Trailer 002. Puntare più in alto!
by Roberto Abraham Scaruffi
Alla base delle prime vicende qui riportate sta questo, un banale articolo, un reportage:
Viene “scoperto”, quanto sopra, la pubblicazione del testo, venerdì 1 ottobre 2011, sembrerebbe, ma non c’è da esserne troppo sicuri, da Elvis Kojcic la cui foto lì compare.
Perché “prendersela” sempre coi grandi sistemi o con le burocrazie apparentemente anonime, quando poi ci sono “eroi”[-coglioni] in carne ed ossa che dovrebbero essere felici di divenire famosi!
In fondo, avevo solo scritto che era un glande, glandissimo, agente segreto mandato a bulleggiare dal governo brasiliano. Una lettura complementare potrebbe essere che o il servizio segreto brasiliano ufficiale è realmente fatto di coglioni, come i brasiliani sembrerebbero propensi a credere, oppure, più probabile, che il servizio segreto brasiliano, o qualche suo funzionario, volesse scaricarlo. In questa ipotesi, ...lui ha abboccato, perché ci ha messo la sua faccia quando le procedure NATO per il gang-stalking sono che si deve conclamare che non sta succedendo nulla e dunque che non si parla con l’obiettivo né del gang-stalking stesso né dei connessi. Se l’hanno scaricato, i brasiliani, o qualche singolo funzionario dei Servizi, volevano scaricare pure i Carabinieri-CIA&FBI-inglesi- NATO. Una forma di dissociazione postuma dopo una collaborazone del tutto parziale prima. Se... Vedremo l’evoluzione prossima e futura di questa storia che è poi la mia storia.
Elvis Kojcic è comunque un notorio ballista. L’ho ben conosciuto! Per cui, la scusa (per licenziarmi e dismettermi dall’ostello) potrebbe essere pure del tutto inventata. Di certo c’è solo che ha visto la sua foto e non gli è piaciuto di essere divenuto famoso, dopo che gli avevano garantito che era coperto, copertissimo.
Elvis Kojcic, “il padrone” di Sambavilla, un ostello per stranieri, ma pure per brasiliani, in [Rua Evaristo da Veiga, 147] Lapa-Centro di Rio de Janeiro, era sempre più isterico. Australiano, di origine serba dice lui, pur non avendo nessuna delle caratteristiche serbe [dopo 6 anni in Brasile non legge il portoghese e lo parla solo per finta, contrariamente alla facilità slava per la lingue, latine incluse], è un isterico freddo.
Capisce poco. Il fratello maggiore che è il capo delle ditta (trovate i siti su internet anche se non sono sicuro che stia dietro a quei siti eleganti, dato che l’Elvis Kojcic è troppo morbosamente coinvolto, anche se in parte a distanza, via telefono, nel piccolo ostello [50 posti max in cameroni-“dormitori”]) magari lo angaria, o semplicemente non lo sopporta, e lui si trova perso e si rifà sull’ostello.
L’edificio dell’ostello, di cui il pian terreno è ora diviso tra reception dello stesso ed un locale affittato a ciò che ora si chiama Irish Lapa Pub [prima l’area era come una “taverna” parte integrante dell’ostello stesso] lui dice che ha raddoppiato di valore in poco tempo e che ora vale 1.5 milioni di reais. Con salari minimi di 3 reais l’ora ed anche meno, può essere che in Brasile lieviti la finanza speculativa pura... ...Col PT al potere figlio della Teologia della Liberazione, non è che sia inverosimile. Insomma, alla destra è subentrata una sinistra populista non meglio di essa. Verosimile, se l’oligarchia l’ha lasciata divenire maggioranza e governo. I media brasiliani, sia privati che di Stato, sono massiciamente fascistoidi e filo Impero e sono stessi che hanno creato le maggiorance pro-Lula e pro-Dilma... Il Brasile è una repubblica federale e presidenziale con una Costituzione alla statunitense. Sono 3 volte che la sinistra vince le elezioni presidenziali... L’oligarchia governa e domina chiunque sia Presidente. Come negli USA. La sola differenza è che il Brasile non è gli USA e neppure vi si sta avvicinando come sviluppo. Non e neppure la Cina che ben lo sopravanza, oggi come oggi, come tecnologia.
La differenza cogli USA non è la Costituzione ma quello sta sotto, sopra ed attorno essa. Il sottosviluppo non è la normalità degli Stati e delle nazioni. Il sottosviluppo deve essere accuratamente coltivato e perseguito. In Brasile, l’hanno sempre perseguito con cura.
Il fatto che tutti conclamino, nel mondo, che l’economia brasiliana vada bene, significa che fa veramente schifo ma che l’Impero fa ottimi affari con tal Brasile. Con prezzi europei (e, pure, anche di molto superiori per vari generi non solo tecnologici), materiali di qualità infima e salari minimi di 3 reais l’ora od anche inferiori, impossibile dire che l’economia vada bene, se non secondo criteri imperialistico-speculativo-oligarchici. 12 uova costano di più di un’ora di salario minimo. È come se in Canada uno pagasse 12 uova più di 8 dollari canadesi, mentre là costano ben meno della metà. Idem per tutti gli altri generi di base, e pure quel quelli non di base. Un’ora di internet costa, in Brasile, 3 reais dove costa meno. Solo in qualche posto sperduto costa 2 reais, forse per promozione. Come se in Canada costasse 8 dollari canadesi. In Canada, internet è gratis dappertutto. La usano correntemente pure i senzatetto, o parte d’essi; infatti, in Canada, gli internet-café sono rarissimi e per cose speciali. In Brasile, tipico del sottosviluppo, o di certo sottosviluppo, internet deve essere considerata una cosa da sporcaccioni perché sono ben visibili cartelli che vietano l’ingresso e l’accesso ad internet ai minori di 18 anni. Il Canada è pieno di biblioteche, comunali e di quartiere incluse, e pure fornitissime degli ultimi titoli usciti nel vari campi. In Brasile non ve ne sono, a parte in università ma non devono essere granché infatti gli studenti usano dispense più che libri a quel che ho visto in giro. La Nazionale ed altre, qua e là, sono ben peggio delle già disastratissime italiche. Se volete entrare nel secolo XIX, visitatele e con macchine fotografiche anche se credo siano vietate. Come se c’avessero provato (od avessero fatto finta o fosse il dovuto dell’essere colonia portoghese o la reazione a non esserlo poi stati più), ma avessero lasciato presto perdere. Anzi, non visitatela, la Nazionale di Rio de Janeiro. Si deve pagare un biglietto di 2 reais. Non è considerata una biblioteca, bensì un museo, se si deve pagare il biblietto.
Incredibile, a prima vista. Eppure, il sottosviluppo significa proprio questo. Che paghi tutto e di più, molto di più. Naturalmente è pure pieno di negozi e locali impossibili per chi abbia salari minimi o proletari. Evidentemente, c’è pure abbondanza di chi abbia redditi europei e più che europei. Non sono turisti, che anzi vanno in Brasile per spendere un po’ meno, dicono [forse ostelli e simili costano appena meno, perché tutto il resto costa di più; può darsi che paghino meno d’aereo, sebbene io, per andare in Brasile, abbia pagato il biblietto 5 volte di più che per andare in Cina], e dunque non vanno in locali dove di fatto va solo chi abbia redditi da oligarchia. Sono brasiliani, di un’oligarchia diffusa e piena di soldi, evidentemente.
Chi abbia salari minimi deve ghettizzarsi nelle favelas o in aree fatiscenti del centro e limitrofe, e pure spendendo enormità, relativamente ai salari minimi, di bus e metropolitana, i cui prezzi sono perfino in continuo aumento. ...Se spendi 5 reais [ora! ...aumenti prossimi già preannunciati] per un’andata e poi un ritorno, con salari minimi di 3 reais o meno... Ah, ci sono pure bus che costano di più o ben di più! A Rio, oggi come oggi, il bus si paga alla cinese, a corsa. Nelle Cine hanno una cassetta in cui getti la tariffa, per cui risparmiano di bigliettaio. Qui, son latini, per cui, nei bus urbani correnti, paghi tariffa fissa, e senza che ti diano il biglietto fisico, ma ad un bigliettaio per cui hanno pure lo spreco, che tu paghi!, del bigliettaio. Pagato, c’è un trabicolo, una specie di alta porta/grata girevole che devi attraversare con difficoltà ed ancor più se hai borse, impossibile se hai valige, mentre il bus è tutto sussulti per cui rischi di cadere o sbattere contro ad altri se non fai ben attenzione a tenerti sempre saldamente a qualche appiglio. Appunto, materiali scadenti, per cui gli ammortizzatori evidentemente partono subito e restano i sobbalzi ruvidi che non devono essere particolamente salutari neppure per la struttura e gli ingranaggi del veicolo che deve necessitare di continue riparazioni, suppongo, con tale stress continuo. Tu paghi... Gratis solo chi ha almeno 65 anni e, credo, certe categorie di studenti [forse gli universitari]. Devono esserci delle carte giornaliere e forse delle convenzioni particolari, o solo delle combinazioni metro-bus. Ma non devono esistere abbonamenti mensili o annuali come dappertutto nel mondo. Non ne ho trovato traccia. Il sottosviluppo e il supersfruttamento richiedono un’applicazione quotidiana. Devono essere scientificamente organizzati. È come nei supermercati dove trovi, di tutto, solo piccole confezioni e non a prezzi popolari. È chiaramente per far pagare tutto di più. Ed affianco a tutto, in genere costosissimo, non c’è il prodotto popolare (come in molti Stati v’è, talvolta imposto per legge od anche solo dal buon senso) per chi non voglia o non possa spendere troppo.
Elvis Kojcic era sempre più isterico, isterico freddo. Anche se, con me, non riusciva a spuntarla perché sò come trattare con pazzoido-delinquenti [anche qui in servizio gang-stalking di Stato-“NATO”], per cui...
Lavoravo, nell’ostello, come “schiavo”-pulitore, dopo i primi due mesi come cliente. Preparavo pure la colazione, ora che ero passato a tempo pieno o, anche prima, in giorni in cui avevano dovuto fare sostituzioni per assenza della titolare. Katia, la pulitrice nera, con contratto di 3 mesi poi divenuti 6, era stata licenziata per qualche misteriosa ragione. In realtà ubbidiva a tutto quello le dicevano, se glielo dicevano, ed aveva un carattere dolce, sempre che quelli e quelle della reception non la spingessero, talvolta, a qualche piccola infamità. Era, comunque, fondamentalmente ubbidente e dolce. Nonostante la mole, tendente all’obeso, aveva pure energia sufficiente sebbene non potesse montare su scale troppo alte, né trasportale, né andare a supermercati o negozi troppo distanti; non è che i signorini anche mingherlini della reception potessero... ...pure loro!. Doveva forse essere andata da qualche sindacato ed aver sollevato qualche problema di questo genere, perché l’Elvis Kojcic aveva un odio feroce contro di lei, sebbene lei gli facesse trovare la cucina incerata, inceratissima, come da lui agognato. Ah, non faceva le scale [come inceramento], né i soffitti dei bagni come passaggio quotidiano di cloro e successivo strofinamento con panni, ma ...è verosimile che non glielo avessero mai detto! Neppure passava lo straccio etc tutti i giorni dappertutto, in tutti i quattro cameroni, né puliva tutti i giorni tutti i 5 bagni, ma non è detto che ce ne fosse il tempo nelle 8 ore.
Del resto, neppure l’altra, Simone (che si pronuncia ‘simoni’ e che è nome femminile), ora in genere relegata alla domenica, salvo esigenze speciali come quando Katia era ormai agli sgoccioli e s’era in piena di Carnevale, e l’Elvis Kojcic aveva tantato di lanciarmi contro la stessa Simone [un altro suo fallimento!], non è che facesse il programma completo. Simone doveva essere stata la prima, all’apertura dell’ostello, comunque un 3-4 anni fa. Non so se all’ostello od altrove, qualcuno deve averla messa incinta [infatti ha una figlia di 14 anni ed un figlio di 2], ma deve pure essersi anche un po’ stufata della quotidianità dell’ostello a 620 al mese, per 44 ore la settimana su 6 giorni [8*5+4*1], per cui si deve essere organizzata in modo da lavorare meno ed incassare di più, a parte che non deve essere stata disponibile attorno alla nascita del figlio.
Appunto, non c’era tempo nelle 8 ore, 4 il sabato ma senza colazione, per il programma completo, in particolare perché lí si aveva pure il dovere di provvedere agli acquisti di tutto quello occorresse. Bastava ci fosse da andare una seconda volta e terza volta al supermercato od in qualche altro negozio, o da andare in taxi alla lavanderia (un’altra mania di Elvis Kojcic) per asciugare i panni se ce ne erano troppi umidi in periodi di piena, con un costo complessivo tra i 50 ed i 100 reais mentre in in NordAmerica sarebbe bastato anche solo 1 [uno!] dollaro per mettere tutto in un’asciugatrice, ed ecco che le 8 ore facevano presto a passare, considerando che fino alle 10:30-11:00 s’era occupati col pre- durante- e post-coloazione del mattino con poco tempo per altre cose, anche uno avesse voluto ingegnarsi a far altro tra le 8:00 e le 10:00, l’orario standard della colazione ma che inevitabilmente si dilatava quando l’ostello era pieno e di notte c’erano stati balli e musica in strada e piazza fino al mattino.
Appunto, c’era dell’altro con Katia, per cui l’Elvis Kojcic la odiava. Doveva essere andata da qualche sindacato. Magari qualche troietto e troietta della reception, prima l’aveva spinta ad andare da qualche sindacato, poi l’aveva pure assistita magari a telefonare etc allo stesso in orario di lavoro ed, infine, l’aveva raccontato all’Elvis Kojcic che teme di essere troppo noto. Spreca su tutto, ma il lavoro lo paga all’infimo. In effetti, una metà o più del tempo, lì, era come pulitore. Ma pure la preparazione della colazione si prendeva alcune ore, anche 4 o quasi 4 con la pulitura della cucina. La colazione del mattino durava un paio d’ore, 8:00..10:00, od anche un po’ oltre e pure prima, visto che la cucina al mattino era spesso in condizioni disastrose. C’era solo da disporre le cose e preparare il caffè. Quando l’ostello era pieno, c’era di riprepararalo, pure un paio di volte. Prima, c’era pure il dolce. Poi, era stato sostituito dai waffles, visto che l’Elvis Kojcic aveva voluto comprare la macchina per farli. Mansione da semi-cuoco o mini-cuoco di dolci, a voler fare il sindacalista. Solo Siimone continuava a fare il dolce, non volendo usare la macchina per waffles sebbene gli avessi mostrato come fare. Oppure non faceva neppure quello, talvolta. Avrà avuto i suoi motivi...
L’Elvis Kojcic mostrava una tale animosità contro Katia, che lei doveva essere proprio andata da qualche sindacato per cui lui, paranoico e con la coda di paglia, si era sentito sputtanato. Lì, deve essere sorta l’animosità. S’era poi inventato che la licenziava perché non lavorava. ...Se lo ripeteva come per convincersi... La nera della domenica, invece, Simone, tirava solo a farsi dare qualche soldo di più e forse a rubacchiare, potendo. ...Come anche, ben di più, uno della reception, Jeff, credo. A meno che zaini, telefoni, portafogli, iPods etc non si volatassero da soli, e pure di notte, quando lui era di turno od in circolazione, ed in orari e con persone che lui solo poteva entrare nelle stanze senza destar sospetti perfino se sorpreso in azione. ...Jeff, lo psicotico furioso e manifesto e dall’equilibrio instabile visto che a volte si simulava dolcissimo mentre altre volte quasi aggrediva derubati e non, o su richiesta del padrone o di lacché dello stesso... Tipico di chi abbia la coda di paglia che cela dietro l’aggressività propria ed al servizio del padrone od, addirittura, dietro lo pseudo-patriottismo o qualche ideologia. Il ladro si crea sempre qualche [auto-]giustificazione... E lì non sono bravate da giovinetti immaturi (che non deruberebbero singoli privati, se fossero solo bravate), bensì veri furti. Oppure, visto che le provviste erano, fino a pochi giorni prima io venissi via da lì, proprio alla reception, facevano presto [chi aveva la propensione a far ciò, non magari altri che del resto, per convenzione, avevano il diritto allo spuntino con le cose della cassetta blù nel frigo o, eventualmente, con altre alla reception] a mettersi cose nello zaino e sparire con esse a fine turno. ...Una confezione di pane da tosti, confezioni per far dolci, marmellate. Non che ci fossero tante cose, ma non è che tutti sottraessero vivande.
Simone arriva sul lavoro affamata. Appena arriva cerca come un’ossessa la chiave della cassetta blù nel frigo (con prosciutto, formaggio da tosti e qualche altro deperibile come burro e formaggio cremoso, più, eventualmente, delle marmellate aperte) e s’abbuffa subito prima di mettersi al lavoro. Idem prima di andar via, oltre che all’intervallo, che lei fa (io non lo facevo sebbene fosse in programma; meglio lavorare a stomaco non pieno e finire un’ora prima) tra la quinta e la sesta ora. È una fame psicologica, non solo che non mangia probabilmente per darne a figlia e figlio. Per cui si rifà sui luoghi di lavoro, potendo. Infatti, pur di costituzione non grassa, gli sta venendo una pancetta che sembra incinta. È la fame psicofisica. L’ossessione di restare senza cibo, di non averne abbastanza. Poi, rubacchia qualcosa dalle provviste che si porta a casa. L’ho visto di persona. Altre cose non le ho viste di persona, ma non è difficile trarre conclusioni, sebbene sia meglio non essere mai troppo sicuri. L’ultima domenica [27 aprile 2011] che ero lì, scoperto il lunedì mattina, mancavano un paio di scarpe bianche, forse tipo tennis, di una ragazza nera brasiliana. In spiaggia od in giro vanno con ciabatte. Il lunedì partiva per cui voleva le sue solite scarpe chiuse, che non ha più trovato. Guarda caso era una ragazza che doveva avere le dimensioni [l’altezza, dunque pure il piede] della figlia di Simone o della stessa Simone. A scuola, a quel che vedo, non possono andare o non vanno in ciabatte da spiaggia che tanti usano per circolare abitualmente. Le ciabatte di spiaggia costano almeno tre o quattro volte le cinesi in Canada. Sono “made in Brazil”! Le scarpe, anche da ginnastica economiche, hanno prezzi impossibili per salari da 3-4 reais l’ora. Una persona onesta le comprerebbe egualmente. Un’altra, magari le rubacchia, potendo. Lì i clienti passano... Ah, può essere stato pure chiunque altro, brasiliano, ma non clienti, in genere.
Quando ero ancora cliente, una notte alle 4, Eumar che usualmente dormiva sui divani della cucina, contrariamente al divieto scritto, mi lanciò contro Jeff, perché, rimosso un momento lo scolapiatti-scolaposate con relativo contenuto, stavo sciacquando dei panni in un secchio nel lavello della cucina. Andai poi in una doccia e feci tutto con l’acqua della stessa, visto che non è che vi fossero altre possibilità, con l’unico altro lavello, allora, quello affianco alla lavatrice, permanentemente ostruito da panni stesi ad asciugare. Casualamente, vidi poi che Katia, nel lavello della cucina, senza rimuove nulla attorno, dunque a pochi centimetri da piatti e posate puliti, operava con l’acqua nera ed i panni dei pavimenti e, guarda caso!, proprio in presenza dei due [Eumar e Jeff] che restavano, naturalmente, silenti da tale porcheria e del tutto anti-igienica. Dato che allora il lavello affianco alla lavatrice era permanentemente ostruito da panni stesi ed altre cose là arruffate, doveva essere pratica corrente operare con acqua nera e stracci dei pavimenti nel lavello della cucina affianco a piatti, pentole e posate lavati.
Tra l’altro, lì, tutti quelli e quelle della recption, e pure l’uno od i due (quando erano due) carpentieri, fumavano, e pure pesantemente, nell’ostello e nella cucina, non solo nei semi-balconcini (dove poteva, forse, anche essere tollerato) contrariamente al divieto di legge e riaffermato con cartelli sui muri, e usande pure, nel caso, droghe illegali da fumo.
Non che Simone facesse e faccia, alla fin fine, poi più di Katia. Appunto, Katia deve essersi rivolta a qualche sindacato. Del resto, paradosso!, in Brasile ci si iscrive ad un sindacato quando si è in regola. E lei, forse l’unica nella storia di Sambavilla, aveva un contratto scritto.
...Paranoie ed isterie o, semplicemente od in aggiunta, implementazione del gang-staking... Alla base, comunque, è che sono proprio zozzoni, sia l’australiano, che i brasiliani, che l’ascaro argentino etc. Che il cliente sia zozzone è normale. Che lo siano pure coloro che dovrebbero garantire l’igiene...
L’Elvis Kojcic se n’era uscito, inventando, con me, che il cloro (un disinfettante di base in Brasile, sembrerebbe; ma in posti brasiliani-brasiliani non lo ho visto usare) rovinava i vestiti “dei clienti”.
In realtà, ma erano solo invenzioni di cani suoi tanto per servire il padrone che pretendeva qualcosa, suoi carpentieri pazzoidi che si stendevano su tavoli e sul bancone della cucina, e pure sghignazzando sguaiatamente mentre lasciavano luridume dappertutto e dunque disturbando “i clienti”. Forse la pelle appena scura dei due carpentieri o di qualche altro pazzoide dello staff si era schiarita al contatto col disinfettante appena steso per evitare le mosche cui, a volte, suoi carpentieri pazzoidi davano la caccia a colpi di giornale e proprio all’ora della colazione del mattino... ...uno schifo!
Per cui, l’Elvis Kojcic mi aveva ordinato di usare cloro al 10%, anzi “al 5%”! ...Cloro al 5%! ...Per disinfettare! Ma, [non] strano, si era “dimenticato” di dirlo, alla donna delle pulizie della domenica, Simone che, quando si lanciava in grandi pulizie, usava cloro puro come fosse acqua, in gran quantità, la domenica o quando chiamata.
Samabavilla. Elvis Kojcic. Cloro “per disinfettare” ...col 95% di acqua!
Naturalmente, gli avevo detto che era ottimo, ...se a lui piaceva così. Mai contraddire i pazzi furiosi esaltati!
Doveva esserci qualcosa di gravemente sfasciato nel tetto e/o sottotetto, per cui aveva aggiunto il lavoratore illegale argentino Luis al solito Eumar. Entrambi sparivano nel sottotetto e pure disturbando i clienti che usavano il letto sotto la botola ed altri, nel trambusto del saliscendi ed accumulo e trasporto materiali, ma non essendo loro oggetto di gang-stalking di Stato-NATO l’Elvis Kojcic non diceva nulla. Anzi lasciava pure l’illegale argentino occupare camerone od altri luoghi di passaggio dell’ostello con una bicicletta per cui non v’erano proprio spazi dove lasciarla nel luogo dato.
Siccome questi suoi carpentieri in servizio tetto facevano la doccia, dopo l’ora delle pulizie, lasciando i bagni schizzati di nero, si era inventato che un cliente si era lamentato dei bagni. Ed hanno ben ragione a lamentarsi dei bagni, e non solo per quello! I piccolissimi vani con doccia, lavandino [dimensioni per bimbi] e gabinetto sono permanentemente allagati perché, sebbene fatti, da lui e dai suoi carpentieri, con lo scolo dell’acqua (alla cinese) nel pavimento, l’acqua che lì inevitabilmente esce dall’area doccia, che ha già un suo scolo, non va nello scolo del pavimento ma resta sullo stesso ed in gran quantità.
Allagamento permanente, appena i bagni siano usati per far la doccia, tra l’altro sempre fredda, “perché costa troppo lasciare il gas acceso la notte sotto la caldaia” per cui lo lasciano sempre spento, anche quando qualche cliente se ne lamenti. Le porte, come conseguenza dell’acqua stabile sul pavimento, sono fatiscenti in basso. Siccome un cliente, un altro [non sarà stato il primo!], s’era forse lamentato [oppure l’Elvis Kojcic se l’era immaginato od inventato!] di tali orridi bagni, seppur nuovi, l’Elvis Kojcic, furioso, s’era rifatto trovando del nero tra le mattonelle dei muri dei bagni, mattonelle anche lì mal disposte perché se ci sono spazi di accumulo di sporcizia in cui si dovrebbe operare con raschiatori speciali (non essendo sufficienti stracci, spugnette e spazzole standard)..., se ne era uscito che i muri ed i soffitti dei bagni dovevano essere integralmente puliti ogni giorno sia col sapone che con cloro. Ah, aveva pure scoperto delle mattonelle “gialle”... È solo che erano “gialle” perché nei bagni avevano usato mattonelle in pratica di tre sfumature di bianco, mescolando strisce di mattonelle nuove a mattonelle forse vecchie e comunque appena differenti. Di fatto, anche la pulitura quotidiana con sapone e cloro dappertutto, lasciava il nero in “anfratti” non ben riempiti con cemento o stucco. E le mattonelle “gialle” erano restate “gialle”.
La cosa gli era comunque poi sfuggita all’attenzione ed aveva cominciato o continuato con altre stranezze. Dopo che uno s’era fatto 8-9-10 di lavoro, sfruttando il fatto che uno [io] abitava lì...
Ma a quel punto, se chiamato a tutte le ore, legalmente uno [io] non avrebbe dovuto pagare il letto (28 ore di lavoro gratis la settimana in pratica, oltre che gli straordinari che mi pagava come ordinari a 3.25 reais l’ora) che occupava nell’ostello, dato che con condizioni di lavoro para-schiavistico... Tra l’altro, lì a Sambavilla, c’è una massa di addetti alla reception, idem l’interprete o pseudo-inteprete di Elvis Kojcic quando ha potenziali investitori per l’ultimo delirio di disfarsi di tutto ed affitare a 7'000 al mese o quando va al Servizio Segreto, che occupa letti anche doppi senza pagare nulla e senza avere alcuna detrazione dalle remunerazioni...
...Dopo che uno [io] s’era fatto 8-9-10 ore di lavoro, ecco che l’Elvis Kojcic telefonava o lasciava biglietti alla reception, nel tardo pomeriggio o sera, di “fare 21 letti per prenotazioni di clienti che arriveranno oggi o domani”. Balle! Non arrivava non solo nessun cliente, ma neppure nessun potenziale affittuario dei due piani dell’ostello, 230 mq che lui cerca di rifilare, pazzia pura!, per 7'000 reais al mese. Oppure, eccolo telefonare alla reception per farmi dire di “lavare i muri” e neppure la reception sapeva bene di che muri si trattasse. Ciò quando non arrivava personalmente... ...Gang-stalking...
Sono pratico a destreggiarmi tra pazzoido-delinquenti in gang-stalking di Stato-NATO. Nessun problema, neppure con Elvic Kojcic. Lui era sempre più livido e depresso, mentre io mi spanciavo dal ridere. Al Servizio Segreto brasiliano lo avevano messo sotto pressione mentre gli preparavano il servizio finale, mandarmelo a fare il bullo sul CoNaRe perché io potessi scrivere l’articolo con foto sua per renderlo famoso. E poi fargli il pesce d’aprile facendoglielo sapere, dato che da solo non lo avrebbe mai trovato.
Appena ho pubblicato il testo con pure la sua foto di cui ai links sopra, l’ha saputo pure il Servizio Segreto brasiliano, dato che io ho subito informato la Caritas-Rifugiati (chiedendo loro di chiedere un’indagine di polizia) che ha informato il CoNaRe, come da me richiesto. La porta era aperta a che pure l’Elvis Kojcic lo sapesse, anche se era improbabile lo trovasse da solo in rete. Infatti, gliel’hanno fatto scoprire.
Sabato 2 aprile 2011, verso le 17, arriva il ciccione della reception in servizio quel giorno ed a quell’ora [coprono le 24 ore tutti i giorni, per cui c’è un plotone nutrito che s’alterna nei turni, pagati, credo, 20 reais ogni 6 ore e 50 reais per ogni turno di 12 ore il fine settimana], Ricardo, e mi dice che devo scendere alla reception con tutte le mie cose. Gli dico che posso restare lì come cliente. Lui insiste che Elvis Kojcic gli ha detto che devo scendere con tutte le mie cose. Era l’ultimo tentativo dell’Elvic Kojcic, in gang-stalking, di provocare un incidente, del tipo di chiamare la polizia perché mi rifiutavo di lasciare l’ostello. Non che la cosa avrebbe avuto influenze legali sulla mia richiesta di asilo, in realtà, se la cosa fosse restata pacifica, ma potevano fare della demagogia.
Quando scendo con le mie cose sono le 18, probabilmente. Il ciccione, Ricardo, mi dice che il motivo è l’articolo di cui al link sopra, che mi mostra sul computer della reception. Mi dice che non sarò pagato, per cui mi rubano [detratte le 28 ore settimanali per il letto] un 80-o-84 ore, 3 settimane di lavoro [9+8+8+9+10+8=52-28=24; 9+9+8+9+10+10=55-28=27; 11+8+8+10+8+8=53-24-o-20=29-o-33], tra cui, a voler essere precisi, ci sarebbero state pure ore di straordinario. 3 settimane di lavoro. 80 ore, a 3.25 l’ora, sono 260 reais. Dato che credo che lo straordinario sia pagato il 60% in più, erano probabilmente, a voler essere precisi, 48 ore a 3.25 [156 reais] e 32 a 5.2 [166.4 reais], 322.4 reais. In pratica, l’Elvis Kojcic mi ha rubato, già in condizioni di lavoro para-schiavistiche ed essendo io l’unico dei dipendenti che si pagava il letto con 28 ore la settimana, altri 322.4 reais [se i conti ora fatti son giusti]. Già in precedenza mi aveva rubato altri soldi non pagando le ore straordinarie come straordinarie [sempre che oltre le 8 ore al giorno siano straordinarie, ma penso proprio lo siano].
A “giustificazione” di licenziamento, estromissione dall’ostello e furto dei miei 322.4 reais [se il conteggio è giusto] ha dunque fatto produrre dal ciccione della reception, Ricardo, l’articolo di cui sopra fattomi vedere sul computer della reception stessa e la conclamazione che, il giorno prima (venerdì 1 aprile [pesce d’aprile?!] 2011), avrebbe perso 150'000 reais, o un affare da 150'000 reais, perché un console gli avrebbe mostrato il mio articolo dicendogli che non poteva fare affari con uno di cattiva reputazione come lui. Verosimile che la cosa sia accaduta al fratello maggiore che è il capo della congrega, se è mai accaduta. Insomma, il mio articolo, lo avrebbe trasformato in uno di cattiva reputazione. ...O sia lui che il fratello, visto che il cognome è lo stesso ed operano formalmente assieme in Rio de Janeiro... In esso, dico solo che il Servizio Segreto brasiliano lo ha reclutato per un limitato gang-stalking e che lo stesso Servizio me lo ha mandato a delirare, con aria da bullo, mercoledì 16 marzo 2011 su questioni che non avrebbero dovuto riguardarlo e che lui non avrebbe dovuto sapere. Per cui è certo, certissimo, che lo ha mandato il Servizio Segreto brasiliano.
In pratica, il Servizio Segreto brasiliano lo ha scaricato mandandemelo a delirare, come raccontato nell’articolo. Poi, ha mandato qualcuno a dirgli che avevo pubblicato tutto, visto che lui, da solo, non avrebbe mai trovato il mio articolo. Lui, che non capisce un cazzo, non ha capito un cazzo.
Quando scendo con le mie cose, prima che il ciccione della reception, Ricardo, mi dica alcunché, gli consegno un paio di chiavi loro che avevo. Dopo che il ciccione delle reception, Ricardo, s’è fatto la mini-sceneggiata come da istruzioni di Elvis Kojcic, ed aggiunge che comunque lui ciccione non ha nulla contro di me, gli dico che lui, Ricardo, è ora mio testimone. E me ne vado. Non è che avessi altro da fare lì...
La ragione del comportamento di Elvis Kojcic in quella occasione, il 2 aprile pomeriggio, è semplicissimo. Si sentiva inferiore, perdutamente ed irrimediabilmente inferiore. Lui autodicentesi milionario [racconta che l’edificio dell’ostello e del pub vale 1.5 milioni...] si sentiva irrimediabilmente inferiore ad uno che lui pagava 3.25 reais per ora. Per quello si era pure vergognato di fare la cosa di persona, licenziamento + sbattere fuori dall’ostello + furto del salario di tre settimane, delegandola ad un goffo portiere con cui lui era in costante ed ansioso contatto telefonico. Era poi caduto in ancora più profonda depressione alla notizia che me n’ero andato tranquillo senz’alcuna sceneggiata.
Alle 18 o giù di lì sono in mezzo alla strada. Era da tempo che mi dicevo che non potevo continuare con quella pazzia delle 52-55 ore settimanali a quella paga [sebbene ci sia sempre il pericolo di lavorare ancor di più e guadagnare ancor di meno! ...Al peggio non v’è mai limite! ...Oppure di non lavorare, restare senza soldi e dover divernire un barbone...]. Mi ero già detto, mentre preparavo le mie cose, che era forse ora di cambiare anche se ora tutto diveniva ancora più incerto, Comunque dovevo assolutamente ingegnarmi, sebbene sia più semplice a dirsi che a farsi.
Mi avvio, dunque, per Rua do Riachuelo (che inizia lì e si sviluppa verso ovest), che è una mini distesa di chiese e simili. La prima protestante, in apparenza povera in un fondo grandissimo ma spoglio, era deserta, e senza pastore in vista. C’era poi la San Vincenzo, con chiesa sempre chiusa, incatenata. Affianco c’è appunto la San Vincenzo che dovrebbe essere un’opera assistenziale o simile. Anch’essa è chiusa ed incatenata, ma vi sono alcuni ed alcune in una specie di cortile. Viene uno e gli dico che sono appena restato senza lavoro ed alloggio e gli chiedo se può indicarmi un luogo economico dove alloggiare. Non sa nulla. Insisto. Poveretto... Evidentemente alla San Vincenzo si occupano d’altro. Tra l’altro, a Rio de Janeiro (che abbonda di senzatetto che dormono per strada e non so come mangino [sebbene li veda, a volte, con delle confezioni in alluminio di cibo precotto o come da rosticceria; ma non ho mai visto nessuno distribuirlo] dato che non hanno l’assistenzialismo che c’è nei paesi anglofoni dove sono riempiti di cibo, coperte e vestiti da Carità chiesastiche [protestanti]), le chiese [ed i monasteri] o sono sbarrate ed incatenate o sorvegliate da servizi di vigilanza professionali o, talvolta, artigianali. In effetti, se i poveri le invadessero ruberebbero magari tutto e caccerebbero pure via i ricchi o non poverissimi che contribuiscono alla ricchezza della Chiesa cattolica [e delle altre] e che, forse, permettono pure di dare qualcosina ai poverissimi. Idem vale per talune altre chiese cristiane. Vari luoghi di culto evangelici o simili, o solo quelli più recenti e “di strada”, sono in apparenza essi stessi talmente poveri o spogli ed in vasti fondi o meno vasti fondi apparentemente non particolarmente costosi, per cui o non hanno vigilanza o s’arrangiano da soli quando aperte. Almeno qui in Lapa e dintorni. Non ho grande esperienza della città piuttosto vasta e con tutta l’area turistica e para-turistica e delle spiagge credo a sud del centro. Ovviamente, più sono ricche, più le istituzioni religiose cattoliche e cristiane necessitano di costosissimi servizi di vigilanza ...contro i poveri-poverissimi.
Soldi che se ne vanno a fiumi, sebbene girino agguerrite e frequenti pattuglie delle varie polizie (che entrano perfino all’interno delle aree delle varie chiese e monasteri, non solo appena fuori d’essi; deve essere una forma di affermare una presenza militare di uno Stato che tuttavia vale poco, se devono esistere servizi di vigilanza privata dappertutto e con copertura temporale totale), pure coi FAL al collo ed in mano [talvolta pure col mirno telescopico, ...sui marciapiedi del centro!] o che spuntano dai finestini dalle auto delle unità d’assalto della polizia militare [che s’occupa di civili, non specificatamente di militari]. Gli stessi servizi privati di prelievo e trasporto valori, quando sono fuori dai mezzi blindati e trasportano valori, tengono le fondine slacciate e le pistole impugnate mezzo fuori dalle stesse.
...Fosse solo questo! Lo vedremo tra un po’, come da titolo. Non sono blindate solo come servizi di vigilanza, magari casa normale in situazioni di povertà diffusa e di micro-delinquenza agguerrita quando non vi sia tale schieramento “militare”. Si legge di gente rapinata dell’auto e d’altro di notte, o durante scampagnate festive, da dui armati in motocicpletta o pure a piedi.
Prima o dopo aver chiesto alla San Vincenzo, avevo chiesto o chiedo ad un hotel, modesto, lì sulla strada. Il minimo è 90 reais al giorno. All’inizio avevo chiesto, nella via del supermercato più vicino, Economica, in un posto dove davano camere a uomini soli a quasi 800 al mese, ma senza internet [a quel che mi dicono, quando chiedo]. Del resto è un luogo piuttosto vecchio, sembrerebbe.
Arrivo da quelli, ricchissimi, della Chiesa Universale, che in Brasile ha la fama di essere solo una macchina per far soldi. Il loro bispo sommo era stato incriminato ma deve essersi salvato per connessioni politiche o simili. Può anche essere che l’incriminazione fosse stata abusiva o per altri fini. Non conosco i dettagli del caso. ...Visto che s’era poi dichiarato a favore di Lula e Dilma, avrà pagato la tangente... Non mi sembra molto religioso, per un capo congregazione, sostenere candidati politici.
Entro col bagaglio. Del resto il luogo è spazioso. Spero pure che mi chiedano. Ma guardano senza chiedere.
La teologia loro sembra para-ebraica, a quel che avevo letto sul loro giornale, ma il servizio non lo è per nulla. Si dice mescolino religione corrente con spiritismo etnico-nero, ma pure di questo non ho visto nulla in quell’effimera esperienza. L’unica cosa positiva è che non mi hanno chiesto soldi. Mi sembra che non sia passata la raccolta delle offerte. Devono raccogliere in modo differenti. O forse si va e si deposita in busta da qualche parte. Anzi, sarà che la fanno la domenica. Quello che loro chiedono, quando uno contribuisce, è che dia non sulla base di quello che ha ma di quello che vorrebbe avere. C’è poi, come anche in altre chiese o confessioni, una regola del 10%, di dare il 10% di quel che si guadagna o, forse, lì, di quel che si vorrebbe guadagnare. A me non hanno chiesto nulla. Era del resto la prima volta e non di domenica.
Guarda caso, lì alla Chiesa Universale, è il giorno del miracolo impossibile e subito [proprio quello di cui IO avrei bisogno in quel momento!] e c’è un servizio, una funzione religiosa, sul tema. Canti, preghiere, urla, musica un po’ troppo sù. Alla conclusione, distribuzione dell’olio santo. Dato che si sfila nell’area altare, può essere che quello sia il momento in cui depositano buste coi soldi, quelli che credono. O, verosimilmente, la cosa avviene la domenica e pure in altri modi. Per una ventina di partecipanti, ci sono tre religiosi. Un officiante, un assistente maschio, un’assistente femmina che è quella che corre per spegnere ed accendere le luci. Mulatti. Lei sul belloccio antico.
Alla fine è il momento dei postulanti, di chi vuole essere ascoltato. Lei parla solo con le femmine. I due altri, solo coi maschi. Io, alla fine-fine, chiedo all’officiante, il numero uno della situazione. Inizio a dirgli che necessito di un miracolo impossibile e subito, il tema del giorno!, perché sono appena restato senza lavoro e senz’alloggio. Ad un certo punto, dice che ha una chiamata al telefono. Sparisce. Non lo rivedo più. Il numero due sta parlando con uno anziano che deve avere un problema grande perché parlano a lungo e poi lo fa inginocchiare e strainginocchiare mentre lo strattona per preghiera e benedizione.
Venuto il mio turno, ripeto la scena. Chiedo se uno [io] possa lavorare ed alloggiare lì. Hanno pure manifesti che cercano assistenti, ma sono evidentemente solo per brasiliani. La butta sul demagogico. Dice che è Dio che chiama. Mi dice che lì sono tutti volontari, cosa evidentemente non vera visto che l’officiante ed i suoi assistenti, lui incluso, sono chiaramente a salario. Sorvola quando gli chiedo del manifesto che in pratica sollecita candidature. Appunto, è solo per brasiliani. Mi dice che forse posso dormire lì ma è una finta. Va nel retro, “a chiedere”. Non parla con nessuno. È una finta. Mi dice che “i superiori” gli hanno detto che hanno regole per cui non posso. Ecché non lo sapeva?! Appunto, s’è solo fatto una sceneggiata. È andato a prender fiato od a pisciare. Gli dico che magari glielo richiedo il giorno dopo, visto che la mattina di domenica hanno un grande servizio religioso, e che aspetterò sullo scalino della “chiesa”. Mi chiede se può recitare un’orazione con benedizione. Gli dico di sì e, memore di quello prima, mi inginocchio. Mi dice di restare in piedi. Mi fa mettere le mie due mani sul mio cuore e mi dice di pensare a quello che voglio si realizzi. Intanto, lui, con mano sul capo mio, recita un’orazione in cui chiede che si avverino i miei desideri di ricchezza finanziaria. È una preghiera standard, non un auspicio dettogli da me che chiedevo solo un misero lavoro ed un letto od un panca su cui dormire. Sembrano cose da libri americani, per cui pensi di divenire ricco, lo divieni e, visto che lì è una congregazione, dai soldi alla stessa.
Già prima, mentre aspettavo che uno dei “pastori” si liberasse, un signore tutto felice, ma non sembrava ricco (poteva essere un operaio od un piccolo commerciante od un dipendente pubblico da 1'200 al mese e casa fatiscente se il suo fosse stato l’unico salario della famiglia), mi aveva detto che basta chiedere a Dio ed, incredibilmente, uno diventa ricco ed ogni sogno si realizza. Io il problema lo avevo improvviso e subito e lo vedevano che non ero un senzatetto da sempre o da tempo nella strada.
Sono ormai le 21:00 od oltre. Ricevuta la benedizione ripeto, a me stesso prima che al benedicente, che aspetterò fuori dalla “chiesa” visto che chiude e, pur spaziosissima non ha uno spazio per me in cambio di qualche lavoro. È anche vero che hanno cose di un qualche valore, sebbene non credo che il luogo resti deserto la notte, eppoi lo vedono che non sono un senzatetto coperto di stracci ed a piedi nudi. Nulla da fare. I locali sono ormai chiusi e blindati con saracinesche. Non mi resta che uscire coi bagagli dall’unica porta aperta e sedermi sul gradino fuori ed aspettare. Anzi, a pensare. C’è un grande cornicione che ripara dalla pioggia che deve essere già iniziata.
Giudeo segreto con formazione cabalistica da parte di nonna cabalistica arabo-ebraica, pur battezzato cattolico alla nascita, era da tempo che mi dicevo che avrei dovuto testare l’apertura delle varie confessioni cattoliche ed altre a nuovi adepti. Con formazione e cultura universitaria ed oltre, senza problemi col lavoro manuale e tanto meno con quello intellettuale, in ottima salute, uno dovrebbe, indipendente dall’età, essere apprezzato come un ottimo investimento da qualunque confessione e sotto-confessione, anche poi il rapporto religioso-lavorativo si scindesse. Tra l’altro, anche se la lingua ufficiale della Chiesa cattolica è forse il latino, avendo sede a Roma non dovrebbe essere inutile, anzi dovrebbe essere prezioso, in Brasile, avere uno pure di lingua italiana dalla nascita. Vari antichi ordini sono nati in Italia, anche se usavano il volgare (ma sempre più compensibile ad un italiano colto che ad altri) all’epoca della fondazione.
È il mio primo sabato all’aperto a Rio de Janeiro per cui resto ore in contemplazione del traffico e del transito. Non avevo mai visto, dalla strada, una notte di sabato a Rio di Janeiro. Ero sempre col computer a leggere, scrivere, studiare. Al massimo sbirciavo occasionalmente, dalla finestra della cucina dell’ostello, il rumore terribile della strada sotto Sambabilla, piazza, area circostante, inondate, fino al mattino, di gente, musica, danze. È quasi una liberazione ed una sfida restare, per una notte [non per sempre!] in mezzo alla strada.
Non so di preciso che numero civico abbia la branca locale della Chiesa Universale. È attaccata, immediatemente a est, a Rua do Riachuelo 119, un palazzone in realta di stanzette, monolocali o poco più e seconda se siano i più piccoli od i più grandi. Dall’altro lato della strada, appena a ovest, c’è un palazzone di un giornale non credo quotidiano, Folha Dirigida., una gazzetta di concorsi ed altro. Da non confondere con il o la Folha Universal della Chiesa Universale.
Arrivano tre che di piazzano proprio immediatamente davanti a me e, mentre telefonano coi cellulari, si mettono a puntare e cercare di attrarre l’attenzione di delle ragazze che ballano di fronte, al primo piano. Si vedono come luci da discoteca, ma sembra un appartamente privato. I tre hanno l’aria normale. Non sembra una sceneggiata per rapinarmi. Del resto non è tardi, c’è gente in giro, locali aperti di fronte, transito di mezzi privati e pubblici, di pattuglie della polizia, anche quella d’assalto coi FAL, che passano di frequente.
Poi, quando stanno per arrivare le mogli di un paio dei tre, uno, il meno giovane, mi attacca bottone. Chiede. Gli dico. Mi dice che quel punto è pericoloso, di spostarmo appena, di una decina di metri, in direzione del portone del palazzone al numero 119. Mi sposto proprio affianco allo stesso. I senzatetto occupano poi tutti o quasi gli spazi oltre. Per qualche pudicizia non occupano lo spazio affianco al portone. Io non ho tali problemi. Non ho intenzione di vivere nella strada. Devo solo pensare dopo una situazione improvvisa. Quello che mi aveva chiesto entra poi al numero 119. Non ho idea se abbia parlato col tipo che poi m’aggancia o se la cosa sia stata casuale.
Sono varie ore che sono lì Non fa freddo ed ho comunque un maglione da mettermi, nel caso. Gente che va e che viene. È sabato.
C’è un ragazzo sui 40 che va e che viene. Esce. Rientra. Dato che s’íntromette con una che sta limonando con un ragazzo, penso sia il padre.
Dopo varie ore di questo vai e vieni, questo tipo viene da me. Chiede. Gli dico. Sembra sappia già. Alla fine mi dice di salire. Perso sia un buo samaritano. Mentre entriamo mi dice che lui è gay. Gli rispondo che io non lo sono ma che non mi crea problemi quello che gli altri facciano. Gli enfatizzo, come poi, in seguito, che devo trovare subito lavoro ed un alloggio o letto con internet.
Si chiama Alexandre. L’appartamento è in
Rua do Riachuelo 119/211, bairro Centro
Il nome completo viene fuori il giorno dopo, dopo che lui è divenuto aggresivo, sono fuggito (non intendendo fare a botte), sono andato alla polizia dato che il mio bagaglio era restato lì e non era il caso di rientrare con uno aggressivo in azione senza che nessuno sapesse dell’accaduto.
Alexandre Alberto Duarte Lima, nato il 26/06/1971
Con residenza ufficiale in Rua Santo Alfonso 195/202, bairro Tijuca, Rio de Janeiro, RJ
L’alloggio è un monolocale (con una di quelle pareti a soffietto tirabile che isola esattamente il letto dall’altra meta dello spazio non grande) con cucinotta in un piccolissimo vano e bagno con doccia. Come già mi aveva accennato, c’è uno che dorme sul letto. Meglio. Così sono sicuro di dormire altrove. Mi dice di far la doccia che faccio. Mi dà dei biscotti. Passa uno straccio con del disinfettante sul pavimento, su cui stende una coperta con un lenzuolo. Ottimo. Tira la parete che mi e li separa sul lettone attaccato a dove io dormo. Tutto OK fino al mattino. Sento quello che se ne va. Poi provo col computer se per caso io possa agganciare l’internet di qualcuno. Niente da fare. Età della pietra come wireless.
Il tipo vuole far conversazione. Mi ridice che è della Guardia Municipale, una delle varie polizie. Io enfatizzo che devo trovare lavoro. Lui mi dice se il lunedì voglio andare in spiaggia. Mi dice della Guardia Municipale, che si occupa di contrabbando, ma che non deve andare in ufficio. In effetti, ha una foto di lui, sembrerebbe, in divisa, ma deve essere vecchia. Ha come un distintivo da avvocato. Deve essere stato iscritto a qualche facoltà di legge. Ha il pavimento pieno di libri di diritto in genere penale. Studi non conclusi e, magari, suoi problemi penali. Non dev’essere il solo in Brasile che si contrabbanda per sbirro. Ho letto di casi usciti sui media. Deve rendere, evidentemente. Anche se lui non deve essere proprio un illegale, anche se non lavora. Che abbia qualche pensione. Magari era di quella polizia e poi l’hanno sbattuto fuori in modo soft. Sebbene giovane è uno che proprio non ci sta colla testa. Vaneggia pure sulle cose più banali. Quando gli chiedo se abbia internet e se non senta il bisogno di averla, mi dice che chi ha internet viene ammazzato in Brasile. Vaneggi.
Dice che ci sarà un colpo di Stato militare perché i politici sono troppo corrotti. Lula, non Dilma, dice. E molti altri evidentemente. Gli chiedo... Ma sono suoi vaneggi.
Cerca di usare quelle che devono essere tecniche di seduzione gay. Credo di aver capito che gli interessa solo un generico limoneggio e poi succhiare l’uccello dell’altro, se ho ben capito. Non ho mai avuto alcuna propensione di limoneggiare con maschi né di farmi succhiare l’uccello dagli stessi. ...Quando uno non solo non ha esperienze nel settore ma non ha pure intenzione di averle... Come si dice?! Se uno proprio non si sente non si sente.
Ecco che allora usa tecniche da sbirro e non solo. Evidentemente, dovevano avere funzionato con altri. Si mette a urlare. A dirne di tutti i colori. Dice che in Brasile tutti si scannano tra di loro. Poi tira fuori una specie di pugnale. Sembra una cosa da cucina con due o più punte. Dopo un po’ lo nasconde nell’armadio. Vaneggia che lui può ammazzare chi vuole tanto è un poliziotto. Agita una bacchetta e mi colpisce sulla coscia [avevo calzoncini corti da casa], ma senza grandi danni. La cosa si prolunga tra sui incredibili ulteriori vaneggi. Alla fine sembra che voglia sfasciare il mio computer. Vuole che dalla sedia dove ero vada sul letto con la borsa del computer e che la apra per decidere tra la mia vita o distruggere il mio computer.
Dopo averlo ascoltato a lungo e fingendo aria contrita, prima la butto sul razionale. Gli dico che mai mi ammazzasse lì, come continua a dichiarasi deciso a fare, dovrebbe renderne conto alla Polizia Federale ed al Servizio Segreto brasiliano. Siccome contina con l’aria ossessa, mi fingo semisvenuto con la mano sugli occhi, dicendo che sto male. Ritento, lo avevo già fatto in precedenza ma lui si ero messo di mezzo e non avevo voglia di fare a botte, di andare alla porta che raggiungo e che per fortuna si apre nonostante chiavi in gran vista nella serratura. Lui mi dice che c’è il mio bagaglio... ...come a dire di prenderlo. Non mi fido, dato che il corridoietto [con a lato bagno, subito dopo l’ingresso, e cucinetta] è stretto e se poi lui si mette di mezzo o chiude la porta a chiave, sono rifottuto prigioniero di quel pazzo.
Scendo e chiedo al portiere di chiamare la polizia. Mi dice che non può usare il telefono. Ed allora che lo ha a fare? Vedo fuori se passa un’auto della polizia. Non ne passano.
Chiedo al bar di fronte che chiami la polizia e mi dicono che è dietro l’angolo. Non era proprio dietro l’angolo. Comunque, chiedendo ad ogni angolo trovo il posto di polizia dopo forse un quanto d’ora o poco più. Sono in calzonicini corti con ciabatte, oltre ad una maglietta. Sebbene usuale a Rio de Janeiro, mi sento un po’a disagio. I soldi sono comunque con me. Non il passaporto ed il libretto di lavoro, oltre a tutto il resto.
Arrivo lì, alla V Delegacia de Polícia di Rio de Janeiro, alle 14:22 di domenica 3 aprile 2011. Spiego il caso alla ragazza della reception. Dopo un po’di attesa parlo col funzionario della Polícia Civil Rodrigo C.L.F. della V Delegacia de Polícia di Rio de Janeiro. È una specie di agente speciale che sia raccoglie le denunce, sia interviene da solo. Gli altri, pur presenti con varie mansioni, ora più numerosi, ora meno verso sera e notte, non si capisce bene che ci stiano a fare.
Presa la denuncia, mi dice di andare alla Delegacia speciale per turisti, in Lebron. Ma poi fa tutto lì e si rivela la cosa migliore.
Mi manda con due della polizia militare a vedere di recuperare il bagaglio. Il tipo non è in casa. Di ritorno alla polizia, il funzionario di prima, Rodrigo C.L.F., mi dice che posso ritentare pure da solo mostrando la denuncia, oppure di aspettare lì più tardi che li mi possano ridare assistenza.
Dopo un po’ rivado da solo. Mostrando la denuncia chiedo l’’assistenza del portinaio che mi dice che non può lasciare la portineria. Però telefona all’amministratore che viene subito. Si mette di mezzo pure uno del palazzo che sembra uno di qualche polizia. Alla fine danno il nome completo di Alexandre sia a lui che a me. Nel frattempo sia il portinaio che l’amministratore mi dicono che appena io sono uscito, scappato, verso le 14:00, il tipo era uscito con la borsa del mio computer. L’amministratore dice che l’ha venduto. Non ho idea come potesse saperlo. Chiedo se mi possano dare il loro numero di telefono ed il loro nome, sì che dalla polizia possano telefonare a loro. Non me li danno.
Torno allarmato dal funzionario Rodrigo C.L.F. che sta ascoltando un altro. Aspetto a lungo. Alla fine dò il nome completo del tipo oltre all’informazione, od apparente tale, dei due che sono sicuri che abbia venduto il mio computer. Il funzionario me lo mostra in foto, a torso nudo, sul video del suo computer. È lui. Il funzionario ha da fare. Mi dice che posso andare da solo e chiedere l’assistenza di un’auto della polizia di passaggio, se necessario, oppure aspettare lui. In effetti, ha da fare con quello della lunga denuncia o esposizione precedente.
Prima dico che aspetto. Poi però vado. Il tipo è venuto e riuscito ma il portinaio mi dice che ritornerà tra poco. Quando arriva, salgo con lui ed una anziana. Lui ricomincia a vaneggiare aggressivo. Gli dico che chiamo la polizia. Scendo per aspettare che passi un’auto di una qualche polizia.
Mentre sono sulla strada, provvidenzialmente arriva Rodrigo C.L.F. che deve avere finito con l’altro. Chiede al portiere la conferma che il tipo sia in casa. Saliamo. Bussa alla porta dopo avere puntato la pistola contro la stessa. Devono avere avuto ed avere delle brutte esperienze in Brasile, per cui operano a quel modo. Quando lui apre, parla con lui continuando a tenere la pistola in mano fino che non è sicuro-sicuro. Il tipo continua a vaneggiare con lui. Appena il funzionario mi dice che posso entrare per prendere la mie cose, porto i tre pezzi rapidamente fuori e scendo. Il computer è li’. Controllo che funzioni. Sembra funzionare, per cui o non è mai uscito dalla casa o lo ha portato fuori ma non è poi riuscito a aprilo, visto che ha chiavi di protezione per cui acceso non succede nulla fino a che non si digiti la chiave giusta, e non c’e proprio di fare nulla senza password. Finalmente mi posso vestire normalmente, dietro un muretto nell’androne del palazzo.
Vado subito, col bagaglio, in un posto nei paraggi che avevo visto prima, casulamente, mentre facevo avanti ed indietro dalla polizia. È un ostello economico.
La cosa finisce verso le 23:30 di domenica quando firmo la rinuncia a continuare, dopo che, recuperato tutto, forse verso le 22:00-22:30, il funzionario della Polícia Civil Rodrigo C.L.F. mi aveva chiesto se volevo andare avanti nella cosa o meno. Sinceramente, recuperate tutte le mie cose, e senza veri danni a parte il tempo perso e tutto il trambusto che ne era conseguito, non me ne fregava nulla di far causa a quel pazzo e pervertito. Intanto, anche con la rinuncia, il tutto resta negli archivi loro. Per cui sono subito andato alla V Delegacia de Polícia, dove lo stesso funzionario continuava a lavorare, dalle 11 del mattino a quel che disse ad una signora impaziente che aspettava al bancone. La rinuncia ha preso un certo tempo, perché Rodrigo C.L.F. doveva compilare vari campi al computer verosimilmente con dettagli sul suo intervento e con delle rettifiche ed integrazioni.
Infatti, mi dà e mi fa firmare una nuova copia della mia denuncia, col nome completo del tipo, e con la mia rinuncia.
Mentre tornavo per l’ultima volta in Rua do Riachuelo 119/211, per ritentare o per aspettare che arrivasse il funzionario, chiedo senza speranza in un ostello per brasiliani, uno di quei luoghi un po’ poveri e senza internet. Penso siano letti in stanzoni. Costa solo 14 reais per notte. Anzi, uno cui chiedo mi dice 12. Ma poi sono 14. Per un’emergenza e finché non mi sistemo in qualche altro modo, va bene. ...Dopo quell’esperienza col gay pazzoide e la domenica persa con polizie... Scopro poi che sono stanzette col ventilatore. I muri sono quel che sono. Lenzuola e asciugamani sono puliti. C’è pure una doccia calda a gas anche se non sempre funziona, nel senso che a volte la fiammella non si accende o si accende solo dopo un po’. ...Saran questioni di pressione... C’è un distributore gratuito di acqua fresca, una di quelle colonnine che la filtrano e raffreddano da un’uscita e riscaldano dall’altra, ma senza il getto bollente che mi sembra disattivato, o forse funziona ma solo per la non fredda-fredda, sennò per un tè sarebbe stata utile l’acqua bollente... C’è pure la possibilità di lavarsi cose e stenderle. In pratica, in un cortile, hanno ricavato stanze, o stanze supplementari (visto che il fronte, sulla strada, è da classica abitazione antica o vecchia a due piani credo) in cemento e mattoni. La mia, al pian terreno prossima ma non attaccata a docce e gabinetti, forse è la più piccola e con la parte superiore della porta con una grata. L’aria circola meglio. Meglio, per quando fa caldo. Non è che abbia da fare cose segrete, se anche qualche spilungone sbircia nella stanza. Vi sono pure stanze col gabinetto a 17 reais. Altre stanze hanno la tv. Gli ospiti sono degli anziani in attesa di trapassare, ma pure persone più giovani che evidentemente lavorano in zona. È un posto per singoli maschi, come ve ne sono altri a giudicare dalle scritte fuori a vari di questi ostelli. Donne non se ne vedono. Deve essere per evitare prostitute, che in effetti circolano in strade circostanti. Deve essere che nessuna ha mai sollevato la questione della legge sulla discriminazione. Chissà come valuterebbe la Corte Suprema brasiliana che vi siano luoghi pubblici o parapubblici per soli uomini. O può darsi che sia un’eccezione ammessa dalla legislazione sulla discriminazione. In realtà, in altri posti “per signori soli” vi sono pure alcune femmine di varie età, per quanto in netta minoranza.
David, uno degli ospiti lì, sugli 80 ed oltre forse, è un personaggio multilingue, di madre ebraico-egiziana e padre romano. Lui si qualifica come siciliano, oltre che brasiliano. Si sposa con un’americana che conosce a Parigi. Bassetto, come il padre, come già al padre piacciono le donne alte. “Se hai i soldi...”, dice. Evidentemente li avevano. Mi dice che è geologo. Parla. Parla. Se ho ben capito, ha vissuto con la moglie, altissima, a Beverly Hills, dove lei gli è poi stata sottratta, dice, se ho ben capito, da un mammasantissima italo-americano. Non ho capito se lui, dopo, è venuto in Brasile col figlio o coi figli. Non ho idea come sia finito in un posto modesto come questo. Lui si veste con le scarpe, calzoni lunghi e camicia. Evidentemente può pagare il mensile che tanti che vivono per strada non potrebbero pagarsi. Ed, evidentemente, non ha un appartamento od appartamentino come tanti hanno, seppur i prezzi siano o sembrino a me prezzi europei, cioè alti-altissimi. Questi ostelli per uomini soli non sono pensioni, per cui non sta qui come in una pensione. Neppure si può cucinare. Da come parlava, e senza smetterla, pensavo che forse potesse essere reduce da qualche bevuta, ma non odorava di alcool. Nonostante l’età, parlava non distintissimo ma senza sputacchiare neppure un po’. Neppure maleodorava. Aveva solo le mani che sembrava avessero tagli o zozzume quando strigeva la mano. Eppure, a guardarle, sembravano mani pulite, ben curate e di persona non reduce da lavori manuali. Doveva essere altro. Poi, alla fine della lunga conversazione [sabato 9 aprile], è sparito. Doveva essere capitato solo un momento al distributore dell’acqua fresca del pian terreno, ma deve alloggiare in altra area o piano. O, forse, no. L’ho forse intravisto mentre s’intrufolva nella doccia. Poi, un giorno che era elegantissimo con giacca e cravatta. Non deve soffrire il caldo, o doveva essere un’occasione speciale, od un su modo abituale di presentarsi. Se vive in un tal posto, invero vi sono anche camerette con mobili muovi e televisione, può essere che abbia vissuto troppo come un ricco anziché divenirlo davvero. Chissà...
Lunedì 4 aprile 2011. Mi riposo e penso.
Mi risolvo, ad andare, martedì 5 aprile 2011 mattina, alla Caritas-Rifugiati. Arrivo verso le 10:00. Non ci sono clienti. Classico ufficio parastatale pieno di personale che non ha nulla da fare e che, spesso, non sa far nulla.
Alla fine, aprono. Chiedo dell’assistente sociale. Non c’è quella avevo visto in precedenza e che mi aveva data informazioni sbagliate sull’alloggio. C’è una ficona che avevo già intravisto e che credevo parlasse inglese ma devo essermi sbagliato sull’inglese.
Esce e parliamo fuori, al sole ed al caldo. Era troppo difficile farmi entrare subito nel suo ufficio, in area condizionata e dunque fresca, dove ha il computer in rete.
Gli dico che sono restato improvvisamente senza lavoro, alloggio e con paga rubata dove lavoravo, dunque senza soldi. Alza le spalle. Insomma, neppure ti dicono dove denunciare la cosa, la paga non corrisposta. Lo so di mio, appena posso usare a tempo pieno internet. O, meglio, mi è capitata una cosa ancora migliore, sembrerebbe. Vedremo...
Neppure mi dice nulla sui sussidi, credo di 300 reais mensili, che credo diano. Devono essere su base razziale, solo per neri di eserciti in disfatta. Non chiedo nulla. Se non te ne parlano loro quando uno dice di essere senza lavoro, casa, soldi e con paga rubata dal datore di lavoro...
Gli chiedo dove trovare alloggio economico e con internet. Mi dice che non sa nulla, che loro hanno un centro d’accoglienza ma chiuso per lavori [fosse stato aperto, sarebbe stato pieno...] e che l’ospizio comunale per poveri è pieno. Ottimo! Così mi evito di spendere soldi per viaggi a vuoto per rincorrere loro informazioni fantasione ed errate.
Gli chiedo come e dove trovar lavoro. Mi dice che c’è una agenzia statale che da lavoro pure a richiedenti asilo. ...Se uno vuole spendere tempo e soldi di bus pe raggiungerla, penso io...
Intanto gli chiedo che deve fare uno che voglia farsi prete o frate. Strabuzza gli occhi. Ma io insisto serio e senza arrossire. Mi dice che non ha idea. Riferendomi alla sua maglietta con scritta Caritas etc, gli ribatto che se non lo sanno loro della Caritas Arcidiocesana... A quel punto deve inventarsi qualcosa... Va di là, dove c’è un salone, e pure la cucina e, al lato opposto, l’ufficio della direttrice. Dubito che abbia chiesto seriamente. Prima era con un’altra, in quel salone, a girarsi i pollici [non è che quando non hanno nulla da fare, cioè quasi sempre, leggano, studino, o si ingegnino e trastullino con internet; ...si girano i pollici!!!]... Deve essersi consultata con l’altra, su cosa inventarsi. Gli deve essere venuto in mente che in centro c’è un monastero francescano. Infatti, se ne arriva con un bigliettino:
Ordine dei Frati Minori Francescani,
Convento di Sant’Antonio
Largo da Carioca
[centro di Rio de Janeiro]
In effetti, quando gli dico che ho già provato ma sembra tutto sbarrato, mi dice che lei c’era stata per cui deve esserci una qualche via per accedervi. Basta trovarla. Poi la scopro. Il monastero sta in alto. Dalle 8:00 alle 18:00, i cinque giorni non del fine settimana, c’è in basso, al livello della piazza, sia un ascensore gratuito dentro un tunnel, che un vecchio accesso con scale. Invece, l’accesso auto è chiuso con catene a bloccare il cancello e senza nessuno di guardia. Tutto il complesso dovrebbe essere in lento o futuro restauro a giudicare dai cartelli e sbarramenti ma senza che nessuno stia lavorando.
Mi dà un indirizzo di una agenzia statale, un ufficio di collocamento. È l’Agencia SAT di Copacabana. Ma con quello che costa il bus o la metropolitana...
Le chiedo come raggiungerla dal centro e poi gli chiedo pure se un certo ostello esiste ancora, se può controllare su internet.
Si decide a farmi andare nel suo ufficio per consultare al computer.
Le chiedo di telefonare al monastero francescano per sentire se è possibile parlare con qualcuno della cosa e fissarmi un appuntamento. Telefona, ma solo per farsi dire gli orari di apertura che sono quelli indicati sopra. Beh, almeno sò che è aperto. Poi, poco dopo, trovo tutto, dalla piazza, Largo da Carioca
Troviamo l’ostello, per cui sembra esister ancora:
Piradas de Ipanema
Rua Jaquim Nabuco 165
Credo in Botafogo
Bus 464 da dove stò o metropolitana dal centro-centro.
Troppo difficile per la ficona telefonare e chiedere i prezzi. Neppure chiedere, dopo la parte che s’è fatta coi francescani. Eppure, non sembra avere problemi di parola...
Meno male che si ricorda che c’è pure un ufficio di collocamento in centro:
Agencia SAT
Rua São José 35
Centro
8:30..16:30
Così non devo spendere soldi per il bus per Capacabana. Per andare a vuoto... In realtà, non si può mai sapere. Magari, uno va dove pensava non trovare nulla e diventa ricco in una settimana, sebbene spesso non succeda nulla. Tanto vale cercare sotto il proprio naso, prima di avventurarsi senza costrutto. In effetti, al Supermercato Mundial a 5 minuti da qui hanno posti liberi, ma evidentemente non per quel che vedono nel mio “curriculum” [scritto a mano] sebbene mi sia dichiarato disponibile e con esperienza da pulitore e sguattero a contabile, computers ed oltre.
Evito di chiedele se a San Paolo ci sia più lavoro e più assistenza per “disperati” foresti. Qualunque cosa mi avesse risposto, sarebbe stata senza valore, se mai mi avesse risposto.
Martedì, 5 aprile 2011. Vado subito al monastero francescano. Alla portineria, dove ci sono frati in abito normale che vendono cose e dipensano pure benedizioni, uno gentilissimo, non in uniforme da frate, mi dice che il padre delle vocazioni è in viaggio e che di sicuro-sicurissimo dovrebbe esserci venerdì mattina.
Mercoledì, 6 aprile 2011.
Vado all’ostello Piradas de Ipanema, Rua Jaquim Nabuco 165, bus 464 da dove stò.
All’esterno bandiera USA e bandiera brasiliana. Cancello aperto. Entro. Due clienti sono a due computer dell’ostello. Una con l’aria europea, bianchissima, ma che insiste a parlare portoghese, è col suo laptop. Un cane si scatena ad abbaiare contro di me ma non dico nulla. Che abbai, se gli piace! Arriva il proprietario, piccoletto, todeggiante, con l’aria da vecchio compagnuzzo sessantottino o fascistuzzo. Americano, suppongo, dalla bandiera fuori, ma avrebbe potuto essere un italiota autentico. Appena chiedo il prezzo giornalieno e mensile mi risponde, mentendo, che non è un ostello ma che è casa sua e quelli sono suoi amici. Mi dice, forse un po’ bruscamente, che “là, più giù” c’è un hotel od un ostello.
Poi, controllo su internet. Piradas de Ipanema è un ostello con tanto di prenotazioni via internet. Is the owner of Piradas de Ipanema (in Rua Jaquim Nabuco 165, Rio de Janeiro, RJ, Brasil/Brazil) another Anglophone cheater and psychopath? If it is a hostel, it is not your house, ridiculous asshole and bullshit!, but a place open to the public and, consequently, opened to everybody complies with the current rules. If it is your house, it is not a hostel and you are not allowed to extort money to your guests telling them, on internet, that it is a normal and legal hostel. Anglophone and other criminals and psychopaths in Brazil... ... Piradas de Ipanema... Anche se con la reputazione di essere lurido e con bedbugs, era il più economico di Rio e con internet. Non so i prezzi d’ora dato che non me li hanno detti, né le condizioni d’ora non avendo notizie né dirette né indirette. Ho solo visto, su internet, che conclama grandi baldorie con foto di gruppo di folle di giovani. Ora si dovrebbe essere un bassa stagione. Il proprietario sarà divenuto troppo ricco, sebbene sembrasse un metalmeccanico disturbato durante una fusione. O l’ostello sarà solo una copertura ad altro. ...Od è il cagnetto o la cagnetta a selezionare chi ammettere e chi no.
Giovedì, 7 aprile 2011.
Riprovo egualmente dai francescani, sebbene sia un giorno in anticipo. Un frate relativamente giovane, alla portineria, con aria un [po’ sbirresca, si fa passare per il padre delle vocazioni ma non credo fosse lui. Mi dice di dire a lui. Mi chiede l’età e tronca subito dicendo che ammettono solo vocazionati fino a 30 anni. Originale... Mi dice che è per via della formazione. In effetti, da quel che ho visto in merito, hanno l’anno iniziale + 1 altro anno + altri 4 di teologia [4 anni] e filosofia [3 anni], 6 anni in tutto. Strano che non abbiano altre soluzioni per profittare pure di candidati attempati, ma inutile discutere. Mi dice di provare coi benedettini, che lì non ci son problemi d’età.
Vado immediatamente al Monastero di San Benedetto. Il padre delle vocazioni, o forse il numero uno del monastero, è uno scazzato. Mi dice che oltre una certa età il carattere è già formato. Inutile obiettargli che nell’adolescenza, o pure prima, può essere già formato, sebbene non ci sia da essere mai sicuri, dato che ogni persona può eventualmente essere differente e tutti mutano in vario modo. Mi dipinge un quadro del monastero fatto di rivalità per passar prima o dopo e di scazzi perché più attempati arrivati dopo non vogliono prendere ordini da più giovani arrivati prima. Cose incredibili! Mi dice che occorre umiltà ed, in pratica, che gli anziani non ne hanno. Gli dico che sono umile. Mi controbatte che tutti dicono così ma poi finiscono dimessi dal monastero, dimessi per arroganza a quel che lui tratteggia. Saran dimessi per mille altri motivi. Se un’organizzazione sa utilizzare le persone, non dovrebbe preoccuparsi se poi ne deve licenziare o dimetere o se si dimettono. Non deve essere il caso loro. Non à neppure l’unico aspetto. Mi dice, in pratica, che ho pure il difetto di essere italiano, richiedente asilo politico in Brasile e senza “raccomandazioni”. Comincia a vaneggiare di terroristi [forse accenna a Battisti ed altri, che è proprio quello o son proprio quelli cui “loro” hanno dato asilo] quando gli ho già detto che non ho problemi penali, che è un caso del tutto differente. Continua che devo tornare in Italia, “sottostare alla condanna” [ma non avendo problemi penali non devo fronteggiare alcun processo con condanna o meno formali] e che poi posso e devo provare in Italia dove hanno i monasteri vuoti. Evidentemente, in Brasile, hanno monasteri pieni per cui non sanno che farsene di nuovi e che spuntano come per caso, a parte l’aggravante di non essere brasiliani e d’essere rifugiandi. ...Raccomandazioni... Questa è l’ultimo argomento e domanda. Come dire che lui deve coprirsi per cui uno avesse almeno dei pezzi di carta o, meglio, essere un possidente che ha donato milioni alla congreazione... Lo lascio dire... Gli avevo detto che avevo formazione universitaria e post-universitaria. Non sanno che farsene. Mi chiede i titoli. Mi dice che posso fare il professore o ricercatore in qualche università [certo!]. Mi dice che posso insegnare italiano [dove?]. Lo lascio avvolgere nei suoi discorsi un po’ vaneggianti e, molto probabilmente, di un ambiente scottato perché non sa trattare con le persone e non sa gestirle e metterle e frutto per l’Ordine per cui, quando se ne vanno (o vengono sospinti od obbligati ad andarse), sono vissuti come perdita e sconfitta. Quando s’era infiammato sull’“intollerabile asilo a terroristi” si doveva essere dimenticato, o non l’aveva mai saputo, che la Chiesa, tempo addietro, ora non più evidentemente, dava asilo a tutti. ...O forse solo ai ricchi e ricchissimi “convertiti” perché bisognosi dell’extraterritorialità dei luoghi ecclesiastici? Non era comunque la mia tipoligia d’asilo “politico”. Il frate doveva escere fascio o comunistoide di suo, e pur con ben altri problemi.
Ringrazio e straringrazio e me ne vado. Inutile insistere di fronte ad un netto no ed ad una totale chiusura se non verso gente, possidente, che loro conoscono attraverso la confessione e si siano coltivati dall’infanzia.
La chiesa del monastero, esteremamente ben tenuta, è di un barocco ricchissimo. Il monastero, dall’esterno, ma pure da quei pochi metri di interno che ho visto, sembra egualmente ben tenuto per cui restaurato e manutenzionato senza risparmi.
Il teatrino dei monaci che appaiono in schiera per le preghiere e le messe sono ottime rappresentazioni per turisti e locali. Stona solo quel voler simulare voci effeminate [non sanno cantare, o pregare e dir messa, con la voce loro?]. ...Oltre il teatrino per turisti e locali, e l’istituto scolastico per giovani ed adulti che sembrerebbe abbastanza rinomato [per gente danarosa] in Rio de Janeiro? Sotto la tunica nulla?! Chi può dirlo? ...Sebbene quell’anziano frate notabile disperato e dall’intelletto sclerotizzato su luoghi comuni mondani e che vuole solo respingere sconosciuti ben’intenzionati...
Ormai è il giorno delle vocazioni. Ho il nome del responsabile dell’Opus Dei di Rio de Janeiro. Monsignor Pedro Barreto Celestino. Solo il nome. Vado all’Arcivescovado, che si raggiunge a piedi da dove stò. Dalla vecchia porta principale, chiusissima ma con postazione del guardiano, lo stesso mi dice di andare nella traversa fino ad un cancello nero. Penso lavori lì, all’Arcivescovado. C’è una palazzina nuovissima e modernissima che devono essere gli uffici ora dell’Arcivescovado. Infatti è attaccata al vecchio Arcivescovado. La sicurezza/portineria non fa passare nessuno. Comunque telefonano. E mi danno un telefono dove raggiungerlo. Due numeri: 22219165 e 22240205. Chiedo dove abito. Mi dicono che sono telefoni convenzionali, non mobili. Chiedo dunque come si possa risalire all’indirizzo. Il portiere mi dice che magari non sono registrati nei computers alla compagnia telefonica, per cui telefona e chiede l’indirizzo. Gli dicono che si tratta di Avenida Passos 50, e che il nominato riceve negli orari 8:00..12:00 e 14:00..16:30. Il portiere, uno suo quarant’anni dall’aria sveglia ed affabile, mi fa pure una piantina semplice e piuttosto chiara di come arrivarci.
Vado a controllare, anche se è tardi. È una chiesa e mi dicono che Monsignor Pedro Barreto Celestino è lì. Vado il giorno dopo.
Venerdì 8 aprile 2011.
Vado sul presto. Mi indicano un prete piuttosto vecchio, traballante e sul sordo. Capisco che non può essere lui. Alla fine ci capiamo. Mi dice che non è lui ma suo cugino. Va a prendere una guida ecclesiastica con gli indirizzi dei preti e mi dà l’indirizzo. Rua Marques de Valencia 139 [tel. 2568-0066], Tijuca, sempre in Rio de Janeiro. Chiedo ad un altro che bus prendere. 415 o 220, lì vicino, Trovo e prendo il 415.
Bus 415. Non ho spiccioli. Dò al bigliettaio nero 50 reais. Fa un po’ di sceneggiata. Il bigliettaio nero e dagli atteggiamenti furbacchioni sono convinto mi abbia dato due biglietti da 20, oltre gli spiccioli. Quando vado a prendere i 40 per pagare l’ostello, scopro che sono 30. Non ho speso nulla. Per cui il bibliettaio nero s’è rubato 10 reais. Lezione: meglio controllare sempre minuziosamente anche se si pensa possa sembrare offensivo.
Arrivo, è mattina, in Rua Marques de Valencia 139, da Monsignor Pedro Barreto Celestino. Mi aspettavo una chiesa, anche perché, quando avevo chiesto del bus mi era stato detto, da uno dei guardiani della chiesa precedente, che avrei trovato una chiesa, la chiesa di São Francisco Xavier. In effetti, Rua São Francisco Xavier era prossima, per cui la chiesa omonima sarà stata nell’area e costui avrà inteso dire che il luogo era prossimo a quella chiesa.
Rua Marques de Valencia 139 è una classica residenza dell’Opus Dei. Una palazzina anonima, elegante, con unico campanello per cui è tutta loro, non un condominio. Tra l’altro, proprio mentre suono e chiedo, il cancello automatico si apre ed entra un’auto con un prete relativamente giovane (sui quaranta o meno, in apparenza), con l’aria furbetta. Era lui. Inutile pensare fosse un altro. Non a caso il signore mi fa entrare [uno alto e con l’aria dell’anziano, cinquantenne od oltre; gentile ed affabile; aria da vecchio segaiolo o castrato, ma comunque all’apparenza simpatico e cordiale], quando chiedo di Monsignor Pedro Barreto Celestino, mi fa accomodare in una stanza di cui accende il condizionatore d’aria e lo va a chiamare. Ha visualizzato, in qualche modo [se era il responsabile stanziale della casa, aveva il controllo del traffico], che era arrivato con l’auto, per cui sa che c’è.
Lui, Monsignor Pedro Barreto Celestino, gli deve aver detto di sbrigarsela da solo, che mi aveva visto e non mi conosceva, per cui... In pratica gli chiedo di entrare come numerario [sono i laici che lavorano a tempo pieno per l’Opus Dei, per cui ospitati e sottoposti alla disciplina e vincoli loro]. Gli dico che non sono per nulla sicuro di avere tempo per lunghe conoscenze con l’Opus Dei, che la conoscevo dai libri. Sull’età non mi dice mulla. Mi dice che entrare come numerario non è che si faccia da un giorno all’altro ma che è un processo... Chiesti i miei titoli accademici, mi dice che posso fare il politico [politologo e politico non è del tutto la stessa cosa...]. Mi dà un piccolo depliant con loro attività, una od alcune al mese, presso un loro locale o residenza in Botafogo, in Rua Dona Mariana verso l’incrocio con rua General Polidoro. Glielo dico che se trovo un altro lavoro da “schiavo” a 55 ore la settimana, non è certo che abbia tempo per lunghe conoscenze con l’Opus. È chiaro che sono pieni di “vocazioni” e non gliene fregava nulla di ascolare uno che usciva all’improvviso dal nulla. Il fatto stesso che Monsignor Pedro Barreto Celestino, appena arrivato, mandasse il kapó di residenza, pur affabile e paziente... Se non altro mi ha chiesto telefono che non ho e email che gli ho dato pur esplicitandogli che l’email vale se posso agganciarmi ad internet perché altrimenti sono come cieco, dal punto vi vista delle comunicazioni in rete come l’email è. Non sono sicuro abbia capito, ma non è detto che non abbia capito.
Chiedo informazioni su dove trovare bus per il centro. L’indicazione che mi dà è giusta.
Quando esco di lì, non deve esser troppo tardi, anche se non è prestissimo. Posso provare per il lavoro, al o alla SAT. Trovo un bus che va in prossimità, Piazza XV.
SAT del Centro. Uno dei loro Uffici di Collocamento.
Agencia SAT
Rua São José 35
Centro
8:30..16:30
Ma si deve andare sul presto o non troppo tardi sennò, ne feci esperienza uno dei giorni precedenti, il commessso semianalfabeta ti manda in una piazza prossima, Piazza XV, dove non si trova nulla, e ti dà, contemporaneamente, una striscia con un altro indirizzo garantendoti che lì il lavor cade come manna. Non trovato nulla in Piazza XV, se non un altro commesso che mi ha rimandato in Rua São José 35, non mi sono avventurato ulteriormente.
In Rua São José 35, lunga coda ma non lunghissima attesa.
In pratica, invece di mettere dei computers che tutti possano consultare per vedere se vi siano richieste di lavoro, oppure mettere gli avvisi su carta in vetrina o bacheca, c’è un commesso quasi analfabeta (con la faccia di qualche vecchio attore ‘meregano che ricopra ruoli da mafioso suddico) che dirige la coda esterna e l’entrata verso la coda seduta che scorre ad ogni primo posto che si liberi [non sarebbe più semplice dare i numeri?] e, poi, un numero variabile di impiegati col computer che ti chiedono qualcosa e, in pratica, ti dicono che non c’è nulla per te e di ripassare.
Fortunati alcuni che, avendo avuto la patente per camion, hanno ricevuto dal commesso un foglio quasi illeggibile per un posto a paga almeno doppia della paga mensile minima!
Dopo avere detto all’impiegata su cui son cascato che avevo titoli universitari, ho detto alla stessa che realisticamente potevo aspirare a lavori di pulizia. Non ha obiettato. Non trovando nulla, mi ha chiesto se fossi disponibile per un posto di telemarketing. ...Con un portoghese un po’ più capito e scorrevole... Ha finto di continuare a cercare qualcosa d’altro. Poi, mi ha spiaccicato un gran sorriso per dirmi che non aveva nulla per me e di ripassare. Appunto, è soprattutto un sistema per distribuire stipendi a chi, inutilmente, sta dietro ad un computer magari con pochissime richieste di lavoro nel database. Chi cerca lavoranti, fa prima a scrivere un annuncio sulla porta della ditta.
Per la prossima volta, mi sono preparato una lista scritta con una ventina di professioni e lavori. ...Il computer col database delle richieste lo controllano loro... Speriamo di capitare con uno paziente e collaborativo.
Poi, rientrando, chiedo se, per caso, un “cercasi cuoco”, qui dietro l’angolo, fosse aiuto-cuoco, cosa di cui avrei una qualche esperienza. No, era proprio primo cuoco. Inutile dire che uno è capace se non lo è. Se ne accorgerebbero i primi cinque minuti del vano bluff. Appunto. Chi cerca lavoro, mette l’annuncio sulla porta.
Verso sera vado al Supermercato Mundial, strapieno di personale. Se è strapieno di personale è chiaro che hanno posti liberi, ma la cosa è pure un pochino burocratizzata.
Chiedo. Mi dicono hanno posti liberi. Speravo mi dicessero di salire negli uffici. Mi dicono di lasciare il curriculum ad un certo bancone. Penso di non far nulla. Poi, in camera, ne scrivo uno, appena originale [almeno se lo ricordano e magari mi chiamano] a computer. Lo copio a mano. Vado a consegnarlo.
...Speravo mi chiamassero dopo pochi minuti...
Sarà per lunedì, ...o mai.
No, non mi chiamano.
Eppure, le facce cambiano in continuazione, a quel Mundial.
Il punto è sempre, quando delle vie si rivelano chiuse, o aprirle se proprio interessati o se possibile, o/e, comunque, trovare quali vie che non s’erano viste sono invece aperte e quali possibilità, cui non si pensava, sono magari lì ad attendere proprio te.
Sabato, 9 aprile 2011. Chiude tutto a metà giornata, se non è già chiuso, e se non ci sono le solite baldorie di musiche e danze di strada fino al mattino.
Domenica, 10 aprile 2011.
È davvero tutto deserto. La mattina, ci sono per strada solo le prostutute della notte o quelle, tra loro, che, evidentemente, non hanno incassato abbastanza, o non hanno lavorato o atteso abbastanza, per cui non sono ancora andate a dormire. ...O qui sarà una zona dove fanno i turni... Non sono pratico di quelle attività nottune e simili.
Le chiese e cattedrali sono ora strapiene, ora chiuse incatenate.
Non dovrebbero esserci sinagone attive in centro od aree prossime. Ve n’è una a sud, a Ipanema se ricordo bene, nella zona ricca e di destra. Troppo distante. Inutile, per un lavoro, se non hai certificati rabbinici ufficiali, e se non sei negli archivi della polizia israeliana e della CiaFbi come ebreo ufficiale. Meglio non esserci, forse. Chissà...
Non del tutto esatto, ma non so se sia funzionante anche se non sembra sbarrata ed in rovina. È solo chiusa. La scopro domenica 17. C’è un’imponente sinagoga, non nuova ma ottimamente tenuta sembrerebbe, con stella ad otto punte e dieci comandamenti in ebraico, non lontana dal Mundial di Rua do Riachuelo, in Lapa, appena in dieci minuti ad ovest a poi a nord. Si deve provare di sabato, evidentemente.
Lunedì, 11 aprile 2011.
Se si arriva un po’ prima dell8:30, all’Agencia SAT di Rua São José 35, l’Ufficio di Collocamento del centro, trova già un fila di una cinquantina di persone, che sono pure di più all’ora di apertura, le 8:30. La via consiste di larghissimi marciapiedi e di una piccola strada a senso unico. La fila della SAT è dall’altra parte della strada, al sole che, anche se l’11 aprile corrisponde all’11 ottobre dell’emisfero superiore, si fa rapidamente piuttosto cocente. Se uno sta per svenire, non resta che sedersi, su della carta che non scolori possibilmente, soprattutto se s’hanno calzoni chiari e puliti.
Quando viene il mio turno dopo più di un’ora e mezza, consegno la mia lista di una ventina di possibili lavori. L’impiegato sfoglia il mio libretto di lavoro immacolato, guarda e terminale e mi dice che “senza esperienza” (il mio libretto di lavoro è immacolato perché ho lavorato senza) ha solo un posto di aiuto magazziniere notturno, in un quartiere ad una ventina di minuti di bus da lì. Con suo stupore, accetto. Mi consegna un foglio ufficiale con cui devo andare al colloquio di lavoro. Chiedo che bus si prenda per raggiungere quel posto. Me lo scrive su un foglietto.
Qui la cosa si fa comica. Raggiunta la fermata del bus e pure il bus che per fortuna perdo, vedo che in realtà v’è l’indirizzo di un’agenzia di lavoro privata del centro, vicinissima. Ritorno alla SAT per chiedere all’uscere, ma è occupato. Vado direttamente all’agenzia privata. È propri così. Un privato s’è rivolto ad un’agenzia privata che ha passato la richiesta alla SAT che, naturalmente, invia gli aspiranti all’agenzia privata.
L’agenzia privata, in Corso Rio Branco 181/2304, http://www.parceira.com.br , mi dà uno di quei questionari su cui si deve scrivere la propria vita. Alla fine, parlo con una che mi dice che la storia non è finita. Loro inoltrano la cosa al privato che, eventualmente, chiede a loro di inviargli il candidato per un colloquio. Siccome non sono sicuro che il telefono dell’ostello dove abito permetta davvero di raggiungermi, mi accordo per ripassare venerdì mattina. Salario bassissimo, a livello di 3.25 per ora, visto che mi dice di 620 al mese, se ho ben capito. E non è che sia sotto casa, per cui uno deve spendere i suoi 5 [più se poi aumenteranno] reais per un’andata ed un ritorno per ogni giorno di lavoro, tra i 105 ed i 130 reasi al mese, salvo futuri aumenti del bus, a seconda che uno lavori 5 o 6 giorni la settimana. Se ci sono ostelli o stanze economiche là, nel mio caso non mi costa nulla trasferirmi di zona. Mi parla di un 15% ma non ho capito se sono da dare a loro o se sono benefici aggiuntivi sul salario. Che non siano per il bus… ...Lavorare e vedere, se mai mi assumono...
...Un privato che si rivolge ad un’agenzia privata, che si rivolge all’ufficio di collocamente per un banale aiuto magazziniere d’alimentari. Non devono averne grande urgenza, ...sempre che il posto non sia già occupato!
Martedì, 12 aprile 2011.
Arrivo alla SAT un’ora prima dell’apertura, alle 7:30. Ve ne sono già 44 prima di me. Quando finalmente è il mio turno, alle 10:20, l’impiegato allo sportello cui capito, che casulamente è lo stesso del giorno prima, guarda il terminale e mi dice che, essendoci un caso pendente, devo aspettare una settimana. Glielo dico che l’offerta di lavoro del giorno prima era molto teorica ed improbabile, perché solo venerdì saprò non se il lavoro c’è, ma se la ditta vuole parlare con me per poi magari non assumermi. Nulla da fare. Sono un caso pendente dell’incredibile procedura di imprese che si rivolgono ad un’agenzia privata che, a sua volta, si rivolge all’Ufficio di collocamento.
Venerdì, 15 aprile 2011. Rivado all’agenzia privata di privata, in Corso Rio Branco 181/2304. Sono le 8:30. C’è solo quella con cui avevo parlato che mi riconosce subito. Non devono avere un numero enorme di clienti, sebbene sia in uno di quei palazzoni per uffici suppongo costosissini. Mi dice che il cliente non ha risposto. Garantisce che mi telefona in giornata. O non mi telefona o la telefonata non mi viene passata.
Mercoledì, 20 aprile 2011.
Arrivo alla SAT alle 6.45.
Vi sono solo 5 persone per cui sono il sesto. Settimana morta, o che non sia sempre così il mercoledì dopo un martedì con code infinite. Infatti la coda si allunga, non di molto, lentissimamente. Quando aprono, alle 8.30, la trentina di persone in attesa possono tutte entrare e sedersi nella coda a scorrimento seduta, dove si salta di sedia in sedia fino alla prima posizione ed, infine, allo sportello libero. Sebbene sia il sesto mi occorre un’ora almeno prima di passare. Ci sono solo un paio di impegati a curare il pubblico dei disoccupati anziché una mezza dozzina come al solito. L’impiegato cui passo mi dice in pratica che sono ancora pendente. Gli dico che sono andato due volte all’agenzia (subito, 9 giorni prima, e poi il venerdì successivo) e che non mi hanno chiamato perché l’impresa non ha evidentemente risposto o non ha risposto sul mio caso.
Forse per evitare discussioni, mi dice che è una settimana morta dato che ci sono i due giorni festivi di Pasqua, che non ha proprio nulla e di ripassare avanti la settimana prossima appena la vita riprende. Gli chiedo se non abbia lavoro per esempio come informatico. Nulla da fare. Appunto. Sono bloccato dall’offerta fantasiosa come aiuto magazziniere e da un’impresa che si palleggia con l’agenzia privata per non rispondere e dunque tenere bloccati aspiranti lavoratori cui non possono essere date ulteriori offerte finché non s’abbiano notizie sulla precedente. Il foglio di offerta contiene un tagliando di risposta, sull’esito della stessa, che deve essere mandato dall’agenzia privata alla SAT. Il mio non era ancora stato mandato, dopo nove giorni da che io ero andato all’agenzia privata, per cui l’offerta era ancora aperta come indefinita.
Meglio seguire altre vie e rivolgersi alla SAT solo se si ha tempo da perdere.
Che vadano tutti a quel paese...
Devono essere messaggi celesti per dire di inventarsi e di seguire altre vie, puntando ben più in alto.