18 March 2007

Lettera da Lhasa numero 52. Meccanismi istituzionali di Grandi Purghe ed altri malaffarismi “giudiziari”

Lettera da Lhasa numero 52. Meccanismi istituzionali di Grandi Purghe ed altri malaffarismi “giudiziari”
by Roberto Scaruffi


Introduzione

Le purghe politiche o di altri settori di società, Stato, istituzioni, sono possibili, e correntemente realizzate, sotto tutti i regimi. Esistono tuttavia meccanismi istituzionali che le rendono tanto più chiassose quanto più deboli. Se si vuole guardare a meccanismi forti di purga, si guardi al caso britannico ed agli anglofoni in genere: infatti, sebbene talvolta si intravvedano e si discernano epurazioni e colpi di Stato, essi restano abbastanza occulti al grande pubblico. Versioni deboli sono, ad esempio, quelle di stile sovietico e quelle all’italiana soprattutto dal 1992. Nel caso sovietico, che ripercorse il modello franco-giacobino, si pretese il convolgimento delle masse, spettatrici, in parte morbose, in parte silentemente disgustate, di certo in gran parte vittime, di terrorismi del potere ed all’interno del potere. Nel caso italico, l’intrinseca debolezza da Stato artificial-compradoro impose, quando si volle fare una purga, o colpo di Stato intra-istituzionale, decisamente più ampia e più destabilizzante di altre, di farla sotto gli occhi di tutti. Fu il caso della liquidazione del Centro politico, per sostituirlo con un fascio unico del malaffarismo, tentata nel 1992-93, e continuata fino ad oggi pur in modo ancor più debole e contrastato di quanto realizzato col terrorismo intra-istituzionale del 1992-93.

Vediamo i meccanismi Costituzionali ed istituzionali chiave di queste operazioni e colpi di Stato intra-istituzionali, in Italia


La Costituzione

Art. 112.
Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale.


Quest’articolo sembra una garanzia di indipendenza e d’imparzialità mentre apre la strada ad ogni abuso, svicolando il Pubblico Ministero da ogni controllo democratico. Solo con l’orientamento ed il controllo politici, governativi e parlamentare sul Pubblico Ministero o, meglio, sulla Polizia con suoi avvocati/procuratori, sarebbe possibile evitare l’esercizio sistematicamente e sistemicamente abusivo dell’azione penale.

La ragione è semplice. L’art. 112 definisce l’eguaglianza dei reati che devono tutti essere perseguiti. Non solo i reati non sono tutti uguali, né sono uguali le circostanze, ma essi sono in quantità tale da rendere impossibile la reale prosecuzione su tutte le notizie di reato (denunce formali ed altre) che arrivano alle Procure. Nella massa di procedure formalmente aperte, sono poi i singoli Procuratori e sostituti-Procuratori [dipende chi sia il “pubblico ministero” della Costituzione; in questo momento, con la riforma delle Procure, sembra siano i Procuratori Capi], di fatto condizionati dagli ufficiali di polizia giudiziaria loro assegnati o da altre influenze, che decidono chi e cosa perseguire, e come. Anche “pubblici ministeri” trasmettessero alla polizia tutte le notizie di reato chiedendo indagini, non farebbero altro che scaricare sulla polizia [sulle polizie, in Italia], o, meglio, sui singoli investigatori loro assegnati, la scelta di quali indagini fare davvero. Non è infatti possibile fare indagini su tutti i reati.

Se il singolo Procuratore e i suoi sostituti-procuratori possono di fatto decidere chi perseguire, essi hanno un potere enorme ed al di fuori di ogni controllo democratico. Siano essi individualmente onesti o disonesti, capaci od inetti, ecco aperta la strada ad ogni forma di corruzione. Costituzione e leggi possono essere violate, e sono inevitabilmente violate (essendo di fatto impossibile perseguire tutti i reati commessi ed allo stesso modo), sulla base della Costituzione stessa. “L’obbligo” diviene un’arbitrio.

Un’articolo della Costituzione che sembra voler garantire l’indipendenza delle Procure e Procuratori, apre in realtà la strada ad ogni dipendenza e condizionamento esterni. Ciò proprio perché non ha senso l’indipendenza delle strutture dello Stato, bensì avrebbe senso la loro produttività sistemica. Il cittadino non dovrebbe spendere soldi per pagare lautamente feudi indipendenti, bensì dovrebbe pagare per essere servito dalle stutture dello Stato. Lo stesso parlare di indipendenza equivale a fare apologia della corruzione burocratica.

Con la riforma delle procure (anno 2006), il Procuratore della Repubblica, cioè il capo dell’ufficio [la Procura], diviene l’unico responsabile dell’esercizio dell’azione penale.
http://www.giustizia.it/cassazione/leggi/dlgs106_06.html
http://www.giustizia.it/cassazione/leggi/l269_06.html
Se “pubblico ministero”, espressione usata nella Costituzione, è qualunque sostituto procuratore la riforma è, o dovrebbe essere, manifestamente incostituzionale. Sebbene, poi, chi sancisca la costituzionalità o meno, se chiamata a pronunciarsi, sia la Corte Costituzionale che, di fatto, può decide quel che vuole, in tutta libertà. Se, invece, “pubblico ministero” dipendesse da una definizione stabilita poi per legge, questo aprirebbe la via a soluzioni interessanti. Senza il bisogno di cambiamenti costituzionali, si potrebbe attribuire “l’obbligo di esercitare l’azione penale” [art. 112 della Costituzione] al governo che potrebbe dunque decidere come e [di fatto] se esercitarla o meno nei casi specifici: una sana soluzione all’inglese aggirando la Costituzione formale vigente.

Art. 104.
La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.
Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica.
Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione.
Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.
Il Consiglio elegge un vice presidente fra i componenti designati dal Parlamento.
I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.
Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.


dalla Legge n. 195 del 24 marzo 1958 e successive modifiche
22. Componenti eletti dal Parlamento.
La elezione dei componenti del Consiglio superiore da parte del Parlamento in seduta comune delle due Camere avviene a scrutinio segreto e con la maggioranza dei tre quinti dell'assemblea.
Per ogni scrutinio saranno gradualmente proclamati eletti coloro che avranno riportato la maggioranza preveduta nel comma precedente.
Per gli scrutini successivi al secondo è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti.
I componenti da eleggere dal Parlamento sono scelti tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e tra gli avvocati dopo quindici anni di esercizio professionale.


dalla Legge n. 195 del 24 marzo 1958 e successive modifiche
23. Componenti eletti dai magistrati.
1. L'elezione da parte dei magistrati ordinari di sedici componenti del Consiglio superiore della magistratura avviene
con voto personale, diretto e segreto.
2. L'elezione si effettua:
a) in un collegio unico nazionale, per due magistrati che esercitano le funzioni di legittimità presso la Corte suprema di cassazione e la Procura generale presso la stessa Corte;
b) in un collegio unico nazionale, per quattro magistrati che esercitano le funzioni di pubblico ministero presso gli uffici di merito e presso la Direzione nazionale antimafia, ovvero che sono destinati alla Procura generale presso la Corte suprema di cassazione ai sensi dell'articolo 116 dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come sostituito dall'articolo 2 della legge 13 febbraio 2001, n. 48;
c) in un collegio unico nazionale, per dieci magistrati che esercitano le funzioni di giudice presso gli uffici di merito, ovvero che sono destinati alla Corte suprema di cassazione ai sensi dell'articolo 115 dell'ordinamento giudiziario di cui al citato regio decreto n. 12 del 1941, come sostituito dall'articolo 2 della citata legge n. 48 del 2001.


Art. 87.
Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.
[...]
Presiede il Consiglio superiore della magistratura.
Può concedere grazia e commutare le pene.
[...]


Invece che sancire l’indipendenza del Giudice, cioè di colui che giudica, si è voluta sancire una supposta l’indipendenza di una generica magistratura. È il meccanismo che ha portato alla dittatura dei Procuratori sui Giudici.

Se all’interno dello stesso “ordine” sta chi può iniziare l’azione penale, e pure in modo altamente discrezionale come s’è visto, e chi deve o dovrebbe solo giudicare, sia il cittadino sottoposto a inchiesta, e poi a giudizio, che lo stesso Giudice sono in posizione di dipendenza rispetto al Procuratore. È l’esatto opposto della conclamata indipendenza, “indipendenza” da non si sa cosa. In effetti, non si dice che il Giudice sia indipendente. Si parla genericamente di magistratura, pur essendo i magistrati un insieme di figure anche radicalmente differenti ed antagoniste.

Questa “magistratura indipendente” è dunque indipendente solo da ogni controllo democratico (governativo e parlamentare). Essa è tutt’altro che autonoma ed indipendente da chi al suo interno e dall’esterno possa influire, anche in modo decisivo, su di essa e sui suoi vari componenti. Come non è per nulla indipendente, neppure nella fase del giudizio, da ufficiali ed alti ufficiali di polizie varie che s’ostentano nel corso dei processi più importanti in modo implicitamente od esplicitamente minaccioso, quando i giudici dovrebbero solo valutare le prove o meno d’accusa e difesa, non legittimare o delegittimare altri feudi dello Stato.

Di nuovo, le parole cozzano contro la realtà opposta che esse coprono.

Si veda la stessa composizione del CSM. Per 2/3 è scelto all’interno stesso della magistratura (giudici e procuratori) e dai magistrati stessi. Per 1/3 è nominato dal Parlamento con maggioranza qualificata. In più vi sono i due membri di diritto, il Primo Presidente ed il Procuratore Generale della Corte di Cassazione.

2/3 + i due membri di diritto significa che il CSM è autorefeneziale essendo composto da provenienti in modo diretto, per elezione interna o per diritto, dalla magistratura. Il Parlamento si limita ad eleggerne 1/3. È una situazione di autogestione, pur col limite di quel terzo di membri ad elezioni parlamentare. Per un po’ più di 2/3 autogestione e per in po’ meno d’1/3 controllo politico, si potrebbe dire semplificando.

Si deve tuttavia considerare chi presieda il CSM e che poteri abbia, su questa corporazione. Non è il Ministro. Non è il Governo. È un’istituzione dello Stato eletta per ben 7 anni e praticamente inamovibile, il Presidente della Repubblica. Dunque, chi è sottoposto a controllo democratico non ha poteri sul CSM. Mentre poteri, che vedremo essere decisivi, li ha un’istituzione settennale. Si noti che, sulla base della Costituzione, il Presidente della Repubblica dovrebbe essere sottoposto ad uno stretto controllo governativo (principio di irresponsabilità del Presidente della Repubblica in essa contenuto). Di fatto ciò non si verifica e s’è da tempo, di sicuro dal 1992, verificato l’opposto, il Presidente che controlla Governo e Parlamento.

Il Presidente della Republica, essendo il Presidente del CSM può avere un ruolo d’ostruzione decisivo, se vuole, dunque di condizionamento. Il vice-Presidente è tuttavia eletto, pur tra i componenti designati dal Parlamento, da un CMS a maggioranza autoreferenziale. Naturalmente s’è pure arrivati, degenerazione delle degenerazioni, al Quirinale che suggerisce al Parlamento [così hanno scritti i giornali in occasione dell’ultima designazione parlamentare del proprio 1/3] almeno un nome gradito al Presidente come suo vice da essere poi eletto dal nuovo CSM cui delegare di fatto la Presidenza del CSM. Così funzionano le istituzioni reali, in questo Stato reale! È pubblico, per chi non voglia tapparsi gli occhi, che il Presidente controlla il Parlamento così come controlla il CSM. E la cosa appare oramai così naturale che lo si fa sapere a tutti come fosse normalissima. Mentre proprio non lo è!

Art. 105.
Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.


Art. 106.
Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso.
La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.
Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all’ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni d’esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.


Art. 107.
I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso.
Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare.
I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.
Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario.


Art. 110.
Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.


Il Ministro della Giustizia, non ha dunque alcun potere reale sui “magistrati”, mentre ogni potere, sia su Procuratori che su Giudici è del CSM eletto, per 2/3, dagli stessi magistrati e presieduto da un Presidente della Repubblica settennale.

Il CSM assume, assegna, trasferisce, promuove, punisce e sospende o licenzia Procuratori e Giudici.

Chi controlla il CSM controlla dunque tutto, dal punto di vista dell’attività sia di prosecuzione che di giudizio.

Certo, il singolo Procuratore ed il singolo Giudice può agire, o cercare di agire (per il Procuratore resta l’ostacolo obiettivo di non poter comunque perseguire tutti i reati che pur sarebbe tenuto a perseguire sulla base della Costituzione), secondo puri criteri di legalità e di professionalità, se ne è capace. Ma il CSM può promuovere o rimuovere, anche piuttosto in fretta se e quando vuole, secondo sua arbitraria decisione.

Il CSM lo eleggono sia Procuratori che Giudici. I Procuratori, da punto di vista formale, non hanno preminenza sui Giudici, perché se il Procuratore può iniziare l’azione giudiziaria, un Giudice la può sia subito sia bloccare che vanificare. Tuttavia, in un contesto ambientare reale dove il sospetto è già colpa, alla fine il Procuratore ha un potere assoluto rispetto al Giudice, se vuole e se poteri economici, istituzionali e mediatici, interni ed esteri, che possono sostenerlo come liquidarlo, lo vogliono. Un Procuratore, come un Giudice, può essere innalzato come liquidato non secondo meriti intrinsici della sua attività, bensì secondo i servizi che rende a chi, più potente, ne abbia bisogno. Che le Procure si scegliessero, nella Grande Purga, e per altre simili attività “di Stato” o di blocco d’interessi, i “loro” GIP [Giudice delle Indagini Preliminari], cioé il giudice od i giudici che avrebbero potuto vanificare ogni loro azione, è un’informazione pubblica: non sveliamo alcun segreto, né c’immaginiamo nulla.

Sulla carta è tutto perfetto. Giudici (GIP) possono subito bloccare follie d’un Procuratore. Oppure (GUP [Giudice delle Udienze Preliminari]) possono poi impedire processi montati sul nulla. Nella pratica, si sono fatti processi non solo persecutori, ma chiaramente basati sul nulla, processi durati anni, con costi immensi (anche per il “sistema Italia” diffamato e calunniato internazionalmente da tali azioni penali) e pure, spesso, senza neppure il “risultato” della condannna del perseguitato, solo perché GIP (e pure GUP) erano GIP (e/o GUP) “di gradimento” delle Procure, per cui invece che stoppare tutto subito o ad “indagini” concluse, non potevano non essere compiacenti. ...sì che poi a qualche giornalista “specializzato” potessero far scrivere che c’erano certo solide basi per processare il tale ed il tal’altro e, poi, che, nonostante l’assoluzione in tribunale, l’assoluzione era invero l’equivalente d’una condanna. Se GIP e GUP avessere impedito certe prosecuzioni o certi processi sarebbero stati linciati, come è successo a chiunque, si veda il caso Carnevale (magistrato di Cassazione), applicasse con competenza norme giuridiche senza preoccuparsi delle convenienze politiche od affaristiche. Non si dimentichi che al vertice formale del meccanismo di coperture o di “tritacarne” c’è un CSM presieduto dal Presidente della Repubblica. Anche quest’ultimo è certo linciabile, sebbene sia in posizione d’una certa forza, se mai ritenesse di seguire criteri di stretta legalità Costituzionale e giuridica.

Esistono dinamiche di corporazione come dinamiche sociali, in un contesto, quello italico, di non-nazione assemblata artificialmente attorno al 1860 per decisione inglese, dove si è perpetuata una condizione di guerra civile, ora latente, ora meno o non latente. Ecco perché una corporazione di funzionari statali, e pure, per volontà Costituzionale, con ben meno controllo politico-democratico di altre, sia ancor di più aperta ad ogni forma di corruzione interna e di invadenza contro i poteri dello Stato e contro i cittadini, facendosi strumento talvolta decisivo se adeguatamente controllata da poteri economico-sociali sovversivi. Invero, non si confonda mai, qui, la massa con le sue punte. La massa di questa burocrazia, come di tutte le burocrazie italiche, vivacchia, seppur, qui, con redditi e privilegi considerevoli. Essa si limita a far da retroterra per le sue punte, usate, ora più, ora meno, ora meno peggio, ora in modo proprio disastroso per la collettività, per fini di parte. Nessuno ha ancora spiegato, ne lo potrebbero, come abbiano potuto far fallire il floridissimo Banco Ambrosiano senza neppure una perizia contabile [né esiste una, non a caso segreta, a Londra, da dove, verosilmente, l’operazione-liquidazione è stata voluta], ma solo con diffamazioni del circuito mediatico-giudiziario, né come abbiano pututo sfondare solo i partiti e le frazioni di Centro senza sfondare, con le stesse accuse e calunnie, tutti i partiti. Per questi parliamo senza problemi di Grandi Purghe o di Purghe o d’Epurazioni [che non vuol affatto dire purificazioni]. Appunto, come si parla, nei libri di storia, di purghe staliniane, sarebbe precisio, in relazione all’Italia, parlare di purghe quirinaliane. Certo, là come qui, non è mai solo, neppure soprattutto, questione di volontà di singoli. Tuttavia, se si semplifica là con un nome di persona [un alias in quel caso], si può ben semplificare qui col nome dell’istituzione è al vertice delle responsabilità formali su queste cose.

Le vie che può prendere il condizionamento del singolo, le si può vedere osservando, quando lo si può, l’attivita politico-sociale del “magistrato” e da chi essa sia promossa. Non che il Procuratore ed il Giudice non possa essere condizionato, e non sia condizionato, da poteri ambientali anche in ordini Costituzionali sembrino perfetti. Resta tuttavia una differenza qualitativa tra l’organicismo social-istituzionale esistente dove esistano Stati fondati su nazioni, ed invece in carattere partigiano, di frazione e fazioni, delle istituzioni dove esistano Stati costruiti su non-nazioni con le conseguenti patologie paralizzanti e disgregative, come è il caso italico.

Visto e commentato brevemente quello che emerge, sulla “magistratura”, dalla Costituzione e dalla sua interazione con l’ambiente in cui essa opera, resta da vedere più da vicino il ruolo, voluto anch’esso dalla Costituzione, del Presidente della Repubblica che è pure Presidente del CSM.


Il funzionamento del CSM

Vedremo qui alcuni aspetti emergono dal Regolamento interno del C.S.M. aggiornato all’1 marzo 2006
[ http://www.csm.it/documenti%20pdf/RegolamentoInterno.PDF ].
Esso è stato approvato dallo stesso CSM come previsto dall’art. 20, n. 7, della Legge n. 195 del 24 marzo 1958 e successive modifiche
http://www.associazionedeicostituzionalisti.it/materiali/atti_normativi/XIII/pdf/l1958_00195.pdf .
Dunque, citeremo, qua e là, anche questa stessa Legge, oltre al Regolamento.

[ Vedi pure il http://www.cortedicassazione.it/ ]

dal Regolamento interno del C.S.M. aggiornato all’1 marzo 2006
Art. 4
Presidenza

1. Il Presidente del Consiglio ne convoca e ne presiede le sedute ed esercita ogni altra funzione prevista dalla legge e dal regolamento.
2. Il Vicepresidente del Consiglio sostituisce il Presidente in caso di assenza o impedimento, ed esercita le funzioni previste dalla legge e dal regolamento e quelle delegategli dal Presidente, che può demandargli anche la convocazione delle sedute.


Ecco che il Presidente della Repubblica ha poteri decisivi sul funzionamento del Consiglio.

Chi convoca le sedute può anche, in pratica, non convocarle. Chi permette al Vicepresidente di divenire di fatto il Presidente, se il Presidente formale si astiene dal partecipare direttamente all’attività quotidiana del CMS, e gli delega funzioni, ha anche il potere di revocare le funzioni di fatto o per delega attribuite al Vicepresidente, dunque può facilmente condizionarlo, o direttamente, o tramite gli uffici del Quirinale preposti a seguire l’attività del CSM, o di fatto per quei meccanismi di simpatia per cui gli esseri umani si dispongono servilmente rispetto a poteri li dominano e possono privarli di vantaggi altrimenti son loro garantiti. Se il Vicepresidente si mostrasse refrattario ad ogni condizionamento ecco che il Presidente potrebbe divenire presenzialista rispetto all’attività del CSM, dunque piegarlo direttamente ai suoi voleri od impedire ad esso di funzionare.

Vedremo che il Presidente della Repubblica può pure sciogliere il CSM.

dalla Legge n. 195 del 24 marzo 1958 e successive modifiche
10. Attribuzione del Consiglio superiore.
Spetta al Consiglio superiore di deliberare:
1) sulle assunzioni in Magistratura, assegnazioni di sedi e di funzioni, trasferimenti e promozioni e su ogni altro provvedimento sullo stato dei magistrati;
2) sulla nomina e revoca dei vice pretori onorari, dei conciliatori, dei vice conciliatori, nonché dei componenti estranei alla Magistratura delle sezioni specializzate; per i conciliatori, i vice conciliatori e i componenti estranei è ammessa la delega ai presidenti delle Corti di appello;
3) sulle sanzioni disciplinari a carico di magistrati, in esito ai procedimenti disciplinari iniziati su richiesta del Ministro o del procuratore generale presso la Corte suprema di cassazione;
4) sulla designazione per la nomina a magistrato di Corte di Cassazione, per meriti insigni, di professori e di avvocati;
5) sulla concessione, nei limiti delle somme all'uopo stanziate, in bilancio, dei compensi speciali previsti dall'art. 6 del D.Lgs. 27 giugno 1946, n. 19, e dei sussidi ai magistrati che esercitano funzioni giudiziarie o alle loro famiglie. Può fare proposte al Ministro per la grazia e giustizia sulle modificazioni delle circoscrizioni giudiziarie e su tutte le materie riguardanti l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. Dà pareri al Ministro, sui disegni di legge concernenti l'ordinamento giudiziario, l'amministrazione della giustizia e su ogni altro oggetto comunque attinente alle predette materie.
Delibera su ogni altra materia ad esso attribuita dalla legge.
11. Funzionamento del Consiglio.
Nelle materie indicate al n. 1 dell'articolo 10 il Ministro per la grazia e giustizia può formulare richieste.
Nelle materie indicate ai numeri 1), 2) e 4) dello stesso articolo, il Consiglio delibera su relazione della Commissione competente, tenute presenti le eventuali osservazioni del Ministro di grazia e giustizia.
Sul conferimento degli uffici direttivi, esclusi quelli di pretore dirigente nelle preture aventi sede nel capoluogo di circondario e di procuratore della Repubblica presso le stesse preture, il Consiglio delibera su proposta, formulata di concerto col Ministro per la grazia e giustizia, di una commissione formata da sei dei suoi componenti, di cui quattro eletti dai magistrati e due eletti dal Parlamento.
12. Assunzione dei magistrati per concorso.
1. La commissione esaminatrice del concorso per uditore giudiziario, terminati i lavori, forma la graduatoria che è immediatamente trasmessa per la approvazione al Consiglio superiore della magistratura, con le eventuali osservazioni del Ministro di grazia e giustizia. Il Consiglio superiore della magistratura approva la graduatoria e delibera la nomina dei vincitori entro venti giorni dalla ricezione. I relativi decreti di approvazione della graduatoria e di nomina dei vincitori sono emanati dal Ministro di grazia e giustizia entro dieci giorni dalla ricezione della delibera. La graduatoria è pubblicata senza ritardo nel Bollettino ufficiale del Ministero di grazia e giustizia e dalla pubblicazione decorre il termine di trenta giorni entro il quale gli interessati possono proporre reclamo. Gli eventuali provvedimenti di rettifica della graduatoria sono adottati entro il successivo termine di trenta giorni, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura.
2. La graduatoria formata dalla commissione esaminatrice è pubblicata nel Bollettino ufficiale del Ministero di grazia e giustizia prima della trasmissione al Consiglio superiore della magistratura per la approvazione.
Dalla pubblicazione decorre il termine di trenta giorni entro il quale gli interessati possono proporre reclamo. Entro lo stesso termine il Ministro di grazia e giustizia può formulare le proprie osservazioni. Nei successivi trenta giorni il Consiglio superiore della magistratura provvede su reclami e sulle osservazioni ed approva la graduatoria, anche modificandola.
13. Promozioni dei magistrati per scrutinio.
Il Consiglio superiore nomina, per l'intero periodo della sua durata, la commissione di scrutinio per le promozioni in Corte di cassazione, che deve essere presieduta dal presidente aggiunto della Corte suprema di cassazione o, in sua sostituzione, da un presidente di sezione titolare della Corte medesima che il Consiglio superiore designa come supplente.
La commissione procede allo scrutinio secondo le norme che lo regolano.
La deliberazione della commissione di scrutinio è comunicata agli interessati e al Ministro per la grazia e giustizia, i quali hanno facoltà di proporre ricorso al Consiglio superiore nel termine di trenta giorni dalla comunicazione.
Il Consiglio superiore giudica definitivamente anche nel merito.
14. Attribuzioni del Ministro per la grazia e giustizia.
Il Ministro per la grazia e giustizia, fermo quanto stabilito dall'art. 11:
1) ha facoltà di promuovere mediante richiesta l'azione disciplinare. L'azione disciplinare può peraltro essere promossa anche dal procuratore generale presso la Corte suprema di cassazione nella sua qualità di Pubblico Ministero presso la sezione disciplinare del Consiglio superiore;
2) ha facoltà di chiedere ai capi delle Corti informazioni circa il funzionamento della giustizia e può al riguardo fare le comunicazioni che ritiene opportune;
3) esercita tutte le altre attribuzioni demandategli dalla legge sull'ordinamento giudiziario e in genere riguardanti l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.
15. Destinazione di magistrati al Ministero. Incarichi speciali ai magistrati.
Per la destinazione dei magistrati al Ministero di grazia e giustizia, il Ministro, previo assenso degli interessati, fa le necessarie richieste nominative, nei limiti dei posti assegnati al Ministero, al Consiglio superiore della Magistratura, il quale, ove non sussistano gravi esigenze di servizio, delibera il collocamento fuori ruolo dei magistrati richiesti.
Quando il magistrato cessa dalla destinazione al Ministero, il Ministro ne dà comunicazione al Consiglio superiore
per i provvedimenti di sua competenza facendo le proposte, che riterrà opportune, per la destinazione agli uffici giudiziari.
Le disposizioni del comma primo si applicano anche per il conferimento a magistrati, giusta le norme vigenti, di incarichi estranei alle loro funzioni. Quando cessa l'incarico o quando il magistrato possa esercitare le funzioni giudiziarie compatibilmente con l'incarico stesso, il Ministro provvede ai sensi del comma precedente.
16. Intervento del Ministro alle adunanze del Consiglio superiore.
Il Ministro può intervenire alle adunanze del Consiglio superiore quando ne è richiesto dal Presidente o quando lo ritiene opportuno per fare comunicazioni o per dare chiarimenti. Egli tuttavia non può essere presente alla deliberazione.
17. Forma dei provvedimenti.
Tutti i provvedimenti riguardanti i magistrati sono adottati, in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore, con decreto del Presidente della Repubblica controfirmato dal Ministro, ovvero, nei casi stabiliti dalla legge, con decreto del Ministro per la grazia e giustizia. Per quanto concerne i compensi speciali previsti dall'art. 6 del decreto legislativo 27 giugno 1946, n. 19, i provvedimenti sono adottati di concerto con il Ministro per il tesoro.
Contro i predetti provvedimenti è ammesso ricorso in primo grado al tribunale amministrativo regionale del Lazio per motivi di legittimità. Contro le decisioni di prima istanza è ammessa l'impugnazione al Consiglio di Stato.
Contro i provvedimenti in materia disciplinare, è ammesso ricorso alle sezioni unite della Corte suprema di cassazione. Il ricorso ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato.

dal Regolamento interno del C.S.M. aggiornato all’1 marzo 2006
CAPO III. Attività del Consiglio
Art. 13. Atti del Consiglio

1. Il Consiglio delibera i provvedimenti indicati dall'art. 10, n.ri 1, 2, 4, 5 della legge 24 marzo 1958 n. 195, con votazione a maggioranza sulle proposte della Commissione referente competente per materia.
2. Analogamente delibera sulla Relazione al Parlamento sull'amministrazione della giustizia, su ogni altra richiesta del Parlamento in merito a eventuali udienze conoscitive, sulle richieste di informazioni circa il funzionamento della giustizia e sull'invio a tale scopo di propri componenti nelle sedi giudiziarie, sui ricorsi, reclami, rapporti ed esposti che gli siano indirizzati, nonchè sulle nomine di Commissioni di esame, sui risultati e sulle graduatorie di concorsi e di esami, e su ogni altro atto di sua competenza.
Art. 14. Proposte e pareri
1. Sulle proposte e i pareri, previsti dal secondo comma dell'art. 10 della legge 24 marzo 1958 n. 195, il Consiglio delibera su relazione della Commissione per la riforma giudiziaria e l'amministrazione della giustizia , prevista dall'art. 24, o di altra Commissione, permanente o speciale, competente per materia. Delibera a maggioranza, votando sulle proposte della Commissione e sugli emendamenti che ad esse siano presentati in Consiglio.
2. In caso di urgenza, il Consiglio può deliberare direttamente, su relazione del Vicepresidente o del relatore da lui nominato, e può demandare la stesura della motivazione al relatore, alla Commissione competente o ad apposito Comitato.
3. Ogni componente può richiedere al Comitato di Presidenza, che nella seduta successiva ne riferisce al Consiglio, che siano discussi e votati proposte e pareri; il Consiglio può deliberare direttamente sulla richiesta oppure demandarne lo studio e l'elaborazione alla Commissione competente.
4. In ogni caso devono essere osservate le norme degli artt. 45 e 46 per l'iscrizione all'ordine del giorno.
Art. 15. Risoluzioni
1. Il Consiglio può adottare risoluzioni per quanto attiene l'esercizio delle proprie attribuzioni. Ogni componente può formularne richiesta al Comitato di Presidenza, che l'assegna alla Commissione competente.
2. Le risoluzioni sono comunicate agli uffici interessati e, salvo diversa decisione motivata, pubblicate nel Notiziario del Consiglio. Ad esse le Commissioni e il Consiglio si attengono, nell'esercizio delle loro attribuzioni, sinchè non siano state modificate con successiva risoluzione.
3. Circolari e direttive sono emanate dal Vicepresidente del Consiglio in conformità a tali risoluzioni.
[...]


Ecco, di nuovo, il potere assoluto del CSM su Procuratori, Giudici ed eventuali altri magistrati, incluso, come specificato dalla Legge sopra citata, la sua autodisciplina con regolamento interno, che ne regola dunque il funzionamento concreto.

La disposizione dell’art. 10, che prevede il CSM dia pareri sull’ordinamento giudiziario e sull’amministrazione della Giustizia, non specifica se il parere debba essere richiesto o se possa anche venire fornito di propria iniziativa. Questa disposizione è stata evidentemente interpretata nella possibilità di dare pareri anche non richiesti. Per cui, il CSM interferisce pure pubblicamente, senz’alcuna inibizione, sull’attività parlamentare ed istituzionale intervenendo ogni volta esso ritiene di doverlo fare. In parallelo al controllo della politica e delle istituzioni in altri modi sotterranei, e come arma ulteriore, esso declama pubblicamente i propri punti di vista. Il dare pareri “sui disegni di legge concernenti l’ordinamento giudiziario, l’amministrazione della giustizia e su ogni altro oggetto comunque attinente alle predette materie” è stato fatto divenire l’avere il diritto di dare pareri su tutti i disegni di legge concernenti materie giudiziarie (che è cosa diversa dal solo “ordinamento” ed “amministrazione”), ed, invero anche su altro. Il CSM si è dunque auto-trasformato in una sorta di terza Camera informale, ma anche sovversiva dell’ordinamento Costituzionale esistente, che non prevede pareri sulla Legge che si amministra, bensì solo, eventualmente, sulla sua amministrazione, oltre che sull’ordinamento giudiziario. La Costituzione prevede il Parlamento abbia due Camere ben definite e sovrane.

Certo, si potrebbe arguire che quel “e su ogni altro oggetto comunque attinente alle predette materie” implichi un diritto ed, eventualmente, un dovere di intervento su tutto. Tuttavia, le “predette materie” sono l’“ordinamento giudiziario” e l’“amministrazione delle giustizia”. Non sono la legislazione in generale. Perché, se l’articolo si fosse voluto riferire in senso lato a tutto ciò possa influire in qualche modo sulla “amministrazione della giustizia”, in senso lato tutto ha una qualche influenza sulla “amministrazione della giustizia”, per cui avrebbe statuito che il CSM dà pareri su tutto quel che crede. Essendo, questo “dà”, stato interpretato come “dà anche se non richiesto” ecco che allora si sarebbe dato al CSM il diritto di esprimere pareri su qualunque “disegno di legge”, come su qualcunque altra cosa creda. Si sarebbe scritto, più semplicemente, che il CSM “da pareri su tutto quel che crede.”

Il dare “pareri al Ministro” è divenuto dar pareri “alla masse popolari”, investite via media dei pareri e punti di vista del CSM. Dal Quirinale s’è evidentemente voluta quest’espansione di competenze che riflette la presa sotto controllo di tutti gli apparati dello Stato da parte della Presidenza della Repubblica, a seguito dei noti eventi del 1992 ed anno successivo, e poi fino ad oggi.

dalla Legge n. 195 del 24 marzo 1958 e successive modifiche
2. Comitato di presidenza.
Presso il Consiglio superiore è costituito un Comitato di presidenza composto: dal Vice Presidente, che lo presiede, dal Primo Presidente della Corte suprema di cassazione e dal procuratore generale presso la Corte medesima. Il Comitato promuove l'attività e l'attuazione delle deliberazioni del Consiglio, e provvede alla gestione dei fondi stanziati in bilancio ai sensi dell'art. 9.
3. Commissioni.
Su proposta del Comitato di presidenza, il Presidente del Consiglio superiore nomina all'inizio di ogni anno le Commissioni aventi il compito di riferire al Consiglio nonché la Commissione speciale di cui all'art. 11, terzo comma.


Se il Presidente nomina le Commissioni, pur su proposta del Comitato di Presidenza, significa che il Presidente può aprire un conflitto, anche su questo punto, se non è daccordo. In caso di paralisi, il potere di sciogliere il CSM lo ha il Presidente della Repubblica [e del CSM], che dunque è figura assolutamente prevalente su una magistratura che non è “autonoma” o “indipendente”, né può esserlo (e sarebbe pure aberrante lo fosse! ...altra questione è quella del giudice, il giudice che giudica, il giudice “di tribunale” che è cosa diversa dall’investigatore che non è “giudice”), come a troppi piace dire. Il CSM dipende dal Presidente della Repubblica, anziché dal Parlamento e dal Governo. La cosa è stramba per un sistema a democrazia formale, perché il Presidente all’italiana non è responsabile verso i cittadini, essendo ad elezione non-diretta (né para-diretta) e per ben 7 anni, mentre lo sono Parlamento e Governo che dipendono dal voto popolare.

dalla Legge n. 195 del 24 marzo 1958 e successive modifiche
1. Componenti e sede del Consiglio.
Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica ed è composto dal primo presidente della Corte suprema di cassazione, dal procuratore generale della Repubblica presso la stessa Corte, da sedici componenti eletti dai magistrati ordinari e da otto componenti eletti dal Parlamento, in seduta comune delle due Camere.
Il Consiglio elegge un vice presidente tra i componenti eletti dal Parlamento.
Il Consiglio ha sede in Roma.
[...]
5. Validità delle deliberazioni del Consiglio superiore.
Per la validità delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura è necessaria la presenza di almeno dieci magistrati e di almeno cinque componenti eletti dal Parlamento.Le deliberazioni sono prese a maggioranza di voti e, in caso di parità, prevale quello del Presidente.


Restando, i componenti elettivi del CSM, in carica per non più di quattro anni (articolo 104 della Costituzione), col ritorno successivo alle attività precedenti od altre essi vogliano o vengano loro offerte, sono permeabili od ogni influenza, salvo indoli personali particolari. Se 8 sono ad elezione parlamentare e 16 dai magistrati stessi, c’è un evidente squilibrio tra elezione politica e elezione interna da parte della stessa burocrazia che s’è vista attribuire [per dinamiche intra-burocratiche ed interessi Presidenziali-oligarchici] poteri abusivamente politici e “di controllo” su politica ed istituzioni. Sebbene, resti, ed è decisivo in un sistema burocratico di ricatti reciproci (la chiamano persuasione morale: “Se non ti sottometti, ti rovino!”), il potere di paralisi (oltre che di scioglimento) del Presidente del CSM, che è il Presidente della Repubblica, sul CSM stesso. Si immagini, il potere del Presidente del CSM e della Repubblica dal 1992 (con la Grande Purga giudiziaria, cioè condotta dalla stessa corporazione presieduta dal Presidente della Repubblica), quando il Presidente della Repubblica, e la sua Presidenza, il Quirinale, è divenuto governo reale, più potente del governo formale e del Parlamento. Presidente del CSM e della Repubblica che, dunque, può esercitare dei poteri di ricatto decisivi sugli stessi componenti eletti dal Parlamento che sono di ambienti affini agli ambienti giudiziari, essendo eletti “tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.” (articolo 104 della Costituzione), dunque obiettivamente comprabili e ricattabili, salvo indoli soggettive particolari. Dopo il breve passaggio nel CSM, si possono aprire loro brillanti carriere, o miglioramenti di già brillanti carriere, oppure l’anonimato ed il ghetto, o peggio, creati da apparati dello Stato agli ordini del Quirinale.

dal Regolamento interno del C.S.M. aggiornato all’1 marzo 2006
CAPO III. Attività del Consiglio
[...]
Art. 26. Ordine delle votazioni
1. La richiesta di rinvio della discussione o della deliberazione, comunque motivata, è posta in votazione non appena sia presentata, con precedenza su ogni altra votazione. La questione preclusiva è posta in votazione non appena sia presentata con precedenza su ogni altra questione, esclusa la richiesta di rinvio. Immediatamente dopo è posta in votazione la questione sospensiva. Ogni questione regolamentare che sorga nel corso della seduta viene immediatamente esaminata e discussa dall'assemblea e quindi decisa in via incidentale dal Presidente. Prima della decisione e previa sospensione della seduta, il Presidente richiede il parere immediato e non vincolante della Commissione Regolamento, se lo ritiene opportuno o se almeno sette componenti ne fanno richiesta. Si procede quindi, terminata la discussione, alle votazioni, prima, sulle proposte di assunzioni istruttorie e di rinvio in Commissione per qualsiasi adempimento, poi, su quelle di definizione del merito. In ogni caso il Presidente può, preliminarmente e senza dibattito sul punto, limitare la discussione alle sole richieste di assunzioni istruttorie o di ulteriori adempimenti ovvero ad altre questioni pregiudiziali, qualora si presentino di immediato rilievo, riservando alla fase immediatamente successiva la discussione e la definizione del merito.
2. Agli effetti del comma precedente si intende per questione preclusiva quella con cui è proposto che un determinato argomento sia espunto dall'ordine del giorno e che su di esso non si abbia a deliberare per inammissibilità o per altro specificato motivo. È questione preclusiva anche quella con cui si propone di non aggiungere all’ordine del giorno della seduta l’argomento del quale si propone la trattazione in via d’urgenza ai sensi dell’art. 45, comma 3, del presente regolamento. Si intende per questione sospensiva quella con cui è proposto che di un argomento non si abbia a discutere se non dopo una data o un evento determinati o dopo la conclusione di un procedimento riguardante un argomento connesso ovvero dopo una conclusione di una fase di tale procedimento.
3. I richiami al regolamento o per l'ordine del giorno o per l'ordine dei lavori o per la posizione della questione o per la priorità delle votazioni hanno la precedenza sulla questione principale.
4. Prima della votazione sulla proposta si pongono in votazione gli emendamenti. Qual ora siano presentati più emendamenti ad uno stesso testo, essi sono posti in votazione cominciando da quelli che più si allontanano dal testo originario: prima quelli parzialmente soppressivi, quindi quelli parzialmente sostitutivi ed infine quelli aggiuntivi. Gli emendamenti ad un emendamento sono votati prima di quello principale. Se siano proposti emendamenti parzialmente soppressivi, ovvero se il testo proposto dalla Commissione sia suscettibile di essere diviso per argomenti distinti, si può procedere a voto per parti separate, su richiesta di un componente; si può altresì, in tal caso, procedere a discussione su ciascuna parte che venga successivamente messa in votazione.
5. Il Presidente ha facoltà di modificare l ’ordine delle votazioni quando lo reputi opportuno ai fini dell’economia o della chiarezza delle votazioni stesse.


dal Regolamento interno del C.S.M. aggiornato all’1 marzo 2006
CAPO V. Riunioni del Consiglio
Art. 44. Sedute del Consiglio

1. Il Consiglio delibera validamente con la partecipazione di almeno 15 componenti, dei quali 10 magistrati e 5 eletti dal Parlamento. Le deliberazioni sono approvate se ottengono la maggioranza dei voti validi espressi a norma dell'art. 25. A parità di voti prevale il voto del Presidente della seduta.
2. Le sedute sono presiedute dal Presidente, o, in sua assenza, dal Vicepresidente, o, se anche questi non possa essere presente, dal componente indicato dall'art. 5. Il Presidente della seduta assicura l'applicazione del regolamento; in caso di dubbio può interpellare la Commissione per il regolamento del Consiglio, salvo quanto disposto dall'art. 26, comma primo.
3. Delle sedute è redatto verbale contenente l'indicazione della data e dell'orario di inizio e di fine della seduta, i nomi dei partecipanti, la descrizione delle modalità di svolgimento, le deliberazioni, le motivazioni addotte, il resoconto sommario degli interventi e delle dichiarazioni ai sensi dell'art. 17, le proposte che siano state disattese, le modalità delle votazioni e l'esito di esse.
4. Dell'avvenuto deposito del verbale della seduta presso la Segreteria Generale viene data comunicazione al Consiglio in seduta plenaria ovvero comunicazione individuale ai singoli componenti mediante recapito dell'avviso nella sede del Consiglio. Qualora entro cinque giorni dalla avvenuta comunicazione non siano presentate osservazioni, il verbale si intende approvato ed è firmato dal Presidente e dal Segretario della seduta. In caso contrario il verbale viene approvato previa delibera sulle correzioni eventualmente proposte.
5. In caso di particolare urgenza, il Vicepresidente può disporre, dandone comunicazione insieme all'avviso di deposito, che il termine di cui al comma precedente sia ridotto fino a due giorni ovvero che l'approvazione del verbale sia deliberata dal Consiglio nella seduta immediatamente successiva alla comunicazione dell'avvenuto deposito.
6. Per ciascuna delle deliberazioni del Consiglio riguardanti i magistrati previste dall'art. 17 della legge 24 marzo 1958 n. 195 è altresì redatto un distinto verbale contenente la data della seduta, l'indicazione dei partecipanti, la deliberazione conclusiva adottata (limitatamente alla parte dispositiva), le modalità della votazione e l'esito di essa. Tale verbale viene depositato presso la Segreteria Generale entro il giorno successivo e, qualora non siano presentate osservazioni entro le ore 12 del giorno seguente, si intende approvato ed è sottoscritto dal Presidente e dal Segretario della seduta. In caso contrario il verbale viene approvato nella seduta immediatamente successiva, previa deliberazione sulle correzioni eventualmente proposte. Il verbale della delibera è quindi trasmesso senza ritardo al Ministro per i provvedimenti di cui all'art. 17 della legge 24 marzo 1958 n. 195.
Art. 44 bis. Assistenza al Presidente nelle sedute del Consiglio
1. Per lo svolgimento delle sedute del Consiglio, il Presidente dell'Assemblea può richiedere l'assistenza, congiuntamente o disgiuntamente, di un magistrato addetto all'Ufficio Studi, di un magistrato addetto alla Segreteria e di un funzionario.
2. Il magistrato addetto alla Segreteria, o il funzionario, su richiesta del Presidente:
a) procede all'appello nominale;
b) dà lettura di ogni atto o documento che debba essere comunicato all'Assemblea;
c) coadiuva il Presidente nell'accertamento del risultato delle votazioni;
d) forma, secondo l'ordine delle richieste, l'elenco dei Consiglieri iscritti a parlare;
e) fornisce al Presidente l'ulteriore collaborazione da lui richiesta.
Art. 45. Formazione dell'ordine del giorno
1. L'ordine del giorno di ciascuna seduta è predisposto dal Vicepresidente, e, previo assenso del Presidente, è comunicato a tutti i componenti e al Ministro almeno cinque giorni prima, assieme alla convocazione del Consiglio.
2. In caso di urgenza, la convocazione, l'ordine del giorno o aggiunto all'ordine del giorno possono essere comunicati successivamente, ma almeno un giorno prima.
3. All'inizio di ciascuna seduta, in caso di particolare urgenza, su proposta di ciascuno dei componenti, una Commissione, del Comitato di Presidenza o del Vicepresidente vengono aggiunti all'ordine del giorno della seduta stessa altri argomenti, salvo che il Consiglio deliberi di non inserirli all'ordine del giorno. In ogni caso, se un componente ne faccia richiesta, ogni questione è rinviata alla seduta successiva. Su richiesta di un componente, il Consiglio può deliberare di non trattare con procedura d'urgenza l'argomento inserito nell'ordine del giorno ai sensi del presente comma. Se la richiesta è accolta, il Presidente fissa la data della discussione non oltre il trentesimo giorno, salvo che il Consiglio non abbia deliberato una data diversa. Nella seduta così fissata non può più essere proposta questione preclusiva, salvo che la stessa sia collegata a circostanze sopravvenute.
4. Oltre all'ordine del giorno ordinario di cui al primo comma è predisposto un ordine del giorno speciale, distinto in sezioni autonome, rispettivamente denominate “sezione A” e “sezione B”.
Nella “sezione A” sono inserite le proposte che siano state deliberate con voto unanime dei componenti delle singole commissioni e che alcuno dei consiglieri eventualmente presenti alla deliberazione non abbia richiesto di inserire nell’ordine del giorno ordinario, sempre che si tratti di:
a) proposte della Prima commissione di archiviazione per palese infondatezza o per incompetenza;
[b) proposte della Seconda commissione di autorizzazione di incarichi di insegnamento, di presa d’atto o di non luogo a provvedere;]12
12 Lettera da intendersi come abrogata a seguito del trasferimento delle relative competenze alla quarta Commissione referente
c) proposte della Terza commissione relative ai trasferimenti ad uffici di merito non semidirettivi in cui non siano stati attribuiti ai candidati punteggi differenziati per merito o attitudini o punteggi per stato di salute, salvaguardia dell’unità familiare, esercizio delle funzioni in sedi disagiate;
d) proposte della Quarta commissione relative alla progressione in carriera, ad assenze dal servizio per aspettativa, per congedo straordinario o per astensione obbligatoria, al trattenimento in servizio oltre il settantesimo anno di età, alle cessazioni per collocamento a riposo, a presa d’atto o non luogo a provvedere, all’inserimento e all’eliminazione di atti nei fascicoli personali dei magistrati;
e) proposte della Quinta commissione relative a presa d’atto o non luogo a provvedere non riguardanti provvedimenti giurisdizionali;
f) proposte della Sesta commissione di archiviazione, di non luogo a provvedere o di presa d’atto;
g) proposte della Settima commissione relative a pratiche tabellari, comprese le variazioni, unanimemente valutate dal Consiglio giudiziario e prive di osservazioni degli interessati, ad applicazioni endodistrettuali, supplenze, ferie, presa d’atto o non
luogo a provvedere, nonchè quelle di rigetto di richieste di applicazioni extradistrettuali;
h) proposte dell’Ottava commissione, escluse quelle in tema di incompatibilità, dispensa, revoca dell’ufficio o decadenza non dipendente da dimissioni o rinuncia, nonché in tema di sanzioni disciplinari nei confronti dei giudici di pace;
i) proposte della Nona commissione relative a presa d’atto o non luogo a provvedere, al tirocinio degli uditori giudiziari, al rilascio di copia di atti della procedura di concorso;
[l) proposte della Decima commissione di archiviazione per palese mancanza di provvedimenti di competenza del Consiglio da adottare.]13
13 Lettera da intendersi come abrogata a seguito dell’accorpamento delle relative competenze presso la sesta Commissione referente.
Nella “sezione B” è inserita ogni altra proposta, diversa dalle precedenti (con esclusione di quelle attinenti al conferimento di uffici direttivi e alle modificazioni del regolamento interno), che sia stata deliberata all’unanimità e per la quale sia stato ulteriormente deliberato, pure con voto unanime dei componenti della relativa commissione, l’inserimento nell’ordine del giorno speciale senza che alcuno dei consiglieri eventualmente presenti alla deliberazione abbia richiesto l’inserimento nell’ordine del giorno ordinario.
5. Sulle proposte di cui al precedente comma il Consiglio delibera unitariamente, salvo che un componente ne richieda, immediatamente ovvero subito dopo aver ottenuto i chiarimenti che avesse previamente domandato, la trattazione nelle forme ordinarie. In tal caso, ai fini del successivo inserimento di ciascuna proposta nell’ordine del giorno ordinario, le Commissioni competenti possono presentare apposite relazioni scritte a norma dell’art. 43, comma 3. La richiesta di trattazione in via ordinaria può anche essere avanzata con comunicazione scritta al Comitato di Presidenza almeno un giorno prima della data fissata per l’esame.
6. Le disposizioni dei precedenti quarto e quinto comma si applicano alle materie e alle competenze così come determinate nei decreti istitutivi delle Commissioni.
7. L’ordine del giorno speciale - sezioni A e B - deve essere distribuito a tutti i componenti del Consiglio e al Ministro almeno quindici giorni prima della data per la quale è fissata la trattazione.
Art. 46. Richiesta di inserzione all'ordine del giorno e di convocazione
1. Ciascuno dei componenti del Consiglio può chiedere al Vicepresidente che un determinato argomento sia posto all'ordine del giorno. Se il Vicepresidente, sentito il Comitato di Presidenza, non ritenga di accogliere la richiesta, ne informa nella successiva riunione il Consiglio, che delibera in proposito e, se accolga la richiesta, fissa la data della discussione. Quando la richiesta sia sottoscritta da almeno un quarto dei componenti del Consiglio, il Vicepresidente fissa la data della discussione non oltre quindici giorni.
2. Se almeno un quarto dei componenti ne faccia richiesta, per discutere argomento specificato il Consiglio deve essere convocato entro quindici giorni.
Art. 47. Ordine delle deliberazioni
1. Nel corso della seduta ogni punto all'ordine del giorno è distintamente esaminato, secondo l'ordine di iscrizione, e non si passa al successivo se sul precedente non si sia deliberato.
2. Se non vi sia opposizione, il Presidente della seduta può modificare la successione dei punti da considerare e riunire la discussione di punti connessi. Se vi sia opposizione o se la proposta di un componente non sia fatta propria dal Presidente, il Consiglio delibera, a maggioranza, sull'ordine dei lavori. Se sorga discussione, il Presidente può limitarla a un oratore per ognuna delle tesi in contrasto e per non più di cinque minuti ciascuno. Egualmente si procede per le modificazioni proposte all'ordine del giorno preventivamente comunicato.


dalla Legge n. 195 del 24 marzo 1958 e successive modifiche
18. Attribuzioni del Presidente del Consiglio superiore.
Il Presidente del Consiglio superiore:
1) indice le elezioni dei componenti magistrati;
2) richiede ai Presidenti delle due Camere di provvedere alla elezione dei componenti di designazione parlamentare;
3) convoca e presiede il Consiglio superiore;
4) convoca e presiede la sezione disciplinare in tutti i casi in cui lo ritenga opportuno;
5) esercita le altre attribuzioni indicate dalla legge.
19. Attribuzioni del Vice Presidente.
Il Vice Presidente del Consiglio superiore sostituisce il Presidente in caso di assenza o impedimento, esercita le attribuzioni indicate dalla presente legge e quelle che gli sono delegate dal Presidente.


dalla Legge n. 195 del 24 marzo 1958 e successive modifiche
31. Scioglimento del Consiglio superiore.
Il Consiglio superiore, qualora ne sia impossibile il funzionamento, è sciolto con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il parere dei Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati e del Comitato di presidenza.
Le nuove elezioni sono indette entro un mese dalla data dello scioglimento.


Anche dagli stralci sopra citati si può vedere, con qualche dettaglio, come il Presidente del CSM, che è il Presidente della Repubblica, abbia poteri decisivi sul funzionamento quotidiano del CSM, che a sua volta ha poteri decisivi ed assoluti sui singoli magistrati. Inoltre, il Presidente, di fatto a suo insindacabile giudizio, può sciogliere il CSM “qualora ne sia impossibile il funzionamento”, formulazione che non significa nulla potendo, il Presidente, paralizzare un CSM ribelle e poi dichiarare che non funziona. Così come può, di fatto, scioglierlo, senza bisogno di alcuna giustificazione. Quando vi sia una condizione, ma la condizione non sia verificabile, né discutibile o contestabile, da terze parti, è come se la condizione non esistesse mentre continua a sussistere la facoltà (qui, di scioglimento). Ecco, perché, Presidenti promotori o complici, il CSM ha potuto e può inventarsi leggi, contraddire leggi del Parlamento, cambiare leggi del Parlamento dandone interpretazioni di convenienza.


Conclusione

Su questa base istituzionale formale e reale, è stata possibile la Grande Purga del 1992-93, un colpo di Stato, e tutta la fase successiva, fino ad oggi, che ha visto e vede la Presidenza della Repubblica farsi co-Governo reale (si vedano gli interventi continui e sistematici sui lavori del Governo in corso d’opera) e co-Parlamento reale (si vedano gli interventi continui e sistematici sui lavori del Parlamento in corso d’opera), ciò che configura una situazione di golpismo permanente. La magistratura viene usata come milizia mentre viene, all’interno ed internazionalmente, definita e fatta definire “indipendente”, ciò che chiaramente non è, né può essere, essendo asservita ad un Quirinale onnipotente.

Non si prendano queste considerazioni per valutazioni o stigmatizzazioni etico-morali. Non lo sono, né vogliono esserlo. Il punto è altro. È questione di non istituzionalizzazione o di istituzionalizzazione di un cambiamento, o golpe, o rivoluzione, o reazione, o colpo di Stato, o evento del destino. Non è questione di etichette, anche se le categorie di rivoluzione o di colpo di Stato, nella realtà sinonimi, sono correntemente usate per eventi simili. Il punto è la istituzionalizzazione, qui la non istituzionalizzazione, di un sovvertimento radicale di un ordine Costituzionale. La istituzionalizzazione viene malamente sostituita col metodo delle gomitate. In realtà, come taluni evidenziano di tanto in tanto, e non da oggi, con la continuazione di una guerra civile fredda che tanto disastri ha fatto e continua a fare nello e sullo spazio italico.

Del resto un’istituzionalizzazione dell’esistente sarebbe impossibile, perché tutti avrebbero vergogna ad istituzionalizzare, dunque a formalizzare e pubblicizzare, i poteri che oggi ha il Presidente della Repubblica Italiana. Costui continua dunque ad impedire ogni riforma Costituzionale vera, solo per preservare i poteri di fatto della propria persona e funzione. Ed è, evidentemente, più forte del Parlamento che in effetti egli riesce a dominare. Il predominio Presidenziale è tuttavia non al servizio di obiettivi di sviluppo, bensì di una situazione di dominio della corruzione e della disgregazione burocratiche di cui la Presidenza è garante. La decadenza dello spazio italico è solo la conseguenza di questa guerra per bande di questo Stato corrotto ed irriformabile ridotto a Stato predatorio.