “palestinesi”. Anzi, il cemento di Hizbollah è stato proprio l’avversione delle popolazioni del Libano ai “palestinesi” che spadroneggiavano e derubavano le popolazioni. In pratica, Hizbollah s’è sostituito ai palestinesi con una strumentale lotta contro Israele che serviva come legittimazione contro i “palestinesi” che dunque si rivelavano inutili ai fini della loro stessa lotta dichiarata. Lo spadroneggiare “palestinese” aveva portato le popolazioni a simpatizzare per gli israeliani. Poi, erano riprevalsi imperativi etnici, a parte che Hizbollah s’è costruito come potenze organizzazione economica e d’assistenza sociale. Lo stesso imperativo etnico “anti-israeliano” non era nato o rinato senza beneficio per le popolaizoni che anzi Hizbollah ha largamente sussisidato e reso produttive.

Nelle Raccomandazioni del Rapporto, non sembrano una gran cosa i consigli di elezione consensuale del Presidente e l’adozione di risoluzioni ministeriali su varie questioni aperte. Ci sarebbe semmai da chiedersi che senso abbiano un Presidente ed un Governo. In contesti di quel tipo, cariche formali significano burocrazie e burocrazie significano fette di corruzione ufficializzata. Alla fine, non costerebbe meno e non sarebbe più produttivo, dal punto di vista di una potenza imperiale, lasciare un Libano di autonomie locali alla Siria o, addirittura, se la Siria (dove il regime formale non ha un grande radicamento) preferisse i fanatismi a comportamenti d’un minimo di razionalità costruttiva, uno sfondamento della Siria con successiva occupazione di Siria e Libano da parte dei turchi? Potenze terze, e energiche, del tipo appunto della Turchia, potrebbero garantire un quadro generale di sicurezza e d’ordine pubblico lasciando poi i dettagli alle autonomie locali. Non sarebbe più produttivo e meno costoso della politica del rattoppo, per cui si finge sempre di trovare ragionevoli soluzioni del momento che nulla risolvono? Esistono pure altre opzioni, migliori, fuori dagli schemi consueti della diplomazia USA del post Seconda Guerra Mondiale, fase storica in cui si ha lo scontro metaforizzato ed occulto tra inglesi ed americani, più che tra “occidentali”, e russi ed altri. Israele sembra continuare preferire sognare piccole soluzioni locali che non si realizzano né possono realizzarsi, mentre la vera soluzione alla sua “estraneità” nell’area sarebbe che sottomettesse e garantisse le libertà di tutto spazio da Suez al confine iraniano, senza lasciare in piedi nessuno Stato arabo in quella parte d’Asia, a meno che non voglia farsi distruggere, fine che tutte le già colonie inglesi e lo stesso Regno Unito perseguono.

Le Raccomandazioni al prosssimo governo libanese ed alle varie parti hanno il tono di chi vorrebbe suggerire tavoli negoziali mentre resta prigioniero della finzione dello Stato unitario del Libano. Solo per la gestione di posti di confine e per passaporti ed altre formalità, basterebbe un piccolo Consiglio Confederale dove le unità delle Confederazione sarebbero le vari etnie e simili con le loro milizie, che del resto già esistono. Le stesse FFAA, nel momento in cui sono di fatto dipendenti dalle varie etnie al loro interno, e non hanno dunque un reale carattere unitario, sono un costo senza benefici. Le polizie si può immaginare che siano, dove ogni comunità ha di fatto le proprie polizie interne, fatte di miliziani o picciotti del clan dominante. Se si osserva la politica libanese, si vede come i capi politici siano capi clan. Neppure esiste una qualche autonomia formale tra il capo mafioso ed il leader politico e lo statista.


Hizbollah and the Lebanese Crisis, Middle East Report N. 69, 10 October 2007,
http://www.crisisgroup.org/home/getfile.cfm?id=3148&tid=5113&type=pdf&l=1
http://www.crisisgroup.org/home/getfile.cfm?id=3148&type=word&tid=5113&l=1